L'idromele dal greco ὕδωρ,
hýdor "acqua" e μέλι, méli "miele")
è prodotto dalla fermentazione del miele. È anche conosciuto come
"Acqua di Aron" o "Acquawussler". È forse il
fermentato più antico del mondo, più ancora della birra, in quanto
non era necessaria la coltivazione per poterlo produrre e
nell'antichità era noto come "la bevanda degli dèi".
Non si hanno notizie certe sul periodo
in cui l'uomo imparò a produrre l'idromele, ma si suppone che
l'origine sia antichissima, vista anche la semplicità di
preparazione.
Lo si trova prodotto quasi ovunque si
trovino le api.
Idromele nella cultura antica
Conosciamo un idromele dell'antico
Egitto, quello dell'antica Grecia, uno dell'Inghilterra celtica,
l'idromele della Scandinavia vichinga, quello degli antichi slavi e
probabilmente ne esistono e ne sono esistiti molti prodotti anche in
altri luoghi.
L'idromele aveva una grande importanza
nella cultura norrena (scandinava) precristiana; nella letteratura e
nella mitologia viene rappresentata come la bevanda dei re, la
preferita del dio Odino e di altre creature sovrumane. La tradizione
vuole che due nani uccidano il vate Kvasir e dal suo sangue ricavino
l'idromele, capace di dare sapienza e poesia. Evidenze archeologiche
riguardo l'importanza che l'idromele rivestiva nelle società
nordiche e più specificatamente nel popolo vichingo risiedono nella
scoperta di sale dove anticamente si festeggiava e si banchettava per
festeggiamenti religiosi o successi bellici, strutture come questa
erano dette sale dell'idromele.
Era tradizione, in molte parti
d'Europa, che alle coppie appena sposate fosse regalato idromele
sufficiente per la durata di circa un mese.
Tale dono veniva fatto come incentivo
alla procreazione dato che si era perfettamente a conoscenza del
fatto che la bevanda fosse alcolica ed in quanto tale, erano note le
sue caratteristiche di tonico/energetico. In questo modo quindi la
giovane coppia avrebbe avuto "energia" sufficiente per
affrontare i loro primi rapporti in senso fisico.
Prima si è detto che alle coppie
appena sposate si portava in dono una quantità di idromele
sufficiente per la durata di "circa un mese". È stato
detto "circa" perché ai tempi della nascita di questa
bevanda (considerando che ne è stata provata la presenza nell'antico
Egitto si parla di almeno 2000 anni prima di Cristo) lo scandire del
tempo non era regolato dai mesi come li conosciamo noi oggi
(calendario gregoriano) ma dalle fasi lunari. Una luna, corrisponde
infatti ad un periodo di tempo di quasi un mese.
La locuzione "luna di miele",
deriva proprio dal fatto che per la durata di una luna la coppia si
godrà il consumo di questa bevanda.
Ricetta tradizionale
La ricetta base richiede semplicemente
miele, acqua e lievito, ma vi sono innumerevoli varianti, ciascuna
con il proprio nome: braggot (miele e malto), melomel
(miele e frutta), metheglin (miele e spezie).
Preparazione moderna
L'idromele oggi si prepara in modo
razionale e seguendo metodi precisi, adottati in parte dalle tecniche
di vinificazione in bianco, in quanto, essendo una bevanda alcolica
la cui gradazione varia da 8 a 17% V/V, condivide alcuni dei suoi
paramentri tecnologici con il vino; ciò che invece non potrà
evidentemente accomunarlo al vino è la sua matrice di partenza, cioè
il miele. Il miele ha delle caratteristiche chimico/tecnologiche che
lo rendono, una volta disciolto in acqua, un mosto vero e proprio,
carico di zuccheri fermentescibili e di elementi essenziali per la
riproduzione dei lieviti, come gli amminoacidi e le sostanze azotate
derivanti dalle cellule polliniche (polline) presenti nel miele.
Inoltre, nel miele sono già presenti
popolazioni di lieviti indigeni, detti lieviti osmofili, che derivano
direttamente dall'ambiente in cui le api hanno raccolto il nettare
sulle piante e che, nei favi dell'alveare, accrescono il loro numero,
resistendo all'altissima pressione osmotica extracellulare che
comunque non gli permette di alterare il miele sotto una certa soglia
di umidità che determina una correlata densità e pressione osmotica
nel miele; Una volta che si prepara il mosto di miele, aggiungendo
acqua, i lieviti e gli altri microrganismi si trovano in un ambiente
ideale per vivere e, nel caso specifico dei lieviti, si assiste ad
una fase di respirazione e ad una fase anaerobica di fermentazione,
dove essi consumano il glucosio e lo convertono in alcol ed anidride
carbonica, producendo calore.
I lieviti osmofili appartengono alla
vasta famiglia dei saccaromiceti, ma si cerca comunque, in fase di
produzione, di assicurare una buona conduzione di fermentazione a
carico solo di ceppi di lievito selezionati, di solito dei lieviti
secchi attivi (LSA) Saccharomyces cerevisiae o Saccharomyces
bayanus.
La propoli, presente nel miele, ha
un'azione antisettica, infatti la fermentazione dell'idromele a
temperatura di circa 20 °C si protrae per un tempo più lungo
rispetto al vino, proprio per la presenza delle sostanze della
propoli che vanno ad ostacolare la normale moltiplicazione cellulare
dei lieviti. Il pH della miscela acqua-miele si attesta intorno al
5,2 e dipende fortemente dal tipo di miele usato e dall'acqua; tale
valore è piuttosto elevato per una buona fermentazione, ma non la
rende comunque impossibile. Per questo motivo, occorre riportare il
pH verso valori più bassi con un'acidificazione (il valore ottimale
è circa 3,4).
Si può acidificare usando acidi
alimentari naturalmente presenti nella frutta ossia: acido citrico e
acido tartarico. Questa operazione permette di stabilizzare il mosto
di miele, rendendolo un mezzo adatto alla crescita solo delle forme
di vita microbica utili alla buona qualità del prodotto finale.
L'acqua è veramente importante, in quanto solvente e mezzo di
dispersione delle sostanze indispensabili del miele, per questo è
sopra ogni interesse che sia priva di impurità, limpida, che non
presenti sapori o odori estranei ed è altresì opportuno che
presenti caratteristiche chimico/fisiche e microbiologiche nella
norma. Le acque che si prestano in misura maggiore sono quelle
oligominerali, con residuo fisso inferiore ai 500 mg/l e, per
tali motivi, si sconsiglia l'uso dell'acqua domestica.
La solfitazione è una delle tecniche
in fase di sperimentazione ed, in alcuni casi, si rivela necessaria
nella fase di ammostamento, per abbassare la carica microbica
all'interno del mosto di miele, prima di aggiungervi i lieviti
selezionati e condurre così la fermentazione in modo più sicuro. In
campo enologico essa è necessaria, mentre per preparare l'idromele
potrebbe non esserlo, data l'azione della propoli. Chiaramente, il
discorso vale solo se si parla di miele non filtrato, e che non abbia
subito trattamenti termici o altre lavorazioni industriali.
Dopo la solfitazione, solo se occorre,
è possibile filtrare il mosto prima di avviarlo alla fermentazione
oppure chiarificarlo con diverse tecniche, come l'aggiunta di
bentonite, un'argilla naturale che, usata nel modo corretto, non
influenza in alcun modo le caratteristiche organolettiche del
prodotto; essa è quasi sempre preferibile alla filtrazione.
Ottenuto il mosto pulito, si procede
con l'inoculazione dei lieviti d'innesco per la fermentazione,
seguita dall'aggiunta di un minimo di sali azotati. La temperatura è
molto importante, come nella vinificazione in bianco, poiché
controllando quest'ultima si riusciranno a conservare molte delle
sostanze aromatiche (terpeni, aminoacidi aromatici ed esteri) che
determinano gli aromi varietali dei singoli tipi di miele. Facendo
fermentare l'idromele, in genere ad una temperatura di poco inferiore
ai 18 °C, i composti primari subiranno trasformazioni
stereochimiche, conferendo all'idromele finito gli aromi secondari,
diversi a seconda del miele, dell'acqua e dei lieviti utilizzati. Lo
stato della fermentazione si determina utilizzando un idrometro e la
quantità di zuccheri iniziali si misura utilizzando un rifrattometro
o un mostimetro babo.
Il segnale che la fermentazione sta
terminando, è la riduzione dell'emissione di bolle di anidride
carbonica dalla massa fermentante, visibili tramite tappo
gorgogliatore. Al fine di calcolare la quantità necessaria di miele
per realizzare determinati gradi in alcol, si rivela fondamentale
conoscere una semplice formula:
- miele [kg] = Ga × 24,5 × Qs ×
l / 10000 dove:
- Ga = gradazione alcolica desiderata
- 24,5 = numero fisso per il miele
- Qs = quantità di zucchero residuo
- l = volume del liquido, espresso in litri
La quantità di zucchero residuo Qs determinerà l'intensità della
sensazione dolce nell'idromele finito
Tipo di idromele |
Qs g/l |
Molto secco |
3-6 |
Secco |
7-10 |
Demi-Sec |
10-20 |
Dolce |
20-40 |
Liquoroso |
> 40 |
Chiaramente, occorre più miele per le
categorie dolce e liquoroso, che inevitabilmente avranno un contenuto
in alcol nettamente superiore a un normale idromele secco; con
colture di lievito fortemente alcol-tolleranti si possono raggiungere
anche i 18% V/V.
L'idromele, una volta finita la fermentazione, ha bisogno di tempo
(determinato per esperienza e variabile a seconda del miele
utilizzato) prima di essere imbottigliato e avviato al consumo fresco
o all'invecchiamento, in ambienti freschi, al riparo dalla luce del
sole e con un'umidità elevata. In questa fase, emergono gli aromi
terziari, che contribuiscono al bouquet.