martedì 3 maggio 2022

Rossini

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Il Rossini è una variante dei cocktail Bellini, Tintoretto e Mimosa, messa a punto verso la metà del XX secolo. Viene preparato con purea fresca di fragola e prosecco.
Si serve in flûte e ha un sapore fresco e rinfrescante.
Il nome rende omaggio al compositore Gioachino Rossini.
Il cocktail è composto da 1/3 di frullato di fragole e 2/3 di prosecco freddo.

Preparazione

La preparazione del cocktail consiste nella semplice unione di tutti gli ingredienti nel bicchiere assieme a del ghiaccio.
L'unico dettaglio è la purea di fragole, l'unico sistema per ottenerla è frullare le fragole; infatti, essendo queste un frutto senza succo, la polpa della fragola va tritata con il frullatore; la purea ottenuta andrà poi mescolata assieme ad alcune gocce di succo di limone ed alcune gocce di sciroppo di zucchero.





lunedì 2 maggio 2022

Campari Soda

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Campari Soda o Camparisoda è un aperitivo monodose a moderata gradazione alcolica (10°), ottenuto dalla miscela tra Campari e seltz.
Camparisoda nasce nel 1932: è il primo pre-mix "pronto all'uso" nella storia dei prodotti a bassa gradazione alcolica. La sua bottiglietta conica, in stile futurista è stata disegnata dall'artista Fortunato Depero. Camparisoda è tra i prodotti più importanti del Gruppo, distribuito prevalentemente sul territorio nazionale. Il mercato principale per Camparisoda è l'Italia.

Una storia creativa

Il primo legame di Camparisoda con l'arte e la creatività risale al 1932, quando Davide Campari chiese a Fortunato Depero di ideare la bottiglia per il primo aperitivo monodose e ne ordina la produzione industriale. Il flacone, come veniva chiamato, ha la forma di un calice rovesciato. Con l'ideazione della bottiglia Depero crea la sua opera più significativa per l'azienda milanese. La bottiglietta è il punto di arrivo di un sodalizio artistico che inizia negli anni '20 e la forma conica una conseguenza dello stile di Depero per Campari.
I Futuristi sono i primi a stabilire una sintonia con il nuovo mondo industriale, comprendendo la natura innovativa della comunicazione pubblicitaria e le forti connessioni esistenti tra l'industria, la pubblicità e la produzione di forme espressive. Fortunato Depero fu uno dei rappresentanti più attivi e illustri del movimento artistico. Nel 1919 crea la Casa d'Arte Futurista, con funzioni paragonabili a quelle di un'odierna agenzia di pubblicità, e mette a punto proprio per Campari un'originale strategia di comunicazione. Per lo stesso Depero "l'arte deve marciare di pari passo all'industria, alla scienza, alla politica, alla moda del tempo, glorificandole - tale arte glorificatrice venne iniziata dal futurismo e dall'arte pubblicitaria - l'arte della pubblicità è un'arte decisamente colorata, obbligata alla sintesi… arte gioconda - spavalda - esilarante - ottimista".

La pubblicità e il futurismo

Il sodalizio Campari-Depero costituisce un caso nella storia della pubblicità italiana e suggella una collaborazione creativa che per Depero non avrà riscontro in nessun altro dei rapporti di committenza avuti nel campo della pubblicità. Un momento topico della collaborazione tra Campari e Depero si ebbe con il Numero Unico Futurista Campari del 1931 che aprì le porte a nuove iniziative mirate alla realizzazione di prodotti d'arte di pari passo alle esigenze pubblicitarie. Allo stesso tempo l'opera segnò la fine del sodalizio tra l'azienda e l'artista, che però prima di concludersi diede vita all'originale bottiglia di un nuovo prodotto che avrebbe segnato la storia della produzione di alcolici: il Camparisoda appunto.

Curiosità

- Lo spot Camparisoda "L'ultimo che arriva paga da bere" del 2008 utilizza il jingle originale scritta ed eseguita da Crivel per la ditta Campari nel 1932.
- Camparisoda funge da base per il cocktail romano Cardinale, che contempla l'aggiunta di ghiaccio, aranciata (dolce o amara) e fettina d'agrume.











domenica 1 maggio 2022

Chicha

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Chicha è il nome dato a diversi tipi di bevande leggermente alcoliche, originarie dell'America Latina derivate principalmente dalla fermentazione non distillata del mais e di altri cereali, ma anche da altri tipi di frutta (come ad esempio mele e uva) o dalla manioca. Inoltre il termine chicha viene anche utilizzato in alcuni paesi dell'America Latina per riferirsi a bevande non alcoliche come ad esempio la chicha criolla in Venezuela o la chicha morada in Perù.
Queste bevande vengono realizzate normalmente in modo casereccio, tramite la bollitura e successiva fermentazione del cereale o della frutta impiegata. Il risultato è una bevanda dolce a bassa gradazione alcolica (generalmente da 1 a 3%).
Sono bevande prodotte e consumate in tutta l'America Latina sin da prima della conquista degli spagnoli.

Etimologia

Vi sono varie ipotesi circa l'origine del termine "chicha".
  • Secondo la Real Academia Española e altri autori, proviene da una voce originaria di Panama (chichab) che significa mais in lingua kuna;
  • secondo Luis Cabrera (studioso della cultura azteca) deriva dal termine della lingua nahuatl "chichiatl" (acqua fermentata).
  • Pedro José Ramírez Sendoya fa risalire il termine alla lingua Maya: chiboca o Chac (masticare) o da chicháa (riempire d'acqua) o infine da Zicha (acqua fresca)
La chicha ha ispirato il modo di dire spagnolo ni chicha ni limonada ("né chicha né limonata") equivalente all'espressione idiomatica italiana "né carne né pesce".

Procedimento

Originariamente veniva ottenuta masticando il mais appena raccolto e sputato all'interno di un recipiente di terracotta. Gli enzimi contenuti nella saliva, infatti, trasformano l'amido di mais in zuccheri semplici, che poi danno luogo al processo di fermentazione. Una volta fermentata la chicha veniva colata, imbottigliata e lasciata riposare all'ombra per un certo periodo prima del consumo.
Questo processo è tuttora praticato dalle popolazioni andine e la chicha così ottenuta viene chiamata anche taqui.

La chicha per nazione

Bolivia

Il più importante tipo di chicha boliviano è la chicha di mais, chiamata semplicemente chicha. Di origine inca, considerata l'elisir degli inca e della valle di Cochabamba, è una bibita fermentata per alcuni giorni dopo un processo di elaborazione molto lungo; ha qualche grado alcolico. È una delle bevande più popolari e tradizionali, si consuma nella maggior parte del paese, particolarmente a Cochabamba (dove viene prodotta), Chuquisaca, Oruro e La Paz. Il consumo è abituale in qualsiasi occasione, soprattutto durante le feste tradizionali e religiose.
Tra le varietà più popolari si possono annoverare:
  • chicha gialla ottenuta dal mais giallo o willkaparu;
  • chicha kulli ottuenuta dal mais viola;
  • chicha di ch'uspillu ottenuta dal mais da tostare;
  • chicha camba ottenuta dalle arachidi e mais; ha poca o nessuna gradazione alcolica ed è consumata principalmente nell'oriente boliviano come bibita rinfrescante e nella zona della Chiquitania come bevanda fermentata in eventi religiosi e feste tradizionali.
  • chicha vallegrandina chicha originaria di Vallegrande (provincia di Santa Cruz) che è simile alla chicha comune dell'occidente del paese, ma è fermentata con metodi tradizionali differenti.
Tutti i nomi di questi tipi di chicha provengono dalla lingua quechua.
Da alcuni anni la chicha viene esportata da Cochabamba verso gli Stati Uniti e l'Europa ed è così possibile trovarla nei negozi tipici latini in città come Madrid o Milano.

Cile

Anche in Cile le bibite ottenute dalla fermentazione di vari tipi di frutta sono chiamate chicha; esse vengono anche mischiate con acquavite o altri alcolici. Tra i mapuche si consuma un tipo di chicha di mais o frumento chiamata muday.
Nella zona centrale del Cile, la chicha si prepara come un mosto di uve più rustico del vino, che viene consumato in abbondanza in tutto il territorio cileno nei giorni festivi. Anche nel sud il termine allude ad un fermentato di mela più rustico del sidro che si produce alla fine dell'estate.
Altre materie prime sono utilizzate meno frequentemente, come ad esempio i frutti della luma (Amomyrtus luma) chiamati cauchaos, i frutti del maqui (Aristotelia chilensis) e il miele. In particolare, la chicha di miele è simile a un idromele di bassa gradazione alcolica, ma a causa dei lieviti non molto raffinati utilizzati nella produzione, contiene alte concentrazioni di alcol metilico e può provocare malessere quando la si consuma.

Colombia

Nel 1948 in Colombia si proibì la fabbricazione di chicha di mais (considerata «vulgar y poco higiénica») a meno che non fosse pastorizzata e imbottigliata in vetro chiuso ermeticamente. Ciò fu causa di un taglio netto del consumo della bevanda tradizionale della cultura muisca e conseguentemente la diminuzione degli incassi di molte famiglie di origine indigena e la successiva perdita delle terre. La proibizione durò fino al 1991.
Il "Festival della chicha, del mais, della vita e della felicità", che si celebra a Bogotá nel rione "La perseveranza" (al giorno d'oggi principale luogo di produzione della chicha) è una dimostrazione delle tradizioni ancestrali, di allegria e identità; ironicamente questo rione sorse come dimora dei lavoratori della birreria Bavaria.
Benché non sia la principale bibita alcolica del paese, la chicha è sempre stata legata alle festività paesane e il suo consumo aumenta specialmente nel mese di dicembre. È possibile ottenere la chicha a partire dal guarapo (succo della canna da zucchero), aggiungendo panela (un surrogato della canna da zucchero) e altri ingredienti a base di mais, lasciando poi fermentare l'impasto in un recipiente di terracotta.

Ecuador

Come in Perù, anche in Ecuador la chicha ha le sue origine dall'Impero inca. La chicha si consuma principalmente sulle montagne andine ed in minor quantità sulla costa. La chicha praticamente è la birra delle comunità indigene che sono solite ubriacarsi con questa bevanda durante le principali festività e celebrazioni, come la festa della Mama Negra e il Carnevale.
Generalmente si beve a temperatura ambiente in bicchieri di plastica simili almeno nella forma ai keros di origine preispanica.
Viene prodotta a partire dalla fermentazione di mais, quinoa, orzo o farina di frumento, unita a panela (surrogato della canna da zucchero) o zucchero comune. Anche frutta regionale come l'albero dei pomodori, la mora, la passiflora e la naranjilla sono utilizzati come ingredienti. La si lascia poi fermentare per un periodo che va da tre a venti giorni.

Nicaragua

In Nicaragua, il nome della chicha dipende dal dipartimento: chicha bruja, chicha pujagua, chicha raisuda, chingue de mai, ecc.
La ricetta tradizionale della chicha di mais comporta un processo di vari giorni. Il mais si lascia una notte intera in acqua affinché si ammorbidisca. Il giorno seguente si trita e poi lo si rimette in acqua, gli si aggiunge colorante rosso e si cuoce. Una volta freddo si aggiunge al liquido una sostanza dolce e ancora acqua. Il giorno seguente si aggiunge ancora acqua e zucchero.

Panamá

A Panama il vocabolo è utilizzato come sinonimo di bibita (chicha d'ananas, chicha di tamarindo, chicha di papaya, ecc.). Una delle bibite tradizionali di Panamá è la chicha di riso con ananas, che si prepara con riso cotto nel latte, panela (surrogato della canna da zucchero) e buccia d'ananas. La bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mais si chiama chicha forte e si ottiene dal mais germogliato e mais nacio, per poi lasciarla fermentare in vasetti di terracotta.

Perù

La chicha peruviana è una bevanda artigianale e ancestrale. Le popolazioni di lingua quechua chiamavano questa bevanda di mais fermentato aqha o aswa, da cui il nome azua, poi rimpiazzata da chicha. Il suo utilizzo era principalmente cerimoniale, nelle feste delle antiche culture. È un mosto di mais germogliato (jora). Oggi si usa come aperitivo o come ingrediente in alcuni piatti peruviani.
Vengono annoverate differenti preparazioni di chicha:
  • chicha de jora ottenuta con germogli di mais bianco e mais nero;
  • chicha Arequipeña ottenuta dalla fermentazione di germogli di mais e chancaca (surrogato della canna da zucchero):
  • chicha de Jora con pata de vaca ottenuta dalla fermentazione di germogli di mais bianco, quinoa e pata de vaca (una leguminosa);
  • chicha de maní ottenuta da arachidi (manì), mais mote e quinoa;
  • chicha de quínoa ottenuta dalla quinoa;
  • chicha loretana ottenuta da farina di manioca e chancaca (surrogato della canna da zucchero);
  • chicha morada chiamata così per il suo colore ottenuto dal mais nero (mais morado); è una bibita non fermentata, molto comune ed è possibile trovarla sia in polvere (per la preparazione istantanea), sia in bottiglia.
Le case lungo i sentieri andini che espongono una bandiera bianca offrono chicha; se l'insegna mostra anche un peperoncino (ají), offrono piatti tipici caserecci. Se la bandiera è rossa, oltre a gustare chicha e piatti tipici, si può anche ascoltare musica folclorica del luogo.

Venezuela

Nelle Ande del Venezuela, si prepara una bevanda conosciuta come chicha andina per differenziarla dalla sua omonima analcolica, la chicha criolla. È una bevanda viscosa a base di cereali (mais o orzo), con aggiunta di guarapo d'ananas che è una bevanda prodotta dalla fermentazione della buccia dell'ananas con acqua e zucchero. La chicha si produce generalmente in forma artigianale e casereccia. La sua preparazione ha origine negli stati andini del Venezuela con maggior enfasi in Tachira e Merida.
La chicha prodotta sulle Ande venezuelane a base di riso si chiama masato.




sabato 30 aprile 2022

Eggnog

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L'eggnog o egg nog, altresì noto come lait de poule o latte di gallina, è una bevanda alcolica tipica del periodo natalizio in Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada e Lussemburgo, i cui ingredienti principali sono latte, uova, liquore (rum, brandy o whisky), noce moscata e altre spezie.

Etimologia

Il termine eggnog è composto da egg, "uovo", e nog, un termine antico inglese che indicava un tipo di birra molto forte. La dizione francofona, lait de poule, ovverosia latte di gallina, deriva invece dagli ingredienti che compongono il liquore.

Storia

L'eggnog nasce a Londra, in Inghilterra, nel lontano 1700 ad opera di un barista di nome Carl Joannessons durante uno dei vari esperimenti effettuati da quest'ultimo.

Ingredienti

  • 25 mL di liquore
  • 75 mL di latte
  • 1 cucchiaio di sciroppo di caramello
  • 1 uovo
  • 2 cubetti di ghiaccio
  • noce moscata

Preparazione

  • Versare il latte, il liquore e l'uovo in un recipiente e sbattere fino ad ottenere un composto omogeneo.
  • Aggiungere la noce moscata e lo sciroppo. Poi lasciar riposare in un recipiente o in vari bicchieri di vetro coperti da carta stagnola. Aggiungere preferibilmente il ghiaccio in parti non molto piccole, frantumato, nel drink.

Varianti e diffusione

L'Eggnog è usato anche per la realizzazione di un cocktail ufficiale IBA: il Brandy egg nogg. La bevanda è diffusa in molti paesi di madrelingua anglosassone quali: Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada, ma è anche diffusa in Lussemburgo. In alcuni paesi di lingua francese è noto come lait de poule.


venerdì 29 aprile 2022

Enolito

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L'enolito, detto anche vino medicinale, è una soluzione che si ottiene dalla macerazione nel vino di parti essiccate di alcune piante medicinali.
Per realizzare queste composizioni, i vini maggiormente preferibili sono quelli bianchi, possibilmente aventi un alto grado alcolico, oppure quelli liquorosi. Si possono utilizzare sia vini vecchi sia giovani. I più indicati sono: marsala, vernaccia di Oristano, barolo, barbaresco.



giovedì 28 aprile 2022

Feuerzangenbowle

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Feuerzangenbowle è una tradizionale bevanda alcolica germanica, spesso preparata nel periodo natalizio e per l'arrivo del nuovo anno.
Letteralmente il termine si può tradurre come "punch con pinze infuocate". È una bevanda delle confraternite e delle associazioni studentesche che nel XIX secolo lo chiamavano anche Krambambuli, per il suo tipico colore rosso, dato dal liquore all'amarena proveniente da Danzica.
Questa particolare bevanda ebbe maggior successo quando nel 1944 uscì il romanzo Die Feuerzangenbowle, scritta da Heinrich Spoerl al quale seguì il film con l'attore principale Heinz Rühmann.

Preparazione

Per la preparazione della bevanda serve un'attrezzatura del tutto simile a quella che serve per preparare la fonduta. La scodella è riempita però con vino rosso speziato con cannella, chiodi di garofano e bucce d'arancia (processo del tutto simile alla preparazione del vin brulé). A questo punto viene posta sulla sommità della scodella una Feuerzange (pinza da fuoco, dalla vaga forma di grattugia), su cui verrà appoggiato lo Zuckerhut (blocco di zucchero a forma di cono). Al blocco di zucchero, già impregnato di rum (preferibilmente ad altissima gradazione, almeno 54%), si dà fuoco, in modo tale che lo zucchero - caramellandosi - vada a cadere dentro il vino rosso sottostante che intanto si scalda con il sistema della fonduta. Naturalmente, più rum si andrà a versare sullo zucchero, maggiore gradazione avrà la bevanda finale.
Il prodotto finito può essere bevuto in normali tazze e ben caldo.




 
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