sabato 29 agosto 2020

Un caso famoso di serendipity

Il Moscow Mule


Il Moscow Mule è un famoso drink a base di vodka, ginger beer e lime. Nonostante il suo nome – “Moscow Mule” in inglese significa “mulo di Mosca” – non c’entra nulla con la Russia: fu inventato nel 1941, a Los Angeles, in California. Lo crearono John G. Martin, uomo d'affari, e Jack Morgan, gestore di un locale di Hollywood che tra gli anni Quaranta e Cinquanta era frequentato da molti personaggi famosi, il Cock’n Bull.
Erano entrambi imprenditori molto estrosi che correvano molti rischi: il primo aveva fatto all-in con l'azienda di famiglia G.F. Heublein & Bro acquistando i diritti di distribuzione negli USA della vodka Smirnoff, spendendo una fortuna rischiando la bancarotta poichè riusciva a vendere solo 6000 casse all'anno, mentre il secondo aveva investito molti dei proventi della sua attività per produrre e distribuire ginger beer sotto il marchio del suo noto locale, con scarso successo.
Entrambi si trovarono ad avere magazzini pieni di un prodotto che solo loro o pochi altri sembravano veramente aprezzare negli USA: nonostante la Smirnoff fosse famosissima in tutto il mondo, negli stati uniti per questioni culturali in pochi erano interessati a bersi un prodotto che era la quintessenza dell'unione sovietica, allo stesso modo la ginger beer presentava un gusto amarognolo che era in contrasto con le altre bevande gassose in voga in quel periodo.
Una volta che questi due personaggi si incontrarono nel bar di Morgan, e si raccontarono le loro vicissitudini, la storia vuole che abbiano deciso di cercare una soluzione di interesse comune, così inventarono un drink che mettesse assieme vodka e ginger beer, per dare una toccata di americanità alla prima ed un aggiustamento di gusto alla seconda.
Secondo la storia ufficiale, i due imprenditori coinvolsero una terza persona, Mrs. Sophie Berezinski, figlia di un produttore di rame in unione sovietica, che aveva convinto la società di famiglia a produrre una grande quantità di tazze di rame di un design da lei ideato che non si vendevano per niente in madrepatria. La ragazza partecipò ad altre sessioni di brainstorming con gli altri due personaggi per arricchire la soluzione con la sua tazza di rame, diventata un'icona.
Il prodotto finale si rivelò un successo straordinario, rendendo di conseguenza “cult” le tre materie prime di cui era composto. Ad oggi è uno dei drink più apprezzati in tutto il mondo.
Quindi l'invenzione del Moscow Mule è una perfetta rappresentazione del concetto di Serendipity, con tre personaggi che avevano preso grandi rischi inseguendo un idea fallimentare che, in extremis, sono riusciti ad utilizzare e correggere per raggiungere il successo.
Per dirla alla John Lennon:"life is what happens to you while you're making other plans".







mercoledì 26 agosto 2020

Perché il lambrusco è considerato da molti un vino di scarsa qualità

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Perchè costa poco, probabilmente. Se ne fa moltissimo a bassi costi, in pianura. E' un vino talvolta ottimo, ma, come si dice, di facile beveraggio, ovvero semplice e piacevole, giovane, non troppo alcoolico, di buona acidita' e leggermene frizzante. Il vino da metter sulla tavola tutti i giorni!
Non e' un GRANDE vino, di quelli dai sapori complessi e prolungati, ma non e' per nulla di scarsa qualita'.
Ce ne sono di ottimi, prodotti da cantine sociali e privati.
Personalmente preferisco quello della bassa Reggiana, il vino Brusco di Guareschi!
E' perfetto col salume, il Gnocco modenese, il maiale in genere, ma sta benone, secco, anche con carni bovine o pesci grassi come l'anguilla o il pesce gatto.


martedì 25 agosto 2020

Perché l'ultimo bicchiere viene detto della staffa?



Bere il “bicchiere della staffa” è un modo di dire che si riferisce all’ultimo bicchiere bevuto prima di congedarsi dalla compagnia con cui si è trascorsa una serata e tornare a casa, un rituale di commiato con cui si chiude un piacevole incontro tra amici. L’origine di questo detto è tutta italiana e davvero interessante perché ci rivela un vero e proprio rito e fenomeno sociale molto diffuso non solo nel nostro Paese.
Per “staffa” s’intende quei due arnesi metallici che si trovano ai due lati della sella per facilitare la discesa e la salita a cavallo. L’origine di questo modo di dire andrà dunque rintracciata in quel periodo in cui il cavallo rappresentava il principale mezzo di locomozione e di trasporto.
Secondo quanto raccontato e scritto in alcune memorie di un albergatore torinese, nel 1481 Chiara di Gonzaga e Gilberto I di Borbone, dopo il loro matrimonio e durante il loro viaggio di nozze verso la Francia, fecero tappa in un noto albergo della città per riposare e rifocillarsi. Mentre stavano per risalire sui loro cavalli per proseguire il viaggio, l’albergatore offrì ai due, in segno di cordialità e di gratitudine per aver scelto il suo albergo, un bicchiere di vino. Da qui sarebbe nata l’espressione “bicchiere della staffa”, quello bevuto appunto prima di lasciare un luogo dove si è trascorso del tempo.
L’ipotesi più accreditata fa comunque risalire l’origine di questa espressione e di questa usanza ad una tradizione tutta toscana del XIX secolo. Molto spesso i locandieri e gli osti accompagnavano i signori, che si erano intrattenuti nel loro locale, fino al cavallo con il quale sarebbero tornati a casa. Per dimostrare riconoscenza nei confronti del loro importante cliente, i proprietari offrivano un bicchiere del miglior vino che avevano a disposizione proprio nel momento in cui il signore montava a cavallo. Si trattava di un vero e proprio “rituale sociale”, un segnale di rispetto e di gratitudine, ma anche un tentativo di convincere l’illustre cliente a tornare in quel locale. Ecco perché l’ultimo bicchiere prima di tornare a casa fu chiamato “bicchiere della staffa”.
Questa consuetudine si presentava anche in un’altra occasione: dopo aver ricevuto la visita di qualche persona, era considerata buona maniera che il padrone di casa offrisse un bicchiere di vino al proprio ospite o nel momento in cui stava per abbandonare la casa o quando stava per salire sul proprio cavallo. Quell’offerta era interpretata come un augurio di buon viaggio e di sereno ritorno. Non è un caso che il padrone di casa, per esortare il visitatore a brindare, ricorreva spesso ad un altro modo di dire toscano molto diffuso: “non metterti in cammino se la bocca non sa di vino”. E allora ecco il “bicchiere della staffa”.
Oggi questa usanza è andata persa; il modo di dire è, invece, rimasto ad indicare semplicemente l’ultimo bicchiere prima di andarsene, senza aver un così marcato valore sociale.
L’abitudine di “bere il bicchiere della staffa” la ritroviamo in molti altri Paesi, soprattutto in quelli del Vecchio Continente, dove, probabilmente, arrivò direttamente dall’Italia.
In Inghilterra si parla di “stirrup cup”, “la coppa della staffa”, o di “parting cup”, “la coppa della separazione”. Questa espressione veniva utilizzata nel momento in cui si offriva un bicchiere di augurio ai cavalieri impegnati nella caccia alla volpe. Sempre nel mondo anglosassone, oggi, è diffuso il termine “nightcap”, letteralmente “il berretto della notte”, che si riferisce al bicchiere di vino che si beve prima di andare a letto e, dunque, prima di indossare il berretto della notte. Anche questa è un’espressione di commiato e di saluto, come a dire: “ora bevo l’ultimo bicchiere poi vado a casa a dormire”.
In Scozia si parla, invece, di “drink of the door”, cioè fare un brindisi prima di lasciare la casa di qualcuno. Il significato è sempre quello di augurare un buon viaggio e una buona continuazione.
“Coup de l'étrier” è invece l’espressione francese per indicare il bicchiere della staffa. Secondo la leggenda, questa consuetudine sarebbe stata tramandata proprio da Chiara di Gonzaga e Gilberto I di Borbone nel loro viaggio d’Oltralpe.
Infine, è curioso il fatto che in Germania non esista alcuna espressione riferita alla “staffa” e al “bicchiere della staffa”, molto probabilmente perché l’usanza di brindare prima di salire sul cavallo non è stata parte delle abitudini tedesche. C’è comunque un altro termine che si riferisce all’ultimo bicchiere da bere prima di lasciarsi: “Scheidebecher”, il “bicchiere della divisione”.


lunedì 24 agosto 2020

La differenza tra cognac, brandy e armagnac

Le differenze tra Cognac e Armagnac - Barman Italia



Brandy é il termine che designa in inglese e a livello internazionale l'acquavite di vino. Si tratta di un termine generico, cioè di vino distillato tramite un processo di distillazione di vino prodotto con uve di qualità.
L'acquavite di vino prodotto nella zona di Cognac si chiama cognac e quello prodotto nell'Armagnac si chiama armagnac. Si tratta di due località ubicate in Francia, nel sud ovest.

domenica 23 agosto 2020

L'alcolico che procura le peggiori sbronze

Qual è il vino che ubriaca di più? - I Vini del Ventaglio



Per esperienza personale
Vino bianco di buona qualità va giù come acqua, la sbronza intendo, non crea molto problemi, ovviamente se è la prima sbronza sono cavoli, ma vale per tutti.
Vino rosso a causa di altre sostanze, così mi hanno detto, causa sbronze peggiori, ed è vero, perché il giorno dopo ho buttato fuori pure l’anima, maledetto vino rosso.
Tequila e Rum vai che è una bellezza, se riesci ad ubriacarti con queste vuol dire che hai delle papille gustative inesistenti, perché hanno un sapore veramente forte, comunque il risultato è simile al vino.
Vodka apriti cielo, meglio tenersi libero per la settimana post sbronza, le probabilità di finire in qualche ospedale è molto elevata.
Ma la peggiore di tutte è la birra, specialmente quella scura. Quando ti ubriachi inizialmente passi la serata in bagno perché la quantità di liquidi ingerita è molta, la mattina dopo la passerai in bagno perché tutte le sostanze scarse che ci mettono dentro fanno effetto e fidati non lo auguro a nessuno, non puoi schiodarti dal bagno per un bel po’.
Poi in realtà gli effetti dell’alcool quindi etanolo sono uguali, cambia solo da come ti scoli i drink, quello che fa la differenza sono le altre sostanze, per questo birra è vino di bassa qualità sono i peggiori.


sabato 22 agosto 2020

La differenza tra bar e pub

Differenza tra pub e bar / Stile di vita | La differenza tra ...



Ti spiego la differenza in Italia perché all'estero funziona in modo diverso.
Un bar si intende un luogo dove le persone vanno magari a prendere un caffè o sono di passaggio. Sono luoghi di ritrovo magari per persone di una certa età che possono giocare a carte prendendo un bicchierino, eccetera, e di solito sono quasi sempre aperti durante il giorno, ma chiudono la sera diciamo attorno alle 19, 19:30.
Invece il pub che sarebbe un diminutivo di "Public House" sono quelli che intendiamo noi come locali. Di solito sono perlopiù aperti di sera e a volte fino a tardi. Sono frequentati perdipiù da amici che vogliono ritrovarsi per socializzare, magari bevendo una birra, eccetera.
Questa differenza si riflette anche in altri aspetti esteriori. Di solito i bar sono più alla buona, sia come servizio che come arredamento. Magari hanno la classica tovaglia a quadri col quotidiano sopra, ecc. Le persone che ti servono non sanno fare cose troppo complicate e non c'è molto assortimento nel bere, al di là di quello che trovi già dietro il bancone.
Peraltro lo stesso termine "bar" deriva proprio dalla "sbarra" (bancone) dietro cui sta l'inserviente!
Invece i pub sono un po' più ricercati. Per evidenziare l'origine "english" del nome, tendono di solito ad avere un arredamento che ricorda un po' effettivamente quello di alcuni locali inglesi o irlandesi. Solitamente hanno un ottimo assortimento di alcolici, specie birre e derivati, cocktails ecc.
I bar hanno prezzi solitamente modesti, e se fanno anche da mangiare di solito sono panini, toast, pizzette, cibi confezionati. I prezzi sono comunque economici.
I pub invece fanno panini un po' più elaborati, spesso offrono "fish & chips" ecc.
I prezzi sono decisamente più elevati, anche per via dei costi senz'altro maggiori di gestione.




giovedì 20 agosto 2020

Bevande che erano famose in passato e che sono ormai passate di moda


L'orzata, da non confondere con il latte di mandorla. Era una bevanda ottenuta dall'orzo con aggiunta di vaniglia e aroma di fiori d'arancio.


La spuma, una bibita venduta negli anni '20 a base di acqua gassata, zucchero, aromi e caramello in due versioni, bionda o nera e poi alla menta e agli agrumi.


La granatina, una bibita a base di succo di melograno, anticamente chiamato granata. Veniva ottenuta dai chicchi di melograno a cui veniva aggiunto miele e zucchero e poi diluita in acqua e ghiaccio. Oggi viene usata solo come ingrediente per cocktail come il Singapore sling.


Il rosolio, un liquore ottenuto a partire da alcool ed essenza di rose diffuso in tutta Italia a partire dal Rinascimento. Vennero anche prodotti rosoli di menta, agrumi, caffè e anice.


Il mandarinetto, una variante del limoncello e dell'arancello. Molto diffuso negli anni '60-'70, oggi viene prodotto solo in distillerie artigianali.


Il bargnolino o prunella, un liquore ottenuto dal frutto del prugnolo con aggiunta di alcool, zucchero e vino rosso.


Il genepì, un liquore ottenuto da un arbusto aromatico del genere Artemisia che cresce spontaneo sulle Alpi. Era diffuso soprattutto in Piemonte e Valle d'Aosta e nella Savoia francese. Oggi viene prodotto solo in piccole distillerie locali del Piemonte.


L'anisetta, un liquore ottenuto da semi di anice, da non confondere con l'anice che viene aggiunto al caffè o nei dolci. Era molto diffuso nella seconda metà dell'800 fino ai primi anni del '900, oggi é praticamente scomparso.


La sambuca, da non confondere con la pianta del sambuco. É un liquore ottenuto dall'infusione di semi di anice stellato, molto nota in Italia fino agli anni '80, era spesso bevuta d'estate con ghiaccio o con chicchi di caffè.


L'assenzio. Una volta questo liquore era il piú diffuso in tutta Europa e America. Era uno dei simboli della Belle Époque sebbene avesse la fama di liquore maledetto, una fama datagli dai produttori di vino che ne temevano la concorrenza. Veniva prodotto a partire da erbe, fiori e foglie dell'assenzio maggiore e bevuto con ghiaccio e zucchero e allungato con acqua (berlo puro era impossibile). Nel 1915 ne venne proibita la produzione a seguito delle pressioni dei produttori di vino ma oggi il divieto di produrlo é caduto ed é di nuovo in produzione.


Il brodo di giuggiole; in realtà non é un brodo ma un liquore ottenuto dai frutti dell'albero del giuggiolo, una volta molto diffuso nella penisola mentre oggi é una specie protetta. Viene ottenuto partendo da giuggiole appassite, mele cotogne, uva, zucchero, vino e scorza di limone. L'espressione "andare in brodo di giuggiole" deriva proprio dalla bontà e diffusione del prodotto.




 
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