Qualche giorno fa sono stato in ufficio a Milano e verso le 11 mi sono preso un caffè nel solito bar.
Zona molto bella della città, locale normalmente sempre pieno, per le colazioni, per i pranzi, per i piatti da asporto e per gli aperitivi. Insomma, una piccola gallina dalle uova d'oro con 60 coperti e un bancone da sei metri. Quasi un ristorante più che è un bar!
Entro e lo trovo completamente vuoto, tranne per un signore anziano che stava leggendo il giornale. Al bancone c'è solo il proprietario, un ragazzo sotto i quaranta che normalmente veniva solo per le colazioni la mattina, per poi tornare alla sera, lasciando la gestione delle attività al fratello minore e agli otto (otto) dipendenti.
Non riesco a trattenermi e sgrano gli occhi dietro la mascherina.
Lui se ne accorge e mi dice che da quando ha riaperto dopo il lockdown, è cambiato tutto. Tutti gli uffici della zona sono ancora semideserti, quindi niente colazioni e niente pranzi. Per gli aperitivi non si fa vedere quasi nessuno, perché ormai non c'è più nessuno di passaggio che esca dalle palestre o dagli uffici. Lavorano tutti da casa e nessuno ha bisogno del caffè o di un tramezzino o di un piatto di insalata.
Dò un'occhiata al locale e di 60 coperti ne saranno rimasti una quindicina. Il bancone della colazione a buffet è sostituito da mensole su cui ha messo in vendita cioccolate e marmellate artigianali.
Mi dice molto candidamente che ha dovuto lasciare a casa tutti gli otto dipendenti e sono rimasti solo lui e il fratello. Sono passati da fatturare 8.000 euro al giorno ad incassarne poco più di 300. Mi dice che non sa se a gennaio dell'anno prossimo riuscirà ancora a tenere aperto.
Mi dispiace.
Gli dico che forse tante aziende hanno ancora paura a togliere lo smart working, e che anche le persone sono timorose.
Sbotta ed inizia ad urlare che non c'è niente di cui aver paura e che "la gente non ha voglia di fare un ca**o". È visibilmente arrabbiato. Arrabbiato e preoccupato.
0 commenti:
Posta un commento