venerdì 15 ottobre 2021

Kölschglas



Il Kölschglas (chiamato anche Kölner Stange) è un bicchiere cilindrico alto circa 15 cm e con un diametro di circa 5 cm tradizionalmente utilizzato per la birra Kölsch.
Il bicchiere ha una capacità di 0,2 l, le dimensioni ridotte sono dovute alla scarsa stabilità della schiuma di questo tipo di birra che versata in bicchieri di diametro maggiore sparirebbe rapidamente.



giovedì 14 ottobre 2021

Aromi del vino

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Gli aromi del vino sono molto vari e numerosi. Sono classificati secondo la loro origine, secondo la loro affinità chimica o per associazione con odori naturali già noti.
La buccia dell'uva contiene molti composti organici di cui solo una piccola parte è costituita dagli aromi primari. Essi si percepiscono nel momento in cui si sgranocchia un acino d'uva. Il moscato è il vitigno aromatico per eccellenza: secondo Pierre Galet esso offre un tessuto di più di centocinquanta aromi. La buccia dell'uva contiene anche i precursori d'aroma, dei composti organici che emanano gli aromi del vino dopo la fermentazione alcolica. Essi sono in genere:
  • i terpeni: sono tipici dei vitigni Moscato, Malvasia e Bracchetto;
  • i tioli volatili: sono le molecole responsabili di una grande varietà di note e sfumature aromatiche (gemma di cassis, bosso, pompelmo, frutto della passione, ecc.) tipiche del vino Sauvignon bianco, dove sono state identificate per la prima volta, ma sono presenti, anche se in minor concentrazione, in molti altri vini quali il Gewurtztraminer, il Riesling, il Pinot grigio, ecc. Non essendo odorose, queste molecole non sono presenti come tali nei mosti, ma sono presenti sotto forma di precursori d'aroma che, grazie all'idrolisi ad opera dei lieviti, vengono trasformati nei tioli aromatici corrispondenti. E', infatti, durante la fermentazione alcolica che si sviluppa l'aromaticità;
  • le metossipirazine: sono le molecole responsabili delle tipiche note erbacee e di peperone verde del vino Cabernet sauvignon, Merlot e talvolta Sauvignon.
Gli aromi secondari o fermentativi si sviluppano durante la fase di fermentazione alcolica ad opera dei lieviti e batteri a partire dagli amminoacidi e dagli zuccheri presenti nel mosto. Durante i processi fermentativi si formano essenzialmente gli alcoli superiori (alcool amilico, isobutanolo, propanolo da cui si formano gli aromi detti alcolici, spirituali, amilici o l'aroma della frangipane e l'alcol 2-feniletilico da cui si forma l'aroma di rosa) e gli esteri (acetati degli alcoli superiori all'aroma di banana ed esteri etilici degli acidi grassi agli aromi di pera, ananas, pesca e frutti rossi). I processi fermentativi formano anche altri metaboliti, composti chimici prodotti dalla fermentazione, che possono avere un impatto indiretto sulla percezione del gusto del vino. Essi sono:
  • il glutatione che con il suo ruolo antiossidante preserva gli aromi volatili;
  • le mannoproteine presenti nella parete esterna dei lieviti che interagiscono con i tannini;
  • il glicerolo e gli acidi organici (acido acetico, ossalacetico, succinico).
Gli aromi fermentativi sono tipici del vino novello. L'aroma fermentativo per eccellenza è l'aroma amilico che emana profumi di caramella inglese e di banana. Più fattori influenzano la produzione di questi aromi: il ceppo e il tipo di lieviti, la temperatura di fermentazione (se elevata, favorisce la formazione di alcoli superiori, se bassa la formazione di esteri), la composizione azotata del mosto e la torbidezza e l'ossigenazione del mosto che favoriscono la formazione degli esteri etilici degli acidi grassi. I lieviti della flora naturale del vino non sono solo il Saccharomyces cerevisiae ma anche i lieviti non Saccharomyces. Questi ultimi modificano il profilo aromatico e gustativo del vino e sono:
  • Schizosaccharomyces pombe: disacidifica il vino assimilando l'acido malico del mosto;
  • Candida stellata: alcuni ceppi producono il doppio di glicerolo del Saccharomyces cerevisiae;
  • Torulaspora delbrueckii: producono esteri fermentativi fruttati diversi da quelli prodotti dal Saccharomyces cerevisiae;
  • Kluyveromyces thermotolerans: acidifica il vino producendo un acido lattico più dolce dell'acido malico;
  • Pichia kluyverri: rafforza l'idrolisi dei precursori d'aroma;
  • Hanseniaspora osmophila: alcuni ceppi producono alcol 2-feniletilico in quantità dieci volte maggiore rispetto al Saccharomyces cerevisiae;
  • Kloeckera corticis.
I ceppi naturali dei lieviti Schizosaccharomyces pombe, Kluyveromyces thermotolerans, Torulaspora delbrueckii possono essere utilizzati per inseminare il mosto a diversi stadi della fermentazione (inoculazione in sequenza, co-inoculazione precoce o tardiva) per modificare il profilo del vino.
Gli aromi terziari sono prodotti durante l'invecchiamento del vino e sono dovuti a processi di ossidazione (che producono composti dello zolfo e acetali) e al rilascio nel vino di alcuni composti chimici (ellegitannini del legno di quercia e lattoni) da parte del legno. Uno dei processi chimici più studiati che avviene durante l'elevazione del vino in barrique è la micro-ossidazione.

Aromi fruttati

  • Frutta a polpa verde: kiwi, limone, melone verde, uva spina;
  • Frutta a polpa bianca: mela, pera, pesca sanguinella, mela cotogna;
  • Frutti rossi: fragola, lampone, ribes rosso, ciliegia;
  • Frutti neri: mora, mirtillo, ribes nero;
  • Frutta a polpa gialla: pesca, albicocca, pesca nettarina, pesca noce, prugna;
  • Frutta esotica: ananas, mango, frutto della passione, fico, dattero, litchi;
  • Agrumi: limone, arancia, pompelmo, scorza di arancia, buccia, buccia candita;
  • Frutta secca: mandorla, noce, nocciola, uva secca, fico secco, pistacchio, prugna cotta.
Evoluzione del frutto: fresco > in composta > cotto > in marmellata > candito > secco.

Aromi floreali

  • Fiori: rosa, peonia, caprifoglio, acacia, rosa canina, violaciocca, violetta, geranio, ginestra, giacinto, reseda;
  • Tisane: verbena, camomilla, tiglio, biancospino, arancio;
  • Derivati: miele, cera.

Aromi legnosi

Gli aromi legnosi sono detti anche balsamici.
  • Legno di barrique: quercia francese, quercia americana, cedro, vaniglia;
  • Legno empireumatico (torrefazione): affumicato, caffè, cacao, caramello, catrame, pane grigliato o tostato.

Aromi speziati

  • Spezie dolci: cannella, vaniglia, cardamomo, liquirizia;
  • Spezie salate: pepe, peperone, chiodi di garofano, noce moscata.

Aromi vegetali

  • Verdure: peperone, porro, aglio, cavolo, carciofo, piselli, fagiolini, lattuga;
  • Secchi: fieno, paglia, tè;
  • Verdi: erba tagliata, eucalipto, edera, clorofilla, ribes nero, bosso;
  • Sottobosco: humus, champignon, felce, foglie cadute, terra umida.

Aromi minerali

  • Rocce: pietra focaia, silice, sasso, argilla, idrocarburo;
  • Metalli: rame, ferro, alluminio.
Dall'anno 2000, nel linguaggio enologico si è verificata una forte espansione dei termini derivanti dal mondo minerale. Gli aromi minerali hanno solamente un potere suggestivo e affascinante perché il tenore di minerali nel vino è così basso da risultare impercepibile. La mineralità del vino non dipende dal suolo ma probabilmente da molecole che si formano nel corso della fermentazione alcolica: gli esteri e i tioli.
  • Sauvignon bianco: gemma, bosso, limone verde, silice, e anche di pipì di gatto se non è abbastanza maturo;
  • Riesling: succo di limone, mela verde, minerale, petrolio dopo 3-5 anni dalla produzione.



mercoledì 13 ottobre 2021

Archetti del vino

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Gli archetti del vino (o lacrime) sono un fenomeno che si osserva facendo roteare il vino dentro ad un bicchiere ben pulito: si forma un anello di liquido dal quale discendono delle gocce che scorrono lungo il vetro tornando nel vino. Questo fenomeno, che si osserva più facilmente in vini ricchi di alcool etilico, è una delle manifestazioni dell'effetto Marangoni.
L'effetto è dovuto al fatto che l'alcool ha una tensione superficiale minore dell'acqua. Se l'alcool fosse mischiato in modo non omogeneo con acqua, una regione con una minore concentrazione d'alcool farebbe pressione sul liquido circostante in modo più forte che una regione con una concentrazione alcolica più alta. Il risultato è che il liquido tende a fluire via dalle regioni con concentrazioni d'alcool maggiori. Questo può essere facilmente dimostrato stendendo un sottile strato d'acqua su una superficie liscia: facendovi cadere al centro una goccia d'alcool, il liquido si allontanerà dal punto in cui è caduta la goccia.
Il vino è una miscela di alcool (da 10% al 15% in volume) e acqua (le altre sostanze sono presenti in quantità trascurabili). Facendo roteare il bicchiere il vino incontra la superficie interna del bicchiere, e per capillarità la risale; sia l'acqua che l'alcool evaporeranno quindi dalla superficie, ma l'alcool evaporerà più in fretta a causa della più alta pressione di vapore e del più basso punto di ebollizione. Questo cambiamento nella composizione del vino (minor concentrazione alcolica) provoca un aumento della tensione superficiale, facendo risalire ancora di più il liquido nella superficie interna del bicchiere. Le gocce di vino, infine, tenderanno a ricadere per effetto del loro stesso peso, formando gli archetti.
L'effetto è più evidente nei vini molto alcolici a causa della maggior differenza di tensione superficiale tra il vino allo stato "iniziale" e quello che è già andato incontro al processo di evaporazione.

martedì 12 ottobre 2021

Afrometro

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L'afrometro (afròmetro, dal greco aphros spuma) è uno strumento usato in enologia per misurare la pressione all'interno delle bottiglie e quindi, indirettamente, il contenuto di anidride carbonica.
È composto di una cannula rigida che va conficcata nel tappo e da un quadro di lettura che fornisce il valore della pressione all'interno della bottiglia.
È principalmente usato nella fase di rifermentazione in bottiglia per la produzione di spumanti (metodo classico o champenoise) al fine di monitorare il decorso della fermentazione senza che si renda necessario aprire le bottiglie perdendone il contenuto.
Per svolgere la rifermentazione in bottiglia vengono aggiunti 4 g/l di saccarosio per ogni atmosfera di sovrappressione desiderata. Per ottenere 6 atm di sovrappressione si aggiungono 24 g/l di zucchero.
L'aumentare giornaliero della pressione, misurata con l'afrometro, fino al raggiungimento delle 6 atm garantisce il corretto decorso della fermentazione e il completo consumo dello zucchero.

lunedì 11 ottobre 2021

Buddha Bar






Il Buddha-Bar è un bar, ristorante ed un franchise hotel fondato originariamente a Parigi nel 1996 dal ristoratore franco romeno Raymond Vișan e dal DJ e disegnatore d'interni franco algerino Claude Challe.
Il locale divenne un luogo di riferimento per gli yuppie, con una clientela fatta anche di turisti danarosi in visita nella città, generando da lì in poi un certo numero di imitatori. La notorietà del locale fu poi legata alle scelte musicali del DJ, eclettico e spesso avanguardista. Nacquero gli album compilation intitolati appunto Buddha Bar, che divennero popolari proponendo generi che andavano dalla lounge, alla chill-out, alla world music. Fu poi fondata la George V Records che "si fece un nome con i suoi CD di musica lounge Zen, rimanendo un caso di successo, soprattutto con i turisti".
Il bar appare inserito in un ambiente che ricalca lo stile dei templi asiatici: accoglie al centro dell'atrio una statua dorata di Buddha. La cucina propone menù prevalentemente asiatici, presentando vari piatti vietnamiti e thailandesi, oltre ad un menu giapponese al Sushi Bar.
Negli anni sono state inaugurate altre sedi Buddha Bar Restaurant in diversi paesi del mondo: Madrid (Spagna), Beirut (Libano), Dubai (Emirati Arabi), New York e Las Vegas (Stati Uniti), Stoccolma (Svezia), Il Cairo e Sharm el-Sheikh (Egitto), Amman (Giordania), Lisbona (Portogallo), Londra (Gran Bretagna), San Paolo (Brasile), Monte Carlo (Principato di Monaco).marrakech (Marocco), Budapest (Hungaria).

Le compilation

«La musique, musique du voyage, nous raconte une histoire qui se vit entre les mystiques et les rythmes du monde. Le Buddha Bar est un endroit où il fait bien-etre
(Tratto dalla compilation Buddha Bar, 2000)



Il ristorante divenne noto internazionalmente per la pubblicazione di una serie di compilation musicali che raccolgono brani di musica lounge, chillout, ethno beat e a volte dance. Successivamente, la serie è stata pubblicata con la partecipazione di diversi produttori e deejay, come Ravin, David Visan e Sam Popat.
Ogni compilation, sulla quale è presente l'immagine della statua di un Buddha meditante, consiste in un cofanetto contenente due CD audio di diversa natura: il primo è caratterizzato da sonorità soft e contemplative; il secondo, da un ritmo più caldo e incalzante.
Gli album si presentano come una fusione di generi, nelle raccolte si alternano artisti con brani dalle sonorità di bossa nova o nuevo tango, nu jazz o asian underground, ritmi cubani e sonorità chilling, percussioni arabe e deep house, il tutto rivisitato in chiave elettronica e downtempo.
In un'intervista lo stesso Claude Challe ha dichiarato di essere consapevole che il prodotto Buddha Bar sia rivolto ad un pubblico appartenente, o certamente affascinato, dal mondo del jet-set.
Sono 2 milioni le copie di compilation Buddha Bar vendute nel mondo - di cui 400.000 solo in Italia.
La fama delle compilation è probabilmente dovuta sia ad un interesse crescente del pubblico nei confronti di sonorità di frontiera provenienti da vari paesi riscontrato dall'incremento di vendite di CD audio nel settore World Music e da un altro lato alle numerose attività e iniziative legate alla spinta da un punto di vista prettamente commerciale.
Nel 2001, la rivista Billboard ha inserito la compilation nella "Top ten" degli eventi musicali dell'anno, affermando che gli album del Buddha Bar sono "uno dei migliori esperimenti musicali creati in Francia negli ultimi anni". 
Precursore del fenomeno musicale parigino è considerato lo spagnolo Café del Mar, con una lunga serie di compilation musicali ispirate ai tramonti di Ibiza. Sull'onda del successo di Café del Mar e di Buddha Bar, sono state pubblicate successivamente numerose compilation che ripropongono sonorità chillout, lounge ed ethno beat: Siddharta (di Ravin), Nirvana Lounge, Karma Lounge, Barrio Latino, Hotel Costes, Barlotti, Chillout in Paris, The Putumayo Lounge Series, Café Solaire, Bargrooves e molte altre.


sabato 9 ottobre 2021

Rakija

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La rakia o rakija (in serbo e in macedone: ракија, in bulgaro: ракия, in albanese: rakia, croato e bosniaco: rakija) è un superalcolico simile al brandy e alla vodka, creato per distillazione o fermentazione di frutta, popolare nei Balcani. Il suo contenuto alcolico è normalmente del 40%, ma nella rakija fatta in casa può essere superiore, tipicamente dal 50 al 60%. Pripečenica è la rakija distillata due volte, con un tasso alcolico che può superare il 65%. Brlja (lett. casino) è il nome comune per la rakija di bassa qualità.
La rakija è considerata la bevanda nazionale della Serbia, della Croazia, della Bulgaria, della Bosnia ed Erzegovina, dell'Albania e della Repubblica di Macedonia. Nella forma più comune, slivovitz o Šljivovica, è prodotta con la prugna. Altri frutti comuni sono l'uva, le pesche, albicocche, le mele, i fichi e le amarene. La rakia fatta con le prugne e quella con l'uva possono essere mischiate dopo la distillazione con altri aromi, come erbe, miele, mele acerbe e noci. Šljivovica (di prugne, 50% di alcol), Kajsijevaca (di albicocche, 40-45%), Dunjevaca (di cotogno, 40% alcol), Visnja (di amarene, circa 42% di alcol), Viljamovka serba (di pere, 40% di alcol), Kupina (di more, 45%), Komovica (di uva, 50%), Travarica (di prugne con le erbe aggiunte dopo la distillazione), Medovaca serba (con miele) e Lozovača (di uva, 50% di alcol) sono i tipi più popolari di rakija in Serbia. Il 70% delle prugne raccolte in Serbia vanno a finire nella produzione della Sljivovica, la rakija è divenuta primo brand nazionale protetto del Paese nel 2007.
Esiste una tradizione molto forte nei paesi balcanici (Serbia, Albania, Croazia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria e anche Romania) di distillare questo superalcolico in casa.
La tabella dei tipi di rakija, a seconda del frutto con la quale sono prodotti:

Frutti
nei paesi dell'ex-Jugoslavia
in Bulgaria
Tipi principali
prugna
šljivovica (slivovitz), сливова
сливова (slivova)
uva
lozovača/loza, лозова
гроздова (grozdova)
мускатова (muskatova)
resto del mosto (kom)
komovica, комова
джиброва (džibrova)
albicocca
kajsijevača
кайсиева (kajsieva)
pera
kruškovača, vilijamovka
крушева (kruševa)
mela
jabukovača
ябълкова (jabălkova)
mela cotogna
dunjevača
дюлева (djuleva)
fico
smokvovača
смокинова (smokinova)
Con aromi
con erbe
travarica/trava
билкова (bilkova)
con noci
orahovača/orahovica
орехова (orehova)
col miele
medovača/medenica
medeno žganje (in Slovenia)
греяна (grejana)
con amarena
višnjevac/višnjevača
черешова (čerešova)



Alcuni tipi di rakija sono mantenuti in botti di legno (di quercia o gelso) per un extra aroma e per il colore (marrone dorato).
La rakija si dovrebbe bere in speciali bicchieri (da 0.3 a 0.5 dl).
In Serbia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Montenegro è bevuta come aperitivo, generalmente accompagnata da un antipasto misto di salumi e formaggio.
in Albania è solitamente accompagnata ad'un pasto detto meze.
In Bulgaria è generalmente servita con insalata Shopska o verdure in salamoia (turšija). Un altro tipo è la rakija grejana, che è scaldata e addolcita con miele o zucchero.
  • Rakı, una bevanda simile prodotta in Turchia.
  • Țuică, una bevanda simile prodotta in Romania.
  • Palinka, una bevanda simile fatta in Ungheria.
  • Idromele, una bevanda alcolica derivata direttamente dal miele.

domenica 8 agosto 2021

Rakı



Il raki (in turco: rakı, in lingua turca ottomana: راقى) è un'acquavite a base di mais, o patate, oppure uva o prugne, aromatizzata infine con anice e menta. In Turchia, dove viene chiamato anche latte di leone, è considerato la bevanda nazionale, anche se nel 2013 il primo ministro conservatore Recep Tayyip Erdogan annunciò, in linea con le leggi introdotte per limitare le vendite di alcolici, che la bevanda nazionale deve essere invece considerata l'ayran, rinfrescante derivato dello yoghurt.
Si presenta come un liquido incolore con una gradazione alcolica minima del 40%. Il suo sapore è simile all'ouzo greco. Non deve essere confuso con l'omonima grappa bianca greca e albanese che, invece, è un distillato puro di vinaccia.
Il raki turco fu prodotto per la prima volta nel Seicento sulla base dei processi di distillazione iniziati nel mondo arabo, ed assunse il proprio sapore caratteristico con l'aggiunta di anice. Il famoso viaggiatore turco Evliya Çelebi scrisse un libro nel 1630 in cui menzionò gli artigiani di Istanbul, tra i quali già vi erano i produttori di raki; descrisse la bevanda come altamente tossica e peccaminosa e gli osti che la vendevano come maleducati e biasimevoli. A quel tempo vi erano in città 100 negozi/laboratori di produzione e vendita del raki che davano lavoro a 300 persone. Tra i vari tipi di raki descritti da Çelebi vi sono il vino di raki, e i raki alla banana, alla senape, al tiglio, alla cannella, al chiodo di garofano, al melograno e all'anice.
Il raki era inizialmente prodotto con i residui dell'uva dopo aver fatto il vino. Quando questi residui divennero insufficienti si iniziò ad importare alcolici dall'estero e ad aromatizzarli con anice, un processo che durò fino alla prima guerra mondiale. Nel periodo successivo la produzione aumentò e furono utilizzati uva passa, fichi secchi e more. I migliori raki di quel periodo erano quelli all'anice con le uvette senza semi di Çesme. Nel periodo in cui gli alcolici furono dichiarati illegali, la produzione del raki continuò di nascosto con diversi metodi artigianali e le autorità locali chiusero un occhio se la distillazione era fatta a regola d'arte.
Il raki si ottiene soprattutto dalla doppia distillazione di uva o fichi o prugne, ma anche di altri prodotti come grano, patate o datteri. Il prodotto può essere aromatizzato con anice (raki turco).
La parola raki contiene la radice araba rak che contraddistingue, in senso lato, le bevande alcoliche. Vi sono comunque diverse opinioni che riguardano l'origine della parola; alcuni sostengono che sia stato prodotto inizialmente in Iraq e abbia preso il nome di quel Paese. Altri pensano che il nome derivi dalle uve di tipo razaki con cui viene spesso prodotto. Un'altra ipotesi è che derivi dalla parola araba arak, letteralmente sudore, in quanto un consumo esagerato fa sudare molto o anche perché in fase di distillazione scende goccia a goccia, simili alle gocce di sudore.
Data la varietà di materie prime dalle quali si può distillare il raki, ne esistono diversi tipi tra i quali il più noto è l'ouzo greco. Nei Paesi vicini alla Turchia e nel Medio Oriente prende altri nomi tra cui araka, araki e ariki. In Iran una bevanda alcolica distillata in modo simile al raki con uve e datteri si chiama arak. Un'altra versione greca, ottenuta con l'aggiunta di gomma, viene chiamata mastika. Nei Paesi slavi è chiamato duziko il raki aromatizzato all'anice. In Turchia, il raki ottenuto dai residui delle uve prende il nome düz Rraki o hay raki. Il raki Zahle viene prodotto nella città libanese di Zahle. Nell'India orientale un distillato della canna da zucchero è chiamato arak. A Ceylon e in Malesia l'arak è invece distillato dal succo della palma da cocco.
In Turchia, il raki si degusta solitamente diluito con acqua e con l'aggiunta di cubetti di ghiaccio, anche se alcuni lo bevono puro sostenendo che l'aggiunta di ghiaccio ne compromette il gusto. Il raki si presenta incolore e con l'aggiunta di acqua diventa bianco. Si accompagna ad antipasti freddi e salati chiamati meze, ma non è raro berlo a tutto pasto. Le serate trascorse a cenare bevendo raki comprendono spesso cerimoniali e abitudini che fanno parte della tradizione turca. In Albania si degusta senza l'aggiunta di acqua e accompagna i pasti o anche il caffè.
Il raki è stato importato nei paesi che hanno subìto la dominazione turca fino all'Ottocento e, in particolare, nelle isole di Cipro e di Creta. Il nome raki in Grecia è poi passato ad indicare un distillato di vinacce, come la grappa, non aromatizzato. Lo stesso distillato a Creta prende il nome di tsikoudia, dal termine tsikouda (buccia d'uva).
 
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