Il brandy italiano è il nome
dell'acquavite ottenuta in Italia dalla distillazione di vino
proveniente da uve coltivate e vinificate nel territorio nazionale,
dopo un periodo di invecchiamento in botte di quercia.
Storia
In Italia era uso distillare i
sottoprodotti del vino per ottenere la grappa, ma raramente il vino
stesso. L'origine della produzione si deve nel 1773 ad imprenditori
inglesi attivi in Sicilia, per fortificare il marsala. Nel 1820 un
distillatore originario della Charente, Giovanni Buton, fondò
un'azienda a Bologna. Dopo di lui vennero altri produttori francesi,
i fratelli Landy, e nel 1884 Lionello Stock fondava a Trieste una
celebre distilleria.
La produzione su scala industriale di
brandy in Italia nasce nel tardo 1800, quando la fillossera aveva
drammaticamente ridotto l'estensione delle vigne della regione di
Cognac.
In quegli anni molte distillerie
italiane iniziarono a fabbricare brandy per sostituire la scarsa
produzione francese. Alcuni marchi sono tuttora noti, come Branca,
René Briand e Florio; moltissimi altri tra cui Carpené, Gambarotta,
Pilla, Ramazzotti, e Sarti cessarono la produzione.
Metodo di produzione
Il brandy italiano si ottiene per
distillazione del vino prodotto in Italia, con qualsiasi tipo di
alambicco. È ammesso alla distillazione qualunque vitigno.
La sua gradazione minima al commercio è
37% vol.
La zona di produzione è l'intero
territorio nazionale.
L'invecchiamento è di almeno 6 mesi in
botti minori di 10 hl, o 12 mesi se in botte più grande, sotto
sorveglianza fiscale.
Sono ammesse le aggiunte delle seguenti
sostanze:
- zuccheri, in ragione del 2%
- sostanze aromatizzanti naturali e preparazioni aromatiche, trucioli di quercia o da altre sostanze vegetali, o mediante infusione o macerazione con acqua o con acquavite di vino, nella misura massima del tre per cento del volume idrato
- caramello (per la colorazione)
Uso e degustazione
È uso comune in Italia aggiungere il
brandy al caffé. A volte lo si impiega per preparazioni culinarie,
ed entra in numerosi cocktail.
Il brandy viene frequentemente
consumato liscio, in bicchieri chiamati ballon o nei più
indicati bicchieri a tulipano.
È un errore degustare il brandy con
ghiaccio, oppure scaldando il bicchiere su una fiamma. Nel primo caso
non si liberano gli aromi, nel secondo vanno persi per eccesso di
evaporazione o peggio, "cotti", a meno che non si
somministri la fiamma per pochi secondi e senza concentrarla in un
unico punto del bicchiere: in tal caso una piccola parte dell'alcol
evapora rendendo il saportale dell'acquavite più concentrato,
intenso e corposo consentendo di degustarlo appieno.
È preferibile riscaldare il bicchiere
nel cavo della mano per evitare di rovinare il sapore e il profumo
del brandy.
Produttori
Sono svariati, dalle grandi aziende di
distillazione, ai distillatori artigianali (una minoranza), fino a
rarissimi coltivatori e distillatori in proprio.
La maggior parte del brandy italiano è
distillata da grandi distillerie industriali sparse sull'intero
territorio nazionale, e successivamente ceduta ad aziende che ne
curano l'affinamento, oppure esportata verso altri Paesi produttori.
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