lunedì 31 maggio 2021

Bar-back




Un barback o runner, come sono comunemente conosciuti in Europa, è l'assistente di un barista. I bar-back lavorano in discoteche, bar, ristoranti e sale di catering e di solito ricevono una parte delle mance del barista. Alle barre ad alto volume, le punte sono divise dove è presente più di una barra posteriore.

Sono spesso sotto la tutela dei baristi e si fanno strada nel lavoro. Sono lì per semplificare il lavoro di un barista; essere coinvolto nella preparazione del bar rifornirlo di liquori, ghiaccio, bicchieri, birra, contorni e così via, durante la notte facendo la spola tra i tavoli, cambiando i barili e lavando i piatti e, successivamente, ripulendo tutto.

Mentre l' età legale per bere alcolici negli Stati Uniti è 21 anni, l'età minima per lavorare come barista o bar-back varia da 18 a 21 anni.

domenica 30 maggio 2021

Caffè shakerato



Il caffè shakerato è una bevanda a base di caffè preparata utilizzando caffè espresso liquore alla vaniglia e alcuni cubetti di ghiaccio.
Il caffè shakerato si ottiene shakerando insieme alcuni cubetti di ghiaccio, liquore alla vaniglia o Baileys Irish Cream, 3 cucchiaini di zucchero e una o più tazzine di caffè espresso (a piacere), possibilmente a temperatura ambiente.
Si parla del caffè shakerato in varie opere letterarie, fra cui i romanzi Zolle di Marco Drago, Sole nero di Leroy Gilles o Vita Prada. Personaggi, storie, retroscena d'un fenomeno di costume di Gian Luigi Parachini.

sabato 29 maggio 2021

Crown Royal

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Crown Royal è un whisky canadese con tasso alcolico del 40%. L'industria è in possesso della Diageo Canada PLC che acquistò la Crown Royal quando la Seagram si sciolse nel 2000. È il whisky più venduto e famoso del Canada.
La produzione del Crown Royal iniziò nel 1939 ma la vendita era riservata ai soli membri della corona inglese (da qui il nome). La vendita venne aperta al pubblico solo nel 1964.
Oggi tale whisky è prodotto nelle distillerie delle città di Gimli, Manitoba, Canada (fino al 1992 era invece prodotto a Waterloo, Ontario).
  • La Crown Royal è stata sponsor di una scuderia NASCAR ed è attualmente sponsor della International Race of Champions.




venerdì 28 maggio 2021

Caffetteria viennese

 




La caffetteria viennese (in tedesco: das Wiener Kaffeehaus, bavarese: come Weana Kafeehaus) è un'istituzione tipica di Vienna che ha svolto un ruolo importante nel plasmare la cultura viennese.

Dall'ottobre 2011 la "Cultura del caffè viennese" è elencata come "Patrimonio culturale immateriale" nell'inventario austriaco della "Agenzia nazionale per il patrimonio culturale immateriale", una parte dell'UNESCO. Il caffè viennese è descritto in questo inventario come un luogo "dove si consumano tempo e spazio, ma in bolletta si trova solo il caffè".

Le pratiche sociali, i rituali, l'eleganza creano l'atmosfera molto particolare del caffè viennese. Le caffetterie attirano con un'ampia varietà di bevande al caffè, giornali internazionali e creazioni di pasticceria. Tipici per le caffetterie viennesi sono i tavoli in marmo, le sedie Thonet, i tavoli per giornali e i dettagli di interior design nello stile dello storicismo.

Lo scrittore austriaco Stefan Zweig ha descritto il Caffè viennese come un'istituzione di un tipo speciale, "in realtà una sorta di club democratico, aperto a tutti al prezzo di una tazza di caffè a buon mercato, dove ogni ospite può sedersi per ore con questa piccola offerta, per parlare, scrivere, giocare a carte, ricevere posta e soprattutto consumare un numero illimitato di giornali e riviste". Zweig infatti attribuiva una buona dose dell'aria cosmopolita di Vienna alla ricca dieta quotidiana di informazioni attuali e internazionali offerta nei caffè.

In molti caffè classici (ad esempio Café Central e Café Prückel) la sera si suona musica per pianoforte e si tengono eventi sociali come letture letterarie. Nei mesi più caldi, i clienti possono spesso sedersi all'aperto in uno Schanigarten. Quasi tutte le caffetterie offrono piccoli piatti come salsicce e dessert, torte e crostate, come Apfelstrudel, Millirahmstrudel, Punschkrapfen e Linzer torte.

A differenza di altre tradizioni di caffè in tutto il mondo, è del tutto normale per un cliente soffermarsi da solo per ore e studiare l'onnipresente giornale. Insieme al caffè, il cameriere servirà un bicchiere d'obbligo di acqua fredda del rubinetto e durante un lungo soggiorno porterà spesso acqua aggiuntiva non richiesta, con l'idea di servire l'ospite con un senso di attenzione esemplare.

Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, i principali scrittori dell'epoca si affezionarono all'atmosfera dei caffè viennesi e furono spesso visti incontrarsi, scambiarsi e persino scrivere lì. La letteratura composta nei caffè è comunemente indicata come letteratura da caffè, gli scrittori di essa come poeti da caffè. Si dice che il famoso giornale Die Fackel ("La torcia") di Karl Kraus sia stato scritto in larga misura nei caffè. Altri poeti delle caffetterie includono Arthur Schnitzler, Alfred Polgar, Friedrich Torberg e Egon Erwin Kisch. Il famoso scrittore e poeta Peter Altenberg ha persino fatto recapitare la posta al suo bar preferito, il Café Central.

A Praga, Budapest, Cracovia, Trieste e Lviv e in altre città dell'impero austro-ungarico c'erano anche molti caffè secondo il modello viennese. La cultura del caffè viennese si è poi diffusa in tutta l'Europa centrale e ha creato uno speciale clima multiculturale. Perché qui si incontravano scrittori, artisti, musicisti, intellettuali, bon vivants e loro finanzieri. I caffè asburgici furono quindi in gran parte privati della loro base culturale dall'Olocausto e dalle espulsioni del nazionalsocialismo e dei presupposti economici dal comunismo.

Questa atmosfera speciale è riuscita a persistere solo a Vienna e in pochi altri luoghi. In particolare a Trieste, per lungo tempo "dimenticata" dal 1918 e dai tanti sconvolgimenti, si trovano ancora molti degli ex caffè viennesi (Caffè Tommaseo, Caffè San Marco, Caffè degli Specchi, Caffè Tergesteo, Caffè Stella Polare) in cui l'antico stile di vita è stato preservato dalla gente del posto. La leggenda narra che i soldati dell'esercito polacco-asburgico, mentre liberarono Vienna dal secondo assedio turco nel 1683, trovarono una serie di sacchi con strani fagioli che inizialmente pensavano fossero mangimi per cammelli e volessero bruciare. Il re polacco Jan III Sobieski concesse i sacchi a uno dei suoi ufficiali di nome Jerzy Franciszek Kulczycki, che iniziò la prima caffetteria. Questa storia fu pubblicata dal prete cattolico Gottfried Uhlich nel 1783 nella sua Storia del secondo assedio turco , e si prese alcune libertà. In realtà, la caffetteria di Kulczycki non è stata la prima per più di un anno. Un resoconto più concreto è stato riportato da Karl Teply.

Dopo qualche sperimentazione, la leggenda continua, Kulczycki aggiunse zucchero e latte, e nacque la tradizione viennese del caffè. Questo risultato è stato riconosciuto in molti caffè viennesi moderni appendendo un'immagine di Kulczycki alla finestra. Un altro resoconto è che Kulczycki, avendo trascorso due anni in prigionia ottomana, sapeva perfettamente cosa fosse veramente il caffè e indusse i suoi superiori a concedergli i chicchi che erano considerati senza valore.

Secondo recenti ricerche, la prima caffetteria di Vienna fu infatti aperta da un uomo d'affari armeno di nome Johannes Diodato nel 1685. 15 anni dopo, quattro caffè di proprietà greca ebbero il privilegio di servire caffè.

La nuova bevanda fu ben accolta e le caffetterie iniziarono a spuntare rapidamente. Nel primo periodo, le varie bevande non avevano nome ei clienti selezionavano le miscele da una tabella a colori sfumati.

Il periodo di massimo splendore della caffetteria fu l'inizio del diciannovesimo secolo quando scrittori come Peter Altenberg, Alfred Polgar, Egon Friedell, Karl Kraus, Hermann Broch e Friedrich Torberg ne fecero il loro luogo di lavoro e piacere preferito. Molti famosi artisti, scienziati e politici del periodo come Arthur Schnitzler, Stefan Zweig, Egon Schiele, Gustav Klimt, Adolf Loos, Theodor Herzl, Alfred Adler, e persino Leon Trotsky erano frequentatori costanti delle caffetterie.

Negli anni '50 iniziò il periodo della "morte dei caffè", poiché molti famosi caffè viennesi dovettero chiudere. Ciò era dovuto alla popolarità della televisione e alla comparsa dei moderni bar per caffè espresso. Tuttavia, molti di questi classici caffè viennesi esistono ancora. Un rinnovato interesse per la loro tradizione e il turismo hanno spinto a tornare in auge. Alcuni caffè viennesi relativamente moderni sono emersi in Nord America, come Julius Meinl Chicago e Kaffeehaus de Châtillon nella grande area di Seattle e Cafe Sabarsky a Manhattan. A Gerusalemme c'è un caffè viennese nell'ospizio austriaco.

Saeco

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La Saeco International Group S.p.A. è un'azienda italiana che produce macchine per caffè espresso e distributori automatici di bevande e snack.
Viene fondata nel 1981 da Sergio Zappella, un bergamasco che nel 1951 è emigrato con la famiglia in Svizzera e nel 1972 ha aperto un negozio di elettrodomestici, e da Arthur Schmed, ingegnere di nazionalità svizzera, a Gaggio Montano, in provincia di Bologna (dove ha sede tuttora), come Saeco S.r.l.. Il nome della società deriva dalle iniziali della denominazione estesa "Sergio, Arthur e compagnia".
L'azienda cresce rapidamente nei primi anni di attività, tanto che nel 1985 produce e commercializza la prima macchina per caffè espresso completamente automatica. Un'innovazione che porta il marchio ad affermarsi nei mercati italiano ed estero. Nel 1986 comincia a creare numerose filiali, dapprima in Europa e in seguito nelle Americhe, in Asia e Australia, distribuendo i propri prodotti in più di 60 paesi. Nasce anche Cosmec, dedicata alla realizzazione di componenti per le macchine per il caffè. Un'iniziativa che permette di controllare l'intera filiera.
Nel 1989 Saeco viene ceduta al ricco uomo d'affari austro-americano Gerhard Andingler, la cui proprietà dura fino al 1993, quando i vecchi proprietari (insieme ad altri partner italiani) riacquisiscono la società. Nel 1995 l'azienda avvia anche la produzione dei condizionatori.
Nel 1999 acquisisce la Gaggia, altra storica azienda nel settore delle macchine per caffè professionale. Sempre quell'anno la società assume il nome di Saeco International Group. Il Gruppo ha la leadership in Italia nelle macchine per caffè espresso a uso domestico con una quota di mercato in valore superiore al 70%.
Nel dicembre 2000 Saeco è quotata alla Borsa di Milano, entrando nel settembre 2002 nel segmento Star. Nel 2004 il Gruppo viene acquisito dalla Pai Partners, una private equity francese, che rileva il 66,85% dell'azienda bolognese. Sergio Zappella rimane in azienda come presidente con circa il 30% del capitale, Schmed continua a svolgere l'incarico di direttore tecnico con una quota di capitale del 6%. Quell'anno il Gruppo registra un fatturato di 411 milioni di euro, ha un utile di 44 milioni e dà lavoro a circa 2 mila dipendenti sparsi in una decina di stabilimenti.
Sempre nel 2004 la società è ritirata dalla Borsa con un'offerta pubblica di acquisto che frutta 215 milioni di euro. Cinque anni più tardi, nel 2009, la Saeco viene ceduta alla multinazionale olandese Philips. L'azienda è leader nella produzione di macchine da caffè in Europa, dove controlla una quota di mercato del 30%.
Nel febbraio 2016 la Philips decide di investire 23 milioni di euro nello stabilimento di Gaggio Montano ponendo fine ad un periodo difficile dal punto di vista economico per il marchio Saeco caratterizzato da riduzione della produzione (dismessa l'area del business professionale e dimezzata quella delle macchine domestiche) ed eccesso di manodopera.
Nel 2017 Philips cede la Saeco alla N&W Global Vending S.p.A., azienda bergamasca leader nei distributori automatici per bevande e snack e controllata da un fondo statunitense, Lone Star.

giovedì 27 maggio 2021

Hoppy

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Hoppy (ホッピー Hoppii) è una bevanda a basso contenuto alcoolico (0,8 gradi) simile alla birra che Beverage Company Kokuka ha iniziato a produrre e vendere in Giappone nel 1948. Kokuka successivamente assunto la denominazione di Hoppy Beverage Co., Ltd. Hoppy è attualmente marchio registrato della Hoppy Beverage Co., Ltd. Solitamente viene mescolata la bevanda Hoppy con shochu (una bevanda giapponese distillata). Questo mix è considerato un sostituto della birra, troppo costosa per la gente comune del dopoguerra. Viene solitamente servita nei pub giapponesi izakaya.

Prodotti

  • Hoppy (originale)
  • Black Hoppy (aroma più dolce e frizzante)
  • 55 Hoppy (in occasione del 55º anniversario)
  • Hoppy 330 (bottiglia per uso domestico)
  • Hoppy Black (bottiglia per uso domestico di Black Hoppy)

mercoledì 26 maggio 2021

Caffè Nero



Caffè Nero, o Caffè Nero Group Ltd, è una catena di coffee shop (caffetteria) britannica fondata nel 1997, con oltre 360 negozi in tutta la nazione.
Fondata nel 1997 come PLC (public limited company). Fu in seguito quotata nella Borsa di Londra con l'acronimo CFN. Nel 2007, in seguito ad un'operazione di buy-out, passa ad un'amministrazione privata.
Partita nella città di Londra ed approdata con oltre 300 negozi in tutto il Regno Unito, Caffè Nero è stata la ventesima compagnia per rapidità di crescita in Europa nel 2004. Nel 2005 il fatturato è stato di 43,4 milioni di sterline. Nel 2011 il fatturato era salito a 227,9 milioni di sterline. Oltre alle tradizionali varianti di espresso, i negozi Caffè Nero propongono frappé, Hot Chocolate Milano, cioccolata calda, succhi di frutta e snacks dolci.

martedì 25 maggio 2021

Arthur Guinness

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Arthur Guinness (Celbridge, 24 settembre 1725 – Dublino, 23 gennaio 1803) è stato un imprenditore irlandese, fondatore dell'azienda produttrice della birra Guinness.
Arthur nacque a Celbridge e crebbe ad Ardclough, nella contea di Kildare. Fondò il suo primo birrificio a Leixlip, ma la prima pinta di Guinness fu spillata a Celbridge in un pub situato dove adesso c'è il Mucky Duck Pub.
Fu sepolto nel gennaio 1803 nella tomba di famiglia della madre, a Oughter Ard nella contea di Kildare.
La famiglia Guinness sostenne di discendere dal clan dei Magennis della contea di Down, nel XVII secolo, anche se questo non è mai stato provato in alcun modo.
Il padre di Arthur era l'amministratore delle terre di Arthur Price, arcivescovo di Cahel, e potrebbe aver prodotto birra per i lavoratori della tenuta. Nel suo testamento, l'arcivescovo lasciò in eredità 100 sterline ad ogni membro della famiglia Guinness.
Nel 1761 Arthur Guinness sposò Olivia Whitmore nella St. Mary's Church, a Dublino, da cui ebbe 21 figli, 10 dei quali sopravvissero fino all'età adulta. Dal 1764 vissero nella Beaumont House, attualmente parte del Beaumont Hospital, nei sobborghi nord della capitale irlandese.
Tre dei suoi figli divennero anche loro birrai, e altri suoi discendenti furono missionari, politici e autori.
Arthur fondò un birrificio a Leixlip nel 1755, producendo birra ale. Cinque anni dopo, lasciò suo fratello minore a dirigere quell'impresa e si spostò a Dublino, al St. James's Gate Brewery, alla fine del 1759. Tale sito era abbandonato e fu affittato per 45 sterline all'anno per un contratto lungo 9000 anni.
Già nel 1767 era a capo della Corporazione dei Mastri Birrai di Dublino.
In realtà, dal libro delle tasse, appare che Arthur vendette per la prima volta la sua birra porter solo nel 1778, e sembra che altri birrai di Dublino avessero provato a produrre questo tipo di birra a partire dagli anni 60.
La sua maggiore impresa fu l'espansione del suo birrificio nel triennio 1797-99. In seguito si dedicò esclusivamente alla birra scura e assunse alcuni membri della famiglia Purser, che avevano prodotto porter a Londra fin dagli anni 70; questi, in seguito, furono consoci del birrificio per diversi anni.
Alla sua morte, nel 1803, la produzione annuale era di oltre 20 000 botti.
Guinness, negli anni 80 e 90 del XVIII secolo, fu un sostenitore di Henry Grattan, se non altro perché questi voleva ridurre le tasse sulla birra.
Fu un rappresentante dei birrai nella Dublin Corporation a partire dagli anni 60 fino alla sua morte.
Come Grattan, Guinness era apertamente a favore dell'emancipazione dei cattolici a partire dal 1793, ma tuttavia non appoggiò gli Irlandesi Uniti durante la ribellione del 1798.

lunedì 24 maggio 2021

Cosa succede a chi beve vino tutti i giorni?

 


Un tempo si credeva che bere vino quotidianamente fosse positivo per la salute. Recenti studi hanno confermato che anche piccole quantità di alcool predispongono ad alcune forme di neoplasie e danneggiano le cellule epatiche irrimediabilmente.

Un recente studio canadese (link sotto) e altri dello stesso tipo, testimoniano sui danni riportati dal consumo anche moderato di alcool.

Lo studio, pubblicato su Lancet, associa all’alcol una riduzione della vita media di circa vent’anni anni, oltre all’aumentata probabilità si sviluppare malattie neurodegenerative e demenza precoce. La ricerca ha analizzato i livelli di consumo di alcol e le sue conseguenze sulla salute in 195 Paesi, tra il 1990 e il 2016, coinvolgendo individui con un’età compresa tra i 15 e i 95 anni. Nei test sono state confrontate le persone che non bevevano con quelle che consumavano una o più bevande alcoliche al giorno. Seppur di poco, anche per chi era abituato a fermarsi a un unico drink quotidiano è risultata superiore la possibilità di sviluppare problemi di salute collegabili all’alcol; per chi invece saliva a due consumazioni, il dato era ancora maggiore, fino a impennarsi nel caso dei soggetti che si concedevano cinque bevute quotidiane. Anche limitarsi a uno o due drink al giorno, quindi, comporterebbe una riduzione dell’aspettativa di vita e la comparsa di varie ripercussioni negative sulla salute.

Conclusioni analoghe aveva già espresso l’American Society of Clinical Oncology in una pubblicazione sul Journal of Clinical Oncology, che metteva in guardia sulla possibilità di sviluppare tumori del seno, del colon, dell’esofago e della laringe, associati al consumo di alcolici. In una ricerca curata dal Medical Research Council di Cambridge e apparsa su Nature, inoltre, si sottolineavano i danni irreversibili al DNA nelle cellule staminali.











domenica 23 maggio 2021

Fa più male un bicchiere di birra o di Coca Cola?


 
La Coca-Cola è fatta di acqua, zucchero, anidride carbonica, caffeina, aromi.

L'anidride carbonica può dare problemi di stomaco, lo zucchero può dare carie, sovrappeso e diabete (in grandi quantità e senza un'adeguata igiene), la caffeina può dare tachicardia.
La birra è fatta di malto, luppolo, lieviti, e contiene alcool.
È calorica quanto la Coca-Cola se non di più, a causa del suo contenuto di cereali fermentati e di alcool.
L'alcool è cancerogeno di tipo 1 ed è epatotossico.

Decidete voi se è più grave avere il diabete o il cancro (con il diabete curato si vive fino a 80 anni, dal cancro non sempre si guarisce!)


sabato 22 maggio 2021

Quando scade il brevetto della Coca-Cola?

La CocaCola Company non protegge mai con un brevetto le formula dei loro sciroppi.

Visto che i brevetti prima o poi scadono, la società temeva che un giorno altri avrebbero potuto trarre profitto dal suo prodotto, ma ancora di più che la storia legata al mistero della sua formula potesse crollare.

Quando incentri tutto il tuo marketing attorno ad una storia, quella storia deve essere sacra. Né gli interessi di mercato, né altri fattori possono rischiare di oscurarla.






venerdì 21 maggio 2021

Spillatura

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La spillatura è quel processo attraverso il quale si confeziona una birra alla spina.
La buona tecnica di spillatura prevede di inclinare il bicchiere sotto il rubinetto e far scendere la birra lentamente e senza interruzioni, fino a quando la schiuma fuoriesce dall'orlo. A questo punto bisogna livellare con un colpo di spatola, affinché la schiuma mantenga la sua consistenza.
Normalmente bisogna evitare che il bicchiere venga a contatto con il rubinetto.
Esistono diverse tecniche di spillatura:
  • Secondo la tecnica belga si deve riempire velocemente il bicchiere e "tagliare" la schiuma in eccesso con una spatola, prima di immergere il bicchiere in acqua per pulirne le pareti esterne.
  • La tecnica inglese prevede di aprire il rubinetto prima di inclinare il bicchiere. In questo modo il bicchiere si riempie senza formare la schiuma.
  • La tecnica tedesca prevede di spillare una piccola quantità di birra e aspettare finché la schiuma non diminuisce; si ripete quindi nuovamente l'operazione. Infine viene dato ancora un colpo vigoroso per servire la birra con un "cappello" di schiuma.
Il cappello di schiuma venuto a formarsi durante la spillatura serve soprattutto a preservare la birra stessa dall'aria, evitandone così l'ossidazione e la conseguente alterazione organolettica del prodotto.

Storia

In Epoca vittoriana, la birra era contenuta in grandi botti di legno situate dietro al bancone e veniva servita tramite un rubinetto che sfruttava la gravità.
Pian piano il gusto dei consumatori si affinò, anche grazie alla diffusione dei bicchieri in vetro al posto dei boccali, e la birra conservata a temperatura ambiente divenne inaccettabile. Si rendeva necessario conservare i barili in cantine fresche e fu inventata quindi una macchina provvista di pompa a pistone cilindrico con delle valvole che evitavano il riflusso.
Questo metodo, pur creando delle pinte di ottima qualità, si rivelò poco conveniente a causa degli sprechi, e perciò nel barile venne introdotta dell'anidride carbonica per prevenire l'ossidazione della birra, oltre a facilitare il tiraggio della pompa.
Col passare del tempo è stato superato l'uso della pompa manuale; al giorno d'oggi l'anidride carbonica è utilizzata ad una pressione sufficiente a spingere la birra fino al rubinetto.
La pressione superficiale del gas svolge quindi una duplice funzione: mantiene il giusto livello di gasatura e fornisce la spinta richiesta per far fluire la birra fino al rubinetto.
L'introduzione dell'anidride carbonica nei fusti ebbe anche un'altra conseguenza fondamentale: permise di produrre birre frizzanti alla spina, che in precedenza erano disponibili solo in bottiglia. L'anidride carbonica tuttavia presenta dei limiti: la sua quantità, infatti, potrebbe non essere sufficiente a pompare la birra, ma la pressione non può essere aumentata troppo altrimenti si otterrebbe una birra eccessivamente gassata. Fu Arthur Guinness a risolvere il problema, mescolando all'anidride carbonica (che mantiene la gassosità) un gas meno solubile, l'azoto (che mantiene la pressione).
Nel 2006 Carlsberg lancia un innovativo metodo di spillatura, denominato Draughtmaster, che elimina il ricorso all'anidride carbonica e sostituisce i tradizionali fusti a rendere con fusti in pet (materiale riciclabile).

giovedì 20 maggio 2021

Café-concert

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Il café-concert, o più comunemente café-chantant, italianizzato in caffè-concerto, è un genere di spettacolo nel quale si eseguivano piccole rappresentazioni teatrali e numeri di arte varia (operette, giochi di prestigio, balletti, canzoni ecc.) in locali dove si potevano consumare bibite e generi alimentari nel corso dello spettacolo. Per estensione, il café-concert è anche il locale che ospitava tale genere di spettacolo.
Il fenomeno dei café-chantant nacque a Parigi nel XVIII secolo, dove sorsero numerosi locali di tale genere sul boulevard du Temple. Dopo essersi spostati sotto le arcate del Palais-Royal durante la rivoluzione e aver conosciuto dei giorni difficili sotto l'Impero, questi stabilimenti rinnovarono il loro successo sotto Luigi Filippo I. Tuttavia solo la metà del XIX secolo vide il nuovo fenomeno diffondersi anche nelle città di provincia e all'estero.

Il café-concert in Francia

Definizione

Il caf'conc, come venne chiamato familiarmente in francese (scritto a volte caf'conç) è, secondo il Grand Dictionnaire Larousse del XIX secolo, allo stesso tempo una sala da concerto e una sala da the, che riuniva un pubblico che pagava con le consumazioni il piacere di ascoltare brani d'opera, delle canzonette o assistere a delle brevi recitazioni drammatiche e dei tableaux vivants, delle riviste riccamente allestite con effetti di luce e grande uso delle macchine teatrali, dei balletti e degli esercizi acrobatici. A differenza dei tabarin, molto simili, non vi si praticava il ballo da parte degli spettatori.
Esisteva un pesante pregiudizio verso questo nuovo genere, nonostante sia gli esecutori che gli spettatori ne rivendicassero lo statuto artistico. La definizione di caffè-concerto come puro luogo di consumazione è tuttavia da sfumare, poiché le consumazioni potevano essere sostituite da un biglietto per l'ingresso. Quanto all'aspetto formale dei locali, esso si avvicinò sempre più ai teatri.
Il termine café-concert e quello di music-hall sono tuttora molto simili, a volte sinonimi, anche se music-hall è un anglicismo comparso verso la fine del XIX secolo. Il termine café-concert in questa voce è inteso nel senso più ampio del termine, cioè come un bar o taverna che organizza dei concerti in una delle sue sale con una certa regolarità, invece il music-hall è definito come una sala con spettacoli di vario genere (accogliendo una grande parte della tradizione circense, ad esempio) dove il fatto di vendere delle bevande è cosa secondaria.

Nascita e affermazione del café-concert (1800-1864)

Durante la Rivoluzione francese, l'abolizione del monopolio dei teatri permise a partire dal 1791 l'apertura di numerose sale di spettacolo. Nacque così il Café d'Apollon, uno dei primi café-concert di Parigi. Nelle piccole taverne la produzione di spettacoli si limitava, non potendosi permettere vedettes internazionali, a quelli degli artisti girovaghi: non esistono tuttavia fonti storiografiche certe per tracciare un quadro significativo della situazione. La liberalizzazione non durò oltre il 1807, quando vennero ristabiliti i privilegi dei teatri: questo avvenimento segnò una battuta d'arresto allo sviluppo spontaneo e selvaggio dei café-concert.
Tra il 1807 e il 1849 solo in qualche locale si tenevano regolarmente dei concerti. Una legge proibiva persino i concerti in un locale se non previa autorizzazione del prefetto di Polizia. La rivoluzione del febbraio 1848 restituì per breve tempo a questo genere di divertimenti la libertà: l'ordinanza del 17 novembre 1849, infatti, reintrondusse le misure precedenti vietando gli spettacoli in un locale senza una preventiva autorizzazione. La crescita del fenomeno fu così sorvegliata: solo 22 autorizzazioni furono accordate tra il 1849 e il 1859 a Parigi. La pressante censura preventiva dell'ordinanza limitò persino la libertà dei commercianti ambulanti, al fine di evitare la nascita di canzoni a tema sociale: nei locali venne infine vietata l'esecuzione delle goguettes.
Nonostante il precedente ostracismo dello stato e l'emanazione di regolamenti che determinarono uno sviluppo limitato e organizzato del fenomeno, nel 1864 una nuova liberalizzazione in materia teatrale vide la costruzione di nuovi locali nella capitale, tra cui l'Alcazar, l'Horloge e l'Ambassadeur.

Apogeo dei café-concert (1864-1896)

In seguito all'abolizione dei privilegi dei teatri nel 1864, i café-concert uscirono dall'ombra dei teatri. L'importanza di tale avvenimento consistette nella possibilità, da parte dei locali che organizzavano spettacoli, di poter fare a meno della sorveglianza dei direttori teatrali, per cadere però sotto la tutela diretta della polizia. La pubblica amministrazione moltiplicò le ordinanze a favore di queste strutture e del genere teatrale, che quindi si diffuse liberamente e velocemente.
Fu l'età d'oro dei divertimenti: Parigi divenne il modello del divertimento su scala europea, fama che perse, però, durante la Terza Repubblica. In quel periodo ascesero al successo numerose cantanti dei café-concert, come ad esempio Thérésa e Suzanne Lagier.

Declino del café-concert, resistenza del music-hall (1896-1914)

Il primo concorrente nel campo degli spettacoli che si impose in tutte le città dopo il 1896 fu il cinema, che determinò la sostanziale conversione dei café-concert o delle sale di music-hall in cinema-teatro. L'adattamento fu implicito perché il primo cinema, muto, necessitava dell'ausilio di un'orchestra (o comunque di un accompagnamento musicale o vocale): le sale dove si rappresentava l'arte varia possedevano gli spazi e gli ambienti necessari alle proiezioni cinematografiche. In tal modo, piuttosto che di un brusco declino del café-chantant, si trattò di uno scivolamento da un divertimento ad un altro o di una lenta mutazione.
Ciò nonostante, i music-hall e la crescente influenza della cultura anglo-sassone permise a questi locali di resistere alle nuove mode. In aggiunta, la censura scomparve lentamente, il visto quotidiano sui contenuti degli spettacoli divenne settimanale. Il genere conobbe indiscutibilmente una nuova giovinezza nel 1906 quando la censura scomparve completamente (per riapparire tuttavia durante la prima guerra mondiale).
I café-concert segnarono così l'emergere di una cultura popolare che diede vita dapprincipio alla ricca tradizione della canzone francese, ma anche del music-hall e del cinema. La filiazione di queste differenti forme di spettacolo agevolò sia i percorsi di certi artisti, che passarono dal caf'conc al music-hall e poi al cinema, sia la storia dei locali stessi, quando le vecchie sale caf'conc divennero sale di music-hall e poi cinematografi. Queste nuove forme di spettacolo popolare e universale avrebbero gettato le basi della cultura di massa del XX secolo, caratterizzato dal fenomeno del divismo, accentuato dalla diffusione della radio e del cinema.
Nella Francia del XX secolo riapparvero tuttavia alcuni locali sulla scia del café-concert, chiamati café-théâtre.

I café-concert in Italia

I café-concert contribuirono in maniera decisiva alla successiva nascita del varietà, genere spettacolare che, proprio per la sua provenienza esterna al circuito dei teatri di velluto, godette come gli artisti che militarono nelle sue fila di scarsi riconoscimenti in campo artistico.
L'italianizzazione delle professioni francesi e la creazione di nuovi numeri allargò considerevolmente il ventaglio delle professioni artistiche: la sciantosa, derivazione della chanteuse, divenne l'antenata dell'odierna soubrette. Ad essa si aggiunsero le caratteriste, i finedicitori, le brillanti e altri ancora.
La diffusione dei caffè-concerto e del mercato del lavoro ad esso connesso favorì la nascita di riviste specializzate nel settore, come il Cafè-Chantant, strumento di informazione artistica e promozionale.

I café-concert a Napoli

Sul finire del XIX secolo, quando Parigi divenne il simbolo del divertimento e della vita spensierata, i café-chantant valicarono le Alpi per essere importati anche in Italia. La novità esplose a Napoli, dove l'epoca d'oro del caffè-concerto coincise con quella della canzone napoletana. Nel 1890 venne infatti inaugurato l'elegante Salone Margherita, incastonato nella Galleria Umberto I, per merito dei fratelli Marino, che capirono l'importanza di un'attività commerciale redditizia da unire al fascino della rappresentazione del vivo.
L'idea fu vincente e ricalcò totalmente il modello francese, persino nella lingua utilizzata: non solo i cartelloni erano scritti in francese, ma anche i contratti degli artisti e il menu. I camerieri in livrea parlavano sempre in francese, così come gli spettatori: gli artisti, poi, fintamente d'oltralpe, ricalcavano i nomi d'arte in onore ai divi e alle vedettes parigine. È chiaro come la clientela che affollasse il Salone Margherita non fosse gente del popolino: in ogni caso, per i più disparati gusti, sorsero altri café-concert come l'elegante Gambrinus, l'Eden, il Rossini, l'Alambra, l'Eldorado, il Partenope, la Sala Napoli ed altri ancora che ricalcavano spesso, anche nel nome, i café-chantant parigini. Anche altri bar di Napoli, che in passato non presentavano spettacoli, si adattarono al gusto del momento presentando numeri di varietà misti a canzoni.
Solitamente gli spettacoli proposti erano presentati in successione, con un intervallo tra primo e secondo tempo del susseguirsi di rappresentazioni. Solo verso la fine del primo tempo qualche personaggio noto appariva in scena, ma il clou veniva raggiunto al termine, quando il divo eseguiva il suo numero. Importanti e famosi artisti che iniziarono la loro carriera proprio nei caffè-concerto furono Anna Fougez, Lina Cavalieri, Lydia Johnson, Leopoldo Fregoli, Ettore Petrolini, Raffaele Viviani.
Il café-chantant divenne in Italia non solo un luogo ed un genere teatrale, ma anche qui, come in Francia, il simbolo della bella vita e della spensieratezza, nel pieno della coincidenza con la Belle époque.

I café-concert a Roma

Il fenomeno dei café-chantant napoletani fu tale che in breve tempo il fenomeno cominciò ad espandersi nelle altre grandi città italiane. La prima città ad introdurli a sua volta fu Roma. Il perché di tale diffusione non deve stupire: così come a Napoli, anche a Roma, a Catania, a Milano, a Torino e in molte altre città letterate d'Italia si riunivano spesso nei bar e nelle trattorie cantanti e poeti che, nel corso di riunioni semiprivate, si dedicavano al canto e alla declamazione di poesie. Questa forma artigianale di spettacolo fu il fertile terreno su cui si basò il successo dei caffè-concerto, che negli ultimi anni del '800 aprirono anche nella capitale.
Sempre i fratelli Marino, già proprietari del Salone Margherita di Napoli, inaugurarono nella capitale due nuovi locali: un altro Salone Margherita e, successivamente, il Teatro Sala Umberto. A questi seguirono numerosi altri café-chantant dai nomi altisonanti ed esotici (non proprio tutti: il primo caffè-concerto della città, aperto in via Nazionale, portava il poco allegro nome di "Cassa da morto").
Ben presto Roma fu preferita a Napoli come "piazza d'affari": gli artisti venivano volentieri nella capitale dove il maggior giro d'affari garantiva loro maggiori possibilità di ingaggio. Il luogo d'incontro degli artisti gravitava nell'asse tra piazza Esedra e la Stazione Termini, dove si concentravano la maggioranza dei locali.

Il café-concert, o più comunemente café-chantant, italianizzato in caffè-concerto, è un genere di spettacolo nel quale si eseguivano piccole rappresentazioni teatrali e numeri di arte varia (operette, giochi di prestigio, balletti, canzoni ecc.) in locali dove si potevano consumare bibite e generi alimentari nel corso dello spettacolo. Per estensione, il café-concert è anche il locale che ospitava tale genere di spettacolo.
Il fenomeno dei café-chantant nacque a Parigi nel XVIII secolo, dove sorsero numerosi locali di tale genere sul boulevard du Temple. Dopo essersi spostati sotto le arcate del Palais-Royal durante la rivoluzione e aver conosciuto dei giorni difficili sotto l'Impero, questi stabilimenti rinnovarono il loro successo sotto Luigi Filippo I. Tuttavia solo la metà del XIX secolo vide il nuovo fenomeno diffondersi anche nelle città di provincia e all'estero.

Il café-concert in Francia

Definizione

Il caf'conc, come venne chiamato familiarmente in francese (scritto a volte caf'conç) è, secondo il Grand Dictionnaire Larousse del XIX secolo, allo stesso tempo una sala da concerto e una sala da the, che riuniva un pubblico che pagava con le consumazioni il piacere di ascoltare brani d'opera, delle canzonette o assistere a delle brevi recitazioni drammatiche e dei tableaux vivants, delle riviste riccamente allestite con effetti di luce e grande uso delle macchine teatrali, dei balletti e degli esercizi acrobatici. A differenza dei tabarin, molto simili, non vi si praticava il ballo da parte degli spettatori.
Esisteva un pesante pregiudizio verso questo nuovo genere, nonostante sia gli esecutori che gli spettatori ne rivendicassero lo statuto artistico. La definizione di caffè-concerto come puro luogo di consumazione è tuttavia da sfumare, poiché le consumazioni potevano essere sostituite da un biglietto per l'ingresso. Quanto all'aspetto formale dei locali, esso si avvicinò sempre più ai teatri.
Il termine café-concert e quello di music-hall sono tuttora molto simili, a volte sinonimi, anche se music-hall è un anglicismo comparso verso la fine del XIX secolo. Il termine café-concert in questa voce è inteso nel senso più ampio del termine, cioè come un bar o taverna che organizza dei concerti in una delle sue sale con una certa regolarità, invece il music-hall è definito come una sala con spettacoli di vario genere (accogliendo una grande parte della tradizione circense, ad esempio) dove il fatto di vendere delle bevande è cosa secondaria.

Nascita e affermazione del café-concert (1800-1864)

Durante la Rivoluzione francese, l'abolizione del monopolio dei teatri permise a partire dal 1791 l'apertura di numerose sale di spettacolo. Nacque così il Café d'Apollon, uno dei primi café-concert di Parigi. Nelle piccole taverne la produzione di spettacoli si limitava, non potendosi permettere vedettes internazionali, a quelli degli artisti girovaghi: non esistono tuttavia fonti storiografiche certe per tracciare un quadro significativo della situazione. La liberalizzazione non durò oltre il 1807, quando vennero ristabiliti i privilegi dei teatri: questo avvenimento segnò una battuta d'arresto allo sviluppo spontaneo e selvaggio dei café-concert.
Tra il 1807 e il 1849 solo in qualche locale si tenevano regolarmente dei concerti. Una legge proibiva persino i concerti in un locale se non previa autorizzazione del prefetto di Polizia. La rivoluzione del febbraio 1848 restituì per breve tempo a questo genere di divertimenti la libertà: l'ordinanza del 17 novembre 1849, infatti, reintrondusse le misure precedenti vietando gli spettacoli in un locale senza una preventiva autorizzazione. La crescita del fenomeno fu così sorvegliata: solo 22 autorizzazioni furono accordate tra il 1849 e il 1859 a Parigi. La pressante censura preventiva dell'ordinanza limitò persino la libertà dei commercianti ambulanti, al fine di evitare la nascita di canzoni a tema sociale: nei locali venne infine vietata l'esecuzione delle goguettes.
Nonostante il precedente ostracismo dello stato e l'emanazione di regolamenti che determinarono uno sviluppo limitato e organizzato del fenomeno, nel 1864 una nuova liberalizzazione in materia teatrale vide la costruzione di nuovi locali nella capitale, tra cui l'Alcazar, l'Horloge e l'Ambassadeur.

Apogeo dei café-concert (1864-1896)

In seguito all'abolizione dei privilegi dei teatri nel 1864, i café-concert uscirono dall'ombra dei teatri. L'importanza di tale avvenimento consistette nella possibilità, da parte dei locali che organizzavano spettacoli, di poter fare a meno della sorveglianza dei direttori teatrali, per cadere però sotto la tutela diretta della polizia. La pubblica amministrazione moltiplicò le ordinanze a favore di queste strutture e del genere teatrale, che quindi si diffuse liberamente e velocemente.
Fu l'età d'oro dei divertimenti: Parigi divenne il modello del divertimento su scala europea, fama che perse, però, durante la Terza Repubblica. In quel periodo ascesero al successo numerose cantanti dei café-concert, come ad esempio Thérésa e Suzanne Lagier.

Declino del café-concert, resistenza del music-hall (1896-1914)

Il primo concorrente nel campo degli spettacoli che si impose in tutte le città dopo il 1896 fu il cinema, che determinò la sostanziale conversione dei café-concert o delle sale di music-hall in cinema-teatro. L'adattamento fu implicito perché il primo cinema, muto, necessitava dell'ausilio di un'orchestra (o comunque di un accompagnamento musicale o vocale): le sale dove si rappresentava l'arte varia possedevano gli spazi e gli ambienti necessari alle proiezioni cinematografiche. In tal modo, piuttosto che di un brusco declino del café-chantant, si trattò di uno scivolamento da un divertimento ad un altro o di una lenta mutazione.
Ciò nonostante, i music-hall e la crescente influenza della cultura anglo-sassone permise a questi locali di resistere alle nuove mode. In aggiunta, la censura scomparve lentamente, il visto quotidiano sui contenuti degli spettacoli divenne settimanale. Il genere conobbe indiscutibilmente una nuova giovinezza nel 1906 quando la censura scomparve completamente (per riapparire tuttavia durante la prima guerra mondiale).
I café-concert segnarono così l'emergere di una cultura popolare che diede vita dapprincipio alla ricca tradizione della canzone francese, ma anche del music-hall e del cinema. La filiazione di queste differenti forme di spettacolo agevolò sia i percorsi di certi artisti, che passarono dal caf'conc al music-hall e poi al cinema, sia la storia dei locali stessi, quando le vecchie sale caf'conc divennero sale di music-hall e poi cinematografi. Queste nuove forme di spettacolo popolare e universale avrebbero gettato le basi della cultura di massa del XX secolo, caratterizzato dal fenomeno del divismo, accentuato dalla diffusione della radio e del cinema.
Nella Francia del XX secolo riapparvero tuttavia alcuni locali sulla scia del café-concert, chiamati café-théâtre.

I café-concert in Italia

I café-concert contribuirono in maniera decisiva alla successiva nascita del varietà, genere spettacolare che, proprio per la sua provenienza esterna al circuito dei teatri di velluto, godette come gli artisti che militarono nelle sue fila di scarsi riconoscimenti in campo artistico.
L'italianizzazione delle professioni francesi e la creazione di nuovi numeri allargò considerevolmente il ventaglio delle professioni artistiche: la sciantosa, derivazione della chanteuse, divenne l'antenata dell'odierna soubrette. Ad essa si aggiunsero le caratteriste, i finedicitori, le brillanti e altri ancora.
La diffusione dei caffè-concerto e del mercato del lavoro ad esso connesso favorì la nascita di riviste specializzate nel settore, come il Cafè-Chantant, strumento di informazione artistica e promozionale.

I café-concert a Napoli

Sul finire del XIX secolo, quando Parigi divenne il simbolo del divertimento e della vita spensierata, i café-chantant valicarono le Alpi per essere importati anche in Italia. La novità esplose a Napoli, dove l'epoca d'oro del caffè-concerto coincise con quella della canzone napoletana. Nel 1890 venne infatti inaugurato l'elegante Salone Margherita, incastonato nella Galleria Umberto I, per merito dei fratelli Marino, che capirono l'importanza di un'attività commerciale redditizia da unire al fascino della rappresentazione del vivo.
L'idea fu vincente e ricalcò totalmente il modello francese, persino nella lingua utilizzata: non solo i cartelloni erano scritti in francese, ma anche i contratti degli artisti e il menu. I camerieri in livrea parlavano sempre in francese, così come gli spettatori: gli artisti, poi, fintamente d'oltralpe, ricalcavano i nomi d'arte in onore ai divi e alle vedettes parigine. È chiaro come la clientela che affollasse il Salone Margherita non fosse gente del popolino: in ogni caso, per i più disparati gusti, sorsero altri café-concert come l'elegante Gambrinus, l'Eden, il Rossini, l'Alambra, l'Eldorado, il Partenope, la Sala Napoli ed altri ancora che ricalcavano spesso, anche nel nome, i café-chantant parigini. Anche altri bar di Napoli, che in passato non presentavano spettacoli, si adattarono al gusto del momento presentando numeri di varietà misti a canzoni.
Solitamente gli spettacoli proposti erano presentati in successione, con un intervallo tra primo e secondo tempo del susseguirsi di rappresentazioni. Solo verso la fine del primo tempo qualche personaggio noto appariva in scena, ma il clou veniva raggiunto al termine, quando il divo eseguiva il suo numero. Importanti e famosi artisti che iniziarono la loro carriera proprio nei caffè-concerto furono Anna Fougez, Lina Cavalieri, Lydia Johnson, Leopoldo Fregoli, Ettore Petrolini, Raffaele Viviani.
Il café-chantant divenne in Italia non solo un luogo ed un genere teatrale, ma anche qui, come in Francia, il simbolo della bella vita e della spensieratezza, nel pieno della coincidenza con la Belle époque.

I café-concert a Roma

Il fenomeno dei café-chantant napoletani fu tale che in breve tempo il fenomeno cominciò ad espandersi nelle altre grandi città italiane. La prima città ad introdurli a sua volta fu Roma. Il perché di tale diffusione non deve stupire: così come a Napoli, anche a Roma, a Catania, a Milano, a Torino e in molte altre città letterate d'Italia si riunivano spesso nei bar e nelle trattorie cantanti e poeti che, nel corso di riunioni semiprivate, si dedicavano al canto e alla declamazione di poesie. Questa forma artigianale di spettacolo fu il fertile terreno su cui si basò il successo dei caffè-concerto, che negli ultimi anni del '800 aprirono anche nella capitale.
Sempre i fratelli Marino, già proprietari del Salone Margherita di Napoli, inaugurarono nella capitale due nuovi locali: un altro Salone Margherita e, successivamente, il Teatro Sala Umberto. A questi seguirono numerosi altri café-chantant dai nomi altisonanti ed esotici (non proprio tutti: il primo caffè-concerto della città, aperto in via Nazionale, portava il poco allegro nome di "Cassa da morto").
Ben presto Roma fu preferita a Napoli come "piazza d'affari": gli artisti venivano volentieri nella capitale dove il maggior giro d'affari garantiva loro maggiori possibilità di ingaggio. Il luogo d'incontro degli artisti gravitava nell'asse tra piazza Esedra e la Stazione Termini, dove si concentravano la maggioranza dei locali.

mercoledì 19 maggio 2021

Caffè in ghiaccio

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Il caffè con ghiaccio è una bevanda fredda a base di caffè la cui preparazione è, in Italia, tipica del Salento.
L'origine è spagnola e si affermò nel Salento già agli inizi del XVII secolo, il "caffè con ghiaccio" ha come bisnonno, infatti il "Café del Tiempo" tipico caffè di Valencia, dove ancora ora viene servito con una fetta di arancia o limone. Agli inizi dell'Ottocento anche ad Otranto il caffè caldo veniva servito o con una buccia di limone verde o con la menta e con pezzi di ghiaccio (o meglio, spesso ancora neve ghiacciata).

Preparazione della bevanda

Si procede alla preparazione del normale caffè espresso che deve essere zuccherato o meno a piacere in una tazzina. Si versa quindi il caffè zuccherato ancora bollente in un bicchiere di vetro (meglio se largo) colmo di grossi cubetti di ghiaccio (per evitare di "annacquare" la bevanda i cubetti non devono essere sciolti, ma "secchi", cioè appena prelevati dal freezer e pieni, per non far scendere troppo in fretta la temperatura del caffè e far salire troppo quella del ghiaccio).
Il caffè si raffredda all'istante e conserva il suo aroma originario. La bevanda, per questo, non va consumata con troppa lentezza.
Il caffè con ghiaccio salentino può anche essere "soffiato" per pochi secondi con un getto di vapore per ottenere il cosiddetto "caffè con ghiaccio soffiato".
Il caffè con ghiaccio, oltre che dal caffè freddo, si differenzia anche dal caffè shakerato in cui il caffè e i cubetti di ghiaccio sono agitati con l'utilizzo di uno shaker.

Caffè con ghiaccio con latte di mandorla

È una variante del caffè in ghiaccio anch'essa tipicamente salentina, chiamata anche "caffè leccese"', che prevede l'utilizzo del latte di mandorla come dolcificante sostituto dello zucchero. Si prepara il caffè espresso e senza zuccherarlo si versa in un bicchiere colmo dei pezzi di ghiaccio. Solo successivamente si aggiungono 2/3 cucchiai di latte di mandorla (che altro non è che uno sciroppo a base di zucchero e mandorle) e si mescola il tutto con un cucchiaino. Anche questa bevanda può essere "soffiata".



 
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