martedì 12 aprile 2022

Cantina

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Il termine cantina (che per gli antichi romani era detta apoteca e che Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi chiamerà stanza terrena) identifica sia i locali delle aziende produttrici destinati alla vinificazione, conservazione ed affinamento dei vini ed in generale delle bevande alcoliche prodotti, sia il locale che un privato o il titolare di ristorante o di enoteca destina alla corretta conservazione delle bottiglie prima del consumo o della vendita.
Questo post tratta le caratteristiche ideali che deve avere una cantina privata affinché il vino possa essere conservato nella maniera corretta senza subire alterazioni o danneggiamenti.
Tali caratteristiche, tuttavia, possono essere considerate valide anche nel caso dei locali di un'azienda destinati alla conservazione ed all'affinamento, prima della sua commercializzazione, del vino prodotto.

Caratteristiche generali
Nonostante le caratteristiche della cantina ideale possano cambiare in base alle idee, alle aspettative di ciascuno, esistono dei principi oggettivi di base da rispettare.
Il vino infatti, essendo una sostanza delicata ed in continua evoluzione, va conservato in un luogo protetto ma anche aerato, scuro, umido, fresco, silenzioso, al riparo da vibrazioni, esente da fonti di cattivo odore.
Nell'adibire un locale a cantina, occorre accertarsi che lo stesso abbia determinate caratteristiche climatiche e fisiche.
Umidità
Sulla base dell'esperienza acquisita nel tempo, si è constatato che il parametro umidità, in genere meno considerato, è invece quello da tenere di più sotto controllo.
Il valore di umidità relativa della cantina dovrebbe sempre essere compreso tra il 70 e l'80%, ancora meglio se superiore a 80.
Infatti nella bottiglia, che va conservata sempre in posizione orizzontale, da una parte del tappo c'è il vino, e quindi il valore di umidità è al 100%, dall'altra c'è l'ambiente, che dovrebbe avvicinarsi a questo valore affinché venga limitata la tendenza del vino ad uscire dalla bottiglia.
Infatti un'eccessiva secchezza del sughero dalla parte esterna della bottiglia rischierebbe di favorire l'uscita del contenuto verso l'esterno, facendolo quindi diminuire e provocandone l'ossidazione. Il tappo si deve idratare anche con l'aria esterna e non solo risucchiando il vino dall'interno.
Una lieve formazione di muffa dalla parte esterna del tappo, benché remota, è possibile, ma sicuramente meno dannosa della secchezza del tappo. Si ha esperienza di cantine umidissime, che riducono le etichette a brandelli in pochi anni, ma che al tempo stesso conservano i vini in modo esemplare.
Per poter mantenere un elevato valore di umidità nel locale è preferibile lasciare il fondo senza pavimentazione, ricoperto eventualmente da alcuni centimetri di ghiaia o argilla espansa, affinché la cantina si possa "nutrire" dell'umidità trasmessa dal sottosuolo.
La ghiaia potrà anche essere leggermente innaffiata di tanto in tanto, se l'umidità dovesse rivelarsi non sufficiente.
Se proprio non si può avere un fondo non pavimentato, si può cercare di ovviare disponendo in cantina una o più bacinelle contenenti acqua con un po' di polvere di calce sul fondo, onde evitare che l'acqua si trasformi in coltura batterica.
Per evitare il deterioramento dell'etichetta si può avvolgere la bottiglia con una pellicola di plastica per alimenti.

Temperatura
La temperatura deve mantenersi costante lungo il corso dell'anno, o almeno variare lentamente; i bruschi cambiamenti di temperatura sono estremamente dannosi per il vino, che si contrae e si dilata al variare della stessa.
L'energia accumulata sotto forma di temperatura può provocare l'aggregazione e la precipitazione dei polifenoli (antociani) e tannini, che sono le sostanze coloranti del vino.
Le dilatazioni e contrazioni inoltre premono e tirano sul tappo, aumentando il ricambio d'aria e di conseguenza l'ossidazione. Oltre ad evitare che vi siano eccessive variazioni di temperatura, occorre stabilire qual è la temperatura ottimale.
Se la temperatura è troppo elevata il vino evolve più in fretta, matura ed invecchia prima, o addirittura potrebbe leggermente rifermentare se vi fossero al suo interno lieviti ancora vivi ed un qualche residuo zuccherino.
Se la temperatura è troppo bassa potrebbero avere luogo precipitazioni dell'acido tartarico in sali di tartrato che in qualche modo impoverirebbero il vino.
Sulla base dell'esperienza acquisita si è rilevato che le temperature ottimali sono 10-12 °C per i vini bianchi e 12-14 °C per i vini rossi.
Dovendo effettuare una scelta, è bene ricordare che un'escursione più fredda è meglio di un'escursione più calda.
Affinché il locale possa avere le caratteristiche termiche desiderate è preferibile che lo stesso si trovi ad almeno quattro metri sotto il livello del suolo; se ciò non fosse possibile, si può cercare di ovviare all'inconveniente con una piccola finestra aperta sul lato nord, ed isolando il locale con pannelli isolanti di varia natura. Questi accorgimenti dovrebbero essere sufficienti nei paesi dal clima temperato, salvo alcune località del sud.
In alternativa si può prendere in considerazione l'installazione di un climatizzatore, tuttavia i costi, in genere ingiustificati rispetto al valore dei vini contenuti in una cantina "normale", potrebbero essere eccessivi.
Infine, se si conoscono i valori di temperatura nei vari punti del locale, è preferibile disporre i vini bianchi ed i vini spumanti nelle zone più fresche (solitamente in basso), e i vini rosati, i rossi leggeri ed i rossi importanti nelle zone meno fresche (solitamente in alto), in analogia alle diverse temperature consigliate per il consumo dei vini.

Luce
La cantina deve essere buia; infatti anche la luce è energia e, come per la temperatura, l'energia che il vino accumula può provocare l'aggregazione e la precipitazione dei polifenoli; di conseguenza un vino esposto alla luce invecchia più rapidamente.
In Francia si definisce goût de lumière, gusto di luce, il sapore che assumerebbero i vini ad essa esposti.
Affinché il locale possa avere le caratteristiche di luminosità desiderate lo stesso deve essere dotato di poche aperture verso l'esterno; sarebbe inoltre preferibile che lo spessore delle pareti, in corrispondenza delle aperture, fosse elevato.

Odore
Il vino ha la proprietà di assorbire gli odori che lo circondano; è necessario quindi evitare nel locale la presenza di odori indesiderabili.
Occorre perciò evitare l'uso della cantina come locale di stoccaggio di qualsiasi materiale di natura chimica, quali taniche di gasolio o benzina, barattoli di vernici, candeggine, detersivi, saponi, ma anche di materiali che possono ammuffire quali carta e cartoni.
Evitare altresì lo stoccaggio di generi alimentari, soprattutto quelli molto "odorosi", quali cipolla, aglio, tartufo, formaggi, salumi ecc.
Affinché nel locale non vi sia ristagno di odori, e per evitare la formazione eccessiva di muffe, l'aria deve essere lentamente ma continuamente rinnovata.
Due piccole aperture, in basso ad est ed in alto a nord, senza bottiglie nelle vicinanze, assicureranno un corretto ricambio d'aria.

Vibrazioni
Evitare assolutamente di costruire cantine in zone ad alto inquinamento acustico, laddove passano nelle vicinanze autobus, metro, camion. Da evitare anche la vicinanza alle trombe degli ascensori o ad alcuni elettrodomestici, lavatrici in particolare.

Sistemazione
Supporti
Il metodo migliore per sistemare le bottiglie è utilizzare degli scaffali. La scelta potrà cadere su vari materiali, a seconda dei gusti: metallo, legno, terracotta, cemento, plastica. In un ambiente dove non si siano potute evitare completamente le vibrazioni, è preferibile il legno per le sue caratteristiche fonoassorbenti e pneumatiche.
Chi non ha molti vini può optare per un sistema di scaffalatura delle bottiglie "una ad una", chi ne ha molte o è solito acquistarne a dozzine di ciascuna potrà cercare di risparmiare spazio con sistemi ad alveoli più grandi, in grado di contenere ciascuno decine di bottiglie, tenendo conto che è opportuno evitare di creare sovrapposizioni di bottiglie per più di cinque piani.
In genere si consiglia di non riempire subito tutti gli scaffali disponibili ma di averne sempre un 20% libero per poter sistemare i nuovi acquisti o per poter gestire più facilmente una riorganizzazione della disposizione dei vini.

Posizione delle bottiglie
Per tutti i vini, tranne alcune eccezioni, la posizione di conservazione è orizzontale, con l'etichetta sempre in alto o comunque in modo che sia facilmente leggibile.
In particolare, le bottiglie dei vini spumanti andranno poste in posizione perfettamente orizzontale ed in basso. Anche per le bottiglie di vino normale va bene la posizione orizzontale, ma si preferisce una posizione con il collo leggermente rialzato, facendo in modo che il tappo resti bagnato dal vino ma che il liquido non prema troppo contro lo stesso.
I vini da consumarsi giovani, che possono anche essere provvisti di un tappo sintetico, vanno tenuti in posizione verticale, così come i vini liquorosi quali Marsala, Porto, Sherry, ed i liquori.

Soluzioni alternative
Per chiunque non abbia la possibilità di costruirsi una cantina con le caratteristiche sopra descritte, l'armadio climatizzato può rappresentare la soluzione ideale o almeno la più semplice.
Si tratta sostanzialmente di un frigorifero, ma ne esistono modelli con un aspetto esterno da normale mobile a vetrina in noce, ciliegio, mogano ecc.
I criteri di scelta vertono principalmente su tre punti: capacità, vibrazioni, tipo di conservazione.

Capacità
Ne esistono di diverse taglie, che vanno in genere dalle 50 alle 400 bottiglie; è consigliabile scegliere in funzione della quantità delle bottiglie che si prevede di gestire (avendo cura di lasciare un 20% di riserva), e dello spazio a disposizione nell'abitazione.
E' opportuno scegliere un armadio-climatizzato con basso livello di vibrazioni del motore, e con il miglior sistema pneumatico di isolamento dalle stesse.

Tipo di conservazione
Alcuni armadi frigo sono destinati alla conservazione del vino, altri al servizio (le temperature di conservazione e di servizio non sono quasi mai le stesse), altri ancora combinano le due esigenze avendo differenti scomparti.
Nel caso di uso privato sarà sufficiente dotarsi di un armadio destinato alla sola conservazione.

lunedì 11 aprile 2022

Arte dei Vinattieri

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L'Arte dei Vinattieri era una delle Arti Minori delle corporazioni di arti e mestieri di Firenze.

La corporazione
Inizialmente i vinattieri si associarono ai fornai e agli albergatori, ma già nel 1288 si distaccarono creando una propria corporazione, il cui simbolo era un calice rosso su fondo bianco. La prima sede dell'Arte fu la chiesa di San Martino al Vescovo, poi venne spostata nel palazzo Bartolommei in via Lambertesca davanti al chiasso del Buco, dove ancora oggi si può vederne lo stemma scolpito. La corporazione era retta da 4 consoli, i quali restavano in carica 4 mesi e ricevevano un indennizzo in natura per i servigi prestati all'Arte; essi erano coadiuvati nelle loro funzioni da 12 consiglieri ed un notaio. Il primo statuto a noi pervenuto è del 1339 (con successive aggiunte e modifiche) ed è attualmente conservato presso l'Archivio di Stato; esso venne redatto su pergamena e rilegato con strisce di cuoio e borchie di ferro, ma la cosa più importante è che fu scritto in lingua volgare in modo da essere compreso bene da tutti gli iscritti. Lo statuto conteneva precise e severe norme per l'esercizio dell'attività:

la regolamentazione sugli orari di apertura e chiusura delle osterie;
l'obbligo di acquistare un certo quantitativo di botti, orci e bicchieri solo presso dei fornitori “convenzionati” con l'associazione, il cui prezzo e qualità venivano contrattati direttamente dai consoli;
il divieto del gioco d'azzardo e dei dadi all'interno delle osterie;
il rispetto di una distanza minima da chiese e conventi entro la quale si poteva aprire una nuova osteria;
il divieto di vendere certi tipi di pane salato che stimolasse la sete, inducendo il cliente a bere di più.

Il prezzo di vendita del vino toscano veniva fissato dalle autorità ogni 3 mesi e durante il periodo della vendemmia era di norma più basso, in modo da favorire la vendita di tutte le rimanenze e lasciare posto al vino novello.
I banchi per la mescita del vino erano dunque numerosi in città e benché oggi sia difficile stabilire il consumo medio tra i fiorentini dell'epoca, si può certamente supporre che anche i vinai avessero il loro bel da fare; del resto, è rimasta opinione comune che il “vino faccia sangue” e non di rado i medici lo prescrivevano come cura ricostituente agli ammalati. Il vino era venduto in fiaschi dal contenuto di circa due litri, detti toscanelli, dal collo lungo e rivestiti con la caratteristica paglia sulla pancia; nelle case signorili si beveva in bicchieri di cristallo o di vetro pregiato, mentre in quelle delle famiglie più modeste si usavano dei bicchieri dal colore verde o azzurro. Nelle osterie invece si usavano per lo più tazze o boccali di terracotta.
È bene ricordare comunque che il vino dell'epoca era qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati oggi; il Chianti, ad esempio, è prodotto miscelando tre diversi vitigni, il Trebbiano, il Canaiolo ed il Sangiovese, ma questa “ricetta” venne introdotta solo a metà Ottocento dal barone Bettino Ricasoli, per cui non è difficile immaginare che nel Medioevo, lo si “tagliasse”, con qualche altra sostanza e che la pratica dell'invecchiamento fosse abbastanza limitata e riservata ai pochi clienti che facevano richiesta di vino di alto pregio. Il vino nuovo, infatti, costava poco dopo la vendemmia, mentre poteva triplicare di prezzo in estate ed era pratica comune servirlo annacquato, cosa che sicuramente doveva indispettire i bevitori, ma che in fondo risaliva ai tempi degli antichi romani.
Era tradizione nel periodo autunnale trasportare il vino in città dalla zona di produzione attraverso carri trainati da robuste vacche da lavoro che, una volta giunte nel centro storico, provvedevano a rifornire le cantine e le osterie; il vino che veniva venduto e consumato a Firenze nel Medioevo e nel Rinascimento proveniva sia dalle campagne circostanti, come il territorio di Rufina, dove attualmente sono presenti le denominazioni Chianti Rufina e Pomino, oppure dalla Romagna, dalla Cambia e dalla Sicilia, la cui gradazione era piuttosto alta, come la Malvasia che in genere lascia colorato il bicchiere vuoto. Piaceva molto anche il vino caldo speziato, che sicuramente doveva essere un valido aiuto per combattere il freddo in inverno; la mescita era accompagnata da alcune specialità della cucina dell'epoca, come le tomaselle (frittelle dolci), le rocchettine di riso, le carbonate (lunghe salsicce piccanti cotte sulla brace) e i granelli (testicoli di montone fritti). Le taverne e le osterie divennero luoghi di ritrovo popolari ed erano frequentate anche dai militari e dagli stranieri di passaggio a Firenze, ma pare che neppure le personalità di più alto livello, come Lorenzo il Magnifico, Michelangelo Buonarroti e Francesco Ferrucci non disdegnassero di intrattenersi con i loro amici a bere e far baldoria!

Il Vin Santo
Questo appellativo dato al vino dolce, impiegato anche durante la celebrazione della messa, viene fatto risalire, secondo Luciano Artusi, al 1439, quando in occasione del concilio indetto dal papa Eugenio IV, venne servito agli illustri ospiti presenti in città, durante un banchetto al quale partecipò anche il dotto cardinale Basilio Bessarione; egli bevve quello che fiorentini chiamavano allora vin pretto e pare che gli piacque così tanto da definirlo Santo.

Il santo patrono
La corporazione scelse come proprio protettore San Martino vescovo di Tours, festeggiato l'11 novembre; una gioiosa tradizione popolare caratterizzava questo giorno, in cui si dava la "stura al vin novo" e si accendevano dei falò alla sera.
Pur non essendo presente una statua del santo nei tabernacoli della facciata di Orsanmichele, l'Arte dei Vinattieri commissionò un dipinto su tavola a Giovanni Antonio Sogliani, allievo di Lorenzo di Credi, che venne collocato su di un pilastro all'interno della chiesa.

Curiosità
Il modo di dire fiorentino "n'hai fatto una ficattola", in uso ancora oggi per indicare un vestito molto sgualcito, deriva da un tipo di frittella che veniva messa in padella a tagliolini schiacciati che si rigonfiavano e si raggrinzavano in varie maniere.
Ancora oggi, ogni anno viene riproposta la rievocazione del trasporto del vino attraverso i carri trainati dai buoi tra la località di Rufina e Firenze.
La denominazione di questa corporazione ha originato il cognome Vinattieri, diffusissimo in Toscana, in particolar modo nei dintorni della città di Firenze e nella vicinissima città di Prato.

Membri celebri
Fu iscritto all'Arte, pur non esercitandola, Niccolò Machiavelli.
Tra le osterie più rinomate a Firenze ci fu anche quella di Ciardo di Betto vicino alla chiesa di San Lorenzo, giustiziato per il suo coinvolgimento durante il Tumulto dei Ciompi.

Cognome
Il cognome Vinattieri ha avuto origine dall'Arte dei Vinattieri nella Firenze del Medioevo e del Rinascimento.
Tutti coloro che, durante quei secoli, gestivano cantine ed osterie avevano l'obbligo di iscriversi a questa corporazione, contribuendo al pagamento di una quota annuale proporzionale al reddito. Visto il grandissimo prestigio che le Arti rivestivano nella città di Firenze, molti degli iscritti tendevano ad aggiungere alla denominazione loro cognome originario quella del nome della corporazione di appartenenza. Dopo una fase durante la quale gli iscritti alle Arti mantenevano il doppio cognome, vi era la tendenza a mantenerne uno solo e, nella maggior parte dei casi veniva preferito quello più prestigioso legato alla corporazione rispetto al cognome originario.
Tenendo conto dei nomi delle varie Arti fiorentine, sicuramente quella dei Vinattieri risultava essere molto importante, nonostante fosse annoverata tra le Arti Minori, visto che è stata una di quelle nelle quali la percentuale di coloro che assumevano il nuovo cognome era di gran lunga superiore rispetto a tutte le altre.
Come era logico prevedere, la diffusione di questo cognome risulta essere concentrata soprattutto nell'area compresa tra le città di Firenze e di Prato, tendendo a diminuire man mano che ci si allontana da questa zona.
Lo stemma dell'Arte dei Vinattieri è ben rappresentato da un calice rosso su fondo bianco.
Per quanto riguarda il cognome, è possibile risalire a due stemmi distinti che ne rappresentano le origini. Uno di questi è caratterizzato da una rosa centrale vista dall'alto collocata nella parte superiore, sotto la quale si fronteggiano ai suoi lati due leoni raffigurati di profilo che si toccano tra di loro attraverso le zampe. L'altro stemma raffigura invece un sole con espressione facciale sorridente che splende nell'azzurro del cielo, mentre nella parte più bassa vi è un fuoco acceso sopra il quale è raffigurato un braccio che, con la mano, impugna una caraffa piena d'acqua che viene versata sulle fiamme sottostanti.


domenica 10 aprile 2022

Carmenere

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Il Carménère è un vitigno a bacca nera di origine bordolese proveniente soprattutto dalla regione vinicola del Médoc. Di colore molto intenso, aggiunge brillantezza, rotondità e carattere quando viene mescolato ad altri vitigni.

Storia e diffusione

Il Carménère deriva dalla "Vitis biturica", giunta nel bordolese in epoca romana e proveniente dal porto di Durazzo - Albania (Columella). Dalla Vitis biturica sono stati selezionati, nel bordolese, il Carménère, il Cabernet Franc, il Merlot, il Cabernet Sauvignon, il Malbec, ecc.
Alla fine del XIX secolo è quasi sparito dalla Francia a causa della fillossera ma è tornato in auge alla fine del XX secolo e si è particolarmente diffuso nella Cordigliera delle Ande (soprattutto in Cile e Perù). Viene utilizzato in alcuni vini californiani e viene coltivato nell'Italia Settentrionale, tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia, dove in passato è stato introdotto perché confuso con il Cabernet franc.
Oggi si trova raramente in Francia, il produttore principale di Carménère è il Cile, con più di 8.800 ettari (2009) coltivati nel Valle Centrale. In Italia occupa il secondo posto con circa 4.200 ettari, e viene anche coltivato in quantità minori nelle regioni della California e Walla Walla negli Stati Uniti.
Da 2009, la coltivazione del vitigno Carménère è diventata DOC in Veneto.

Carmenere e Merlot

L'uva carménère assomiglia al Merlot, col quale viene facilmente confuso. Occorre notare, però, alcune differenze ampelografiche: da giovani le foglie del Carménère hanno una tonalità rossa mentre quelle del Merlot sono bianche; il Merlot, inoltre, matura due o tre settimane prima.

sabato 9 aprile 2022

De Kuyper Royal Distillers

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La De Kuyper Royal Distillers B.V. (in origine: Joh's de Kuyper & Zoon BV) è una distilleria olandese fondata nel 1695 da Petrus De Kuyper e sua moglie Anna Custers. È particolarmente famosa per i suoi liquori utilizzati nella preparazione di cocktail. L'azienda è attualmente sotto la guida di Bob de Kuyper.
Prima della fondazione della distilleria, l'attività di Petrus De Kuyper consisteva nella fabbricazione di botti per il trasporto di gin e birra olandese. Intorno al 1800, la De Kuyper si focalizzò sulle esportazioni in Gran Bretagna e le sue colonie tramite la compagnia londinese Matthew & Clark & Sons.
Nel 1894 le distillerie furono trasferite a Schiedam. L'inizio della distillazione di liquori iniziò negli anni 20 e produsse almeno 20 varietà di prodotti. Le vendite in Olanda cominciarono negli anni 20 e nel 1932 si espansero a Montréal, Canada e due anni dopo nel New Jersey, United States.
Attualmente la produzione di alcolici copre una gamma molto vasta di prodotti, e il marchio è famoso per la grande varietà di creme e liquori che produce.
La De Kuyper celebrò il suo 300º anniversario nel 1995 e nello stesso anno ricevette anche il titolo "Royal".
De Kuyper esporta i suoi prodotti in oltre 100 nazioni per circa 50 milioni di bottiglie l'anno.

venerdì 8 aprile 2022

Apricot brandy

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L'apricot brandy (in inglese: acquavite di albicocca) è un liquore all'aroma di albicocca di colore arancio e con un gusto dolce. Viene ottenuto attraverso la fermentazione del frutto spappolato con parte dei noccioli.
Diffuso soprattutto nel nord Europa, ha una gradazione alcolica generalmente tra il 24% e il 29%% in volume (dipende dalle tipologie e dalle Case: ad esempio la Bols lo produce a 24%.
Può essere degustato da solo oppure nella miscelazione dei cocktail, come il Paradise.
Viene proposto da molte aziende: le più conosciute sono Bols, De Kuyper e Marie Brizard.

giovedì 7 aprile 2022

Angel Face

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L'Angel Face è un cocktail all-day a base di gin, apricot brandy e calvados, di origine francese. È un cocktail ufficiale IBA.

Composizione

Ingredienti

  • 3 cl di gin
  • 3 cl di apricot brandy
  • 3 cl di calvados

Preparazione

Mettere gli ingredienti in uno shaker con il ghiaccio. Shakerare e versare il contenuto in una coppetta da cocktail attraverso uno strainer.

mercoledì 6 aprile 2022

Crème de menthe

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La Crème de Menthe è un liquore, aromatizzato alla menta. Il suo sapore è ottenuto principalmente dalla Menta della Corsica (Mentha requienii). In commercio è disponibile in una variante incolore (chiamata "bianca") ed una verde (il cui colore è ottenuto dalle foglie di menta oppure dall'aggiunta di colorante, nel caso soltanto l'estratto - e non le foglie - venga usato per fare il liquore). Entrambe le versioni hanno sapore simile e sono intercambiabili nelle ricette, a patto che il colore non abbia rilevanza.
La Crème de Menthe è usata come ingrediente in diversi cocktail, come il Grasshopper e lo Stinger. È altresì servito come drink dopocena ed usato nelle ricette per il suo sapore (vedi cioccolato alla menta).
Una ricetta per fare la Crème de Menthe, resa famosa da Sandra Lee, include negli ingredienti zucchero, acqua, etanolo, estratto puro di menta piperita ed eventualmente la colorazione verde per alimenti. Una ricetta tradizionale consiste nello lasciare a bagno foglie secche di menta piperita in etanolo per diverse settimane (ottenendo una colorazione verde naturale), operazione seguita dalla filtrazione e quindi dall'aggiunta di zucchero.
Un'altra ricetta semplice consiste nel mischiare gelato e Crème de Menthe, ottenendo una bevanda simile ad un milkshake alla menta. A volte vengono aggiunte delle guarnizioni: tra le più comuni si annoverano la frutta secca e le noci pecan.

Riferimenti in letteratura e cinema

  • La Crème de Menthe era il drink preferito del personaggio immaginario Hercule Poirot.
  • Il drink dà il nome anche al capitolo 6 di Donne innamorate di D.H. Lawrence, essendo citato come la bevanda consumata da Rupert Birkin: "Birkin stava bevendo qualcosa di verde [...]"
  • Nell'ultimo episodio della terza serie di Breaking Bad, Gale lo offre a Gus Frings.
  • Nel film "Yuppies - I Giovani di Successo", diretto da Carlo Vanzina, Sandro (interpretato da Christian De Sica) dopo un diverbio in un locale notturno, ordina al barista Felice una Crème de Menthe con ghiaccio pilè.

 
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