Il Rosolio
al Cacao è un liquore a media
gradazione alcoolica (28%) molto dolce e gradevole, apprezzato
soprattutto da coloro che non amano gli alcoolici particolarmente.
Il Rosolio
è un tipo di liquore, o meglio
una soluzione liquorosa derivata dai petali della rosa, che viene
utilizzata come base per la preparazione di altri liquori di vario
sapore.
È molto diffuso soprattutto nel Sud
Italia e in Piemonte. In particolare, in Sicilia sin dal Cinquecento
veniva prodotto in casa e offerto agli ospiti in segno di buon
augurio. Nell'isola sono state sperimentate varie ricette di rosolio,
tra cui quelle realizzate con agrumi, caffè, anice e menta.
Il Vocabolario della Lingua Italiana di
Zingarelli definisce il rosolio come “liquore preparato con alcol,
zucchero e acqua nella stessa proporzione, con in più un'essenza che
gli dà nome”: quindi, rosolio alla rosa, rosolio alla menta, ecc.
L'etimologia che gli attribuisce è quella di ros solis; cioè
rugiada di sole. Drosera e rosolida provengono dal greco col
significato di coperto di rugiada, infatti le drosere sembrano essere
ricoperte di rugiada. Con la Drosera rotundifolia L. la farmacopea
faceva un elisir denominato ros solis, originario della Dalmazia. La
parola ros solis si sviluppò in rosolio, interpretato come liquore
fatto con delle rose. Di conseguenza i petali delle rose servono a
poco nella definizione del nome.
A Ficarra, in provincia di Messina, una
particolare ricetta consigliava di prepararlo tenendo imbottigliati
insieme per una settimana l'alcool (a cui erano stati precedentemente
aggiunti le scorze di tre arance macerate per quaranta giorni e della
vaniglia) e uno sciroppo realizzato semplicemente con zucchero e
acqua.
Il concerto è un tipo di rosolio
prodotto nella costiera amalfitana.
La regione Piemonte ha ottenuto dal
ministero il riconoscimento del rosolio tra i prodotti agroalimentari
tradizionali italiani.
- Nel romanzo Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello a Mattia Pascal viene offerto un bicchiere di rosolio dalla vedova Pescatore, al posto del vermouth offertogli da Romilda.
- In un passo del romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la principessa lascia un bicchiere di rosolio prima di una partenza e lo ritrova un anno dopo nello stesso posto in cui l'aveva lasciato.
- Nel romanzo Notturno indiano di Antonio Tabucchi, il protagonista paragona le opere di Hermann Hesse al rosolio, dicendo che "è un liquore dolciastro e appiccicoso".
- Nel romanzo Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi del 1883, La Fata dai capelli turchini offre un confetto ripieno di rosolio a Pinocchio, scena rappresentata anche nello sceneggiato Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini del 1972.
- Nel romanzo Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba, Gigino Balestra racconta come è finito al collegio: per festeggiare il Primo maggio aveva invitato di nascosto nella pasticceria del padre una compagnia di amici che, ubriacati di rosolio, sfasciarono il negozio.
- Rosolio è il nome di un personaggio Disney, spasimante della maga Amelia.
- Nel film Il risveglio delle tenebre, Will Stanton beve un bicchiere di rosolio.
- Nel film La banda degli onesti, Totò offre un bicchiere di rosolio al maresciallo, capo del figlio finanziere.
- Nel film Miseria e nobiltà, dietro Totò, che cerca di scattare una foto a due turisti, si intravedono le insegne del bar che offrono Sorbetti e Rosoli.
- Nel fumetto Corte Sconta detta Arcana di Hugo Pratt, Bocca Dorata offre un bicchierino di rosolio a Corto Maltese.
- In Shrek Terzo, il Principe Azzurro giunto alla locanda "La Mela Avvelenata" ordina del rosolio invecchiato.
- Nel film Novecento di Bernardo Bertolucci, Stefania Casini offre un bicchiere di rosolio a Gérard Depardieu e Robert De Niro prima di avere un attacco epilettico.
- Nel film Un angelo per Satana di Camillo Mastrocinque, Claudio Gora propone ad Anthony Steffen diverse bevande alcoliche, tra cui il rosolio
- Nella poesia Carnevale di Gerti di Eugenio Montale sono citati "Carri dalle tinte di rosolio".
Il
Cacao
(Theobroma Cacao
Linneo (L.), 1753) è una pianta
appartenente alla famiglia Sterculiaceae (attribuita alle Malvaceae
dalla classificazione APG), originaria dell'America meridionale.
Si presenta in forma di albero
sempreverde, alto 5–10 m.
Foglie persistenti, alterne, ovali, con
margine lievemente ondulato, lucide nella parte superiore, con
picciolo fogliare dotato di articolazione che permette di orientarsi
a seconda dell'intensità luminosa. Non tutte le specie di cacao
hanno le foglie verdi.
Piccoli fiori sparsi a mazzetti,
bianchi, verdi o rosei, che spuntano direttamente sul tronco o sui
rami adulti; di essi solo pochi si trasformeranno in cabosside,
ovvero in frutti del cacao; hanno un calice profondamente diviso, i
cinque petali sono clavati, l'ovario è sessile.
Dall'ovario si sviluppa il frutto
(cabossa) a forma di cedro allungato, di colore
giallastro-verdognolo, che diventa bruno-rossastro a maturazione, con
la buccia solcata da 10 strisce longitudinali e contenente da 25 a 40
semi; i semi sono immersi in una sostanza ricca di zuccheri, chiara e
di consistenza gelatinosa. Il peso della cabosside è variabile fra
300 e 500 grammi, lunghezza di 10–15 cm. In casi eccezionali tale
frutto può arrivare anche a 1 kg.
All'interno di una polpa asprigna sono
racchiusi numerosi semi ovali e piatti, a forma di mandorla, di
colore bruno-violaceo, disposti in cinque file, contenenti zuccheri,
grassi, albuminoidi, alcaloidi e coloranti.
Tra questi alcaloidi, i più importanti
sono la teobromina e la caffeina (contenuta in quantità ridotta): il
primo è un euforizzante mentre il secondo è un eccitante; grosse
quantità di cacao possono infatti indurre una dipendenza
fisiologica. La teobromina ha inoltre effetti diuretici: era infatti
adoperata come diuretico in casi di scompenso cardiaco, finché non è
stata rimpiazzata da farmaci più efficaci.
- Cacao criollo - Theobroma cacao cacao definito anche cacao nobile.
- Semi bianchi, molto profumati e poco amari; originario del Messico, esso rappresenta il seme dei Maya, poco produttivo ma delicato e di qualità pregiata. Il cacao Criollo è più diffuso in America centrale e nel nord del Sudamerica, soprattutto nei suoi paesi d'origine, l'Ecuador ed il Venezuela. Particolarmente sensibile alle intemperie, ha bisogno di molte cure e la sua resa è relativamente scarsa. I suoi semi sono ricchi di aroma e di sostanze odorose. Il cacao Criollo, sia per i ridotti quantitativi che ne vengono prodotti (rappresenta meno del 10% sul totale del raccolto mondiale), sia per il prezzo più alto, è destinato alla fabbricazione di cioccolata di alto pregio.
- La produzione mondiale non supera l'1% del totale, mentre per la produzione di cioccolato, esso rappresenta il 10% delle specie di cacao utilizzate.
- Cacao forastero - Theobroma cacao sphaerocarpum o cacao di consumo
- Semi violetti dal gusto forte e amaro. Robusto e molto produttivo, dunque più a buon mercato.
- Molto diffuso, con esso viene prodotto l'80% del cioccolato; rappresenta oltre l'80% di tutto il cacao raccolto nel mondo.
- Coltivato in Africa occidentale, in Brasile e nel sud-est asiatico. Più resistente e di migliore resa, il cacao forastero dà un cacao lievemente aspro e amaro. Nelle varie zone di coltivazione si producono qualità più fini o più ordinarie, che vengono selezionate in funzione dell'uso cui sono destinate oppure mescolate tra loro.
- Cacao Trinitario (ibrido dei primi due)
- Originario della bassa Amazzonia (Trinidad), con caratteristiche intermedie ai primi due.
- Coltivato in: Messico, Trinidad, Caraibi, Colombia, Venezuela, Asia sud-orientale. Esso rappresenta il 10% della produzione di cioccolato.
La coltivazione richiede elevate spese
d'impianto e comincia a produrre dal quinto anno, mentre la
fruttificazione dura per un trentina d'anni.
La pianta teme l'insolazione diretta e quindi cresce all'ombra di alberi più alti quali palme e banani. Ogni pianta fornisce 1–2 kg di semi secchi; la fruttificazione è continua ma durante l'anno si hanno due periodi di massima produzione.
La pianta teme l'insolazione diretta e quindi cresce all'ombra di alberi più alti quali palme e banani. Ogni pianta fornisce 1–2 kg di semi secchi; la fruttificazione è continua ma durante l'anno si hanno due periodi di massima produzione.
Il cacao di piantagione è coltivato
tra il 20º parallelo nord e il 20º parallelo sud, ad altitudine più
bassa rispetto a quello selvatico, per comodità di raccolta.
Tre le grandi zone dove viene coltivato
in grandi quantità, in particolare:
- Cacao americano: i più apprezzati sono quello messicano, il Bahìa brasiliano, coltivato in Brasile, Colombia e Ecuador e infine il Chuao e Porcelana, coltivati in Venezuela.
- Cacao asiatico: Indonesia e Sri Lanka.
- Cacao africano: importante la qualità prodotta in Ghana e anche quelle coltivate in Camerun, Nigeria, Costa d'Avorio e Madagascar.
Il cacao è coltivato su circa 17
milioni di acri (27.000 miglia quadrati; 69 000 km²) in tutto il
mondo. Secondo la (Organizzazione delle Nazioni Unite per
l'alimentazione e l'agricoltura – FAO).
Ogni pianta fornisce 1–2 kg di semi
secchi. Il cacao secco mercantile, che ha una resa del 50% rispetto
al seme raccolto, si ottiene mediante lieve fermentazione,
essiccamento e macinazione dei semi stessi.
Il frutto della pianta (definito
cabossa), si raccoglie un paio di volte all'anno, viene schiacciato e
lo si fa riposare per circa una settimana, per poi estrarne la polpa
ed i semi. Un albero produce dai 20 ai 50 frutti maturi all'anno
della dimensione di una barbabietola da zucchero (lunghezza 15/25 cm;
diametro 7/10 cm; peso 500 g).
Il procedimento di fermentazione può
essere leggermente diverso a seconda del tipo di cacao che si vuole
ottenere; tempo fa, ad esempio, la fermentazione avveniva in appositi
cassoni di legno. Negli attuali processi di produzione, polpa e semi
si fanno fermentare insieme per 5 o 6 giorni; un tempo, invece, la
fermentazione del criollo non superava i tre giorni. La temperatura
di fermentazione si assesta sui 45 - 50 °C e durante questo periodo,
la polpa si liquefa e viene eliminata. La fermentazione inattiva il
seme, che smette di germogliare e provoca il rammollimento della
polpa rimasta aderente al seme, un processo di leggero addolcimento
del cacao e inoltre l'ingrossamento del seme che assume una
colorazione bruna; la fermentazione provoca l'ossidazione dei
polifenoli, un'ossidazione troppo scarsa provoca un sapore amaro,
mentre una troppo spinta rende il seme insipido (formazione dei
precursori d'aroma). Attualmente la fase di fermentazione è
sostituita dalla fermentazione in armadi su plance in legno di cedro
da circa 80 cm che consentono un prodotto fermentato in maniera più
omogenea ed esente da muffe.
I semi vengono sottoposti ad
essiccazione al sole per bloccare la fermentazione e per ridurre il
contenuto di umidità che favorirebbe lo sviluppo di muffe. I semi
sono distesi al sole e in questa fase occorre molta manodopera per
coprire velocemente i semi di cacao in caso di pioggia. Questa fase
dura 7-15 giorni.
Durante l'essiccatura i semi vanno accuratamente protetti dall'umidità, che potrebbe indurre la formazione di muffe e rendere il raccolto inutilizzabile per l'uso alimentare. I semi di cacao rovinati sono comunque recuperabili come fonte di burro di cacao, usato anche nell'industria cosmetica. Un'essiccatura accelerata o artificiale è più rapida, ma produce un cacao di qualità inferiore, usato nelle produzioni industriali.
Durante l'essiccatura i semi vanno accuratamente protetti dall'umidità, che potrebbe indurre la formazione di muffe e rendere il raccolto inutilizzabile per l'uso alimentare. I semi di cacao rovinati sono comunque recuperabili come fonte di burro di cacao, usato anche nell'industria cosmetica. Un'essiccatura accelerata o artificiale è più rapida, ma produce un cacao di qualità inferiore, usato nelle produzioni industriali.
Con queste procedure i semi sono resi
fragili per il rammollimento della pellicola esterna; così le due
metà dei semi si suddividono mediante semplice pressione, il seme si
divide così in due parti, dette cotiledoni.
Il prodotto essiccato viene poi
insaccato ed inviato ai centri di raccolta.
Questo processo, chiamato
impropriamente torrefazione, dura fra i 70 e i 120 min, con
temperatura variabile in funzione del prodotto che si vuole ottenere:
la produzione di cacao da cioccolato richiede una temperatura fra i
98 e i 104 °C, mentre per la produzione di cacao in polvere fra i
116 e i 121 °C. Vi sono due tipologie diverse di tostatura:
- In speciali essiccatoi in cui i semi, mentre cadono, sono investiti da un getto di aria calda.
- Per avanzamento su letto fluido.
Questa operazione serve a facilitare la
decorticazione del cacao e anch'essa determina l'addolcimento dello
stesso.
Questo trattamento termico può
riguardare le fave intere, i cotiledoni, la granella o il liquor. Il
trattamento tradizionale prevede che le fave intere vengano investite
da aria calda. In questo caso le bucce sono aspirate al termine del
processo. La tostatura della granella e del liquor (quest'ultima meno
utilizzata) è preceduta da un processo di pre-riscaldamento o
pre-tostatura che ha la funzione di ottenere il distacco della
buccia, rende il perisperma fragile e secco permettendone il
distacco. Il preriscaldamento può anche essere effettuato mediante
lampade a infrarossi, aria calda o vapore, trattamenti che consentono
un distacco della buccia più ottimale. La temperatura non deve
superare i 150 °C anche se la durata e l'entità del trattamento
termico possono essere influenzate dalla dimensione, dalla varietà,
dal grado di maturazione del frutto..
I tempi sono variabili da pochi minuti
a due ore circa.
Si ha un'ulteriore riduzione
dell'umidità del frutto dal 2-3% circa; la temperatura viene
aumentata nel caso in cui la cacao sia destinato alla produzione di
cioccolato fondente.
Questo trattamento termico ha la
funzione sia di consentire la formazione dell'aroma del cioccolato
mediante l'instaurarsi delle reazioni di Maillard e l'ossidazione dei
composti fenolici, di consentire l'evaporazione di acido acetico
ancora eventualmente presente e di altri esetri volatili negativi per
l'aroma.
Altro ruolo importante quello
igienico-sanitario uccidendo microganismi e larve di parassiti
sopravvissuti ai precedenti trattamenti.
Le fave trattate sono poi trasferite
agli impianti di separazione bucce e rompicapo
Dopo la tostatura si esegue un lungo
processo di decorticazione e di degerminazione per mezzo di macchine
apposite; i cotiledoni, dopo questa operazione, possono essere
venduti allo stato di fatto oppure la lavorazione può continuare
tramite la triturazione.
I cotiledoni vengono macinati fra
cilindri caldi, che, fondendo il grasso contenuto (in percentuali
superiore al 50%), li trasforma in una massa fluida, viscosa e bruna
detta massa di cacao o liquore.
A questo punto viene addizionato di carbonato di potassio ( aggiunto solo nella produzione industriale ma non artigianale) per amalgamare il grasso con le altre componenti ma anche per neutralizzare i tannini. La massa di cacao può essere utilizzata allo stato di fatto se si vuole fare il cioccolato, oppure continuare il trattamento con la separazione del grasso.
A questo punto viene addizionato di carbonato di potassio ( aggiunto solo nella produzione industriale ma non artigianale) per amalgamare il grasso con le altre componenti ma anche per neutralizzare i tannini. La massa di cacao può essere utilizzata allo stato di fatto se si vuole fare il cioccolato, oppure continuare il trattamento con la separazione del grasso.
Una buona parte del grasso viene
separata per pressione, la parte rimanente, che ha ancora il 20-28%
di grasso, viene posta in contenitori, nei quali si concreta in
lastre in ambiente raffreddato dette panelli. Il burro di cacao può
venire separato dalla pasta ottenuta anche tramite il processo Broma
(sacchi di pasta di cacao appesi in una stanza calda, da cui il burro
di cacao cola via).
Le lastre vengono quindi ridotte a
polvere impalpabile.
Questa polvere viene detta cacao solubile, ma è una denominazione impropria, in quanto non esiste una forma di cacao solubile; tale denominazione indica che la polvere viene suddivisa così finemente da rimanere in sospensione quando è mescolata con acqua.
Questa polvere viene detta cacao solubile, ma è una denominazione impropria, in quanto non esiste una forma di cacao solubile; tale denominazione indica che la polvere viene suddivisa così finemente da rimanere in sospensione quando è mescolata con acqua.
Consiste nell'eliminare la parte grassa
rimanente tramite un riscaldamento con vapore e carbonato di sodio o
di potassio per un tempo sufficiente affinché l'amido si trasformi
in destrina e avvenga una parziale scissione del grasso rimanente;
questa pratica è molto utilizzata dai fabbricanti olandesi, ma
esistono anche altri metodi.
L'aroma e il sapore tipici del cacao
sono dovuti all'olio essenziale del cacao, costituito da oltre il 50%
di linalolo, dal 4% - 10% di acido ottanoico (con tracce di acido
esanoico e acido nonanoico) e da una miscela di esteri, tra cui
l'acetato di amile, il propionato di amile, il butirrato di amile, il
butirrato di esile, il propionato di esile e l'acetato di linaloile.
Il cacao ha un potere antiossidante
(ORAC) tra i più elevati in assoluto, un indice di valore 80933,
circa 19 volte più potente di una mela, che notoriamente viene
considerata un ottimo antiossidante. Le qualità del cacao sono
varie: è indicato in quanto energetico, leggermente stimolante e
secondo alcuni studi avrebbe anche virtù antidepressive.
Deriva dalla torrefazione del cacao nel
processo di produzione di cioccolata. Oltre ad essere un pacciame, è
anche un buon concime organico a lenta cessione. La buccia di cacao
proveniente dal Ghana ha livelli NPK 5,7-0,4-4,8 con un ph 5,4. La
buccia di cacao proveniente dal Sud America, distribuita da grosse
multinazionali del cioccolato, utilizzata prevalentemente negli Stati
Uniti ha livelli inferiori di NPK e un ph più acido. È un biocida
antiparassitario del terreno, allontana le lumache per la sua qualità
ruvida, drena e condiziona il terreno, è facile disfarsene poiché
si rimescola al terreno aumentandone così la sua qualità
fertilizzante.
In base alle ricostruzioni storiche,
sembra che i Maya siano stati gli scopritori e i primi coltivatori
del cacao; secondo una leggenda azteca, la pianta fu donata dal dio
Quetzalcoatl per alleviare gli esseri umani dalla fatica. Gli europei
scoprirono i semi del cacao quando Cristoforo Colombo li ricevette in
dono, durante il suo quarto viaggio, presso l'isola di Guanaja. Nella
civiltà azteca erano considerati un bene di lusso, e venivano
importati per il fatto che la pianta non cresceva sul territorio
dell'impero.
Il consumo del cacao era una
prerogativa dei ceti alti (nobili, guerrieri e sacerdoti), e
rappresentava uno dei cardini della cucina azteca. I semi di cacao
erano talmente preziosi da venire adoperati anche come moneta. Da ciò
il primo nome del cacao (Amygdalae pecuniariae ovvero mandorla di
denaro) poi sostituito da Linneo in Theobroma cacao o cibo degli dei.
Le fonti del tempo narrano anche di frequenti contraffazioni
effettuate riempiendo i gusci vuoti con sporcizia o fango. Proprio
dal termine azteco in lingua nahuatl xocoatl deriva la parola
"cioccolato".
I semi di cacao arrivano in Europa solo
con Hernán Cortés nel 1528. Qui la bevanda ottiene il successo solo
con l'aggiunta di zucchero, anice, cannella e vaniglia. Nel 1606 il
cioccolato si produce anche in Italia, a Firenze e Venezia. Nel 1678
Antonio Ari ottiene dai Savoia il permesso di vendere la cioccolata
in "bevanda". Alla scuola torinese di cioccolato si forma
Francois-Luis Cailler che nel 1819 fonda la prima fabbrica svizzera
di cioccolato a Vevey.
Nel 1802 il genovese Bozelli costruisce
una macchina per raffinare la pasta di cacao. Nel 1828 l'olandese van
Houten separa il burro di cacao. Nel 1865 a Torino Caffarel mescola
cacao e nocciole producendo il cioccolato gianduia. Nel 1878 lo
svizzero Daniel Peter mescola il latte al cacao producendo il
cioccolato al latte. Nel 1879 a Berna Rodolphe Lindt produce il
cioccolato fondente. Nel 1923 a Chicago Frank Mars inventa la
barretta al cioccolato.
Per mezzo litro di rosolio servono:
- 300g zucchero.
- 175g alcool 90 gradi, oppure 130g alcool 95 gradi.
- 175g acqua.
- 50g cacao magro amaro.
- Mezza bustina di vanillina.
- 1g cannella in polvere.
In un bricco o pentolino con fondo
spesso, inserire lo zucchero, il cacao, la vanillina e la cannella,
quindi mescolare bene in modo da ottenere una miscela omogenea.
Aggiungere l'acqua, e porre sul
fornello a fuoco basso, mescolando con un cucchiaio in modo da
ottenere una soluzione omogenea, generalmente a temperatura di 50
gradi. Quindi lasciare raffreddare.
Aggiungere alla soluzione raffreddata
l'alcool, passare il tutto con la frusta (meglio se elettrica) in
modo da eliminare eventuali grumi, quindi imbottigliare lasciandola
riposare in ambiente tiepido per un mese.
È preferibile utilizzare alcool con
sapore delicato, meglio se a 90 gradi.