martedì 24 marzo 2020

Perché il cocktail reso famoso da James Bond deve essere rigorosamente "agitato non mescolato"?

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La frase "shaken, not stirred" appare in un paio di romanzi di Ian Fleming, riferito a un Martini cocktail ordinato da James Bond, ma poi è stato il cinema a consacrarla e celebrarla come un marchio inequivocabile dell'agente 007.
Da bevitore di cocktail, direi che se mi servissero il medesimo cocktail al buio, difficilmente noterei la differenza tra la sua versione agitata in uno shaker o mescolata con un cucchiaio.
Potrei notarla in qualche cocktail fruttato o cremoso, dove una shakerata energica causerebbe le bollicine e la conseguente schiuma in superficie, ma in un cocktail come il Martini (o la sua variante "Vesper") dove le componenti sono limpide e praticamente trasparenti, le differenze direi che sono veramente minime.
I più accaniti bevitori di Martini sostengono che il fatto di agitare la bevanda, piuttosto che mescolarla causi effetti negativi piuttosto che positivi: il cocktail mescolato nello shaker infatti appare torbido (comunque molto poco, trattandosi di liquidi facilmente miscibili) e annacquato (il ghiaccio tende a rompersi e a sciogliersi più rapidamente).
Il dipartimento di biochimica di una famosa Università canadese (l'Università del West Ontario) ha addirittura fatto uno studio sulla quantità di ossidanti residui dopo un'energica agitazione o un più blando mescolamento, ne è risultato che shakerando il cocktail la sua resistenza all'ossidazione è maggiore rispetto al suo analogo mescolato. Peccato che parliamo di differenze percentuali dell'ordine dello 0,7%, praticamente indistinguibili dal palato umano.
Ma lui, la spia James Bond, l'agente 007, a queste cose ci tiene!



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