Adoriamo chi riesce a toccare questi
tasti. I solitari seduti ai tavolini dei bar.
Può esistere qualcosa di più
affascinante, romantico, vivo, teatrale, umano? No.
Il solitario seduto al bar è uno
degli ultimi avamposti della condizione umana più intima ed
emozionante,
quella contemplativa. In quel
momento, seduto con se stesso, l'uomo vede il particolare, astrae il
dettaglio, coglie l'assoluto. Non so se avete mai provato, ma si
parte da una considerazione, un caffè, poi si ripensa a quel
problema sul lavoro, poi si riflette se chiamare o meno quella
persona, poi si osserva passare un uomo e ci si interroga sul dove
andare, cosa fare. Un dialogo costante con l'universo.
Sciocchezze?
Affatto.
Lo aveva descritto molto bene
Edgar Allan Poe
in quello che ritengo uno dei suoi
capolavori, il racconto
L'Uomo della Folla. Non
voglio assolutamente svelarti nulla, ma il fulcro di quel racconto è
la
domanda.
Io non mi ero mai trovato in una
circostanza simile, nella circostanza soprattutto di questo
particolar momento della sera; e quel tumultuoso campo di teste umane
mi colmava di un’emozione dolcissima, un’emozione anzi tutta
nuova. Alla fine non prestai più veruna attenzione a quanto si
passava nel caffè, e rimasi completamente assorto nel contemplare la
scena del di fuori.
Dapprima, le mie osservazioni
assunsero un colorito astratto, di fina e generale analisi. Osservava
que’ passanti a masse, e il mio pensiero non li considerava che nei
loro rapporti collettivi. Nondimeno, in breve, trassi a’
particolari, ed esaminai con minuzioso interesse le varietà innumeri
delle figure, gli abiti, l’incesso, le telette, l’aria, i visi,
l’espressione delle fisonomie, insomma.
Ti invidio, sappilo, perchè vorrei
avere la tua fortuna di potermi ancora gustare questo racconto come
se non lo avessi mai letto.
E lì dentro Poe scandaglia l'umanità
come in pochi hanno saputo fare, e lo fa grazie agli occhi di un uomo
seduto al bar. Solitario. In osservazione. Pensante.
Abbiamo bisogno di queste sentinelle
dell'umana condizione, terribilmente bisogno. Anche tu. Anche io.
Perchè nel nostro affannarsi quotidiano possiamo essere sicuri che
c’è chi vigila su di noi.
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