domenica 31 maggio 2020

Alcune curiosità sulla birra




1 - LA BIRRA DOPPIO MALTO NON ESISTE
Eh già! E' solo un'invenzione della legislazione italiana la quale, per classificare le birre in base al grado alcolico, le ha suddivise per categorie a seconda della quantità di zuccheri presenti nel mosto, pur non essendoci una relazione diretta tra la quantità di zuccheri e il grado alcolico. Ad esempio una birra definita "speciale" può essere più alcolica di una "doppio malto"!

2 - LONDRA FU COLPITA DA UNO TSUNAMI DI BIRRA
Avete capito bene! Nel 1814 nella fabbrica Meux di Londra si ruppe una cisterna contenente 1.470.000 litri di birra che inevitabilmente finirono per le strade distruggendo case ed annegando 9 persone.

3 - LA BIRRA IDRATA LA PELLE
Pur essendo una bevanda gassata, fermentata e ottenuta da luppolo e cereali, la birra però è composta principalmente da acqua, precisamente il 90%, infatti è stato dimostrato che berla aiuta ad avere una pelle liscia e idratata.

4 - LA PAURA DEL BOCCALE VUOTO
Tutti abbiamo quel tipo di amico che si agita a ritrovarsi col boccale della birra vuoto e sente la necessità di dover ordinare un altro giro. A questo comportamento è stato dato un nome ed è stato riconosciuto come una vera e propria fobia: la cenosillicaphobia!

5 - OBAMA HA LA SUA BIRRA PERSONALE
Si chiama White House Honey Ale ed è la birra personale di Barack Obama. Viene prodotta dagli chef della Casa Bianca seguendo una ricetta che include il miele proveniente dagli alveari del giardino della stessa Casa Bianca.

6 - E' VIETATO IL CONSUMO NEL LUOGO IN CUI È STATA INVENTATA
Un bel paradosso per la birra! Pare che la sua prima produzione risalga a 7.000 anni fa in Mesopotamia, territorio attualmente occupato dall'Iran, dove oggi il consumo di birra è vietato ed è addirittura punito con frustate e carcere.

7 - I PRIMI MASTRI BIRRAI ERANO DONNE
La professione di mastro birraio era praticata inizialmente solo dalle donne, un ruolo che col tempo è passato agli uomini. Oggi però si sta nuovamente diffondendo tra le donne il mestiere di mastra birraia!

8 - LA BIRRA PIÙ COSTOSA DEL MONDO
E' la Vieille Bon Secours, una rara bionda belga che viene venduta solo ed esclusivamente al Bierdrome di Londra, dove una bottiglia da 12 litri costa 780 dollari!

9 - LA BIRRA SPAZIALE
Nello spazio la microgravità non permette il consumo di bevande gassate, così il birrificio australiano 4 Pines si è messo al lavoro per risolvere il "problema". La soluzione si chiama Vostok ed è una birra a gravità zero con un basso contenuto di gas il cui nome deriva dalla prima missione spaziale.

10 - AIUTA LA FORMAZIONE DELLE OSSA
La birra contiene silicio, un minerale che contribuisce alla formazione delle ossa. Ovviamente questo accade solo quando bevuta con moderazione!


sabato 30 maggio 2020

Cordiale

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Il cordiale è un liquore di origine francese, ottenuto per macerazione o infusione di erbe, frutti in alcol etilico o per aggiunta di essenze ad alcol neutro. La gradazione alcolica è di circa 40% vol e viene servito come digestivo e tonico. È il lampone che conferisce la nota aromatica di questo liquore ottenuto per distillazione dell'infuso di lampone con essenze varie. Il contenuto alcolico è del 35% e il contenuto zuccherino pari al 30%.×÷≠
Si presenta sotto forma di gel in bustina alluminata e veniva dato, a richiesta, ai militari in servizio di leva obbligatorio.
Successivamente l'espressione cordiale si è allargata andando a comprendere anche quei liquori alcolici da bersi in piccole dosi e capaci di ristorare e ridare forze, anche in contesti quotidiani come al bar. Da qui è poi nata l'espressione cordialino per intendere la tipica bottiglietta di superalcolico che possiamo trovare appunto nei bar, nei frigobar di alberghi o servita a bordo di navi e aerei.


venerdì 29 maggio 2020

Cosa pensiamo dei solitari seduti ai tavolini dei bar


Adoriamo chi riesce a toccare questi tasti. I solitari seduti ai tavolini dei bar. Può esistere qualcosa di più affascinante, romantico, vivo, teatrale, umano? No.
Il solitario seduto al bar è uno degli ultimi avamposti della condizione umana più intima ed emozionante, quella contemplativa. In quel momento, seduto con se stesso, l'uomo vede il particolare, astrae il dettaglio, coglie l'assoluto. Non so se avete mai provato, ma si parte da una considerazione, un caffè, poi si ripensa a quel problema sul lavoro, poi si riflette se chiamare o meno quella persona, poi si osserva passare un uomo e ci si interroga sul dove andare, cosa fare. Un dialogo costante con l'universo.


Sciocchezze?
Affatto.
Lo aveva descritto molto bene Edgar Allan Poe in quello che ritengo uno dei suoi capolavori, il racconto L'Uomo della Folla. Non voglio assolutamente svelarti nulla, ma il fulcro di quel racconto è la domanda.
Io non mi ero mai trovato in una circostanza simile, nella circostanza soprattutto di questo particolar momento della sera; e quel tumultuoso campo di teste umane mi colmava di un’emozione dolcissima, un’emozione anzi tutta nuova. Alla fine non prestai più veruna attenzione a quanto si passava nel caffè, e rimasi completamente assorto nel contemplare la scena del di fuori.
Dapprima, le mie osservazioni assunsero un colorito astratto, di fina e generale analisi. Osservava que’ passanti a masse, e il mio pensiero non li considerava che nei loro rapporti collettivi. Nondimeno, in breve, trassi a’ particolari, ed esaminai con minuzioso interesse le varietà innumeri delle figure, gli abiti, l’incesso, le telette, l’aria, i visi, l’espressione delle fisonomie, insomma.
Ti invidio, sappilo, perchè vorrei avere la tua fortuna di potermi ancora gustare questo racconto come se non lo avessi mai letto.
E lì dentro Poe scandaglia l'umanità come in pochi hanno saputo fare, e lo fa grazie agli occhi di un uomo seduto al bar. Solitario. In osservazione. Pensante.
Abbiamo bisogno di queste sentinelle dell'umana condizione, terribilmente bisogno. Anche tu. Anche io. Perchè nel nostro affannarsi quotidiano possiamo essere sicuri che c’è chi vigila su di noi.


giovedì 28 maggio 2020

Cinzano Bianco

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Cinzano Bianco è un Vermouth prodotto dalla omonima casa Cinzano, marchio del gruppo Campari.
Di colore giallo pallido ha gradazione alcolica pari al 15% vol.
Viene usato principalmente per cocktail o bevuto liscio o con ghiaccio.

mercoledì 27 maggio 2020

Borovička

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La Borovička è una bevanda alcolica slovacca aromatizzata con bacche di ginepro. È caratterizzata da un colore bianco o dorato e un sapore simile a quello del gin. Popolare soprattutto in Slovacchia, Polonia e la Repubblica Ceca, la Borovička prodotta oggi contiene circa il 40% di alcol (come riferimento, l'importo minimo di alcol previsto dalla legge in Slovacchia è 37,5%).

Storia

Secondo il dizionario della lingua slovacca, Borovička deriva il suo nome dalla parola slovacca per ginepro, borievka. Borovička si rifà al 16mo secolo, quando questa bevanda è stata prodotta nella contea di Liptov, oggi parte del nord della Slovacchia, e trasportata verso sud principalmente attraverso zattere galleggianti lungo il fiume Váh.

martedì 26 maggio 2020

Redhuvber

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Il RedHuvber è un cocktail che nasce dalla modifica del Negroni, nel quale viene sostituito nella versione aperitivo il campari bitter con il campari soda, rendendo il cocktail leggermente frizzante e più leggero. Può essere in due versioni:
  • Aperitivo: ideale prima di una cena accompagnato da cetriolini sottaceto e noccioline
  • Digestivo: ideale dopo pranzi sontuosi per le sue proprietà digestive
In ogni caso è servito on the rocks e in un bicchiere Old fashioned.

Preparazione

  • Aperitivo
Prendere un campari soda intero e versarlo nel bicchiere, aggiungere un dito di gin e un dito di Martini rosso.
  • Digestivo
1/2 di Fernet Branca
1/4 di Martini rosso
1/4 di gin
Una spruzzata di soda
Ghiaccio

lunedì 25 maggio 2020

Il caffè Kopi Luwak è sicuro da bere?


Per chi non lo sapesse il Kopi Luwak é un caffè proveniente da regioni del Sud-Est asiatico famoso perché viene raccolto dagli escrementi di una particolare specie di mangusta chiamata Paradoxurus hermaphroditus o più comunemente Asian Palm Civet.


Questo adorabile animale segue una dieta onnivora ma si nutre principalmente di frutti quali il mango, il manikara zapota, il rambutan e le bacche di caffè.

Bacche di caffè o "coffee cherries"

Il suo ruolo è fondamentale nel mantenimento della biodiversità del suo habitat naturale perché ingerendo i semi dei frutti e defecandoli altrove permette a queste specie vegetali di diffondersi.
Tutto andava bene nella vita dell'Asian Palm Civet quando improvvisamente le cose hanno preso una piega per il peggio, scaraventandolo in una realtà raccapricciante fatta di cattività, malnutrizione e tortura. Mi riferisco al giorno in cui un individuo o un gruppo di individui hanno deciso di provare a fare del caffè tostando i semi (i chicchi) trovati nelle sue feci e si sono resi conto che la bestiola non si limita a mangiare le bacche di caffè, ma è estremamente precisa nella selezione di bacche perfettamente mature.
Questa è un'informazione importante perché cogliere le bacche di caffè al momento giusto non solo è una delle cose più difficili e più costose a livello di manodopera, ma è anche l'aspetto che più di ogni altro influenza la qualità dei chicchi di caffè contenuti all'interno.

Bacca perfettamente matura = chicchi di caffè di alta qualità

Quindi questi improvvisati imprenditori hanno capito che l'Asian Palm Civet era in grado di fare il lavoro per loro a costo zero, aggiungendoci che i semi sono parzialmente digeriti aumentandone per qualche motivo la complessità aromatica.
E qual'è stata la diretta conseguenza di questa scoperta? Ovviamente la peggiore possibile:






Quindi la domanda da porvi non è se il caffè è sicuro da bere per voi ma se è sicuro da produrre per loro, e la risposta è un tuonante NO!



domenica 24 maggio 2020

In cosa consiste la professione di sommelier di caffè?


L'assaggio di caffè per valutarne le caratteristiche gustative e aromatiche avviene di solito tramite il sistema del cupping.

Tavola apparecchiata prima di un cupping

Il caffè viene macinato grossolanamente e messo in delle apposite tazze (cups) per essere estratto secondo il metodo cosiddetto "brasiliano".
Questo metodo consiste nell'immergere il caffè macinato in acqua tra i 92.2 – 94.4°C per poi lasciarlo dissolvere per 3–4 minuti. Una volta completato il periodo di infusione, il caffè in polvere viene rimosso e il contenuto della tazza viene usato per giudicarne le qualità e i difetti.
Il motivo per cui questo sistema è universalmente adottato è che è facile da riprodurre, e si otterranno risultati molto simili indipendentemente da chi o da dove lo si faccia.
Utilizzando altri metodi di estrazione, come la macchina da espresso o l'infusione a filtro ci sono troppe variabili che potrebbero influenzare il risultato in tazza, come la temperatura dell'acqua, il rapporto acqua(ml)/caffè(g), la costanza della pressione applicata dalla macchina o il grado di pulizia e manutenzione della stessa.
Che io sappia non ci sono sommelier di caffè a tempo pieno, ma l'abilità di fare un cupping per mettere a confronto diversi caffè è importante per molti professionisti del settore.
Per me che sono torrefattore è indispensabile per determinare il profilo di tostatura di ogni nuovo caffè.

Caffè crudo (comunemente chiamato caffè verde)

Quando ho di fronte a me un nuovo tipo di caffè, non è evidente quale sia il percorso adatto per raggiungere una tostatura ottimale, quindi procedo a fare delle prove con parametri diversi (temperatura, flusso d'aria, durata, ecc) . Poi per provare il caffè tostato faccio dei cupping assieme ai miei collaboratori e a volte amici per determinare quale variante offra il gusto più completo e piacevole. In certi casi questo processo può durare fino a tre settimane, con un cupping ogni 2–3 giorni.
Poi ci sono ovviamente i giudici nei campionati nazionali e internazionali di torrefazione. In quella particolare sede sono dei sommelier a tutti gli effetti perché di fatto il loro ruolo è quello di dare un giudizio ad ogni caffè e di creare una classifica. Ma nella vita reale sono torrefattori loro stessi o professionisti con decenni di esperienza in qualche meandro dell'industria del caffè. Quindi ribadisco che almeno che io sappia, non ci sono sommelier di caffè a tempo pieno almeno per il momento.
In futuro chissà, il caffè è un prodotto che si sta raffinando sempre più. Se continuiamo in questa direzione mi sembra plausibile pensare che ristoranti e hotel di alta gamma possano voler assoldare una figura di questo tipo.


sabato 23 maggio 2020

Quali sono le bevande alcoliche preferite in Europa?


La bevanda alcolica preferita in Italia è ovviamente il vino!


Vediamo invece quali sono le bevande alcoliche preferite in giro per l'Europa aiutandoci con una mappa:


  • In viola: chi preferisce il VINO
  • In arancione: chi preferisce la BIRRA
  • In blu: chi preferisce gli SPIRITI
Come si può dunque notare in Europa la bevanda preferita è la birra.



venerdì 22 maggio 2020

Qual è il senso di aprire bar e ristoranti se sarà necessario mantenere il distanziamento sociale?

Bolzano: riaperti bar, ristoranti e parrucchieri. «Siamo già pieni ...



Credo che provare a ripartire in ogni caso sia necessario. Le attività come ristoranti, pizzerie e bar possano avere una possibilità (complicata certamente) di poter re-inventare il loro modo di lavorare puntando sull'asporto, sulla consegna a domicilio che soprattutto nelle città e paesi più piccoli non è fatta da tutti.
Se fossi un gestore di una di queste attività punterei soprattutto su una consegna a domicilio di qualità. Nel senso che proverei a "portare un tavolo del mio locale a casa del mio cliente". Ovviamente non nel senso reale, ma attraverso un packaging (tovagliette, incarti, gadgets ecc…) che facciano rivivere in parte l'esperienza di stare nel mio locale, comodamente a casa. Alla lunga questo farà la differenza, cioè la capacità di reinventare servizi svolti finora in maniera convenzionale.
E poi resta sempre la possibilità di utilizzare con le distanze raccomandate i tavoli. Certo sarà dura per le attività più piccole o per i bar che puntano principalmente sulla colazione…ma non si può restare chiusi per sempre! Bisogna ripartire

giovedì 21 maggio 2020

Perché il caffè italiano è così famoso nel mondo nonostante abbia numerosi difetti? (tostatura eccessiva, qualità robusta economica, ecc ecc.)


Il caffè espresso italiano una volta assaggiato rimane impresso nella mente come una sorsata di adrenalina profumata è ottimo e non ha rivali.
Il nostro espresso è composto da varie varietà, 'la robusta' e 'l'arabica' in base a questa miscela ottieni il tuo caffè.
Sarà forte e tostato se prevale la robusta, mentre avrà un gusto dolce e cremoso se contiene molta arabica.
All'inizio degli anni 90 andai in vacanza a S. Francisco con gli amici, ovviamente da italiani veri cercavamo il caffè al bar, dopo parecchi chilometri a piedi trovammo un 'Italiano's Bar' avevano una grande e bella macchina del caffe, appena però lo assaggiamo fu una seria delusione, una brodaglia infernale, invece gli stranieri al banco apprezzavano.
Mi proposi alla barista di far loro un caffè italiano, chiamò il capo che mi invitò a farne qualcuno come sfida.
Insegnai loro che era fondamentale la pressatura del caffè e la temperatura della macchina, e che occorre effettuare il lavaggio a sale una volta alla settimana, comunque inizia a fare il caffè per una bella Americana, era venuto bene basso e cremoso, un altro volle un cappuccino e anche quello venne bene con latte caldo e caffè in tazza grande.
Insomma in pochi minuti mi ritrovai a fare decine e decine di caffè, io che in Italia non ne avevo fatto nemmeno uno!!! Ero diventato lo Chef del caffè.
Esaurita la ressa mi congedai, il capo mi offrì 300 dollari a settimana se fossi rimasto, lo ringraziai e gli dissi che chiunque poteva farli così.
In conclusione non basta la macchina del caffè, per farlo devi avere la cultura del caffè, devi sapere cosa fai. Inoltre il caffè Americano non era ben tostato e più si adattava alle brodaglia di caffè nero americano che a quello espresso, un po' meglio per il cappuccino.




mercoledì 20 maggio 2020

Crema Yvette

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La Crema Yvette, chiamata anche Creme Yvette, Creme d'Yvette o Creme de Yvette, è un liquore brevettato ricavato da petali di viola con more, lamponi rossi, fragole selvatiche e cassis, miele, buccia d'arancia e vaniglia. Era inizialmente prodotto da Charles Jacquin et Cie a Philadelphia, Pennsylvania, che acquistò il marchio precedentemente creato dalla Sheffield Company in Connecticut. Diventò quasi impossibile da trovare dopo che la produzione fu interrotta nel 1969. Il liquore è stato, comunque, riesumato recentemente da Rob Cooper, il creatore del St. Germain, un liquore fatto con fiore di sambuco.
Nell'autunno del 2009, 40 anni dopo aver interrotto la produzione, Charles Jacquin et Cie reintroduce il liquore.
Secondo la rivista Living di Martha Stewart, del marzo 2010, "La crema Yvette, un liquore viola vecchio 100 anni, è stato distribuito nuovamente. Mescolando bacche fresche, vaniglia, spezie, e petali di viola, l'elaborato liquore ha una dolcezza sottile che si ravviva quando è mischiato al vino frizzante."
Molti drink che richiedono la Crema Yvette possono essere fatti usando la creme de violette.

martedì 19 maggio 2020

Chicha

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Chicha è il nome dato a diversi tipi di bevande leggermente alcoliche, originarie dell'America Latina derivate principalmente dalla fermentazione non distillata del mais e di altri cereali, ma anche da altri tipi di frutta (come ad esempio mele e uva) o dalla manioca. Inoltre il termine chicha viene anche utilizzato in alcuni paesi dell'America Latina per riferirsi a bevande non alcoliche come ad esempio la chicha criolla in Venezuela o la chicha morada in Perù.
Queste bevande vengono realizzate normalmente in modo casereccio, tramite la bollitura e successiva fermentazione del cereale o della frutta impiegata. Il risultato è una bevanda dolce a bassa gradazione alcolica (generalmente da 1 a 3%).
Sono bevande prodotte e consumate in tutta l'America Latina sin da prima della conquista degli spagnoli.

Etimologia

Vi sono varie ipotesi circa l'origine del termine "chicha".
  • Secondo la Real Academia Española e altri autori, proviene da una voce originaria di Panama (chichab) che significa mais in lingua kuna;
  • secondo Luis Cabrera (studioso della cultura azteca) deriva dal termine della lingua nahuatl "chichiatl" (acqua fermentata).
  • Pedro José Ramírez Sendoya fa risalire il termine alla lingua Maya: chiboca o Chac (masticare) o da chicháa (riempire d'acqua) o infine da Zicha (acqua fresca)
La chicha ha ispirato il modo di dire spagnolo ni chicha ni limonada ("né chicha né limonata") equivalente all'espressione idiomatica italiana "né carne né pesce".

Procedimento

Originariamente veniva ottenuta masticando il mais appena raccolto e sputato all'interno di un recipiente di terracotta. Gli enzimi contenuti nella saliva, infatti, trasformano l'amido di mais in zuccheri semplici, che poi danno luogo al processo di fermentazione. Una volta fermentata la chicha veniva colata, imbottigliata e lasciata riposare all'ombra per un certo periodo prima del consumo.
Questo processo è tuttora praticato dalle popolazioni andine e la chicha così ottenuta viene chiamata anche taqui.

La chicha per nazione

Bolivia

Il più importante tipo di chicha boliviano è la chicha di mais, chiamata semplicemente chicha. Di origine inca, considerata l'elisir degli inca e della valle di Cochabamba, è una bibita fermentata per alcuni giorni dopo un processo di elaborazione molto lungo; ha qualche grado alcolico. È una delle bevande più popolari e tradizionali, si consuma nella maggior parte del paese, particolarmente a Cochabamba (dove viene prodotta), Chuquisaca, Oruro e La Paz. Il consumo è abituale in qualsiasi occasione, soprattutto durante le feste tradizionali e religiose.
Tra le varietà più popolari si possono annoverare:
  • chicha gialla ottenuta dal mais giallo o willkaparu;
  • chicha kulli ottuenuta dal mais viola;
  • chicha di ch'uspillu ottenuta dal mais da tostare;
  • chicha camba ottenuta dalle arachidi e mais; ha poca o nessuna gradazione alcolica ed è consumata principalmente nell'oriente boliviano come bibita rinfrescante e nella zona della Chiquitania come bevanda fermentata in eventi religiosi e feste tradizionali.
  • chicha vallegrandina chicha originaria di Vallegrande (provincia di Santa Cruz) che è simile alla chicha comune dell'occidente del paese, ma è fermentata con metodi tradizionali differenti.
Tutti i nomi di questi tipi di chicha provengono dalla lingua quechua.
Da alcuni anni la chicha viene esportata da Cochabamba verso gli Stati Uniti e l'Europa ed è così possibile trovarla nei negozi tipici latini in città come Madrid o Milano.

Cile

Anche in Cile le bibite ottenute dalla fermentazione di vari tipi di frutta sono chiamate chicha; esse vengono anche mischiate con acquavite o altri alcolici. Tra i mapuche si consuma un tipo di chicha di mais o frumento chiamata muday.
Nella zona centrale del Cile, la chicha si prepara come un mosto di uve più rustico del vino, che viene consumato in abbondanza in tutto il territorio cileno nei giorni festivi. Anche nel sud il termine allude ad un fermentato di mela più rustico del sidro che si produce alla fine dell'estate.
Altre materie prime sono utilizzate meno frequentemente, come ad esempio i frutti della luma (Amomyrtus luma) chiamati cauchaos, i frutti del maqui (Aristotelia chilensis) e il miele. In particolare, la chicha di miele è simile a un idromele di bassa gradazione alcolica, ma a causa dei lieviti non molto raffinati utilizzati nella produzione, contiene alte concentrazioni di alcol metilico e può provocare malessere quando la si consuma.

Colombia

Nel 1948 in Colombia si proibì la fabbricazione di chicha di mais (considerata «vulgar y poco higiénica») a meno che non fosse pastorizzata e imbottigliata in vetro chiuso ermeticamente. Ciò fu causa di un taglio netto del consumo della bevanda tradizionale della cultura muisca e conseguentemente la diminuzione degli incassi di molte famiglie di origine indigena e la successiva perdita delle terre. La proibizione durò fino al 1991.
Il "Festival della chicha, del mais, della vita e della felicità", che si celebra a Bogotá nel rione "La perseveranza" (al giorno d'oggi principale luogo di produzione della chicha) è una dimostrazione delle tradizioni ancestrali, di allegria e identità; ironicamente questo rione sorse come dimora dei lavoratori della birreria Bavaria.
Benché non sia la principale bibita alcolica del paese, la chicha è sempre stata legata alle festività paesane e il suo consumo aumenta specialmente nel mese di dicembre. È possibile ottenere la chicha a partire dal guarapo (succo della canna da zucchero), aggiungendo panela (un surrogato della canna da zucchero) e altri ingredienti a base di mais, lasciando poi fermentare l'impasto in un recipiente di terracotta.

Ecuador

Come in Perù, anche in Ecuador la chicha ha le sue origine dall'Impero inca. La chicha si consuma principalmente sulle montagne andine ed in minor quantità sulla costa. La chicha praticamente è la birra delle comunità indigene che sono solite ubriacarsi con questa bevanda durante le principali festività e celebrazioni, come la festa della Mama Negra e il Carnevale.
Generalmente si beve a temperatura ambiente in bicchieri di plastica simili almeno nella forma ai keros di origine preispanica.
Viene prodotta a partire dalla fermentazione di mais, quinoa, orzo o farina di frumento, unita a panela (surrogato della canna da zucchero) o zucchero comune. Anche frutta regionale come l'albero dei pomodori, la mora, la passiflora e la naranjilla sono utilizzati come ingredienti. La si lascia poi fermentare per un periodo che va da tre a venti giorni.

Nicaragua

In Nicaragua, il nome della chicha dipende dal dipartimento: chicha bruja, chicha pujagua, chicha raisuda, chingue de mai, ecc.
La ricetta tradizionale della chicha di mais comporta un processo di vari giorni. Il mais si lascia una notte intera in acqua affinché si ammorbidisca. Il giorno seguente si trita e poi lo si rimette in acqua, gli si aggiunge colorante rosso e si cuoce. Una volta freddo si aggiunge al liquido una sostanza dolce e ancora acqua. Il giorno seguente si aggiunge ancora acqua e zucchero.

Panamá

A Panama il vocabolo è utilizzato come sinonimo di bibita (chicha d'ananas, chicha di tamarindo, chicha di papaya, ecc.). Una delle bibite tradizionali di Panamá è la chicha di riso con ananas, che si prepara con riso cotto nel latte, panela (surrogato della canna da zucchero) e buccia d'ananas. La bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mais si chiama chicha forte e si ottiene dal mais germogliato e mais nacio, per poi lasciarla fermentare in vasetti di terracotta.

Perù

La chicha peruviana è una bevanda artigianale e ancestrale. Le popolazioni di lingua quechua chiamavano questa bevanda di mais fermentato aqha o aswa, da cui il nome azua, poi rimpiazzata da chicha. Il suo utilizzo era principalmente cerimoniale, nelle feste delle antiche culture. È un mosto di mais germogliato (jora). Oggi si usa come aperitivo o come ingrediente in alcuni piatti peruviani.
Vengono annoverate differenti preparazioni di chicha:
  • chicha de jora ottenuta con germogli di mais bianco e mais nero;
  • chicha Arequipeña ottenuta dalla fermentazione di germogli di mais e chancaca (surrogato della canna da zucchero):
  • chicha de Jora con pata de vaca ottenuta dalla fermentazione di germogli di mais bianco, quinoa e pata de vaca (una leguminosa);
  • chicha de maní ottenuta da arachidi (manì), mais mote e quinoa;
  • chicha de quínoa ottenuta dalla quinoa;
  • chicha loretana ottenuta da farina di manioca e chancaca (surrogato della canna da zucchero);
  • chicha morada chiamata così per il suo colore ottenuto dal mais nero (mais morado); è una bibita non fermentata, molto comune ed è possibile trovarla sia in polvere (per la preparazione istantanea), sia in bottiglia.
Le case lungo i sentieri andini che espongono una bandiera bianca offrono chicha; se l'insegna mostra anche un peperoncino (ají), offrono piatti tipici caserecci. Se la bandiera è rossa, oltre a gustare chicha e piatti tipici, si può anche ascoltare musica folclorica del luogo.

Venezuela

Nelle Ande del Venezuela, si prepara una bevanda conosciuta come chicha andina per differenziarla dalla sua omonima analcolica, la chicha criolla. È una bevanda viscosa a base di cereali (mais o orzo), con aggiunta di guarapo d'ananas che è una bevanda prodotta dalla fermentazione della buccia dell'ananas con acqua e zucchero. La chicha si produce generalmente in forma artigianale e casereccia. La sua preparazione ha origine negli stati andini del Venezuela con maggior enfasi in Tachira e Merida.
La chicha prodotta sulle Ande venezuelane a base di riso si chiama masato.

lunedì 18 maggio 2020

Brandy

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Brandy è il nome generico dell'acquavite ricavata dalla distillazione del vino, dopo un periodo di invecchiamento in botte; questa denominazione è universalmente impiegata. In alcune zone l'acquavite di vino riceve una denominazione d'origine legata al territorio di produzione (Armagnac, Cognac). Il brandy si può produrre in qualunque Paese dove viene coltivata l'uva.

Origine del nome

L'etimologia della parola viene fatta derivare dall'abbreviazione dell'inglese brandywine, a sua volta tradotto dall'olandese brandewijn, cioè vino bruciato (distillato). Gli olandesi nel XVII secolo erano i più attivi mercanti di vini e di spiriti, e si rifornivano lungo le coste atlantiche, dalla Francia al Portogallo, per esportarli in Inghilterra e in tutto il Nord Europa.
Le prime testimonianze letterarie del termine risalgono al 1622: nella commedia inglese Beggar's Bush attribuita a John Fletcher si leggono le parole «Buy brand wine». Un'altra testimonianza si ritrova nelle Roxburghe Ballads del 1650: «it is more fine than brandewine». Pare quindi che all'epoca il termine fosse già di uso corrente per il distillato di vino. Ancora oggi nel Regno Unito brandy si usa per indicare il cognac.

Produzione

Il brandy viene prodotto dalla distillazione del vino sano, o guasto ma non acetificato, e da sottoprodotti come vinacce e fecce. Le sue qualità organolettiche derivano dal pregio della materia prima.
I vini impiegati possono essere indifferentemente bianchi, rosati o rossi; i distillati migliori vengono ricavati da vini ad alta acidità, scarso tenore alcolico, e aromaticamente neutri; a livello mondiale il vitigno più impiegato è il trebbiano, detto ugni blanc in Francia. I vini non devono contenere solfiti.
Lo strumento per ricavare l'acquavite è l'alambicco, nei tipi continuo o discontinuo. Le tecniche di distillazione sono varie secondo lo strumento impiegato, ma come per altri spiriti vengono scartate le frazioni iniziali (teste) e finali (code), contenenti sapori ed odori sgradevoli. Secondo i metodi se ne ricavano acquaviti da 52% a 72% di alcol, talvolta oltre. La resa ordinaria è di un litro di distillato ogni dieci di vino.
Appena distillata, l'acquavite non è ancora brandy: deve essere sottoposta ad un periodo di invecchiamento in botte, secondo la legislazione del paese di produzione, prima di poter essere imbottigliata, previa filtrazione a freddo. Sono generalmente indicati i tipi di legno permessi, e la durata minima di soggiorno in botte.
Al brandy così prodotto vengono talvolta aggiunti caramello per colorarlo e zucchero per ammorbidirlo; infine viene diluito con acqua distillata alla gradazione voluta. Eccezionalmente il brandy può venire imbottigliato come esce dalla botte (cask strenght o grado pieno), dopo un adeguato invecchiamento.

Degustazione

Il brandy viene abitualmente consumato come digestivo dopo i pasti, o come distillato da meditazione; talvolta accompagnandolo al fumo di un sigaro, o di qualche pezzetto di cioccolato amaro. In Italia ed in Spagna si usa anche come correttore del caffè.
Si serve in bicchieri a forma di uovo tronco, chiamati ballon o snifter o, molto meglio, in bicchieri a tulipano; il brandy non va mai riscaldato con fiamme o calore vivace, né diluito con ghiaccio, per non rovinarne gli aromi, ma il bicchiere può essere scaldato con il calore delle mani (humanizer, dicono i francesi).


I brandy nel mondo

Il brandy può essere prodotto in qualunque Paese, con i metodi più diversi. Poiché viene distillato dal vino, i Paesi a tradizione vinicola sono i principali produttori ed esportatori di questo tipo di distillato: l'Europa meridionale ed i Paesi del bacino del Mar Nero sono i maggiori produttori mondiali. Di seguito una lista dei brandy più diffusi per provenienza.
Luogo Brandy Note
 Francia Armagnac Guascogna
 Francia Cognac Poitou-Charentes e Aquitania
 Italia Brandy italiano

 Spagna Brandy spagnolo

 Grecia Metaxa



Cocktail

Il brandy è usato come ingrediente in alcuni cocktail, quando si vuole sostituire il più costoso cognac, per esempio:
  • Alexander - cocktail a base di brandy o cognac e panna
  • East india - cocktail a base di brandy, succo d'arancia e Curaçao
  • Sidecar - cocktail a base di brandy, liquore d'arancia e succo di limone

Normative

I disciplinari di produzione del brandy variano da Paese a Paese. In Italia, nella UE, nonché in Argentina è possibile produrre brandy solo a partire da acquavite di vino. In Australia, Stati Uniti d'America, Sudafrica ed altre nazioni a vocazione vinicola è invece possibile utilizzare, oltre al vino, anche fecce e vinacce.
Una convenzione italo-francese (28 maggio 1948) stabilì che i termini cognac e armagnac fossero riservati ai soli prodotti francesi le cui aree di produzione sono delimitate da apposite norme. Il termine brandy viene utilizzato per i distillati di vino delle altre zone della Francia e di tutti gli altri Paesi.

Associazioni di categoria

A livello europeo CEDIVI (Confédération Européenne des Distilleries Vinicoles), fondata dalle Associazioni di categoria e dai principali produttori di alcool vinico di Francia, Italia e Spagna, rappresenta 70 aziende italiane e spagnole che svolgono attività di distillazione di alcol vinico ed il 65% della produzione europea di alcool vinico.
A livello italiano, AssoDistil (Associazione Nazionale Industriali Distillatori di Alcoli e Acquaviti) rappresenta attualmente 60 distillerie industriali, che coprono circa il 95% della produzione nazionale di acquaviti e di alcol da materie prime agricole.

 
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