mercoledì 12 maggio 2021

Brandy Daisy

 


Il Brandy Daisy è un cocktail che ha guadagnato popolarità per la prima volta alla fine del XIX secolo. Una delle ricette più antiche conosciute è stata pubblicata nel 1876 nella seconda edizione di Jerry Thomas's Guida per baristi o come mescolare le bevande: Il compagno Bon-Vivants:

  • 3 o 4 gocce di sciroppo di gomma

  • 2 o 3 spruzzi di liquore Curaçao

  • Il succo di mezzo limone piccolo

  • 1 bicchiere piccolo di brandy

  • 2 gocce di rum Giamaica

Riempi il bicchiere per un terzo di ghiaccio tritato. Shakerare bene, filtrare in una coppetta da cocktail grande e riempire con acqua Seltzer da un sifone.

Nel corso degli anni, si sono sviluppate più varianti della ricetta, comprese altre che coinvolgono altri liquori di base, come il whisky o il gin. La base di gin, in almeno una guida per baristi della metà degli anni '30, è considerata una prima incarnazione del Cosmopolitan, una bevanda oggi ben nota come una miscela a base di vodka agli agrumi. Gli agrumi freschi - tipicamente succo di limone, ma occasionalmente succo d' arancia o lime - sono comuni nella maggior parte delle ricette. Anche liquori o sciroppi hanno un posto di rilievo, che vanno dal Curaçao al maraschino o alla Chartreuse gialla (un suggerimento dello scrittore Nathaniel Gubbins nel suo libro del 1899The Flowing Bowl), distinguendo il Brandy Daisy da altri cocktail aspri. Altri dolcificanti a volte aggiunti vanno dallo sciroppo di gomme allo sciroppo di granatina, allo sciroppo di lamponi o allo zucchero da bar.

Una ricetta successiva, pubblicata nel 1941 nel De Luxe Official Bartender's Book di Old Mr Boston include le seguenti istruzioni:

  • 2 once di brandy della California

  • succo di ½ limone

  • 1 cucchiaino di sciroppo di lamponi o granatina

  • ½ cucchiaino di zucchero a velo

  • riempire il ghiaccio tritato

Shakerare bene con ghiaccio tritato e filtrare in uno stein o 8 oz. tazza di metallo. Aggiungere il cubetto di ghiaccio e decorare con la frutta.

Il Brandy Daisy fu il precursore di altri cocktail popolari, in particolare il sidecar, intorno alla fine della prima guerra mondiale, e il margarita, durante la fine degli anni '30 e l'inizio degli anni '40. Anche se il margarita è diventato particolarmente popolare durante la fine del 20° e l'inizio del 21° secolo, il suo spirito di base è emerso anche nei cocktail di tequila e nei sidecar.




martedì 11 maggio 2021

Skol

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Skol è una marca di birra di proprietà dell'impresa danese Carlsberg con licenza per essere fabbricata in Brasile dalla AmBev. Il suo nome deriva dall'espressione scandinava skål, che significa "alla vostra salute"; espressione comune che precede i brindisi. È oggi il principale produttore del segmento nel mercato brasiliano. È commercializzata nei tipi Plzeň, beats, alla spina chiara e scura.

Storia

La birra Skol Pilsen fu lanciata il 25 agosto 1964 in Europa e giunse in Brasile nel 1967. La sua storia è segnata da innovazioni che hanno rivoluzionato il settore. Nel 1971 lanciò la prima lattina a banda stagnata. Fu anche pioniera nel lancio della prima lattina di alluminio nel 1979. Nel 1993 l'azienda lanciò la Skol Pilsen in lattina da 500 ml nella bottiglia a collo lungo (long neck) con tappo ad elica.
Insieme al modello internazionale di confezioni a perdere, nel 1996 lanciò la confezione a collo lungo (long neck) da 355 ml di capacità. Nel 1997 portò sul mercato la prima lattina con l'imboccatura rotonda. Nel 1998 iniziò un periodo di massicce campagne pubblicitarie. Come sponsor ufficiale del Campionato brasiliano di Supercross, nel 1999 portò in Brasile il campione mondiale Jeremy Macgrath. Ancora nel 1999 ebbe luogo lo Skol Rock, evento che riunì formazioni inedite della musica rock. Il 2000 iniziò con la campagna "2000: O verão mais redondo do planeta" ("2000: L'estate più rotonda del pianeta", in riferimento ai tre zeri del numero dell'anno).
Nel 2000 ebbe luogo anche la prima edizione di Skol Beats, evento patrocinato dalla Skol che riunì grandi stelle della musica elettronica a Curitiba e San Paolo. Lo Skol Rock non fu abbandonato e venne successivamente ripreso in feste a Curitiba e all'interno di San Paolo. Nel 2002 la Skol uscì con una confezione sviluppata appositamente per la stagione estiva.
Fu lanciato anche un nuovo tipo di birra, Beats, fatto in base a ciò che il consumatore vuole per le feste di animazione. Si caratterizzò per cambiamenti nel sapore e nel tenore alcolico e per una confezione a collo lungo da 330 ml, di tipo trasparente.
Nell'ottobre del 2006 fu creata la birra Skol Lemon, a basso tenore alcolico e gusto di limone, che trovò un'accoglienza discorde tra il pubblico. La nuova bevanda lanciò messaggi pubblicitari carismatici e ricchi di allegria, il cui più recente successo è una campagna per l'estate 2006/2007 in cui un gruppo di amici si fanno scherzi tra loro e di cui conserveranno ricordi per il resto della vita, rafforzando l'idea "giovane", essendo il pubblico dei giovani il target della birra.
In Europa, la Skol ha raggiunto ottimi risultati di mercato. In Brasile, grazie al marketing aggressivo, ha conseguito significativi volumi di vendita, divenendo una "commodity" della AmBev. Il successo del prodotto è testimoniato dal valore del marchio: secondo la società di consulenza britannica InterBrands, il marchio Skol è valutato 421 milioni di dollari USA ed è il 4º del Brasile in termini di valore.

lunedì 10 maggio 2021

Seagram

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La Seagram Company Ltd. era la più grande compagnia di distillazione al mondo e aveva sede a Montreal, Québec, Canada. Non più indipendente, la Seagram è stata acquistata da industrie del calibro della PepsiCo, dalla Diageo e dalla Pernod Ricard.

Storia

La prima distilleria della Seagram fu fondata nel 1857 a Waterloo, nell'Ontario da Joseph E. Seagram. L'agenzia fu presto acquistata da Samuel Bronfman che fondò la Distillers Corporation Limited e mantenne la Seagram fino agli anni '20s. Nel 1928 la Distillers Corporation fu acquistata dall Joseph E. Seagram & Sons ma fu mantenuta dalla famiglia Bronfman. dopo la morte di Samuel Bronfman nel 1971, Edgar M. Bronfman divenne il possessore dell'industria. Nel 1981 la Segram fu divisa tra vari azionisti che ne acquistarono parti più o meno grandi.
Negli anni 90 la società si lancia nel mercato del intrattenimento acquisendo via via la Universal Pictures, la MCA Records, la PolyGram e la Deutsche Grammophon creando lo Universal Music Group che nel 2000 si è fuso con Vivendi. Nel 2001 la Coca-Cola Company acquistò l'intera industria dalla Pernod Ricard e Diageo (i più grandi azionisti del gruppo).

Bevande

La Seagram attualmente produce i whisky Chivas Regal, Crown Royal, Canadian Club e VO, il rum Captain Morgan e la Tropicana fruit juice.



domenica 9 maggio 2021

Caffè frappé

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Il caffè frappé (greco: φραπές, frapés) è un'invenzione greca. I suoi ingredienti di base sono caffè istantaneo, zucchero e acqua. La sua casuale scoperta è avvenuta nel 1957 ad opera di Dimitris Vakondios (in greco Δημήτρης Βακόνδιος).

Preparazione

Gli ingredienti del frappé sono: caffè istantaneo, acqua, zucchero e, facoltativamente, latte. Il frappé può essere métrios (medio), glykòs (dolce) o skètos a seconda del rapporto fra i suoi ingredienti:
  • Metrios: 2 parti di caffè, 2 parti di zucchero.
  • Glykòs: 2 parti di caffè, 4 parti di zucchero.
  • Skètos: senza zucchero.
  1. Versare in un bicchiere alto un centimetro di acqua e aggiungere la quantità desiderata di zucchero e caffè.
  2. Agitare il miscuglio in una frappiera o con un frullatore fin quando si formerà la schiuma. La schiuma deve arrivare all'incirca a metà del bicchiere.
  3. Aggiungere due o tre cubetti di ghiaccio e acqua fino ad un centimetro dal bordo del bicchiere. A piacere, aggiungere latte.
Il frappé si serve con una cannuccia, affinché non si versi durante il trasporto esistono speciali bicchieri che si chiudono nella parte superiore ed hanno una cannuccia.

Storia

La creazione di questo frappé è stata casuale. Durante la Fiera Internazionale di Salonicco nel 1957, il rappresentante della multinazionale Nestlé in Grecia Ioannis Dritsas presentò un nuovo prodotto per bambini, una bevanda al cioccolato da preparare istantaneamente mescolandolo con il latte e agitando con lo shaker; Dimitrios Vakondios, impiegato, aveva l'abitudine di bere caffè istantaneo della Nestlè, in una pausa durante il congresso, decise di bere del caffè, ma poiché non trovò acqua calda, pensò di usare lo shaker per preparare il caffè con l'acqua fredda. Mise caffè, zucchero e acqua, lo agitò e creò il primo caffè frappé della storia. Dopo anni affermò di non potersi rendere conto che un semplice esperimento lo avesse portato alla scoperta della bevanda analcolica più celebre della Grecia.

Diffusione

Il prodotto fu lanciato e divenne un successo in tutta la Grecia. È bevuto ad ogni occasione: frappé e sigaretta, frappé sulla spiaggia, frappé in macchina. Dal decennio del '90 è la bevanda numero uno anche a Cipro, dove in genere è servito "debole", senza molto caffè; questo frappé si beve anche in piccole quantità in Thailandia, in Malesia e negli ultimi anni gli immigrati balcanici in Grecia lo hanno diffuso nelle loro patrie, ma senza molto successo e con differenze (ad esempio in Bulgaria molte volte si usa coca cola anziché acqua e in Serbia si aggiunge sempre gelato). È stato importato anche in altri Paesi dell'area mediterranea, come in Spagna, ma senza molto successo.

sabato 8 maggio 2021

Cedrata Tassoni

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La Cedrata Tassoni è una bevanda analcolica di genere soft drink, prodotta dalla Cedral Tassoni, che ha i propri stabilimenti nella cittadina di Salò e sede legale a Brescia.

Storia

Le origini della società sono da ricercare nel 1793 quando viene fondata come spezieria nel centro storico di Salò. Nel 1868, dopo essere divenuta farmacia, è acquistata dal marchese Nicola Tassoni, che nel 1884 la rivende a Paolo Amadei, il quale decide di dare il via anche alle attività di distilleria. L'azienda è retta da Michela Redini, bisnipote di Paolo Amadei, utilizzando agrumi e cedri provenienti da Sicilia, Calabria e Puglia, imbottigliando 25 milioni di pezzi all'anno, con un fatturato di 11.3 milioni di euro, 4.6 milioni di EBITDA e 2.9 milioni di utili.

Lo spot

La Cedrata Tassoni è nota anche perché il suo spot (insieme a quello dei pennelli Cinghiale) è uno dei più longevi della tv italiana. Lo spot attuale va in onda dal 1982 e torna in onda ogni estate, trasmesso dalle reti Rai, ma anche dalle reti Mediaset tra cui Canale 5 e Iris e da alcune radio come Radio Capital o Radio Deejay.
Prima dell'attuale spot ne sono stati girati altri rispettivamente nel 1973, 1976 e 1977 che erano mandati in onda nel contenitore pubblicitario Carosello, con musiche cantate da Mina.
Il testo del jingle dello spot originale è:
Quante cose al mondo puoi fare?
Costruire? Inventare?
Ma trova un minuto per me!
Per voi e per gli amici...Tassoni
In quello del 1982 la voce di Mina era assente.
Nel ventunesimo secolo lo spot contiene il jingle in versione musicale senza la voce di Mina.
Dall'estate 2017 torna a essere cantato.

venerdì 7 maggio 2021

Acquavite d'uva

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L'acquavite d'uva (o distillato d'uva) è un distillato di mosto d'uva.
Il distillato d'uva è diverso sia dalla grappa (che è un distillato di vinacce) che dal distillato di vino (quale il Brandy, il Cognac o l'Armagnac). L'acquavite d'uva è un prodotto intermedio, in pratica è un distillato di succo fermentato (analogia con il distillato di vino) che però contiene anche le vinacce fermentate (analogia con un distillato di vinacce).

Cenni storici e normativa

Il Decreto ministeriale del 20 ottobre 1984 (Autorizzazione per la produzione e l'immissione sul mercato di "acquavite o distillato di uva") ne fissa le caratteristiche (su richiesta della Nonino, storica distilleria friulana produttrice di grappa), e recita che "l'acquavite o distillato di uva è ottenuta dalla distillazione del mosto fermentato di uve fresche in presenza delle parti solide dei grappoli".
In base al regolamento CEE 1576 del 1989, l'acquavite d'uva è stata categorizzata come distillato di frutta. Successivamente, il DPR 297 del 16 luglio 1997 ha definito meglio la produzione e, soprattutto, la designazione per la commercializzazione delle bevande spiritose tra cui ricade anche l'acquavite d'uva.

Preparazione

L'uva intera (che può essere diraspata o non diraspata) viene sottoposta a pigiatura dopo poche ore dalla raccolta. Tale pigiato viene quindi sottoposto a fermentazione (a temperature intorno a 18-20 °C) aggiungendo mosto di avviamento contenente lieviti selezionati.
Il prodotto della fermentazione (in pratica, succo con vinacce, fatto poi fermentare normalmente) viene quindi sottoposto a distillazione (in maniera discontinua in particolari alambicchi a vapore di piccole dimensioni o in speciali apparecchi sottovuoto) e affinato all'interno di vasche di acciaio inossidabile.
Nel caso si siano utilizzate uve rosse per la preparazione dell'acquavite d'uva, si procede all'invecchiamento per almeno 6 mesi.
L'acquavite d'uva così ottenuta viene diluita con acqua distillata per portarla alla gradazione desiderata (intorno al 40% vol), quindi viene filtrata (a circa -2 °C) e imbottigliata.

Degustazione

L'acquavite d'uva si serve generalmente fresca (ma non fredda) a fine pasto, in bicchiere classico cilindrico o in tulipano.
Rispetto alla grappa o ad un brandy, l'acquavite d'uva è tipicamente fruttata e fragrante nonché, generalmente, meno impegnativa in termini di complessità.



giovedì 6 maggio 2021

Ho visitato tutti i bar dedicati all'assenzio di Berlino in una notte

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Berlino è in fissa con l'assenzio. E allora ho deciso di provare i bar di Berlino che lo servono e andare in fissa anche io.
Ho assaggiato per la prima volta in vita mia dell’assenzio negli anni Novanta. Mi trovavo in un bar sulla costa gallese della città in cui vivevo, dove già da un po’ si vociferava fossero riusciti a importarlo da chissà dove, forse dalla Repubblica Ceca o dall’Ungheria. Nessuno lo sapeva esattamente, ma comunque da qualche parte con le foreste e i calici grossi.
Ce lo siamo bevuto di pomeriggio, ai tavoli. Fuori la spuma delle onde grigiognole s’infrangeva sui ciottoli della spiaggia, mentre dentro le onde verdi dell’assenzio s’increspavano nei nostri cervelli. Ce lo avevano servito puro, non diluito, e noi avevamo immerso i pollici nei bicchieri accendendo un po’ le punte dei polpastrelli.
Barcollavamo, ubriachi come non mai, ignari di cosa avessimo realmente riempito il nostro corpo. Probabilmente di trattava di 'Hill's Absinthe', che di assenzio aveva solo il nome ed era un po’ la versione bohémien del distillato, giunto a noi nel Regno Unito dopo che la nazione lo aveva messo al bando. Grazie alla Wormwood Society ora so di trattasse solo di un liquido verde con il 70% ABV di vodka.
Eravamo solo bambini che giocavano a fare i grandi.
Spero proprio che quel bar, ora, serva l’assenzio nelle giuste modalità. Mi tocca, tuttavia, puntualizzare una cosa, ossia che non fosse colpa loro. La ‘Fata Verde’ era stata messa al bando per quasi tutto il Diciannovesimo secolo, vittima delle paranoie e paure di autorità preoccupate degli effetti collaterali di questo ‘veleno’, che spaziavano dalla depressione alle allucinazioni, la violenza e la pazzia. Tali paranoie si sono radicate talmente bene all’epoca, che tutt’oggi l’assenzio fatica a scrostarsi di dosso i pregiudizi.
Provare per credere: vi basterà menzionare la parola “assenzio” a un qualsiasi amico virtuoso per ricevere reazioni che, se da un lato lasceranno intendere che il desiderio di assaggiare l’assenzio ci sia, dall’altro daranno vita a paure conseguenti di viaggi mentali strani con tanto di orecchie che cascano giù finendo per un qualche campo di grano.
Cose simili, però, non accadranno. E questo perché l’ingrediente attivo dell’assenzio, il tujone, colpisce il corpo con le stesse modalità della caffeina. Quindi, se per caso vi capita d’incappare in allucinazioni, è perché avete bevuto assenzio di bassa qualità (o siete nella fase finale d’alcolismo). Quello che dovreste in realtà provare è uno stato di chiarezza e lucidità mentale avanzato, descrivibile come una sorta di stato d’ebbrezza che, anziché abbassare la percezione dei sensi, li aumenta.
C’è stato un periodo in cui l’assenzio era un vero e proprio fenomeno. Nato in Svizzera nel 1792, il celebre distillato ha presto preso piede in tutta Europa, giungendo infine anche negli Stati Uniti. Si stima che, dal 1910, i francesi ne consumassero 36 milioni di litri l’anno. Molti di questi bicchieri d’assenzio venivano tracannati durante “ L'Heure Verte”, l’ora verde, che iniziava alle 5 del pomeriggio e riuniva gli amanti della Fata Verde nei bar delle città. Van Gogh lo amava, così come ne andavano pazzi Rimbaud, Picasso e Verlaine. Anche Ernest Hemingway ne era un estimatore, e lo aveva descritto come “l'alchimia liquida che addormenta la lingua, infiamma il cervello, scalda lo stomaco e trasforma le idee”. Un piccolo assaggio dell’assenzio può mettere in subbuglio il bevitore, ma i suoi effetti, no.
Tornato in Europa, con l’assenzio ormai legale da 15 anni, speravo fosse un po’ più facile berlo di nuovo.
La storia che lega il distillato alla Germania è piuttosto offuscata. Michael Schöll del Absinth Depot di Berlino mi ha raccontato che il proprietario del negozio aveva trovato una “collezione del 1912 di caricature pornografiche collegate all’assenzio” che, per quanto ne sappiamo, “sono l’unica prova di assunzione della bevanda nella Germania dell’epoca,” e ci fanno supporre “l’assenzio fosse effettivamente disponibile per chiunque fosse disposto a prenderselo,”
Tuttavia, essendo le caricature legate alla pornografia e per questo riconducibili a scenari di prostituzione e degrado, è molto plausibile i berlinesi di quegli anni potessero recuperare l’assenzio solo nei bassifondi della città. Stando sempre al proprietario, la Fata Verde “era vista più come una droga che come una bevanda alcolica.”
Per quanto riguarda il presente, Berlino consta ora di 4 bar dedicati all’assenzio. Esatto, quattro. E io non penso siano abbastanza, dato che a Berlino vivono 3,5 milioni di persone. Comunque sia, ho pensato bene di visitarli tutti e 4 in una sola notte, per capire se sia effettivamente possibile incoraggiare la nascita di un quinto bar (ovviamente se però non impazzisco prima).
Il mio amico Ernests (lo so che vi verrà da leggere “Ernest” come Ernest Hemingway, ma il mio amico si chiama proprio Ernests, come il tennista lituano), mi ha accompagnato. Ernests, che odia l’assenzio, ha deciso di farmi compagnia e di prendersi cura di me (anche se per l’ultima parte non posso dire sia stato il massimo). Ernests ha persino bevuto del distillato.
Il nostro viaggio inizia all’Absinth Depot, a Scheunenviertel, un vecchio distretto a luci rosse berlinese. Qui trovate più di 100 varietà d’assenzio diverse, con tanto di bottiglie esposte su degli scaffali altissimi che arrivano fino al soffitto. I muri sono tappezzati da moniti propagandistici che ti ricorderanno che “andrà tutto bene,” mentre al bancone troverete cucchiaini d’argento in vendita (quelli che servono per lo zucchero), e fontane d’acqua per la louche.
Qui bevo un classico, il Lemercier Amer, prodotto da una famiglia in una distilleria del sudest della Francia dal 1811. Sulla bottiglia viene descritto come “squisitamente dolce, leggero e rinfrescante. Al suo interno troverete aromi all’anice, genepì, anice stellate e liquirizia. Alcuni amanti della bevanda notano anche tracce di coriandolo, angelica, cardamomo e menta. 72% alcol, 30-35 mg tujone.”
Io personalmente percepisco un po’ tutti gli aromi, e mi ritrovo felice con il liquido opalescente fra le mani. Il mio cervello inizia a “scaldarsi,” ed Ernests riconosce le note dei Flying Burrito Brothers in sottofondo. Capisco si senta a disagio. Il suo assenzio, e non specificherò quale sia, sa di menta (lo ha scelto perché non gradisce molto il retrogusto dell’anice). Insomma, potremmo proprio dire sappia un po’ di Listerine, e che a ogni sorso lo faccia contorcere in modo teatrale. Per non far sì che Michael s’accorga delle facce del mio amico, mi piazzo esattamente davanti fra i due, ma comunque non riesco a impedire che un cliente appena entrato, che per giunta parla in una lingua a noi incomprensibile, lo noti. Il cliente se ne va poco dopo, rifiutandosi di pagare oggetti che ha puntato per tutta la permanenza al bar, indirizzando l’attenzione di Ernests verso una borsa incustodita lasciata al bancone. “Potrebbe essere una bomba,” mi dice.
“Non ti preoccupare, mica è un aeroporto,” cerco di tranquillizzarlo. Ci rigiriamo per cercala, e la borsa è sparita.
Dall’Absinth Depot prendiamo la metro fino al Druide in Prenzlauer Berg. Nonostante le diverse esperienze degustative, sia io che Ernests ci sentiamo un pochino su di giri. Camminiamo a un metro da terra e guardiamo al mondo di sbieco, eppur consci di tutto, con i nostri cervelli che se la ridacchiano con saggezza e compassione per i nostri compagni di viaggio. Sorridiamo mentre il treno della metro catapulta i nostri corpi per la città, attraversando il buio urbano, sferragliando fra le luci.
Saltato il crocevia metropolitano, arriviamo al bar. E cosa ci troviamo? L’orrore. C’è chiasso e i tavoli sono pieni di gente che raglia. Forse turisti da zaino in spalla. Qualche anno fa sarei anche stato uno di loro, ma ora sono vecchio, mi sono bevuto un dizionario d’alcolici intero e, francamente, mi disgustano.
Qui è dove la gente si ritrova per ubriacarsi, per sfasciarsi con l’assenzio, ignara dei benefici di questa bevanda. Basta guardare la lista dei 10 distillati più forti che vendono. Sembra di stare al tavolo con una dannata squadra di football.
Tra un sospiro di disapprovazione e l’altro, sia io che Ernests ordiniamo il numero 1 della top 10, un assenzio francese chiamato Madoror che presenta un 66% d’alcol e 35 mg di tujone. Ancor prima che io possa farci qualsiasi cosa, il barista immerge dei cubetti di zucchero nel mio drink, al quale poi dà fuoco. Ammetto che la fiammella blu che si crea è decisamente carina ma, interiormente, non posso fare a meno contorcermi e piangere dal dolore. Beviamo il tutto alla goccia (che non è il modo corretto di assaporare l’assenzio), e voliamo verso l’uscita. Mentre cerco di destreggiarmi tra la folla frastornante, una voce riecheggia sopra le altre. “Io adoro la scienza, cavolo, non farmi nemmeno incominciare!”
Sono inoltre sconvolto dagli ululati tipici emessi dagli studenti poco prima di vomitare. Ripeto, non possiamo che volare via. Yahweh, salvaci tu da questa plebaglia!

Il Lauschangriff è a un giro di tram (sul quale sembra di essere una lontra fatta di bruchi), da P. Berg a Friedrichschain, e appena arriviamo sprofondiamo nelle sue sedie lussureggianti. Ordiniamo dell’assenzio, capendo subito si tratti di un bar che, di solito, non ne vende. Così ammiriamo il cranio calvo del barista mentre il suddetto si arrampica per una scala alla ricerca di una bottiglia impolverata adagiata sulla mensola più in alto. Scende giù. Ce ne versa un bicchiere enorme e fine lì. Chiediamo dell’acqua e ci porta due grossi bicchieri ciascuno. Confusi, versiamo l’assenzio nei bicchieri d’acqua, sorseggiando i fumi della Fata Verde che, in questo caso, è 77,7% d’assenzio della Sassonia. È terribile.
I muri del bar sono rossi, cremisi, e su di uno sono dipinti degl’occhi raggianti, gialli, assieme a un paio di narici. Chiedo al barman se si tratti, effettivamente, di un bar dell’assenzio, e lui mi risponde di no. “L’indirizzo è lo stesso ma lo trovate nella porta affianco. Ora è chiuso comunque.”
Ah, fantastico. Il fatto ora è questo: il bicchiere non si berrà da solo, quindi dobbiamo comportarci come faremmo con qualsiasi altro drink, bevendolo. Con voce tremolante, Neil Young canta nei nostri cervelli 'Hey Hey, My My,' e noi iniziamo a parlare a fatica. Gli argomenti da trattare ci sarebbero anche, ma faticano a formarsi e a uscire dalla bocca, soprattutto per via della lingua, che ormai si è ingrossata. Ok, ora biascichiamo proprio.
Uno di noi due se ne esce fuori con un consiglio: “il dentifricio può alleviare il dolore.”
Certo, c’è della verità in questa frase. Così come ce n’è in altre, ma nessuna ci renderà la vita più facile. Così, mentre affondiamo nel dolce oblio delle lingue balbettanti, dalle casse arrivano alle nostre orecchie i Rage Against the Machine. La loro musica è decisamente più arrabbiata delle ali di fata che sbattono leggiadre dentro di noi, quindi capiamo sia il caso di levare le tende. Prendiamo l’U5 e, sebbene a questo punto le nostre menti siano un po’ su di un altro pianeta, i nostri piedi sono ben saldi su questo, e ci permettono di ammirare le pareti della stazione che sfrecciano via. Ancora una volta, sentiamo del calore propagarsi al pensiero delle macchine costruite dall’uomo, nonché a quello di tutti gli sforzi che compiamo nel nome di ciò che è giusto o sbagliato.
Davanti a noi c’è una ragazza. La sua faccia è calma, tranquilla, poi all’improvviso il volto inizia ad accartocciarsi come se stesse per starnutire, solo che invece vomita. Corriamo verso un altro vagone, ma anche lì troviamo del vomito. Il treno finalmente giunge alla nostra stazione ed Ernest non fa in tempo a catapultarsi sulla porta per aprila che subito si ritrova a tirare indietro la mano. Sulla maniglia era appiccicato del porridge disgustoso.
Finalmente allo Zyankali a Kreuzberg, lascio che il mio ordine lo prenda uno stregone con il camice da laboratorio, i capelli lunghi e i baffi attorcigliati alla Dalì. Il menù giallo acceso contiene sia cocktail all’assenzio (fra cui annoveriamo un “Pericolo alla Sobrietà” e l’Hapsburg, l’assenzio più forte al mondo), sia una selezione di shot psichedelici all’agwa, alla cannabis, al liquore di mandragola o al paan. Allo Zyankali troverete anche due tipi d’assenzio fatto a mano, di cui uno stagionato in botti di sherry.
Il bar è splendente e decorato con maschere antigas. Mi giro un attimo ed Ernests è sparito. Ordino l’assenzio di Marylin Manson, il Mansinthe, che vanta un satanico 66,6%, e rimango imbambolato a guardare la fontana d’acqua che gocciola piano nel calice. Sul muro si formano delle ombre, e il locale si riempie di musica jazz.
Marylin Manson aveva dichiarato di aver scritto 'The Golden Age of Grotesque' in 12 ore, tra un bicchiere e l’altro di Fata Verde. È come se sentissi il testo della canzone mentre bevo quella che è la sua creazione alcolica; “Hellzapoppin, apri la tua terza narice…”
E così faccio, prendo un bel respiro, chiudo gli occhi e sento una voce diversa che però non sta cantando. “Ti voglio raccontare dei corsetti delle prostitute tedesche.”
“Mi piace,” rispondo, aprendo anche gli occhi. Ernests è tornato ed è seduto davanti a me su di una barella di pelle nera, con la sua espressione sorniona illuminata dai segnali gialli dei crash-test appesi al muro.
Si avvicina col fare di uno che sa un grosso segreto. “Devi investigare un po’ sulla faccenda di Marilyn Manson e la rimozione delle costole per l’autoerotismo, per la l’auto-fellatio.” La mia testa crolla in avanti e non per provare le pratiche di Manson, bensì perché mi sento favolosamente ebbro.
Sono un uomo solitario, e il piattino a forma di rene con dentro i popcorn asciuga la mia mente. Alzo lo sguardo. Ernests è sparito. Faccio un giro per il bar tenendo le mani congiunte dietro col fare da vero detective.
Le pareti qui sono decorate con poster d’astronomia, chimica, tavole periodiche e illustrazioni anatomiche e mediche, che includono persino consigli su come far passare il mal di testa. A una, quella illuminata da una luce viola, sono appese piante di pomodoro. Le guardo assorto finché una mano fantasma appare dal nulla e mi riporta il drink che avevo lasciato chissà dove. In un armadietto sulle scale ci sono mensole piene di piccoli teschi. Forse teschi d’uccelli. Inizio a chiedermi se anche i pennuti soffrano di mal di testa, e in caso come lo trattino. Forse con una bacca specifica? O un verme? Come hanno fatto a prendere così tanti teschi, dove sono i corpi? Macinati nei drink? Hanno rimosso loro delle costole per la fellatio? Sono come noi? Come Marilyn?
Dopo il Mansinthe è la volta di un assenzio fatto in casa. Non c’è però nessuno con cui parlare e manca ancora un bar alla lista, quindi decido di muovere il sedere dall’altra parte della città.
Al Lauschangriff, finalmente, posso ordinare il Capricieuse. È aromatico e presenta un tasso alcolico del 72%. È uno dei 17 assenzi presenti nel menu, che include anche cocktail come il Bloody Absinthe Brain.
Nonostante io sia bello pieno degli effetti vitalizzanti del tujone, mi sento stanco. E la stanchezza che percepisco non è come quella data dalla birra, dal whisky o dal vino. Si tratta piuttosto di una leggera stanchezza, di un formicolio che il mio corpo sente; la mente è libera, irraggiungibile, come dopo un festival a base di droga. Lascio che i suoi fumi abbiano la meglio.
Trovo una spada lunga, ricurva e metallica, che scopro essere una sedia. Ma non mi ci siedo. Decido di adagiarmi su qualcos’altro. Gli interni del bar sono rossi e scuri, un po’ lussuosi, di pelle. Sembra di stare all’interno delle Tube di Falloppio ma senza le pareti ricoperte di ciglia.
Un uomo mi passa davanti e cerca di battermi il cinque, che io provo anche a ricambiare finendo però a sfiorare a malapena il palmo della sua mano. Ma a lui non importa.
C’è un cane, beve da una ciotola all’angolo. Ad un tavolo, invece, due uomini in camice parlano di scacchi. Alla finestra, vicino a un uomo piccino con la barba che si sta preparando una sigaretta, ne è seduto un altro intendo a mangiare del sushi. Lo osservo mentre si spazzola ogni boccone. Così, mentre lui prende un gamberetto in tempura, lo addenta, e chiude le labbra, io osservo la coda dell’animale passare da una guancia all’altra dell’uomo, sparendo.



 
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