mercoledì 30 giugno 2021

Vin brulé

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Il vin brulé (anche noto come Glühwein, dal tedesco, Vin Chaud in francese, Mulled Wine in inglese) è una bevanda calda a base di vino (tradizionalmente vino rosso), zucchero e spezie aromatiche diffusa in numerosi paesi e semplice da preparare.
In Europa centrale si consuma vin brulé soprattutto nel periodo dell'Avvento. In Italia, soprattutto settentrionale, si trova nei mercatini di Natale, o, più in generale, preparato artigianalmente in pentole o thermos e distribuito al pubblico durante le feste popolari del periodo invernale, compreso Carnevale. In alcuni casi si trova anche in vendita già pronto imbottigliato, quindi solamente da scaldare.
Il predecessore del vin brulé è il conditum paradoxum dell'antichità.
Nel Medioevo invece si consumavano vini speziati freddi, come l'Ipocras (sinonimo di ippocrasso), e che somigliavano al moderno vin brulé per le spezie usate e per il sapore.
Il costume di bere del vino cotto si diffuse soprattutto tra le popolazioni alpine o comunque dei paesi europei freddi. Successivamente, si diffuse in tutto il mondo.
Il vin brulé si prepara riscaldando vino rosso (nella versione tradizionale) o vino bianco, aggiungendo quindi zucchero a piacere e diverse spezie, di base cannella e chiodi di garofano. In alcuni casi vi si aggiungono facoltativamente delle scorze di limone, anice stellato, mela e/o qualche spicchio di mandarino.
Durante la lunga bollitura del vino, l'alcool etilico evapora a 83 °C. Tuttavia spezie e zuccheri dovrebbero essere aggiunti dopo, in fase di raffreddamento della bevanda, poiché eccessive temperature formerebbero un prodotto di decomposizione degli zuccheri, l'idrossimetilfurfurale (HMF), il quale è sospettato di cancerogeneità. Dunque, per mantenere il vino caldo nel tempo durante, ad esempio, una festa, sarebbe opportuna una fonte di calore sempre minima e costantemente controllata.
I vin brulé economici pronti in commercio vengono spesso preparati con dei vini di scarsa qualità e fortemente dolcificati per mascherarla. Un vin brulé di qualità superiore è fatto da vini rossi da tavola corposi, con l'aggiunta soltanto di poche spezie e di poco zucchero.
I vini utilizzati variano nelle diverse regioni. In Germania si utilizza di solito vino rosso, nell'Italia settentrionale e alcune province tedesche anche il vino bianco, in Austria tutti e due.
In Italia esistono differenti varianti. Ad esempio, il vinbruè è il vin brulé in Veneto ed è preparato di solito con vino Chardonnay o con vino Pinot bianco con l'aggiunta di cannella, mela e chiodi di garofano, viene consumato soprattutto durante il panevin assieme alla pinza e il bisò è il vin brulé in versione romagnola, preparato con Sangiovese speziato e servito molto caldo. Nella città di Faenza, la sera del 5 gennaio si celebra la Nott de bisò, manifestazione legata al palio del Niballo. Il nome "bisò" è tradizionalmente fatto derivare dalla frase dialettale bì sò! ("bevete, su!"), ma si tratterebbe di una paretimologia: l'origine del nome andrebbe fatta risalire al tedesco Bischoff (o inglese bishop), parola che, oltre che "vescovo", significa appunto "vino rosso caldo", per via del colore che richiama appunto l'abito vescovile.
Le varianti invece che contengono il rum, l'acquavite o liquori come l'amaretto in realtà non sono delle varianti di vin brulé ma piuttosto di punch.
La gradazione alcolica dipende ovviamente dal vino utilizzato, di solito dagli 11 ai 14 gradi alcolici. Tuttavia sopra gli 80 °C l'etanolo del vino evapora, pertanto la gradazione alcolica del vin brulè è molto variabile e diminuisce in base al tempo (lungo) ed il modo (fiamma bassa) di cottura dello stesso.

martedì 29 giugno 2021

Jagertee




Lo Jagertee (Jagatee o Jägertee, letteralmente "tè del cacciatore") è una bevanda calda a base di tè nero, obstler (particolare grappa alla frutta) eventualmente rum (simile ad un punch) e speziato alle erbe.
La bevanda è diffusa in numerosi paesi dell'Europa centrale soprattutto in quelli di madrelingua tedesca soprattutto tra i turisti nelle Alpi.
Nonostante sia alquanto semplice da preparare, viene anche venduto nei negozi in bottiglia, in modo che sia semplice diluirlo in acqua bollente anche a casa (1/3 di bevanda e il resto acqua calda).
Nel XIX secolo questo particolare tè era utilizzato dai cacciatori durante le lunghe attese nei freddi inverni. Oggi invece è diventata una normale bibita da bar, soprattutto negli après-ski causando molti incidenti tra gli sciatori.
Il suo nome è stato messo sotto la tutela delle bevande prodotte in Austria; ciò ha comportato che in Germania che lo Jagertee venga venduto con il nome di Huttentee ("tè della capanna") o Forstertee ("tè della foresta").
Si è calcolato che vengano prodotti industrialmente circa 600 m³/anno in Austria e circa 400 m³/anno in Germania.
Nell'area del Tirolo storico, vi sono diverse ditte che impiegano ricette che possono fregiarsi del titolo di Original Jager-Tee ed una di queste con ingredienti naturali e senza coloranti viene prodotta in Alto Adige.
Lo Jagertee, come il vin brulé, è molto meno alcolico del componente alcolico originale, poiché durante il processo della sua preparazione gran parte dell'alcool brucia od evapora. Esso ha solitamente 12-15 gradi alcolici.

lunedì 28 giugno 2021

Crown Royal

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Crown Royal è un whisky canadese con tasso alcolico del 40%. L'industria è in possesso della Diageo Canada PLC che acquistò la Crown Royal quando la Seagram si sciolse nel 2000. È il whisky più venduto e famoso del Canada.

Storia

La produzione del Crown Royal iniziò nel 1939 ma la vendita era riservata ai soli membri della corona inglese (da qui il nome). La vendita venne aperta al pubblico solo nel 1964.
Oggi tale whisky è prodotto nelle distillerie delle città di Gimli, Manitoba, Canada (fino al 1992 era invece prodotto a Waterloo, Ontario).

Curiosità

  • La Crown Royal è stata sponsor di una scuderia NASCAR ed è attualmente sponsor della International Race of Champions.

domenica 27 giugno 2021

Paradosso francese

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Per paradosso francese si intende il presunto fenomeno per il quale in Francia, nonostante il relativamente alto consumo di alimenti ricchi in acidi grassi saturi, l'incidenza di mortalità per malattie cardiovascolari (ossia le malattie del cuore e dei vasi sanguigni) è relativamente bassa, inferiore rispetto ad altri Paesi dieteticamente comparabili. Su tale apparente paradosso si è speculato che il consumo di vino rosso potesse proteggere da malattie cardiache.

Descrizione

Il termine paradosso francese fu coniato da Serge Renaud, uno scienziato dell'Università di Bordeaux. Renaud, dal confronto tra popolazione americana e francese, osserva come la seconda abbia un'incidenza relativamente bassa di disturbi alle coronarie, sebbene faccia una dieta ricca di grassi saturi.
Il concetto è stato poi sviluppato da alcuni epidemiologi francesi.
L'associazione tra il consumo di vino rosso e l'apparente bassa incidenza di coronopatie ha indotto i produttori di vino a sfruttare tale speculazione per incentivarne il consumo. Tuttavia le ricerche disponibili ad oggi non hanno ancora dimostrato in modo convincente l'esistenza effettiva di un rapporto causa-effetto tra il consumo di vino e la prevenzione di malattie cardiovascolari. Anzi, è invece dimostrato che per la prevenzione del cancro e delle malattie cardiovascolari è meglio evitare di bere alcolici.
Sono state formulate anche altre ipotesi, tra cui il fatto che nelle regioni francesi in cui la mortalità da malattie cardiovascolari è minore si osserva un più alto consumo di vegetali particolarmente ricchi di folato.

Evidenze

La correlazione tra bassa mortalità per malattie coronariche e consumo di vino è stata avanzata per la prima volta nel 1979 con ulteriori studi pubblicati nel 1980 da alcuni epidemiologi francesi. A partire da questa prima ipotesi numerose ricerche sono state effettuate per dimostrare quali fattori potessero avere un effetto protettivo. Alcuni studi si sono concentrati sull'effetto dell'alcool, e sono arrivati alla conclusione che un consumo moderato di vino (<40 g/die di etanolo, circa tre bicchieri) limiti l'incidenza di tali malattie, probabilmente per un effetto sul colesterolo HDL e sulla fluidità del sangue. Tuttavia l'alcool non basta di per sé a spiegare il fenomeno, infatti alcuni dati hanno mostrato che il vino è più efficace di altre bevande alcoliche nella riduzione dell'incidenza di queste malattie.
Fiorente è la letteratura al riguardo. Ad esempio anche di recente meta-analisi pubblicazione ha mostrato come ci sia un'effettiva diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari in relazione al moderato consumo di vino e birra, rispettivamente diminuzioni del 31 e 33%.
Secondo alcune ipotesi, la ragione di tale proprietà deriverebbe dai polifenoli di cui il vino è ricco, in particolare il resveratrolo. Queste sostanze sono altamente antiossidanti, e questa proprietà è alla base delle loro riconosciute azioni preventive di diverse malattie. Tuttavia non è possibile dimostrare che le proprietà biologiche mostrate in vitro siano riproducibili in vivo, considerando che per assumere adeguate quantità di polifenoli il consumo di vino dovrebbe essere ben più elevato che due-tre bicchieri al giorno, ma in questo caso l'organismo sarebbe esposto agli effetti negativi dell'alcol. L'attenzione della stampa riservata al resveratrolo tradisce la pressione di interessi economici. Ad esempio un ricercatore che aveva affermato gli effetti benefici del resveratrolo, tale Dipak Das dell'Università del Connecticut, è stato accusato di frode in quanto vi sono evidenze del fatto che lo scienziato abbia avuto interessi diretti nell'evidenziare, con inesattezze scientifiche, le proprietà benefiche del resveratrolo.
Tra le altre ipotesi esplorate, uno studio ha portato l'attenzione su un'altra proprietà del vino, non correlata con i polifenoli: esso sarebbe in grado, anche a bassi dosaggi, di inibire la sintesi del peptide endotelina (endothelin-1), che è un vasocostrittore correlato alle malattie cardiovascolari ed alla aterosclerosi.
Il calcio, presente nel latte e suoi derivati, svolge un'azione di contrasto all'ormone cortisolo, che ha un ruolo importante nell'accumulo di adipe. Al contrario, alti livelli di cortisolo diminuiscono l'assorbimento gastrico e intestinale, e aumentano l'escrezione renale di calcio.

Critiche

Sebbene abbia avuto molta fortuna in passato, tanto che ancora oggi viene utilizzato acriticamente da alcuni mass media, tale concetto è il risultato di un impianto teorico scorretto, non fondato sulla significatività dei dati.
Per quanto riguarda il primo termine, "paradosso", l'apparente incongruenza si basa sul fatto di considerare dieteticamente comparabili due popolazioni che evidentemente non lo sono. In particolare, non viene considerato l'intero panorama del modus vivendi e dell'alimentazione (ci si concentra invece solo sull'uso moderato del vino a pasto), mentre uno studio molto più completo è il LYON, eseguito dall'American Heart Association (AHA), secondo cui la dieta mediterranea ha un significativo contributo nella riduzione del tasso di mortalità della malattia coronarica del 50%. Inoltre, l'associare bassa mortalità al consumo di vino è solo l'affermazione di una correlazione statistica, dalla quale non è possibile inferire direttamente un rapporto di causa-effetto.
Per quanto riguarda il secondo elemento, "francese", l'errore è più evidente. Il tasso di mortalità per malattie coronariche è omogeneo in tutta l'Europa (come si evince dallo studio MONICA, Multinational MONItoring of trends and determinants in CArdiovascular disease, del 1999), decrescendo gradualmente dal nord al sud del continente, in modo tale che non vi è differenza statisticamente significativa tra Belgio e nord della Francia, per esempio, né tra nord e sud della Francia, né tra sud della Francia e Spagna o Italia. Vi è invece una differenza statisticamente significativa tra le popolazioni del nord e del sud Europa.



sabato 26 giugno 2021

Paesi dove sono vietate le bevande alcoliche





Paesi dove sono vietate parzialmente o del tutto le bevande alcoliche

Stato
Note
Consumo alcol annuale (WHO 2010)
Afghanistan
La vendita di bevande alcoliche è vietata in tutti i locali pubblici afghani dal 1973.
0,7 litri
Arabia Saudita
In Arabia Saudita è in vigore la sharia, chi viene arrestato con dell'alcol viene condannato a un anno di carcere e a 360 frustate.
0,2 litri
Bangladesh
Il consumo di alcol è vietato a tutti i musulmani, è permesso invece ai non musulmani e alla popolazione delle Colline di Chittagong (Chittagong Hill Tracts) che sono a maggioranza buddista.
0,2 litri
Brunei
A Brunei è in vigore la sharia dal 2014 e chi viene trovato in possesso di alcol viene frustato.
0,9 litri
Emirati Arabi Uniti
Negli Emirati Arabi Uniti è permesso il consumo di alcolici solo nei bar ai non musulmani in possesso di una speciale tessera rilasciata dal governo, mentre nell'emirato di Sharja è vietato l'acquisto, il possesso e il consumo di alcol.
4,3 litri
India
È vietato consumare alcol negli stati del Kerala, Gujarat, Bihar, Nagaland, Manipur e nel territorio dell'unione delle Laccadive (tranne nell'atollo disabitato di Bangaram dove è presente un bar e un cottage con 60 posti letto); nel resto del Paese è possibile berlo a determinate condizioni oppure è vietato in alcuni giorni detti "dry days".
4,3 litri
Indonesia
Nel territorio speciale di Aceh è in vigore la sharia ed è vietato importare, consumare, detenere e vendere qualunque tipo di bevanda alcolica, la pena sono trenta bastonate. nel resto del Paese dal 2015 è permessa la vendita di bevande alcoliche nei supermercati, negli hotel e nei punti di ristoro.
0,6 litri
Iran
In Iran è in vigore la sharia dalla Rivoluzione iraniana ed è vietato importare, consumare, detenere e vendere qualunque tipo di bevanda alcolica.
1 litro
Iraq
In Iraq è in vigore la sharia e dal 2016 è vietato importare, consumare, detenere e vendere qualunque tipo di bevanda alcolica, la pena per la violazione è una multa di 17.000 dinari (circa 13 euro). La legge non è in vigore nel Kurdistan iracheno.
0,5 litri
Kuwait
In Kuwait sono illegali le bevande alcoliche dal 1964.
0,1 litri
Libia
In Libia è vietato importare, consumare, detenere e vendere qualunque tipo di bevanda alcolica ma è disponibile nel mercato nero. Nel 2013 le bevande alcoliche di produzione casalinga hanno provocato a Tripoli più di 380 intossicati e 51 vittime.
0,1 litri
Maldive
Alle Maldive è in vigore la sharia, quindi è vietato importare, consumare, detenere e vendere qualunque tipo di bevanda alcolica, l'unico posto dove è consentito è all'Hulhule Island Hotel nell'isola di Hulhulé dove si trova l'unico aeroporto; nonostante questo sono disponibili alcolici nei resort turistici.
1,2 litri
Mauritania
In Mauritania è vietato importare, consumare, detenere e vendere qualunque tipo di bevanda alcolica.
0,1 litri
Pakistan
Non è consentito bere ai non musulmani, chi viene arrestato in posesso di bevande alcoliche può essere condannato a 80 frustate, le bevande alcoliche prodotte nel Paese vengono solo esportate. Dal 2015 il governo ha lasciato licenze limitate ad alcuni "wine shop".
0,1 litri
Sudan
Dal 1983 è vietato l'alcol e ora in Sudan è in vigore la sharia ed è quindi vietato importare, consumare, detenere e vendere qualunque tipo di bevanda alcolica. Anche se nella capitale Khartum non è vigore la sharia per i non musulmani.
2,7 litri
Somalia
L'alcol è vietato dalla caduta del regime di Mohammed Siad Barre ed era prodotto il rum introdotto dagli italiani, tuttora continua la produzione nel mercato nero nonostante la sharia e la guerra civile in corso dal 1991.
0,5 litri
Yemen
L'alcol è praticamente vietato dall'unificazione di Yemen del Nord e Yemen del Sud nel 1990. Prima dell'unificazione era in funziona ad Aden l'unico birrificio della Penisola Arabica, il National Brewing Company che produceva la birra Seera, il birrificio venne distrutto nel 1994 dalle truppe dell'ex Yemen del Nord e da allora non venne più ricostruito, oggi sono disponibili alcolici legalmente nei due Sheraton Hotel di Sana'a e Aden.
0,3 litri



Paesi o territori dove erano vietate le bevande alcoliche

Stato o Territorio
Note
Anni divieto
Canada
Tra il 1907 e il 1917 quasi tutte le province canadesi proibiscono a vari livelli l'alcol, dopo esser stato vietato per un breve periodo a livello nazionale dal 1918 al 1920 ogni provincia seguì la propria regolamentazione sull'alcol, nel 1927 venne legalizzato l'alcol in Ontario ma solo nel 1948 nell'Isola del Principe Edoardo. All'epoca era escluso il Dominion di Terranova che entrò a far parte del Canada nel 1949 come provincia di Terranova e Labrador.
A vari livelli tra 1907 e il 1948.
Finlandia
L'alcol venne vietato poco dopo l'indipendenza dall'Impero Russo nel 1919, un referendum nel 1931 rese di nuovo legale l'alcol a partire dal 5 aprile 1932, il proibizionismo finlandese è detto Kieltolaki ("Divieto").
1919-1932
Fær Øer (Danimarca)
L'alcol venne vietato con un referendum nel 1907, un primo tentativo di renderlo legale venne bocciato con un referendum nel 1973; la vendita, la produzione e il consumo di alcol vennero infine legalizzati nel 1992.
1907-1992
Russia / URSS
Il 31 luglio 1914 lo zar Nicola II vietò l'alcol nell'Impero Russo dovuto alla mobilitazione in occasione della Prima guerra mondiale, il divieto dell'alcol venne mantenuto nella Repubblica russa e dai bolscevichi guidati da Lenin dopo la Rivoluzione russa fino al 1923.
1914-1923
Islanda (Danimarca)
Durante il dominio danese venne votata nel 1908 una legge per la proibizione dell'alcol che entrò in vigore solo nel 1915, la produzione, la vendita e il consumo di liquori fu reso di nuovo legale nel 1935, mentre la birra divenne legale solo il 1º marzo 1989 nel giorno che è detto Bjordagur (Giorno della Birra), tra il 1935 e il 1989 la vendita di alcolici era permessa solo nei Vínbúðin (Negozi del vino) di proprietà governativa.
1915-1935
Norvegia
L'alcol venne vietato nel 1916 e confermato con alcuni referendum nel 1919, l'alcol esclusi i liquori furono vietati fino al 1923, nel 1926 si svolse un referendum sul proibizionismo nei confronti dei liquori, il referendum fallì e i liquori divennero legali a partire dal 1927.
1916-1927
Repubblica sovietica ungherese
La Repubblica sovietica ungherese guidata da Sándor Garbai e Béla Kun vietò l'alcol per tutta la sua breve durata fino all'occupazione romena.
21 marzo-1º agosto 1919
Stati Uniti


1920-1933




venerdì 25 giugno 2021

Japanese slipper

 


Il japanese slipper è un cocktail creato nel 1984 da Jean-Paul Bourguignon a Melbourne. È inserito nella lista dei cocktail ufficiali IBA (International Bartenders Association). Questo cocktail dal colore verdastro, causato dalla presenza di Midori e limone, viene bevuto solitamente come digestivo.

Secondo la ricetta ufficiale IBA si prepara con la tecnica Shake & Strain e viene servito nella coppetta da cocktail (o coppa Martini). Gli ingredienti sono: 3 cl di liquore al melone (solitamente il Midori), 3 cl di Cointreau o triple sec e 3 cl di succo di limone. Si può decorare con una piccola fettina di limone e una ciliegia da cocktail.




giovedì 24 giugno 2021

Umeshu

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Umeshu (梅酒) è un liquore giapponese ottenuto dalla macerazione della ume (prugna ancora acerba e di colore verde) nell'alcool (焼酎 shōchū) (o sake) con aggiunta di zucchero di canna cristallizzato. Ha un sapore dolce, leggermente aspro, e un contenuto di alcool di 10-15 gradi. Marche rinomate di "umeshu" sono Choya e TaKaRa Shuzo. Le prugne utilizzate per questo tipo di liquore sono tra le più pregiate del Giappone. Provengono principalmente da Wakayama (Kyushu). Tra queste la Nankou Ume, prugna dalla polpa carnosa e osso piccolo.
I ristoranti giapponesi servono diverse varietà di umeshu, anche in versione cocktail. Umeshu On the Rocks (si pronuncia umeshu rokku), Umeshu Sour (si pronuncia umeshu Sawa), Umeshu Tonic (con 2 / 3 di acqua tonica) e Umeshu Soda (con 2 / 3 di acqua gassata) sono varianti molto popolari di questa bevanda. Un'usanza di moda tra i giovani è quella di mescolare questo liquore con il tè verde (o-cha).
Molte persone producono il loro umeshu in casa.

mercoledì 23 giugno 2021

Metaxa

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Il Metaxa (Μεταξά) è un brandy greco. È stato inventato nel 1888 da un commerciante chiamato Spyros Metaxas (Σπύρος Μεταξάς).
È rinomato ovunque nel mondo per il suo colore, la sua qualità ed il suo gusto.
Per ottenere questa bevanda si utilizzano tre varietà di uve diverse (Sultanina, Savatiano e uva di Corinthe). Una volta ottenuto il distillato, si lascia sviluppare i propri aromi in barili in quercia del Limosino per una durata minima di tre anni. Si aggiunge al brandy uva moscato (di Samo o di Lemno), delle essenze di petali di rosa ed una serie segreta di piante aromatiche. Quindi si rimette questo nuovo miscuglio in un barile per la durata di un altro anno. Prima dell'imbottigliamento, Metaxa passa molti giorni ad una temperatura inferiore a zero, viene filtrato ed infine viene imbottigliato.
Esistono molti tipi di Metaxa che si distinguono con il numero di stelle aggiunte al nome Metaxa:
  • Metaxa 3 ★★★, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata tre anni, con il 38% di alcool (vol).
  • Metaxa 5 ★★★★★, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata cinque anni, con il 40% di alcool (vol).
  • Metaxa 7 ★★★★★★★, anche chiamato Amphora, a causa del modulo della sua bottiglia, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata sette anni, con il 40% di alcool (vol), ed un colore scuro dorato. Con un profumo di aromi di frutta secca, di vaniglia e di quercia. In bocca ha un gusto ampio e un sottile gusto di legno. È uno dei Metaxa i più equilibrati.
  • Metaxa 12 ★★★, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata dodici anni, con il 40% di alcool (vol), con un aroma di tabacco, di frutti secchi e vaniglia.
  • Grand Olympian Reserve o Grande fine è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata di quindici anni. Contrariamente agli altri miscugli di Metaxa, Grand Olympian Reserve non contiene moscato. In bocca il gusto è allo stesso tempo ampio, morbido, ricco e boscoso. Ha la particolarità di essere commercializzato in una bottiglia in porcellana.
  • Private Reserve è un Metaxa tenuto in barile di quercia per una durata di almeno trent'anni, con il 40% di alcool (vol), ed ha un colore ambrato. I suoi aromi sono molto ricchi: si trovano allo stesso tempo il miele, le spezie, i frutti secchi, il moscato, la vaniglia e la quercia.
  • METAXA AEN è un Metaxa tenuto in barile di quercia per una durata di almeno ottant'anni. Questa è una versione a edizione limitata per il 120º anniversario del famoso liquore greco. L'azienda ha dichiarato che 1.888 caraffe di AEN Metaxa sono disponibili in tutto il mondo. È disponibile in una caraffa unica realizzata a mano di Crystal de Sevres, che riporta un numero seriale unico ed è venduta al prezzo di 800 euro la bottiglia.
Alcune bottiglie sono abbastanza eccezionali specialmente quelle del centenario che sono veri oggetti di raccolta.
Come molti brandy, Metaxa è particolarmente apprezzato dai fumatori di sigari. In Grecia, è consumato più facilmente l'inverno che l'estate. Accompagna le castagne arrostite, le noci e le uve secche. Il Metaxa è associato nella mentalità greca ai festeggiamenti di fine anno. Si può, tuttavia, consumarlo l'estate con ghiaccio ed in cocktail. In Grecia, questo liquore alcoolico è considerato a torto come un cognac. Nelle canzoni viene evocato come koniakaki (κονιακάκι), il piccolo cognac.

martedì 22 giugno 2021

Tom e Jerry

 




Il Tom e Jerry è un cocktail natalizio tradizionale negli Stati Uniti, a volte attribuito allo scrittore britannico Pierce Egan negli anni '20 dell'Ottocento. È una variante dello zabaione con l'aggiunta di brandy e rum e servito caldo, solitamente in una tazza o in una ciotola.

Un altro metodo utilizza gli albumi montati a neve, con i tuorli e lo zucchero ripiegati e, facoltativamente, l'aggiunta di estratto di vaniglia. Si aggiungono alcuni cucchiai in una tazza, poi si aggiungono latte caldo e rum e si condisce con noce moscata. La pastella preconfezionata di Tom e Jerry, tipicamente prodotta dai produttori del Wisconsin, del Minnesota e del Dakota, viene venduta nei supermercati regionali durante il periodo natalizio.

Il nome della bevanda è un riferimento al libro di Egan, Life in London, o The Day and Night Scenes of Jerry Hawthorn Esq. e il suo Elegant Friend Corinthian Tom (1821), e il successivo spettacolo teatrale Tom and Jerry, or Life in London (anch'esso 1821). Per pubblicizzare il libro e l'opera teatrale, Egan ha introdotto una variazione dello zabaione aggiungendo 1 ⁄ 2 once fluide statunitensi (15 ml) di brandy, chiamandolo "Tom and Jerry". La fortificazione aggiuntiva ha contribuito a rendere popolare la bevanda. [5]

Due duetti di cartoni animati molto successivi, un Tom e Jerry di breve durata dei Van Beuren Studios negli anni '30, e la famosa rivalità tra gatto e topo dagli anni '40 agli anni '60, portavano anche il nome, forse come un gioco di parole con la bevanda.

Tom e Jerry erano i preferiti del presidente Warren G. Harding , che lo serviva a una festa di Natale annuale per i suoi amici più cari.

La bevanda ha un posto di rilievo nel racconto di Damon Runyon del 1932 "Dancing Dan's Christmas", che inizia con il passaggio

Questo caldo Tom e Jerry è una bevanda dei vecchi tempi che una volta è usata da tutti in questo paese per festeggiare il Natale, e infatti una volta è così popolare che molte persone pensano che il Natale sia inventato solo per fornire una scusa per il caldo Tom e Jerry. Jerry, anche se ovviamente questo non è affatto vero.

Nel film del 1940 Beyond Tomorrow, i personaggi bevono Tom e Jerrys alla vigilia di Natale all'inizio del film. Quando James Houston arriva per restituire il portafoglio di Michael O'Brien, O'Brien insiste che Houston "rimanga e abbia un po' di allegria con noi". Quando O'Brien chiede a Houston cosa vorrebbe bere, Houston risponde: "Qualunque cosa stia bevendo, signore". O'Brien dice: "Sto prendendo Tom e Jerry da solo" e versa il drink per sé, Houston e Alan Chadwick.

Nel film del 1941 The Great Mr. Nobody , una coppia di personaggi si sta godendo le tazze di Tom e Jerrys in un bar la vigilia di Natale e ne offre una al protagonista, "Dreamy" Smith, quando arriva. Un grande cartello vicino alla porta pubblicizza la bevanda come una speciale sorpresa natalizia.

Il personaggio centrale del film del 1944 An American Romance , Steve Dangos, viene presentato a Tom e Jerrys durante il suo primo Natale in una città di un'acciaieria, il che gli fa capire quanto sia solo, e manda a chiamare la sua fidanzata per raggiungerlo lì.

Verso la fine del film del 1945 The Cheaters , il cognato Willie Crawford chiede un po' di noce moscata per fare Tom e Jerrys per la famiglia la vigilia di Natale.

Nel film del 1946 Never Say Goodbye , la signora Hamilton prepara un grande lotto di Tom e Jerrys per la festa di mezzanotte della vigilia di Natale con sua figlia Ellen, che viene interrotta dal suo ex genero Phil Gayley.

Il Tom e Jerry funge da dispositivo centrale della trama nella canzone comica e nel monologo di Yogi Yorgesson del 1949 " I Yust Go Nuts at Christmas ". Il narratore si intrufola al bar locale per bere un bicchiere di birra prima della celebrazione del Natale della sua famiglia, ma finisce per consumare una dozzina di Tom e Jerrys, il che lo lascia gravemente sospeso mentre il caos del giorno di Natale lo circonda.

La bevanda è menzionata anche nel film di Billy Wilder del 1960 The Apartment , con CC Baxter, che si prepara a prestare il suo appartamento al suo capo per un appuntamento sessuale della vigilia di Natale, informandolo che "il mix di Tom e Jerry è nel frigorifero".

lunedì 21 giugno 2021

pisco sour



Un pisco sour è un cocktail alcolico di origine peruviana tipico delle cucine del Perù e del Cile. Il nome della bevanda deriva da pisco, che è il suo liquore di base, e dal termine cocktail sour, in riferimento al succo di agrumi aspro e ai componenti dolcificanti. Il pisco sour peruviano utilizza il pisco peruviano come liquore di base e aggiunge succo di lime appena spremuto, sciroppo semplice, ghiaccio, albume d'uovo e angostura. La versione cilena è simile, ma utilizza il pisco cileno e il lime Pica, ed esclude l'amaro e l'albume. Altre varianti del cocktail includono quelle create con frutti come l' ananas o piante come le foglie di coca.

Sebbene la preparazione di miscele di bevande a base di pisco risalga probabilmente al 1700, storici ed esperti di bevande concordano sul fatto che il cocktail come è noto oggi sia stato inventato nei primi anni '20 a Lima, la capitale del Perù, dal barista americano Victor Vaughen Morris. Morris lasciò gli Stati Uniti nel 1903 per lavorare a Cerro de Pasco, una città nel Perù centrale. Nel 1916 aprì il Morris' Bar a Lima e il suo saloon divenne rapidamente un luogo popolare per l'alta borghesia peruviana e gli stranieri di lingua inglese. Le più antiche menzioni conosciute del pisco sour si trovano negli annunci pubblicitari di giornali e riviste, risalenti ai primi anni '20, per Morris e il suo bar pubblicati in Perù e Cile. Il pisco sour ha subito diverse modifiche fino a quando Mario Bruiget, un barista peruviano che lavora al Morris' Bar, ha creato la moderna ricetta peruviana del cocktail nella seconda parte degli anni '20 aggiungendo al mix l'amaro Angostura e gli albumi d'uovo.

Gli intenditori di cocktail considerano il pisco sour un classico sudamericano. Cile e Perù rivendicano entrambi il pisco sour come bevanda nazionale e ciascuno afferma la proprietà del liquore base del cocktail: il pisco; di conseguenza, il pisco sour è diventato un argomento significativo e spesso dibattuto dell'America Latina cultura popolare. Fonti dei media e celebrità che commentano la controversia spesso esprimono la loro preferenza per una versione del cocktail rispetto all'altra, a volte solo per provocare polemiche. Alcuni produttori di pisco hanno notato che la controversia aiuta a promuovere l'interesse per la bevanda. I due tipi di pisco e le due varianti nello stile di preparazione del pisco sour sono distinti sia nella produzione che nel gusto. Il Perù celebra un giorno festivo annuale in onore del cocktail durante il primo sabato di febbraio.

Il termine acido si riferisce a bevande miste contenenti un liquore di base (bourbon o qualche altro whisky), succo di limone o lime e un dolcificante. Pisco si riferisce al liquore di base utilizzato nel cocktail. La parola applicata alla bevanda alcolica deriva dal porto peruviano di Pisco. Nel libro America Latina e Caraibi, lo storico Olwyn Blouet e il geografo politico Brian Blouet descrivono lo sviluppo dei vigneti nel primo Perù coloniale e come nella seconda metà del XVI secolo si formò un mercato per il liquore a causa della domanda dei crescenti insediamenti minerari nelle Ande. La successiva richiesta di una bevanda più forte indusse Pisco e la vicina città di Ica ad istituire distillerie"per trasformare il vino in acquavite", e il prodotto ricevette il nome del porto da cui veniva distillato ed esportato.

Le prime viti furono portate in Perù poco dopo la sua conquista da parte della Spagna nel XVI secolo. I cronisti spagnoli dell'epoca annotano che la prima vinificazione in Sud America avvenne nella hacienda Marcahuasi di Cuzco. I vigneti più grandi e importanti delle Americhe del XVI e XVII secolo furono stabiliti nella valle di Ica, nel Perù centro-meridionale. Nel 1540, Bartolomé de Terrazas e Francisco de Carabantes piantarono vigneti in Perù. Carabantes stabilì anche vigneti a Ica, da dove gli spagnoli dell'Andalusia e dell'Estremaduraha introdotto la vite in Cile.

Già nel XVI secolo, coloni spagnoli in Cile e Perù iniziarono a produrre aguardiente distillato da uve fermentate. Almeno dal 1764, l'aguardiente peruviano fu chiamato"pisco"dal suo porto di spedizione; l'uso del nome"pisco"per aguardiente si diffuse poi in Cile. Il diritto di produrre e commercializzare il pisco, ancora prodotto in Perù e Cile, è oggetto di controversie in corso tra i due paesi.

Secondo lo storico Luciano Revoredo, la preparazione del pisco al limone risale addirittura al XVIII secolo. Basa la sua affermazione su una fonte trovata nel Mercurio Peruano che dettaglia il divieto di aguardiente nella Plaza de toros de Acho di Lima, la più antica arena delle Americhe. A quel tempo, la bevanda si chiamava Punche (Punch), ed era venduta dagli schiavi. Revoredo sostiene inoltre che questa bevanda sia stata il predecessore del punch californiano Pisco, inventato da Duncan Nicol nel Bank Exchange Bar di San Francisco, in California. Secondo un notiziario del 1921 del West Coast Leader, un giornale in lingua inglese dal Perù, un saloon nel quartiere a luci rosse della Barbary Coast di San Francisco"era famoso per il suo 'Pisco Sours'"durante"i vecchi giorni pre- Volstead". L'esperto di cucina Duggan McDonnell ritiene che ciò attribuisca la popolarità (non l'origine) di un cocktail pisco a San Francisco risalente a prima del terremoto del 1906 che distrusse la Barbary Coast. Inoltre, una ricetta per un punch a base di pisco, compresi gli albumi, è stata trovata dal ricercatore Nico Vera nel libro di cucina peruviano del 1903 Manual de Cocina a la Criolla; di conseguenza, McDonnell ritiene che" è del tutto possibile che il 'Cocktail' che divenne il pisco sour [...] fosse stato preparato per un tempo ragionevole a Lima prima di essere incluso in un libro di cucina".

Il pisco sour è originario di Lima, in Perù. È stato creato dal barista Victor Vaughen Morris, un americano che si era trasferito in Perù nel 1904 per lavorare in una compagnia ferroviaria a Cerro de Pasco. Morris si trasferì a Lima nel 1915 e, un anno dopo, aprì un saloon, il Morris' Bar, che divenne popolare sia tra l'alta borghesia peruviana che tra gli stranieri di lingua inglese. Anche lo storico cileno Gonzalo Vial Correa attribuisce l'invenzione del pisco sour a Gringo Morris del peruviano Morris Bar, ma con la piccola differenza di chiamarlo William Morris. Morris, che sperimentò spesso nuove bevande, sviluppò il pisco sour come variante del whisky sour.

Esistono alcune discrepanze sulla data esatta in cui Morris ha creato il popolare cocktail. Il mixologist Dale DeGroff afferma che la bevanda è stata inventata nel 1915, ma altre fonti sostengono che ciò sia accaduto negli anni '20. Il giornale web cileno El Mercurio Online sostiene specificamente che gli storici attribuiscono l'anno dell'invenzione della bevanda al 1922, aggiungendo che"una notte Morris sorprese i suoi amici con una nuova bevanda che chiamò pisco sour, una formula che mescola il pisco peruviano con il Sour americano"(in spagnolo:"Una noche Morris sorprendió a sus amigos con una nueva bebida a la que llamó pisco sour, una fórmula que funde lo peruano del pisco con el 'sour' estadounidense.").

La ricetta iniziale del pisco sour era quella di un semplice cocktail. Secondo il ricercatore peruviano Guillermo Toro-Lira,"si presume che fosse una miscela grezza di pisco con succo di lime e zucchero, come era il whisky sour di quei giorni". Mentre la ricetta del cocktail continuava ad evolversi, il registro del bar mostra che i clienti hanno commentato il gusto in continuo miglioramento della bevanda. La moderna versione peruviana della ricetta è stata sviluppata da Mario Bruiget, un peruviano di Chincha Alta che ha lavorato sotto l' apprendistato di Morris a partire dal 16 luglio 1924. La ricetta di Bruiget ha aggiunto al mix l'amaro Angostura e gli albumi d'uovo. La giornalista Erica Duecy scrive che l'innovazione di Bruiget ha aggiunto"una consistenza setosa e una schiuma schiumosa"al cocktail. Morris ha usato la pubblicità per promuovere il suo bar e la sua invenzione. La più antica menzione conosciuta del pisco sour appare nell'edizione di settembre 1920 della rivista peruviana Hogar. Un'altra vecchia pubblicità appare nell'edizione del 22 aprile 1921 della rivista peruviana Mundial. Nella rivista, non solo il pisco sour è descritto come una bevanda di colore bianco, ma la sua invenzione è attribuita a"Mister Morris". Più tardi, nel 1924, con l'aiuto dell'amico di Morris Nelson Rounsevell, il bar pubblicizzò il suo locale e la sua invenzione a Valparaíso, in Cile. L'annuncio è apparso sul quotidiano Valparaíso South Pacific Mail, di proprietà di Rounsevell. Nel 1927, il Morris' Bar aveva raggiunto una notevole notorietà per i suoi cocktail, in particolare il pisco sour. Brad Thomas Parsons scrive che"il registro del Morris Bar era pieno di elogi da parte dei visitatori che erano entusiasti del drink d'autore".

Nel tempo, la concorrenza dei bar vicini e il deterioramento della salute di Victor Morris hanno portato al declino e alla caduta della sua impresa. A causa della sua costituzione in peggioramento, Morris ha delegato la maggior parte del bartending ai suoi dipendenti. In aggiunta al problema, i concorrenti vicini, come l' Hotel Bolívar e l'Hotel Lima Country Club, ospitavano bar che allontanavano la clientela dal Morris' Bar. Inoltre, Toro-Lira ha scoperto che Morris ha accusato quattro dei suoi ex baristi di furto di proprietà intellettuale dopo che erano partiti per lavorare in uno di questi stabilimenti concorrenti. Nel 1929, Morris dichiarò bancarotta volontaria e chiuse il suo saloon. Pochi mesi dopo, l'11 giugno, Victor Vaughen Morris morì di cirrosi.

Lo storico Luis Alberto Sánchez scrive che, dopo che Morris ha chiuso il suo bar, alcuni dei suoi baristi sono partiti per lavorare in altri locali. Bruiget iniziò a lavorare come barista per il vicino Grand Hotel Maury, dove continuò a servire la sua ricetta del pisco sour. Il suo successo con la bevanda ha portato la tradizione orale locale di Limea ad associare l'Hotel Maury come la casa originale del pisco sour. Poiché altri ex apprendisti di Morris trovarono lavoro altrove, diffusero anche la ricetta del pisco sour. Almeno dal 1927, i pisco sours iniziarono a essere venduti in Cile, in particolare al Club de la Unión, un club per gentiluomini di alta classe nel centro di Santiago. Durante gli anni '30, la bevanda si fece strada in California, raggiungendo bar a nord fino alla città di San Francisco. Almeno verso la fine degli anni '60, il cocktail arrivò anche a New York.

Beatriz Jiménez, giornalista del quotidiano spagnolo El Mundo, indica che in Perù, gli hotel di lusso di Lima hanno adottato il pisco sour come proprio negli anni '40. Un'abbondanza di petrolio attirò l'attenzione straniera sul Perù negli anni '40 e '50. Tra i visitatori di Lima c'erano famosi attori di Hollywood che erano affascinati dal pisco sour. Jiménez ha ricordato le tradizioni orali secondo cui un'ubriaca Ava Gardner doveva essere portata via da John Wayne dopo aver bevuto troppi pisco sour. Si dice che Ernest Hemingway e Orson Welles fossero grandi fan di quella che hanno descritto come"quella bevanda peruviana".

Nel 1984, il giornalista boliviano Ted Córdova Claure scrive che l'Hotel Bolívar era un monumento alla decadenza dell'oligarchia peruviana (in spagnolo:"Este hotel es un monumento a la decadencia de la oligarquía peruana."). Ha notato che il locale è la casa tradizionale del pisco sour e lo ha consigliato come uno dei migliori hotel di Lima. Al giorno d'oggi, l'Hotel Bolivar continua ad offrire il cocktail nel suo bar"El Bolivarcito", mentre il Country Club Lima Hotel offre il drink nel suo saloon"English Bar".

Il pisco sour ha tre diversi metodi di preparazione. Il cocktail pisco sour peruviano si ottiene mescolando il pisco peruviano con succo di lime Key, sciroppo semplice, albume d'uovo, bitter Angostura (per guarnire ) e cubetti di ghiaccio. Il cocktail pisco sour cileno si ottiene mescolando il pisco cileno con succo di limón de Pica, zucchero a velo e cubetti di ghiaccio. Daniel Joelson, scrittore e critico gastronomico, sostiene che la principale differenza tra le due versioni pisco sour"è che i peruviani generalmente includono gli albumi, mentre i cileni no". La versione delInternational Bartenders Association, che annovera il pisco sour tra i suoi"New Era Drinks", è simile alla versione peruviana, ma con la differenza che utilizza il succo di limone, al posto del succo di lime, e non distingue tra i due diversi tipi di pisco.

Esistono notevoli variazioni nel pisco utilizzato nei cocktail. Secondo l'esperto di enogastronomia Mark Spivak, la differenza sta nel modo in cui vengono prodotte entrambe le bevande; mentre"il pisco cileno è prodotto in serie", la versione peruviana"è prodotta in piccoli lotti". Lo storico dei cocktail Andrew Bohrer concentra il suo confronto sul gusto, affermando che" in Perù, il pisco è fatto in un alambicco, distillato fino alla prova e non invecchiato; è molto simile alla grappa. In Cile, il pisco è fatto in un alambicco a colonna e invecchiato in legno; è simile a un cognac molto leggero." L' enologo cileno Patricio Tapia aggiunge che mentre i produttori di pisco cileni di solito mescolano ceppi di vite,qualità aromatiche di vitigni come Moscato Giallo e Italia. Tapia conclude che questo è il motivo per cui le bottiglie di pisco peruviano indicano la loro annata e le versioni cilene no.

Esistono varianti del pisco sour in Perù, Bolivia e Cile. Ci sono adattamenti del cocktail in Perù usando frutti come maracuya, aguaymanto e mele, o ingredienti tradizionali come la foglia di coca. In Cile, le varianti includono l'Ají Sour (con un peperoncino verde piccante), il Mango Sour (con succo di mango ) e il Sour de Campo (con zenzero e miele). In Bolivia, la variante Yunqueño (dalla sua regione Yungas ) sostituisce il lime con il succo d'arancia.

Cocktail simili al pisco sour includono la Piscola cilena e il cocktail peruviano Algarrobina. La piscola si ottiene mescolando il pisco con la cola. Il cocktail Algarrobina è composto da pisco, latte condensato e linfa dell'albero di algarroba peruviano. Un altro cocktail simile, dagli Stati Uniti, è il pisco californiano, originariamente preparato con pisco peruviano, ananas e limone.

Duggan McDonnell descrive il pisco sour come"il cocktail più elegante dell'America Latina, schiumoso, equilibrato, luminoso ma ricco", aggiungendo che"i baristi di tutta la California settentrionale attesteranno di aver shakerato molti Pisco sour. È il cocktail di albume preferito e una persona assolutamente amata dai più." La giornalista australiana Kate Schneider scrive che il pisco sour"è diventato così famoso che c'è una celebrazione della Giornata Internazionale del Pisco Sour il primo sabato di febbraio di ogni anno, così come una pagina Facebook con più di 600.000 Mi piace". Secondo l' imprenditore cileno Rolando Hinrichs Oyarce, proprietario di un bar-ristorante in Spagna,"Il pisco sour è altamente internazionale,Cebiche, e quindi non sono troppo sconosciuti"(in spagnolo:"El pisco sour es bastante internacional, al igual que el cebiche, por lo tanto no son tan desconocidos"). Nel 2003, il Perù ha creato il"Día Nacional del Pisco Sour"(National Pisco Sour Day), una festa ufficiale del governo celebrata il primo sabato di febbraio. Durante l' incontro dei leader economici dell'APEC del 2008, il Perù ha promosso il suo pisco sour con ampia accettazione. Secondo quanto riferito, il cocktail è stato la bevanda preferita dei partecipanti, per lo più leader, uomini d'affari e delegati.

Victor Vaughen Morris è considerato dalla maggior parte degli storici l'inventore del cocktail pisco sour. Tuttavia, la storia dell'origine tradizionale del cocktail è complicata con risultati che suggeriscono il contrario. Basandosi sulla ricetta del libro di cucina peruviano Manual de Cocina a la Criolla del 1903, il ricercatore Nico Vera ritiene che"l'origine del Pisco Sour potrebbe essere un tradizionale cocktail creolo prodotto a Lima oltre 100 anni fa". Sulla base del ritaglio dell'articolo del 1921 del West Coast Leader, McDonnell ritiene possibile che il pisco sour possa aver avuto origine a San Francisco, considerando inoltre che durante questo periodo la città ha sperimentato una"esplosione di creatività per i cocktail", ilwhisky sour cocktail"era abbondante e onnipresente"e"il fatto che il Pisco fosse annunciato come uno spirito speciale"in città.

In difesa di Morris, il giornalista Rick Vecchio ritiene che"anche se c'era qualcosa di molto simile e preesistente"al cocktail pisco di Morris, non c'è dubbio che egli"fu il primo a servire, promuovere e perfezionare ciò che oggi è noto come il Pisco Sour." McDonnell ritiene inoltre che, indipendentemente dalla sua origine esatta, il pisco sour"appartiene al Perù". Secondo lo scrittore di cultura Saxon Baird, un busto in onore di Morris si trova nel distretto di Santiago de Surco a Lima"come testimonianza del contributo di Morris alla moderna cultura peruviana e al paese che ha chiamato casa per più della metà della sua vita".

Nonostante ciò, esiste una disputa in corso tra Cile e Perù sull'origine del pisco sour. In Cile, negli anni '80 si sviluppò una storia locale che attribuiva l'invenzione del pisco sour a Elliot Stubb, uno steward inglese di un veliero chiamato Sunshine. Il folklorista e storico cileno Oreste Plath contribuì alla diffusione della leggenda scrivendo che, secondo il quotidiano peruviano El Comercio de Iquique, nel 1872, dopo aver ottenuto il permesso di sbarcare, Stubb aprì un bar nell'allora porto peruviano di Iquique e inventò il pisco acido mentre si sperimenta con le bevande. Tuttavia, il ricercatore Toro-Lira sostiene che la storia è stata confutata dopo che è stato scoperto che El Comercio de Iquique si riferiva in realtà all'invenzione del whisky sour. La storia di Elliot Stubb e della sua presunta invenzione del whisky sour a Iquique si trova anche in una pubblicazione del 1962 dell'Università di Cuyo, in Argentina. Un estratto dalla storia del giornale ha Elliot Stubb affermando:"D'ora in poi... questo sarà il mio drink di battaglia, il mio drink preferito, e sarà chiamato Whisky Sour"(in spagnolo:"En adelante dijo Elliot - éste será mi trago de batalla, — mi trago favorito —, y se llamará Whisky Sour.").

Alcuni produttori di pisco hanno affermato che la controversia in corso tra Cile e Perù contribuisce a promuovere l'interesse per il liquore e la sua disputa sull'indicazione geografica.

Il famoso chef americano Anthony Bourdain ha attirato l'attenzione sul cocktail quando, in un episodio del suo programma Travel Channel No Reservations, ha bevuto un pisco sour a Valparaíso, in Cile, e ha detto"va bene, ma... la prossima volta, avrò una birra."L'emittente Radio Programas del Perú ha riferito che Jorge López Sotomayor, produttore cileno dell'episodio e compagno di viaggio di Bourdain in Cile, ha affermato che Bourdain ha trovato il pisco sour che ha bevuto a Valparaíso come noioso e inutile (in spagnolo:"A mí me dijo que el pisco sour lo encontró aburrido y que no valía la pena."). Lopez ha aggiunto che Bourdain era arrivato di recente dal Perù, dove ha bevuto diversi pisco sour che pensava avessero un sapore migliore rispetto alla versione cilena.

Nel 2010, il cantautore messicano Aleks Syntek ha pubblicato umoristicamente su Twitter che il pisco sour è cileno e, dopo aver ricevuto risposte critiche alla sua affermazione, si è scusato e ha detto che stava solo scherzando. Anche il conduttore televisivo e comico messicano Adal Ramones ha scherzato sul pisco sour, in riferimento allo scandalo di spionaggio Cile-Perù del 2009, il 17 novembre 2009. Ramones, un fan del pisco peruviano, quando gli è stato chiesto dello spionaggio, ha chiesto che cosa i cileni stavano spiando in Perù, suggerendo che potrebbe essere come fare un pisco sour (in spagnolo:"Qué quieren espiar los chilenos? ¿Cómo hacer pisco sour?"). Nel 2017, quando un intervistatore di una stazione radio cilena gli ha detto che il pisco sour era"totalmente cileno", il musicista britannico Ed Sheeran ha commentato che preferiva il pisco sour peruviano.


domenica 20 giugno 2021

Metaxa

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Il Metaxa (Μεταξά) è un brandy greco. È stato inventato nel 1888 da un commerciante chiamato Spyros Metaxas (Σπύρος Μεταξάς).
È rinomato ovunque nel mondo per il suo colore, la sua qualità ed il suo gusto.

Metodo di fabbricazione

Per ottenere questa bevanda si utilizzano tre varietà di uve diverse (Sultanina, Savatiano e uva di Corinthe). Una volta ottenuto il distillato, si lascia sviluppare i propri aromi in barili in quercia del Limosino per una durata minima di tre anni. Si aggiunge al brandy uva moscato (di Samo o di Lemno), delle essenze di petali di rosa ed una serie segreta di piante aromatiche. Quindi si rimette questo nuovo miscuglio in un barile per la durata di un altro anno. Prima dell'imbottigliamento, Metaxa passa molti giorni ad una temperatura inferiore a zero, viene filtrato ed infine viene imbottigliato.

Marche prodotte

Esistono molti tipi di Metaxa che si distinguono con il numero di stelle aggiunte al nome Metaxa:
  • Metaxa 3 ★★★, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata tre anni, con il 38% di alcool (vol).
  • Metaxa 5 ★★★★★, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata cinque anni, con il 40% di alcool (vol).
  • Metaxa 7 ★★★★★★★, anche chiamato Amphora, a causa del modulo della sua bottiglia, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata sette anni, con il 40% di alcool (vol), ed un colore scuro dorato. Con un profumo di aromi di frutta secca, di vaniglia e di quercia. In bocca ha un gusto ampio e un sottile gusto di legno. È uno dei Metaxa i più equilibrati.
  • Metaxa 12 ★★★, è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata dodici anni, con il 40% di alcool (vol), con un aroma di tabacco, di frutti secchi e vaniglia.
  • Grand Olympian Reserve o Grande fine è un Metaxa tenuto in barile di quercia per almeno una durata di quindici anni. Contrariamente agli altri miscugli di Metaxa, Grand Olympian Reserve non contiene moscato. In bocca il gusto è allo stesso tempo ampio, morbido, ricco e boscoso. Ha la particolarità di essere commercializzato in una bottiglia in porcellana.
  • Private Reserve è un Metaxa tenuto in barile di quercia per una durata di almeno trent'anni, con il 40% di alcool (vol), ed ha un colore ambrato. I suoi aromi sono molto ricchi: si trovano allo stesso tempo il miele, le spezie, i frutti secchi, il moscato, la vaniglia e la quercia.
  • METAXA AEN è un Metaxa tenuto in barile di quercia per una durata di almeno ottant'anni. Questa è una versione a edizione limitata per il 120º anniversario del famoso liquore greco. L'azienda ha dichiarato che 1.888 caraffe di AEN Metaxa sono disponibili in tutto il mondo. È disponibile in una caraffa unica realizzata a mano di Crystal de Sevres, che riporta un numero seriale unico ed è venduta al prezzo di 800 euro la bottiglia.
Alcune bottiglie sono abbastanza eccezionali specialmente quelle del centenario che sono veri oggetti di raccolta.

Abitudini di consumo

Come molti brandy, Metaxa è particolarmente apprezzato dai fumatori di sigari. In Grecia, è consumato più facilmente l'inverno che l'estate. Accompagna le castagne arrostite, le noci e le uve secche. Il Metaxa è associato nella mentalità greca ai festeggiamenti di fine anno. Si può, tuttavia, consumarlo l'estate con ghiaccio ed in cocktail. In Grecia, questo liquore alcoolico è considerato a torto come un cognac. Nelle canzoni viene evocato come koniakaki (κονιακάκι), il piccolo cognac.



sabato 19 giugno 2021

Ratafià



Il termine ratafià, denominato localmente anche ratafia o rataffia, indica qualsiasi tipo di liquore composto da un infuso a base di succhi di frutta e alcool. Esistono diverse tradizioni locali, principalmente in Italia, Spagna, Francia e la Svizzera.
Il ratafià piemontese viene prodotto su tutto l'arco alpino dov'è bevanda tradizionale (conosciuta e prodotta anche sul versante francese delle Alpi). Storica è la produzione ad Andorno Micca, paese della provincia di Biella, dove già nel 1600 il ratafià veniva prodotto nel monastero di Santa Maria della Sala. Successivamente la lavorazione divenne caratteristica di alcune famiglie del paese, che dal 1880 è sede della storica fabbrica "Cav. Giovanni Rapa". Storica è anche la produzione del Ratafia prodotto nell'Antica Distilleria Alpina Bordiga in Cuneo dal 1888.
In Abruzzo e Molise, la ratafià è un liquore diffuso in tutta la regione a base di amarene e di vino rosso ottenuto da uve del vitigno Montepulciano. È tradizionalmente prodotta ponendo, in proporzioni variabili secondo la ricetta locale, amarene mature intere o snocciolate e zucchero dentro recipienti di vetro esposti al sole per circa 30 giorni, al fine di favorire la fermentazione. Al prodotto così ottenuto si aggiunge poi il vino rosso, lasciando macerare e agitando periodicamente il tutto per almeno altri 30 giorni, ma si può arrivare anche a 5-6 mesi. Il prodotto è poi filtrato e imbottigliato. In alcuni casi dopo la filtrazione si aggiunge dell'alcool per aumentarne la gradazione. In Ciociaria, nella zona vicina alla dorsale appenninica, e quindi all'Abruzzo, viene aggiunta anche qualche goccia di caffè insieme alla cannella ed alla vaniglia. È un liquore dal gusto dolce e piacevole, con una gradazione alcolica variabile secondo la tecnica di produzione: da 7-14% vol. a 20-22% vol. con l'aggiunta di alcool. Il colore è rosso più o meno intenso e ha l'odore caratteristico di amarene e frutti di bosco. È normalmente consumato giovane, per apprezzarne la maggiore freschezza degli aromi. La preparazione e l'uso della Ratafia rientrano nella secolare tradizione contadina tramandata di generazione in generazione. Come riferisce Alessio de Berardinis in "Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori" (Teramo 1868) "il nome... gli fu dato da quell'uso che anticamente avevano gli ambasciatori delle potenze belligeranti quando trattavano della pace ad una lieta mensa, di bere questo liquore e di pronunciare quelle semplici parole latine Pax rata fiat!" A parte queste ipotesi, forse pittoresche e fantasiose, il liquore era usato, più prosaicamente, per sancire gli accordi commerciali o la stipula di atti notarili e legali al termine delle trattative.
Il ratafià è stato uno dei liquori principi del Settecento e dell'Ottocento. Inoltre nel Lazio a Nettuno la rattafia è una vera e propria tradizione quanto il Cacchione DOC tipico vino nettunese.
Si producono bevande simili in altri paesi europei, in particolare in Spagna, Francia e la Svizzera.
Il ratafià catalano è quasi la bevanda nazionale al nord della Catalogna.
Da alcuni il termine è fatto risalire a tafià, un'acquavite delle Antille ricavata dalla canna da zucchero, ma è più verosimile la spiegazione popolare paretimologica che lo fa derivare dal latino rata fiat (da cui i termini italiano "ratificato" e francese "ratifié"), col significato approssimativo di "si decida", evidentemente allusivo alla bevuta di questo liquore come suggello di un contratto verbale, atto sostitutivo della più comune stretta di mano.
In piemontese "rata fià" significa "gratta fiato".



venerdì 18 giugno 2021

Horchata

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La horchata de chufa (orzata di cipero) (in valenciano: orxata de xufa) è una bevanda rinfrescante preparata con acqua, zucchero e con il latte del tubercolo ipogeo che caratterizza le radici di una pianta (il Cyperus esculentus) diffusa nella piana di Valencia e chiamato appunto chufa in spagnolo e cipero o zigolo dolce in italiano.
L'horchata è un latte vegetale ad alto tasso energetico. Ha un elevato contenuto di grassi, zuccheri e proteine, nonché sali minerali (fosforo, potassio) e vitamine (E e C). Si serve fresca, a volte gelata o in forma di granita.
La diffusione dell'horchata, bevanda estiva molto diffusa nella Spagna sudorientale, è da ricondursi alla presenza degli Arabi a Valencia (dal secolo VIII al XI).
Horchata e orxata derivano probabilmente dal catalano ordiata (da ordi, orzo), che a sua volta, analogamente alla parola italiana “orzata”, procede dal latino (hordeata < hordeum, orzo).
Secondo la tradizione popolare, la parola sarebbe nata ai tempi della conquista di Valencia, quando Giacomo I d'Aragona, al momento di entrare in città, si vide offrire un assaggio di questa bevanda da parte di una bella ragazza valenciana. Il sovrano, deliziato da questa bevanda misteriosa, avrebbe risposto “Açò és or, xata” (“questo è oro, ragazza”), da cui il nome. Questa versione, oltre ad essere inverosimile, è anche falsa, perché xata è un castiglianismo che probabilmente era del tutto sconosciuto al catalano del secolo XIII.
La pianta da cui si ricavano i tubercoli per l'horchata è il Cyperus esculentus (cipero dolce o zigolo dolce), della famiglia delle Cyperaceae. Tale pianta, simile al papiro, cresce diffusamente nella piana di Valencia e viene localmente denominata chufa (xufa in catalano). Nella lingua italiana il tubercolo è noto, tra gli altri, col nome di babbagigi (dall'arabo الحب العزيز al-habb el-'azīz, "seme buono"); in inglese è denominato tiger nut (noce tigre), in francese souchet o amande de terre (mandorla di terra) e in tedesco Erdmandel (mandorla di terra). La pluralità dei nomi volgari riscontrabili nella lingua italiana (tra cui abelasia, cabasisi, bagigi, bacicci, mandorla di terra, zizzola di terra, dolcichino) conferma la circostanza, altrimenti nota, di una passata maggior diffusione tanto della coltivazione della pianta, quanto della consumazione del prodotto, sia pure prevalentemente senza trasformazioni; a tale proposito, da notare il trasferimento, in seguito alla sparizione del Cipero dolce dal mercato, del nome bagigi alle arachidi (rilevabile altresì su confezioni industriali), che rappresentano, nella specifica nicchia, il prodotto che oltre ad avere un medesimo sistema di commercializzazione (per lo più ambulante), è accomunato al Cipero dalla crescita ipogea e si presenta quindi come suo erede o usurpatore privilegiato.
La preparazione dell'horchata inizia con la mondatura del tubercolo e la triturazione. Poi si aggiungono tre litri di acqua per kg di chufas e si lascia il tutto a macerare. La massa semisolida viene poi pressata ripetutamente fino ad ottenere l'estratto finale, cui si aggiungono circa 125 grammi di zucchero per litro. Il tutto viene infine filtrato e sedimentato.
La horchata è un prodotto tipico della Comunità Valenciana. In particolare, il luogo più tipico dove sorseggiare una horchata è la cittadina di Alboraya, situata nei pressi del capoluogo, dove si trova una quantità impressionante di orxateries e addirittura una Avinguda de la orxata (viale dell'horchata).
A tutela della qualità del prodotto e della denominazione di origine è stato istituito un ente apposito nella Comunità Valenciana.
L'horchata è anche entrata nei canali della grande distribuzione ed in Spagna è possibile trovarla in supermercati e centri commerciali. L'horchata industriale contiene non di rado derivati del latte vaccino, che se da un lato facilitano il processo di pastorizzazione, d'altro canto sono un indice di un basso tasso di chufas.

 
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