La frase "shaken, not stirred"
appare in un paio di romanzi di Ian Fleming, riferito a un Martini
cocktail ordinato da James Bond, ma poi è stato il cinema a
consacrarla e celebrarla come un marchio inequivocabile dell'agente
007.
Da bevitore di cocktail, direi che se
mi servissero il medesimo cocktail al buio, difficilmente noterei la
differenza tra la sua versione agitata in uno shaker o mescolata con
un cucchiaio.
Potrei notarla in qualche cocktail
fruttato o cremoso, dove una shakerata energica causerebbe le
bollicine e la conseguente schiuma in superficie, ma in un cocktail
come il Martini (o la sua variante "Vesper") dove le
componenti sono limpide e praticamente trasparenti, le differenze
direi che sono veramente minime.
I più accaniti bevitori di Martini
sostengono che il fatto di agitare la bevanda, piuttosto che
mescolarla causi effetti negativi piuttosto che positivi: il cocktail
mescolato nello shaker infatti appare torbido (comunque molto poco,
trattandosi di liquidi facilmente miscibili) e annacquato (il
ghiaccio tende a rompersi e a sciogliersi più rapidamente).
Il dipartimento di biochimica di una
famosa Università canadese (l'Università del West Ontario) ha
addirittura fatto uno studio sulla quantità di ossidanti residui
dopo un'energica agitazione o un più blando mescolamento, ne è
risultato che shakerando il cocktail la sua resistenza
all'ossidazione è maggiore rispetto al suo analogo mescolato.
Peccato che parliamo di differenze percentuali dell'ordine dello
0,7%, praticamente indistinguibili dal palato umano.
Ma lui, la spia James Bond, l'agente
007, a queste cose ci tiene!
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