La birra è una bevanda alcolica
ottenuta dalla fermentazione di mosto a base di malto d'orzo,
aromatizzata e amaricata con luppolo.
La birra è una delle più diffuse e
più antiche bevande alcoliche del mondo. Viene prodotta attraverso
la fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces cerevisiae
o Saccharomyces carlsbergensis di zuccheri derivanti da fonti
amidacee, la più usata delle quali è il malto d'orzo, ovvero l'orzo
germinato ed essiccato, chiamato spesso semplicemente malto.
Vengono poi usati frumento, il mais, il
riso - questi ultimi due specialmente come aggiunte in birre di
produzione industriali - e, in misura minore, l'avena, il farro, la
segale. Altre piante meno utilizzate sono invece la radice di
manioca, il miglio e il sorgo in Africa, la patata in Brasile e
l'agave in Messico.
Per produrre la birra, il malto viene
immerso in acqua calda dove, grazie all'azione di alcuni enzimi
presenti nella radichetta che si forma durante la germinazione, gli
amidi presenti vengono convertiti in zuccheri fermentescibili. Questo
mosto zuccheroso può essere aromatizzato con erbe aromatiche, frutta
o più comunemente con il luppolo. Successivamente viene impiegato un
lievito che dà inizio alla fermentazione e porta alla formazione di
alcool, unitamente ad anidride carbonica, che viene per la maggior
parte espulsa, ed altri prodotti di scarto derivanti dalla
respirazione anaerobica dei lieviti.
In questo processo si utilizzano
ingredienti, tradizioni e metodi produttivi diversi. Il tipo di
lievito e il metodo di produzione possono essere usati per
classificare le birre in ale, lager o birre a fermentazione
spontanea.
Etimologia
La parola italiana birra deriva dal
tedesco Bier, un prestito del XVI secolo. Il termine ha
rimpiazzato l'antico cervogia, che indicava le birre fatte
senza luppolo. Dalla stessa parola tedesca deriva il francese bière.
Sono imparentati con Bier l'inglese beer e il
neerlandese bier. L'origine della stessa parola germanica
(dall'antico alto tedesco bior) è incerta: si pensa che sia
un prestito del VI secolo dal latino volgare biber "bibita,
bevanda", dal verbo latino bibere, oppure derivi
direttamente dal protogermanico *beuwoz-, da *beuwo-
"orzo".
In inglese si usa, oltre a beer,
un altro termine per indicare la birra: ale. Antiche fonti
inglesi fanno distinzione tra le due parole, ma non definiscono cosa
si intenda per "birra" durante quel periodo, nonostante sia
possibile che si riferisca all'idromele (mead). La forma
dell'antico inglese beor è scomparsa subito dopo la conquista
normanna dell'Inghilterra (in risposta all'introduzione del luppolo
che non sarà ampiamente utilizzato per altri duecento anni), e il
termine è rientrato a far parte della lingua inglese solamente
secoli dopo, riferendosi esclusivamente alle bevande di malto con
luppolo. Fino a quel momento il termine ale si riferì
specificamente a birre senza luppolo, nonostante questa non sia più
la definizione attuale della parola (indica infatti le birre ad alta
fermentazione). Si ritiene che ale derivi direttamente dalla
radice indoeuropea *alu-, e sia arrivata alla forma attuale
attraverso il termine germanico *aluþ-. La stessa radice è
all'origine dello svedese öl e del danese e norvegese øl;
da queste è stata prestata alle lingue baltiche (lettone e lituano
alus e a quelle baltofinniche (finlandese olut ed
estone õlu).
Nelle lingue spagnola e portoghese, e
nei loro dialetti, la bevanda viene chiamata cerveza, cerveja
o con un termine analogo a questa forma, che deriva dal latino
cervēsia o cer(e)vīsia così come il francese
cervoise "birra senza luppolo", da cui cervogia.
La forma latina è un probabile relitto mediterraneo preindoeuropeo
come cerea o caelia, bevanda fermentata usata nella
Spagna romana. La radice protoindoeuropea *ḱerh₃-
(saziare, nutrire) è la stessa delle parole cereale, del
verbo latino crescere e di Cerere, divinità romana
della fertilità e patrona, fra le altre cose, dei raccolti. Un'altra
interpretazione è che il termine provenga da una voce gallica.
Il termine proto-slavo *pivo,
letteralmente "bevanda", è la parola per definire la birra
nella gran parte delle lingue slave, con piccole variazioni fonetiche
presenti tra lingua e lingua. In greco antico – la bevanda non
era tradizionale in Grecia – la parola per la birra egiziana
era ζῦθος zŷthos (forse da ζύμη zýmē,
"lievito"), per quella frigia o trace βρῦτον brŷton;
oggi si usa un prestito dall'italiano: μπίρα bíra.
Storia
(EN)
«For a quart of ale is a
dish for a king.»
|
(IT)
«ché un boccale di birra è
un pasto da re.»
|
(William Shakespeare, da Il racconto d'inverno, atto IV, scena III) |
La birra è una delle bevande più
antiche prodotte dall'uomo, probabilmente databile al settimo
millennio a.C., registrata nella storia scritta dell'antico Egitto e
della Mesopotamia. La prima testimonianza chimica nota è datata
intorno al 3500-3100 a.C.. Poiché quasi qualsiasi sostanza
contenente carboidrati, come ad esempio zucchero e amido, può andare
naturalmente incontro a fermentazione, è probabile che bevande
simili alla birra siano state inventate l'una indipendentemente
dall'altra da diverse culture in ogni parte del mondo. È stato
sostenuto che l'invenzione del pane e della birra sia stata
responsabile della capacità dell'uomo di sviluppare tecnologie e di
diventare sedentario, formando delle civiltà stabili. È verosimile
che la diffusione della birra sia infatti coeva a quella del pane;
poiché le materie prime erano le stesse per entrambi i prodotti, era
solo "questione di proporzioni": se si metteva più farina
che acqua e si lasciava fermentare si otteneva il pane; se invece si
invertivano le quantità mettendo più acqua che farina, dopo la
fermentazione si otteneva la birra.
Si hanno testimonianze di produzione
della birra già presso i Sumeri. Proprio in Mesopotamia sembra sia
nata la professione del birraio e testimonianze riportano che parte
della retribuzione dei lavoratori veniva corrisposta in birra. Due
erano i principali tipi prodotti nelle case della birra: una
birra d'orzo chiamata sikaru (pane liquido) e un'altra di
farro detta kurunnu. La più antica legge che regolamenta la
produzione e la vendita di birra è, senza alcun dubbio, il Codice di
Hammurabi (1728-1686 a.C.) che condannava a morte chi non rispettava
i criteri di fabbricazione indicati (ad es. annacquava la birra) e
chi apriva un locale di vendita senza autorizzazione. Nella cultura
mesopotamica la birra aveva anche un significato religioso: veniva
bevuta durante i funerali per celebrare il defunto ed offerta alle
divinità per propiziarsele.
La birra aveva analoga importanza
nell'Antico Egitto, dove la popolazione la beveva fin dall'infanzia,
considerandola anche un alimento ed una medicina. Addirittura una
birra a bassa gradazione o diluita con acqua e miele veniva
somministrata ai neonati quando le madri non avevano latte. Anche per
gli Egizi la birra aveva un carattere mistico, tuttavia c'era una
grossa differenza rispetto ai Babilonesi: la produzione della birra
non era più artigianale, ma era divenuta una vera e propria
industria, con i faraoni che possedevano persino delle fabbriche.
Si parla di birra anche nella Bibbia e
negli altri libri sacri del popolo ebraico come il Talmud; nel
Deuteronomio si racconta che durante la festa degli Azzimi si
mangiava per sette giorni il pane senza lievito e si beveva birra. Lo
stesso avviene durante la festività del Purim.
La Grecia, più orientata sul vino, non
produceva birra, ma ne consumava parecchia, soprattutto per le feste
in onore di Demetra e durante i giochi olimpici durante i quali era
vietato il consumo del vino. La bevanda arrivava in Grecia tramite i
commercianti fenici.
Anche gli Etruschi e i Romani
preferivano di gran lunga il vino, tuttavia ci furono personaggi
famosi che divennero sostenitori della birra, come ad esempio
Agricola, governatore della Britannia, che una volta tornato a Roma
nell'83 d.C. portò con sé tre mastri birrai da Glevum (l'odierna
Gloucester) e fece aprire il primo pub
nella penisola italiana.
I veri artefici della diffusione della
bevanda in Europa furono comunque le tribù Germaniche e Celtiche.
Questi ultimi in particolare si stanziarono in Gallia, in Britannia e
soprattutto in Irlanda, dove addirittura esiste una leggenda secondo
cui gli irlandesi discendono da un popolo di semidei chiamati
Fomoriani che avevano la potenza e l'immortalità grazie al segreto
della fabbricazione della birra, che fu loro sottratto dall'eroe di
Mag Meld.
Molti non riconoscerebbero come "birra"
ciò che bevevano i primi abitanti dell'Europa in quanto le prime
birre contenevano ancora al loro interno i prodotti da cui proveniva
l'amido (frutta, miele, piante, spezie). Il luppolo come ingrediente
della birra fu menzionato per la prima volta solo nell'822 da un
abate carolingio e di nuovo nel 1067 dalla badessa Ildegarda di
Bingen. Fu proprio merito dei monasteri durante il Medioevo il salto
di qualità nella produzione della bevanda. Persino le suore avevano
tra i loro compiti quello di produrre la birra, che in parte era
destinata ai malati e ai pellegrini. Anche in Gran Bretagna la birra
prodotta dalle massaie veniva messa a disposizione delle feste
parrocchiali ed utilizzata per scopi umanitari. In Inghilterra in
particolare, la birra divenne bevanda nazionale in quanto l'acqua
usata per la sua produzione veniva bollita e quindi sterilizzata.
La birra prodotta prima della
rivoluzione industriale era principalmente fatta e venduta su scala
domestica, nonostante già dal settimo secolo d.C. venisse prodotta e
messa in vendita da monasteri europei. Durante la rivoluzione
industriale, la produzione di birra passò da una dimensione
artigianale ad una prettamente industriale e la manifattura domestica
cessò di essere significativa a livello commerciale dalla fine del
XIX secolo. Lo sviluppo di densimetri e termometri cambiò la
fabbricazione della birra, permettendo al birraio più controlli sul
processo e maggiori nozioni sul risultato finale. Inoltre, sempre
nello stesso periodo, furono eseguiti studi specifici sul lievito,
che permisero di produrre la birra a bassa fermentazione, di gran
lunga la più diffusa nel mondo.
Economia
Stando a dati
raccolti nel 2005, l'industria birraria è diventata un business di
proporzioni globali, dominata da pochi soggetti internazionali[26]
(InBev, Anheuser-Busch, SABMiller, Heineken, Carlsberg solo per
citarne alcuni), accanto a cui convivono molte migliaia di produttori
minori che spaziano dai brewpub ai birrifici regionali.
Per avere un'idea dell'ordine di
grandezza del giro d'affari, basta pensare che nel 2008 sono stati
consumati oltre 180 miliardi di litri di birra che fruttano entrate
totali per un ammontare di circa 400 miliardi di dollari (dati 2007).
Nel marzo 2008 la SABMiller divenne il
più grande produttore di birra del mondo, acquistando l'olandese
Royal Grolsch. La belga InBev era quindi al secondo posto di questa
particolare "classifica" e la statunitense Anheuser-Busch
era in terza posizione. Tuttavia il 18 novembre 2008 dalla fusione di
queste ultime due società nacque la Anheuser-Busch InBev, che
divenne così il leader mondiale del settore.
Il primato dei consumi spetta ancora
all'Europa con 72 litri/anno pro capite, anche se nel 2008 si è
verificato un calo della produzione e dei consumi. Negli ultimi anni
l'industria birraria si sta espandendo notevolmente in nuovi mercati
emergenti come l'America Latina o in misura ancora maggiore l'Asia.
La crescita è notevole soprattutto in Cina, che è diventato il più
grande mercato nazionale della birra con oltre 410 milioni di
ettolitri prodotti. Un caso particolare è quello dell'Oceania che,
sebbene abbia consumi pro-capite al livello di quelli europei, conta
poco in termini di volumi totali a causa della scarsa popolazione.
Produzione casalinga
Accanto a questo business mondiale è
molto attiva anche la produzione casalinga che rispecchia nel piccolo
la produzione industriale. La produzione casalinga di birra è legale
in Italia solamente dal 1995, anno in cui venne approvato il decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.
In genere le attrezzature necessarie
per una birrificazione casalinga sono raccolte in kit e distribuite
da ditte specializzate. Sempre più diffusa è però la tendenza a
procurarsi e costruirsi da soli gli strumenti necessari.
Per la produzione casalinga è
possibile adottare tre diverse tecniche che differiscono tra di loro
per la difficoltà e per la qualità del prodotto finale:
- birra da estratto di malto luppolato
- birra da estratto di malto non luppolato con o senza aggiunta di grani speciali
- birra da all grain (partendo dai grani di malto e dagli altri ingredienti non preparati in precedenza).
La produzione di birra da estratto
salta alcune fasi importanti del processo, tra cui l'ammostatura
(mashing) e il lavaggio delle trebbie (sparging). Per
questa ragione non è da considerarsi propriamente "birrificazione".
Negli ultimi anni sta prendendo piede
presso gli appassionati una variante della tecnica All Grain, la BIAB
(acronimo di "Brewing in a bag"). I grani macinati sono
introdotti nella pentola di "mashing" all'interno di una
sacca filtro, che può essere comodamente rimossa prima della
bollitura. Saltando la fase di "sparging", la tecnica BIAB
permette di ridurre notevolmente costi e tempi di produzione.
Ingredienti
I cereali
La produzione di birra è possibile con
qualunque tipo di cereale. Questo però deve essere preparato
affinché i suoi zuccheri diventino fermentescibili. In alcuni casi è
sufficiente una semplice cottura, come nel caso del mais, mentre in
altri casi è necessario "maltare" il cereale.
Il malto
Gli zuccheri contenuti nei chicchi
d'orzo non sono immediatamente accessibili. È quindi necessario
attivare un enzima presente nel chicco stesso. Questo enzima
parteciperà alla riduzione delle lunghe catene di zuccheri.
L'attivazione dell'enzima consiste semplicemente nel far germinare i
chicchi. Quando si ritiene che l'attivazione enzimatica della
germinazione sia arrivata allo stato ottimale, si interrompe il
processo, riducendo l'umidità nei chicchi fino al suo valore minimo
mediante l'essiccazione. Questo prodotto viene chiamato "malto
verde". A questo punto bisogna cuocerlo per ottenere il "malto
secco". A basse temperature si ottiene il minimo effetto di
tostatura e si parla di "malti chiari". In proporzione a
quanto si aumenta la temperatura del forno e/o il tempo di permanenza
in esso, il malto risultante diventa più scuro. Si può arrivare
fino al punto di bruciarlo producendo così i "malti neri"
o "malti torrefatti". Il grado di tostatura del malto
determina il colore della birra.
Miscela
Il termine "miscela", il cui
nome tecnico è "grist", si riferisce ai cereali e ai tipi
di malto che si utilizzeranno per preparare il mosto. Questi infatti
possono essere composti da un solo tipo di orzo maltato, oppure da
una "miscela" di diversi tipi, oppure ancora da malti ed
altri cereali maltati e non. Le proporzioni e i componenti di questa
miscela sono fondamentali per la scelta e la determinazione dello
stile di birra che si vuole produrre.
I diversi cereali che si utilizzano per
produrre birra presentano ognuno una serie di varietà botaniche che
moltiplicano le possibilità di scelta del birraio. Si possono
trovare sul mercato fino a 60 tipi diversi di grano, numero che
aumenta considerevolmente se teniamo conto anche dei malti caserecci.
Di base, i cereali si possono distinguere in quattro categorie:
- Malti di base: sono malti chiari, poco cotti, con un grande potere enzimatico, che in genere formano la grande maggioranza, se non la totalità, della miscela. Fra essi il Pale Ale e il Pils, dal nome delle birre per cui vengono tipicamente impiegati; a volte sono commercializzati con il nome della varietà di orzo da cui sono ricavati, come il Maris Otter, un malto di tipo Pale.
- Malti additivi: sono malti di colore scuro, dall'ambrato al nero, che sono stati cotti parecchio e che hanno perso tutto il loro potere enzimatico. In genere vengono usati in piccole quantità per influire sul colore o sul gusto della birra, oppure per motivi specifici della produzione della singola birra.
- Malti misti: si tratta di malti che sono tostati maggiormente rispetto ai malti di base, tuttavia conservano proprietà enzimatiche sufficienti per poter essere usati sia come base, sia come additivi. In questa categoria incontriamo i malti color caramello o quelli ambrati conosciuti in Inghilterra come cristal.
- Cereali crudi, tostati o in gelatina: i cereali possono essere utilizzati senza essere stati maltati per conferire gusto, aroma e altre caratteristiche alla birra. In genere si utilizzano in piccole quantità. Gli amidi dei cereali crudi sono trasformati dagli enzimi rilasciati nel mosto dai cereali maltati.
Additivi aromatici
Luppolo
L'additivo principale usato per
compensare la dolcezza del malto, è il luppolo, introdotto nella
produzione alla fine del primo millennio e diffusosi a partire dal
XVI secolo. Di questa pianta si utilizzano i fiori femminili non
fecondati. Alla base della sua brattea c'è una ghiandola che
contiene la luppolina, che è la sostanza che conferirà il sapore
amaro alla birra. In particolare i responsabili di questa amarezza
sono gli acidi amari (in particolare gli alfa acidi, e in misura
minore i beta acidi) mentre gli oli essenziali, costituiti da
composti volatili e delicati a base di esteri e di resine,
contribuiscono all'aroma. Esistono numerose varietà botaniche di
luppolo e sono oggetto di studio intenso. Il luppolo è la causa
della stimolazione dell'appetito che produce la birra. Vengono
classificati in diverse categorie:
- luppoli da amaro: si tratta di luppoli caratterizzati da una elevata percentuale di alfa acidi e per questo economicamente convenienti per apportare amaro; vengono perciò generalmente usati all'inizio della bollitura per massimizzarne l'estrazione. Le loro proprietà aromatiche sono quindi di minor interesse, benché per certe varietà possono risultare di buona qualità.
- luppoli da aroma: particolarmente pregiati per il loro apporto aromatico e utilizzati in tal senso, generalmente a fine bollitura per non disperdere gli aromi volatili. Il loro apporto di alfa acidi, talvolta molto basso, è quindi di minor interesse, per quanto possa essere elevato in alcune varietà. In questa categoria si conoscono specialmente il saaz che caratterizza lo stile pilsner, lo spalt ed il tettnang nell'area tedesca, le varietà golding e fuggle, nell'area anglofona. Esistono anche varietà americane, dalle spiccate note agrumate in aroma (Cascade, Amarillo e Centennial).
- luppoli ambivalenti: caratterizzati da un'alta percentuale di alfa acidi e di buone qualità aromatiche, possono essere impiegati sia per aroma che per amaro.
Il luppolo è molto delicato e viene
normalmente essiccato subito dopo il raccolto che avviene dalla fine
di agosto ad ottobre a seconda delle varietà e del microclima della
zona di coltivazione. L'impiego di luppolo non essiccato è di
recente introduzione e solo per alcune birre stagionali: in tal caso
deve essere impiegato nella preparazione della birra entro poche ore
dal raccolto. Il luppolo sul mercato si trova in diverse forme: coni
essiccati pressati, in plug (coni pressati in grosse pastiglie)
oppure macinato e estruso in piccoli pellet; diffuso, specie nella
produzione industriale, l'uso di estratti di luppolo.
La varietà e la freschezza del luppolo influenzano sensibilmente
le caratteristiche finali della birra.Altri additivi
Oltre al luppolo, nella storia si sono
usati numerosissimi additivi botanici per la birra, tra cui:
- Frutta. Normalmente fermentando il mosto della frutta si ottiene una bevanda alcolica, come ad esempio il vino. Tuttavia esistono molte birre nel cui processo produttivo si aggiunge frutta o succo di frutta o sciroppo prima della fermentazione. Si ha così un'ulteriore aggiunta di zuccheri che provocano una seconda fermentazione. L'uso della frutta è tipico di alcune varietà di lambic, che impiegano tradizionalmente la griotta (varietà di amarena del Belgio) e il lampone; la frutta viene altresì impiegata anche in altre birre a base differente dal lambic.
- Piante. Oltre al luppolo di cui si è già parlato, le birre sono aromatizzate con altri tipi di piante (in aggiunta o in sostituzione del luppolo stesso) come ad esempio la canapa, il rosmarino, la castagna e il tabacco.
- Spezie. Prima della grande diffusione del luppolo e delle altre piante aromatiche, le spezie trovarono il loro momento di gloria. Nel XXI secolo rimangono birre aromatizzate con zenzero, coriandolo, bucce d'arancia, pepe e noce moscata.
- Altro. La birra può servire come sostanza ausiliaria o di supporto alle varie sperimentazioni dei produttori più audaci. Citiamo come esempi la birra aromatizzata col miele, tipica dei microbirrifici francesi, o la birra con uva o mosto d'uva, prodotta in particolare da microbirrifici italiani tanto da aver dato origine ad un nuovo stile riconsociuto, quello delle Italian Grape Ale (IGA).
L'acqua
La birra è composta dall'85% al 92% di
acqua.
Oltre alle caratteristiche minerali e
batteriologiche di potabilità che obbligatoriamente deve avere, ogni
birra richiederà una qualità differente di acqua: talune
necessitano di acque poco mineralizzate, altre acque più dure con
molto calcare. Nella moderna produzione quasi nessuna birra viene
prodotta con l'acqua così come fluisce, ma con acqua che viene prima
trattata nel birrificio in modo da avere sempre le stesse
caratteristiche e non alterare la ricetta. In particolare l'acqua
viene a volte filtrata o demineralizzata al fine di ridurre la
durezza. Solitamente viene anche sottoposta a procedimento di
declorazione preliminare sia per ragioni produttive che
organolettiche.
Tra i minerali dell'acqua che
interessano maggiormente i birrai ci sono il calcio, i solfati e i
cloruri. Il calcio aumenta la separazione del malto e del luppolo
nella macerazione e nella cottura, e scurisce la birra dandole
opacità e torbidezza. Il rame, il manganese e lo zinco, inibiscono
la flocculazione dei lieviti. I solfati rinforzano l'amarezza e la
secchezza del luppolo. I cloruri danno una tessitura più piena e
rinforzano la dolcezza.
Nella moderna produzione si ha un
consumo di circa tre ettolitri d'acqua per ogni ettolitro di birra
prodotta.
Il lievito
La maggior parte degli stili di birra
si produce utilizzando una delle due specie di microrganismi
unicellulari del tipo Saccharomyces, comunemente chiamati
lieviti. Si tratta di funghi che consumano zuccheri e producono alcol
e anidride carbonica. Esistono fondamentalmente due famiglie di
lieviti che definiscono i due più grandi gruppi di birre:
- Lieviti ad alta fermentazione, come il Saccharomyces cerevisiae, che si trova nei fusti dei cereali e nella bocca dei mammiferi. Si tratta del tipo di fermentazione che si incontra normalmente in natura e agisce a temperature tra i 12 e 24 °C. Durante il processo il lievito sale in superficie del tino di fermentazione situandosi sulla superficie del mosto. Questo lievito fu scoperto da Louis Pasteur nel 1852 durante i suoi studi sulla birra. Le birre ottenute da questi lieviti vengono genericamente denominate "Ale".
- Lieviti a bassa fermentazione, come il Saccharomyces carlsbergensis. Sono stati scoperti quasi involontariamente dai birrai del sud della Germania che mettevano le loro birre a maturare nelle grotte delle Alpi. Questi funghi, della specie Saccharomyces uvarum, agiscono a temperature comprese fra 7 e 13 °C e durante il processo si depositano sul fondo del fermentatore. Le birre ottenute vengono genericamente denominate "lager", termine che deriva dal tedesco e significa magazzino, dove la birra viene conservata "al fresco".
Nella produzione della birra,
specialmente in quella chiamata a fermentazione spontanea,
possono intervenire anche altri lieviti. In queste birre il
produttore non ne seleziona nessuno in particolare, ma permette a
tutti i lieviti in sospensione nell'aria di introdursi nel mosto. In
questo modo intervengono, oltre al Saccharomyces, più di 50
fermentatori differenti tra cui il Lactobacillus, che è un batterio
che produce l'acido lattico, ed il Brettanomyces, che produce
l'acido acetico. Queste birre, che vengono chiamate Lambic,
sono dunque acide per definizione, e la loro produzione richiede
procedimenti speciali destinati a ribassarne il grado di acidità.
Processo produttivo
Il processo produttivo della birra
viene chiamato "birrificazione" o "brassaggio" e
richiede numerose fasi di lavorazione.
La prima di queste fasi è la
"maltificazione" (detta anche "maltazione"):
l'orzo o gli altri cereali, dopo essere stati selezionati e ripuliti,
vengono immessi nelle vasche di macerazione dove ricevono l'acqua e
l'ossigeno necessario per la germinazione.
Questo processo dura in genere tre o
quattro giorni durante i quali l'acqua è mantenuta a temperature
comprese fra i 12 e i 15 gradi e viene continuamente cambiata. Una
volta che è stato raggiunto il grado di umidità sufficiente, l'orzo
viene messo a germinare per circa una settimana nei cassoni di
germinazione o comunque in un luogo ben aerato.
Il processo viene arrestato tramite
essiccazione o torrefazione quando il germoglio ha raggiunto circa i
due terzi della lunghezza del chicco.
L'orzo maltato viene quindi macinato
fino ad ottenere una specie di farina che viene poi miscelata con
acqua calda a circa 65-68 gradi. Questa fase è detta ammostamento,
in quanto il malto si trasforma in mosto. Precisamente questo avviene
quando l'amido ancora presente nel malto si trasforma in maltosio,
uno zucchero. La massa mantenuta in agitazione viene portata, con
opportune soste, alle temperature ottimali per l'attività enzimatica
di degradazione di amido e proteine, favorendone così la
solubilizzazione nel mosto.
La parte liquida viene quindi separata
dalla parte solida tramite "filtrazione" all'interno di un
tino filtro, in cui il mosto con le trebbie viene pompato dal basso.
Quando tutto il mosto è stato trasferito, si lascia che le trebbie
sedimentino sul falso fondo forato, e si procede quindi alla
filtrazione. Per raggiungere un buon livello di limpidezza, il mosto
viene fatto ricircolare più volte.
Il passo successivo è la "cottura"
del mosto all'interno di apposite caldaie, tradizionalmente in rame
che è un ottimo conduttore termico e che non si degrada
eccessivamente. Il tempo di cottura è fondamentale per la scelta del
tipo di birra che si vuole produrre ed anche per la sua qualità, in
quanto durante questo processo avvengono la gran parte delle reazioni
biochimiche; normalmente varia tra un'ora e due ore e mezza. Durante
la bollitura, che nei birrifici moderni avviene tramite getti di
acqua bollente ad alta pressione, si ha anche l'importante processo
di sterilizzazione del mosto. Sempre durante questa operazione
avviene l'aggiunta del luppolo. In genere la sala di cottura viene
considerata come il "cuore" del birrificio.
Nel corso dell'ebollizione, in seguito
a reazione tra i polifenoli del malto e del luppolo e le proteine del
malto, si formano complessi insolubili che costituiscono il trub a
caldo". Questo tende a precipitare al termine del processo e
l'allontanamento è considerato fondamentale per la qualità e la
stabilità della futura birra. Questa azione è effettuata mediante
l'uso del whirlpool, tino in cui il mosto giunge
tangenzialmente generando una forza centrifuga che determina la
raccolta della fase torbida sul fondo, al centro del recipiente, e
permette la separazione di una fase liquida limpida.
In seguito il mosto viene raffreddato
fino a temperature a cui può avvenire la fermentazione: dai 4 ai 6
gradi per la bassa fermentazione e dai 15 ai 20 gradi per quella
alta.
La fermentazione si divide in due fasi;
la prima, detta fermentazione principale, vede come protagonista il
lievito che ha la funzione di trasformare gli zuccheri e gli
aminoacidi presenti nel mosto in alcol, anidride carbonica e sostanze
aromatiche. Il processo che utilizza Saccharomyces cerevisiae
è più rapido, in genere tre o quattro giorni, di quello a bassa
fermentazione, in quanto si svolge a temperature superiori e i
processi di fermentazione sono favoriti dal calore. Questo lievito
inoltre risale in superficie e viene recuperato con schiumature e per
questo è notevolmente economico.
La fermentazione secondaria, detta
anche maturazione, invece consiste nel lasciare per circa quattro o
cinque settimane la birra in grosse vasche di maturazione a una
temperatura compresa fra 0 e 2 gradi. Questa operazione permette di
saturare di anidride carbonica la birra e di far depositare i residui
di lievito, oltre che armonizzare i vari ingredienti.
Infine c'è la pastorizzazione che è
un processo a cui non tutte le birre vengono sottoposte. Consiste nel
portare la birra alla temperatura di 60 gradi per distruggere alcuni
microrganismi e quindi conservare maggiormente il prodotto. La birra
non pastorizzata viene definita cruda.
Alla fine del processo alcune birre
vengono filtrate per toglierle i residui di opacità e infine
imbottigliate o infustate.
Esistono alcune birre che sono
"rifermentate in bottiglia". In questo caso, prima di
chiudere il tappo, si aggiunge del lievito in modo che, oltre alle
due ordinarie fermentazioni, ne avvenga una terza che aumenta il
tasso alcolico. Sono un'eccezione le birre di frumento che, pur
avendo lievito all'interno della bottiglia, mantengono una gradazione
normale.
Tipi di fermentazione
Tra le fasi del processo produttivo la
fase di fermentazione del mosto è quella che non solo determina il
carattere e il contenuto alcolico della birra, ma è pure origine di
una serie rilevante di sostanze che ne influenzano gli aspetti
organolettici non solo gustativi e di struttura, ma anche di
sensazioni odorose e aromatiche.
Vi sono due tipi di fermentazione:
l'alta fermentazione e la bassa fermentazione. Queste due
procedimenti diversi sono alla base della classificazione nei due
distinti macro tipi di birra omonimi. Si veda Classificazione dove
viene spiegato che in realtà esiste, se pur pochissimo diffusa,
anche un terzo tipo di fermentazione. Il diverso intervallo di
temperatura a cui si svolgono i due tipi di fermentazione è una
condizione fisica imprescindibile per lo svolgimento dei processi
enzimatici e chimici peculiari dei due ceppi di lieviti distinti.
Dal punto di vista terminologico la
dizione "alta" e "bassa" relativa alla
fermentazione del mosto di birra non è legata al diverso intervallo
di temperatura, più alto nell'utilizzo del Saccharomyces
cerevisiae per le birre Ale e più basso nell'utilizzo del
Saccharomyces carlsbergensis per le birre Lager. Anche
se abbastanza diffusa, questa spiegazione è tuttavia errata. La
dizione infatti è legata al movimento dei lieviti esauriti nel tino
a fine fermentazione: il cerevisiae sale in "alto"
ovvero in superficie, il carlsbergensis scende in basso,
ovvero sul fondo. Il movimento in alto e in basso è conseguenza
della specificità metabolica dei due lieviti diversi.
Fu lo stesso Emil Christian Hansen, lo
scienziato danese che nel laboratorio della Carlsberg per primo
utilizzò il tipo di lievito che poi prenderà il suo nome, a
suddividere i lieviti per la produzione della birra in top-fermenting
(alta fermentazione, ove top si riferisce al fatto che "si
dirigono in alto") e in bottom-fermenting (bassa
fermentazione, ove bottom si riferisce al fatto che "si
dirigono in basso").
Nei birrifici, quando si produce una birra di stile ale, si
può assistere alla consueta operazione di raccolta della massa di
lievito sulla superficie del tino con l'impiego del tradizionale
"cucchiaione". Invece, nei serbatoi ove si è svolta la
fermentazione di una birra di stile lager, il lievito forma
una specie di marmellata che si adagia sul fondo della vasca da dove
viene poi estratto.Classificazione
Sono numerose le possibilità di
classificare le birre.
La classificazione che trova maggior
impiego fa riferimento al tipo di lievito utilizzato e,
conseguentemente, al tipo di fermentazione. In questo senso le birre
si dividono in tre grandi famiglie:
- Ale: sono prodotte con i lieviti della specie Saccharomyces cerevisiae e seguono un processo ad "alta fermentazione" che predilige temperature elevate. È il procedimento più antico che rimane tuttavia ancora profondamente radicato specie nella cultura birraria britannica e fiamminga.
- Lager: sono prodotte con i lieviti della specie Saccharomyces carlsbergensis e seguono un processo a "fermentazione bassa" che predilige temperature basse. Il procedimento industriale è più recente e garantisce una maggior stabilità e ripetibilità, permettendo a queste birre di essere di gran lunga le più diffuse sul mercato.
- Lambic: sono prodotte esclusivamente in una regione del Belgio meridionale, dove il mosto è esposto a lieviti indigeni selvatici, come il Brettanomyces bruxellensis; il processo si sviluppa seguendo una "fermentazione spontanea", che conferisce a queste birre caratteristiche uniche al mondo.
Spesso alle ale sono
riconosciute caratteristiche di maggior complessità grazie ai sapori
e agli odori ricchi di aromi floreali, speziati e fruttati, mentre le
lager sono più frequentemente "pulite" ed
evidenziano soprattutto il carattere di malto e luppolo.
Un'altra classificazione
particolarmente intuitiva, ma poco significativa se utilizzata come
unico fattore di discriminazione, è quella basata
sull'indicizzazione del colore, generalmente misurato sulla scala
SRM. Il colore dipende dal tipo di maltazione subito dai cereali
impiegati, anche se in alcuni rari casi può essere alterato da
coloranti naturali come la clorofilla assumendo una colorazione verde
smeraldo. Altra caratteristica visiva della birra è data dalla
limpidezza o dalla opacità generalmente dovuta alla presenza di
lievito in sospensione (nelle birre di produzione industriale il
lievito viene eliminato prima dell'imbottigliamento per mezzo di
filtri).
Esiste anche una classificazione
relativa al grado di amarezza percepito, misurato sulla scala IBU
(International Bitterness Unit).
Un'ulteriore classificazione è legata
al grado alcolico, generalmente misurato in percentuale di alcol sul
volume della bevanda ("titolo alcolometrico volumico"), o
alla quantità di zuccheri fermentescibili presenti nel mosto prima
della fermentazione misurato in gradi Plato. Questo tipo di
tassonomia ha particolare significato per l'industria e il fisco.
Ogni nazione ha denominazioni caratteristiche talvolta derivanti
dalla tradizione.
Stili birrari
Uno stile di birra contraddistingue la
bevanda tenendo conto delle caratteristiche dette in precedenza quali
colore, sapore, gradazione alcolica, ingredienti e ricetta, tipo di
lievito utilizzato, tipo di fermentazione. Ogni stile ha una suo
origine e storia e si è evoluto seguendo non solo tendenze di
mercato ma anche l'evoluzione tecnologica e la convenienza economica,
talora legata anche alla tassazione. Visti i vari tipi di
classificazione possibili, una rigorosa suddivisione tassonomica non
è applicabile: per comodità si possono suddividere a grandi linee a
seconda del tipo di fermentazione, tenendo conto che fra le birre ad
alta fermentazione per stout e birre di frumento non viene
solitamente usata la denominazine di ale.
Ale
Le ale sono birre prodotte ad
alta fermentazione. A questa grande famiglia appartengono stili
birrari molto differenti: alcuni strettamente legati ad aree
geografiche più o meno ristrette, come le ale belghe, altri
di carattere più sovranazionale, come le birre di frumento che
trovano comunque sfumature di regione in regione.
Le ale inglesi hanno un
carattere fruttato, anche se meno evidente di quello delle belghe, e
spesso evidenziano maggiormente il malto e il luppolo. Si distinguono
tra esse gli stili:
- bitter: costituiscono lo stile base inglese. Spesso ambrate e di gradazione piuttosto bassa (sotto i 10 gradi saccarometrici e 3,5%) e quasi sempre con un amaro pronunciato
- mild ale: sono birre ancora più leggere delle bitter, piuttosto scure e tendenti al dolce; delicate, ma saporite nonostante la bassa gradazione
- brown ale: possono esser considerate una versione un po' più forte delle mild
- winter e old ale: birre ambrate o scure "da meditazione", adatte alla stagione invernale per via della gradazione alcolica alta
- barley wine: letteralmente "vino d'orzo", sono birre molto forti (oltre 8% di alcool, con picchi che superano il 10%), a volte sciroppose o caramellate, piuttosto luppolate ma con l'amaro bilanciato dalla dolcezza del malto. Nel XXI secolo questo stile è ormai raro in Gran Bretagna, e trova la sua patria sempre più negli Stati Uniti
- India Pale Ale: originariamente prodotte nel Regno Unito per l'esportazione nelle colonie, erano caratterizzate da una luppolatura ed un amaro eccezionali. Nel XXI secolo sono diventate rare in Europa e in genere "poco rispettose" della tradizione. Gli Stati Uniti invece hanno rivitalizzato e fatto loro questo stile, dando vita alle american pale ale.
Le ale belghe sono in genere più
fruttate delle inglesi, spesso speziate ed a volte acidule. Gli stili
di questo paese sono davvero tanti e molte birre fanno stile a sé.
Tra i più riconosciuti troviamo:
- blond ale: pur costituendo uno stile non molto tradizionale sono molto diffuse e all'inizio del XXI secolo considerabili come stile "base"
- belgian pale ale: più tradizionali ma meno diffuse; sono affini alle cugine inglesi, ma con maggior carattere di lievito
- saison: molto caratterizzate; dorate o ambrate, a volte acidule, ben luppolate e speziate
- birre trappiste: in un certo senso più che uno stile (le birre sono piuttosto diverse fra loro) è un marchio di origine controllata: la denominazione è precisa e comporta che la birra sia effettivamente prodotta "da o sotto il controllo diretto di monaci trappisti". "Birra d'abbazia" è invece un termine meno significativo, che indica una bevanda la cui produzione è "laica" e che vanta una connessione storica con un'abbazia, talvolta non più esistente
- dubbel o double: di gradazione medio alta (7%), scure, amabili e maltate
- tripel o triple: bionde, ancora più forti (8-9% e più), fruttate e spesso relativamente luppolate
- golden ale: affini alle tripel, altrettanto forti o quasi, anch'esse bionde
- belgian strong ale: scure e forti, talvolta fantasiosamente denominate quadrupel.
Si annoverano infine alcuni "stili
acidi" tipicamente belgi, sempre meno reperibili: le oud
bruin, leggere e agrodolci, e le flemish red meno dolci e
più acetiche, con commistioni tra i due stili.
Le ale tedesche annoverano le
altbier di Düsseldorf - ambrate, non forti, maltate e
piuttosto amare - e le chiare, leggere e delicate kölsch di
Colonia. Sono entrambi degli stili ibridi in quanto fermentate con un
lievito da alta fermentazione, ma ad una temperatura relativamente
bassa e maturate ancora più al freddo. Hanno quindi gusto e aroma
meno fruttato e più pulito rispetto alle vere e proprie ale.
Stout e Porter
Le stout sono birre ad alta
fermentazione, caratterizzate da un colore molto scuro, spesso nero,
e una tostatura molto marcata (torrefazione); in genere, la
gradazione è relativamente bassa e l'amaro intenso; l'aroma del
luppolo è invece moderato, sovrastato da quelli tipici di cacao e
caffè. Si possono distinguere:
- dry stout: rispecchiano in pieno queste caratteristiche e non presentano la minima traccia di dolcezza. La stout più conosciuta è l'irlandese Guinness
- sweet stout: pur mantenendo colore scuro e note tostate, sono meno amare. Tra esse la milk stout si distingue per l'uso di lattosio (non fermentescibile) per aumentarne la dolcezza
- oatmeal stout: di dolcezza intermedia, anch'esse ormai non molto diffuse, sono tipicamente vellutate grazie all'impiego di farina d'avena (in inglese appunto oatmeal)
- oyster stout: ci sono tracce dell'abbinamento tra stout e ostriche (oyster in inglese) fin dal 1800, in alcuni scritti di Benjamin Disraeli. Nel 1929 ci fu il primo utilizzo delle ostriche nella produzione di birra, dapprima in Nuova Zelanda, poi imitato anche a Londra. Nel XXI secolo il termine oyster stout indica sia una stout fermentata con una manciata di ostriche nei tini, oppure semplicemente una bevanda che ben si accompagna ai molluschi
- imperial stout: sono un incrocio tra il carattere delle dry stout e la potenza dei barley wine: forti, amare, tostate ed un po' fruttate.
- porter: si possono considerare delle stout meno intense. Nei secoli scorsi lo stile generale di queste birre scure era indicato come porter, e quelle più forti venivano chiamate stout porter - e poi più semplicemente stout
Birre di frumento
Sono birre ad alta fermentazione
caratterizzate dall'ampio uso di frumento (50% e oltre). Gli stili
più famosi sono quello tedesco (denotate come weizen, ovvero
"birre di grano", o weiss, ovvero "birre
bianche", per via dell'aspetto opalescente) e quello belga
(blanche in francese o wit in fiammingo con lo stesso
significato). Le affinità fra questi stili riguardano, oltre all'uso
del frumento, il colore chiaro, la gradazione media ed un certo
carattere speziato e acidulo. Le differenze non mancano: le blanche
impiegano frumento non maltato, le weizen frumento maltato; le
blanche impiegano spezie come coriandolo e buccia d'arancia,
mentre nelle weizen il carattere speziato è dovuto
esclusivamente al lievito molto particolare che produce anche un
caratteristico aroma di banana.
In Germania si producono anche weizen
scure, denominate dunkelweizen o dunkelweissen e birre
di frumento più forti: le weizenbock. Infine le berliner
weisse, caratteristiche della regione di Berlino, sono più
leggere e decisamente acidule.
Lager
Le lager sono birre di ogni
colore e gradazione prodotte a bassa fermentazione. Le più diffuse
sono quelle chiare, tra cui si distinguono:
- pilsener o pils: stile classico di origine boema (il nome deriva dalla città di Plzeň); leggere dal colore chiaro o dorato, dalla luppolatura abbondante e dall'amaro pronunciato
- helles: tipiche bavaresi, meno amare e più maltate
- export o Dortmunder, leggermente più forti
- märzen e oktoberfestbier: birre di colore dal dorato carico all'ambrato, gradazione maggiore (6% circa) e malto più pronunciato. I due termini indicano bevande molto simili: nonostante l'apparente disaccordo temporale infatti vengono tradizionalmente prodotte a marzo per un consumo autunnale, periodo in cui si svolge l'Oktoberfest. Le birre denominate Oktoberfestbier vengono prodotte prevalentemente dalle birrerie bavaresi, le uniche autorizzate alla vendita della birra all'Oktoberfest.
Sebbene spesso si associ erroneamente
il termine lager alla birra chiara, non mancano in realtà
lager scure, tra cui:
- dunkel: birre brune, decisamente dolci e maltate nel sapore
- schwarzbier: più scure e tostate, una sorta di stout a bassa fermentazione, ma meno amara e più maltata
- rauchbier: particolari birre "affumicate" (da rauchen, fumare in tedesco) tipiche della città tedesca di Bamberga, prodotte utilizzando malti affumicati su torba o legno di faggio.
Ci sono poi lager più forti,
rappresentate in Germania dalla famiglia delle bock: di colore
chiaro, gusto maltato appena equilibrato dal luppolo, in genere di
gradazione alta (6,5% - 7,5% ma anche 8,0% per le scure e caramellate
doppelbock). Ci sono poi altre lager extra-strong
non appartenenti alle bock che, pur raggiungendo gradazioni
alcoliche molto alte, rimangono comunque bilanciate e complesse nel
sapore.
Esistono infine moltissime altre lager
"internazionali", in buona parte prodotte da grandi
industrie multinazionali. Solitamente fanno largo uso di riso e mais
(spesso non maltati) per renderle leggere di corpo e poco
caratterizzate in aroma; a volte sono associate a termini di mercato
come ice o dry.
Lambic
Il lambic è una specialità della
regione del Payottenland, a sud ovest di Bruxelles, ed è un tipo di
birra così diverso che è talvolta considerato come bevanda a sé
stante rispetto al mondo delle birre; le specialità tradizionali
sono caratterizzate dalla loro intensità e ricchezza aromatica e
dalla decisa acidità.
Il processo birrario è detto "a
fermentazione spontanea": non viene inoculato alcun lievito
selezionato, ma la produzione usa lieviti e batteri selvatici
presenti nell'ambiente come il Brettanomyces bruxellensis
(nell'aria o nelle strutture stesse del birrificio); l'inoculazione
avviene lasciando raffreddare lentamente il mosto caldo in vasche
ampie e poco profonde, per massimizzare la superficie esposta
all'aria. Durante la successiva lunga maturazione in botte
intervengono altri lieviti selvaggi e batteri presenti nel legno
stesso.
Il lambic "puro" non è
frizzante, ma "sgasato", ed è raramente commercializzato
in questa forma; più spesso viene rifermentato unendo lambic
di annate diverse, dando origine alle spumeggianti gueuze;
se è invece rifermentato assieme ad amarene o lamponi dà origine
rispettivamente alle kriek e alle framboise. Diffuso ma meno
tradizionale l'impiego di altri frutti come ribes nero, pesche o
fragole. Da notare che il termine kriek viene talvolta
utilizzato anche per birre a fermentazione non spontanea aromatizzate
alla ciliegia.
La birra in cucina
La birra, come succede anche con il vino, entra come componente nella cottura di numerosi piatti quali, ad esempio:- Arista di maiale alla birra
- "Steak and Ale Pie", piatto inglese che consiste in uno stufato di carne di manzo cotto con birra (solitamente una ale),"impiattato" in un tortino di pasta sfoglia.
- Bauernschmaus, piatto tedesco a base di carré di maiale cotto nella birra
- Marmellata-birra alle ciliegie fatta in casa con focaccineLa Carbonade flamande, piatto di origine fiamminga costituito da uno stufato di manzo
- Costine di maiale alla birra
- Carré di lombo di maiale alla birra scura
- Stinchi di maiale alla birra (piatto tipico bavarese)
- Würstel con crauti, salsicciotto tedesco cotto nella birra e accompagnato da crauti
Chimica della birra
La birra contiene vitamine (vitamina
B1, B2, B5, B6 e H) oltre che fosforo, potassio, magnesio, zolfo,
fluoro, sodio, rame, manganese, zinco, alluminio e ferro.
La birra inoltre contiene tirosolo,
tryptophol e i seguenti acidi fenolici: feniletanolo, acido 4
-idrossifenilacetico, acido vanillico, acido caffeico, acido
siringico, acido p-cumarico, acido ferulico e acido sinapico.
Il luppolo, che viene utilizzato nella
produzione della birra, contiene 8-prenilnaringenina (un potente
fitoestrogeno), umulene, myrcene, mircenolo, linalolo, alcol 2M2B,
isoxanthohumol e xanthohumol.
Alcune società poi utilizzano additivi
per stabilizzare e rendere più durevole la schiuma prodotta dalle
molecole di biossido di carbonio in risalita. Questi additivi
schiumogeni sono, oltre all'azoto, il glicole propilenico alginato e
il solfato di cobalto
Infine il malto contiene le
prodelphinidins B3, B9, C2.
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