La Grappa al Miele risulta un
digestivo gradevole, poiché dolce, e particolare se realizzata come
sottoindicato, in quanto arricchita di spezie e sapori, come
l'arancia, che creano un connubio perfetto con il miele.
Informazioni
Generali
Grappa
La
Grappa è un distillato prodotto da vinacce ricavate
esclusivamente da uve prodotte e vinificate in Italia o nella
Svizzera italiana.
Generalità
Il regolamento del Consiglio Europeo N 1576/89 del 29 maggio 1989
stabilisce che la denominazione "grappa" può essere
applicata solo a distillati di vinaccia prodotti in Italia e a San
Marino.
Il distillato di vinacce prodotti in altri paesi europei non può
essere chiamato grappa, ma assume altri nomi tipici protetti facenti
parte della categoria "
Acquavite di vinaccia", ad
esempio: in Francia è detta
Marc, in Portogallo è chiamata
Aguardente Bagaceira, in Spagna
Aguardiente de Orujo, e
in Grecia
Τσικουδιά/Tsikoudia. Poiché la
legislazione europea non è applicabile nell'Uruguay, questa nazione
adotta un termine molto simile:
grappamiel, cioè grappa con
miele.
La grappa deriva dalla distillazione delle vinacce, ottenute
quindi dalla svinatura di vini rossi. In questo caso le vinacce sono
già fermentate, quindi pronte per essere distillate. Vi sono però
altre 2 tipologie di vinacce con cui ottenere la grappa:
Le vinacce vergini o semivergini devono
essere obbligatoriamente fermentate prima di dare avvio alla
distillazione in quanto la grappa si ottiene unicamente da vinacce
fermentate.
Grappe di qualità elevata richiedono
che si separi, prima della distillazione, i vinaccioli. A maggior
ragione, è molto raro che una distilleria lasci, anche parzialmente,
i raspi insieme alle vinacce.
Non bisogna confondere la grappa, che è un distillato di vinacce
fermentate, con l'acquavite d'uva, che è un distillato di mosto.
Allo stesso modo, la grappa non è un distillato di vino (Brandy).
Quindi distillato di vinacce, distillato di mosto (d'uva) e
distillato di vino sono tre bevande alcoliche diverse.
Etimo
Il nome deriva con ogni probabilità dal termine
graspa con
cui è chiamata nel Triveneto. "Graspa" deriva appunto da
"graspo" che in veneto, significa "tralcio d'uva".
Non vi è alcuna relazione con il monte Grappa, e quindi neppure con
Bassano del Grappa, dove pur si trovano alcune delle più celebri
distillerie della regione.
Caratteristiche
Il contenuto alcolico può variare tra il 37,5% e 60% in volume,
raggiunto direttamente, nel caso delle grappe "pieno grado",
oppure aggiungendo acqua, solitamente demineralizzata, nella giusta
percentuale e in proporzione al prodotto della distillazione.
Classificazione
La grappa può essere classificata in
base all'affinamento e/o lavorazioni che seguono la distillazione:
Giovane, non invecchiata;
Aromatica, derivante da uve
aromatiche quali Brachetto, Malvasia, Moscato e Traminer aromatico;
Invecchiata, minimo 12 mesi in
botti di legno sotto controllo ex UTF, oggi Agenzia delle Dogane;
Riserva Invecchiata o Stravecchia,
minimo 18 mesi in botti in legno sotto controllo UTF;
- Aromatizzata, con l'aggiunta di aromatizzanti naturali, come
erbe, radici o frutti o parte di esse.
Ovviamente le classificazioni possono
coesistere. Per esempio una grappa può essere giovane e nello stesso
tempo, aromatica.
Un secondo modo per classificare le
grappe in base a come vengono distillate le vinacce:
Termini come "affinata" o
"barricata" non danno nessuna indicazione del tempo di
giacenza nei legni e sono solo per grappe non sotto controllo UTF.
Questa rappresenta una garanzia della distilleria dove il periodo di
giacenza è indicato sull'etichetta.
Le grappe di alta qualità vengono
servite tutte a temperatura ambiente per esaltarne al meglio i
profumi ed il sapore. Spesso, per mode locali o per mascherare
prodotti mediocri, la grappa viene servita fredda o da freezer, come
accade per altri distillati come la vodka. La qualità della grappa,
come accade per il vino, dipende dal tipo e dalla qualità delle uve
usate, ma anche dall'impianto di distillazione e dalle capacità
tecniche del mastro distillatore. La grappe vengono prima invecchiate
in botti dette "Pilata", poi dopo due anni passano in botti
di rovere.
Storia
I metodi di distillazione si sono
sviluppati tra l'VIII e il VI secolo a.C. in Mesopotamia e furono
presto applicati al vino per la preparazione dell'acquavite. Questi
processi vengono citati dagli alchimisti a partire dal XII secolo
d.C. Anche la distillazione dalle vinacce ha probabilmente origini
storiche molto lontane. Secondo una leggenda, si attribuisce ad un
legionario romano del I secolo a.C., dopo il suo ritorno dall'Egitto,
di aver trafugato un impianto di distillazione, e di aver iniziato la
produzione di un distillato dalle vinacce di un vigneto di cui era
assegnatario in Friuli usando le tecniche apprese. Lo storico Luigi
Papo fa risalire la prima produzione in Friuli nel 511 d.C. ad
opera dei Burgundi, che dalla vicina Austria, durante una breve
installazione a Cividale applicarono le loro tecniche usate nella
distillazione da sidro di mele alla distillazione a partire da
vinacce, ottenendo quindi la grappa. La nascita della Distilleria
Nardini, a Bassano del Grappa (VI) nel 1779 determinò una vera e
propria rivoluzione e segnò l'inizio della distillazione moderna in
Italia, attraverso l'introduzione del metodo di distillazione "a
vapore".
La Bortolo Nardini è infatti la più
antica distilleria d'Italia vantando così il titolo di prima grappa
d'Italia.
Nel Trentino, fino agli anni cinquanta, la tecnica più praticata
era la distillazione a fuoco: si riscaldando le vinacce con il fuoco
portandole ad ebollizione e ottenendo l'alcool sotto forma di gas,
successivamente condensato. Inizialmente la condensazione veniva
fatta a temperatura ambiente, in seguito con il miglioramento della
tecnica si introdusse il riscaldamente e la conseguente condensazione
ad acqua. L'evoluzione della distillazione verso sistemi moderni fu
rapida. Gli impianti di distillazione a metodo discontinuo sia a
vapore che a bagnomaria permisero la produzione di grappe di qualità
migliori. Questi impianti consentono di selezionare le singole
partite di vinaccia e di grappa.
Fino agli anni settanta del Novecento,
le grappe classiche erano prodotte da vinacce indifferenziate. Solo
un'azienda piemontese, la Distilleria Bocchino di Canelli, nel cuore
dell'astigiano, produceva dal 1898 una grappa da sole vinacce di
moscato, abbondanti nella zona. L'idea del fondatore, Carlo Bocchino,
fu quella di utilizzare per la distillazione queste profumate ed
abbondanti vinacce, le quali, solitamente, venivano abbandonate lungo
il greto del torrente Belbo che attraversa per l'appunto l'abitato di
Canelli.
L'idea di produrre una gamma di grappe
cosiddette monovitigno, ovvero prodotte da un'unica tipologia
di uva, ha di fatto cambiato la percezione della Grappa, elevandolo
da prodotto di basso livello a distillato di pregio. Questa "svolta
copernicana" si deve alla famiglia Nonino che nel 1973 registra
il termine monovitigno. Agli stessi Nonino si deve nel 1984 la
nascita dell' acquavite d'uva, distillata dall'uva, intesa
come frutto.
Tecniche moderne di distillazione e invecchiamento
Gli impianti moderni di distillazione a
bagnomaria continuo sono diventati automatizzati, composti Un
progetto di ricerca iniziato nel 2003 dal Laboratorio Sperimentale
dell'Istituto Agrario San Michele all'Adige ha portato alla
realizzazione nel 2009 presso le Poli Distillerie di Schiavon di un
innovativo alambicco a bagnomaria operante sottovuoto. Rispetto agli
impianti a bagnomaria tradizionali, i distillati ottenuti con il
vuoto risultano sensibilmente migliorati, per incremento della nota
floreale terpenica, per la forte diminuzione delle impurità di
testa, per la sensibile diminuzione degli esteri, e per la riduzione
dell'alcool metilico. L'applicazione del vuoto al processo di
distillazione fu tentata già verso la fine dell'800 dall'italiano
Enrico Comboni ma si dovettero attendere molti decenni perché
ne venisse fatto un uso produttivo e non solo sperimentale, in
considerazione delle notevoli difficoltà tecniche connesse al
rischio di implosione dell'alambicco e alla condensazione dei vapori.
Il principale vantaggio derivante dalla pressione negativa
all'interno dell'alambicco, ossia il vuoto, consiste
nell'abbassamento del punto di ebollizione dell'alcool e dei vari
composti volatili presenti nella vinaccia. Questo permette di
ottenere un distillato connotato da delicati aromi fruttati e
floreali, che, essendo termolabili normalmente vengono persi a causa
delle alte temperature presenti all'interno di una caldaia.
I processi di lungo affinamento nel
legno avvengono in modo più tradizionale in grandi botti da
invecchiamento, tipicamente in barrique da 225 litri. Questo "riposo"
influisce sul prodotto secondo la varietà del legno usato che
interagisce col distillato con il quale viene a contatto. Per
l'invecchiamento della grappa prevalgono il rovere, l'acacia, ed il
ciliegio. Gli ultimi, legni chiari che rilasciano poco colore danno
una qualità delicata, mentre grazie ai tannini, il rovere conferisce
un timbro particolare, secondo la varietà. Per ragioni di
prossimità, e per la loro qualità sono spesso utilizzati sia i
roveri francesi che croati. Tra i roveri francesi si distinguono
particolarmente quelli provenienti dalla foresta di Tronçais e delle
foreste circostanti nell'Allier, di Nevers, del Limosino e del Cher.
Non sono da meno i roveri della Slavonia. Il rovere ha la
caratteristica di donare alla grappa non solo un bellissimo colore
ambrato, ma cede sostanze fondamentali per la formazione del prodotto
finale, spesso imbottigliato in bottiglie artistiche d'artigianato.
Per sfruttare le proprietà di diversi legni, nel 1999 la Distilleria
Marzadro introdusse l'idea innovativa di affinare la grappa in botti
di legni diversi: rovere, acacia, frassino e ciliegio.
La legge italiana autorizza anche una
edulcorazione (max 2%) mediante un'aggiunta di zucchero, anche
caramellato, nel caso delle grappe invecchiate o riserve. Come
espediente commerciale ingannevole, questo consente la produzione di
bassa qualità con colori molto intensi simili a quelli ottenuti con
processi di lungo affinamento in legno. In seguito alla produzione
della grappa, i vinaccioli possono essere utilizzati ulteriormente
per la produzione di olio ad usi alimentari o industriali.
Bicchieri
Per la degustazione della grappa,
vengono generalmente utilizzati i cosiddetti bicchieri tulipe.
Le grappe molto invecchiate vengono preferibilmente servite in
bicchieri da cognac, tipo balloon, più ampi ed adatti per
apprezzarne le caratteristiche organolettiche. Sebbene nessuno lo
vieti, è generalmente sconsigliato, così come il brandy e il
cognac, e diversamente dai whisky e dalla vodka, rinfrescare la
grappa in frigo o servirla "on the rocks".
Grappe regionali
A seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana del 30 settembre 2011 del decreto del Ministero
delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), contenente
la scheda tecnica della grappa, e relativa procedura di notifica alle
Autorità comunitarie, gli Stati membri della Comunità Europea hanno
sei mesi di tempo per presentare delle osservazioni, ai sensi delle
procedure previste dal Reg. 110/2008. In attesa del perfezionamento
dell'iter per la definitiva assegnazione della denominazione
geografica "Grappa" da parte dell'Unione Europea, rimane in
vigore il Decreto del presidente della Repubblica 16 luglio 1997, n.
297, con cui all'art. 16 cui viene regolamentato l'utilizzo delle
denominazioni relative alle grappe indicate al punto 6 dell'allegato
II del regolamento (CEE) n. 1576/89 e più specificatamente:
Grappa di Barolo
Grappa piemontese o del Piemonte
Grappa lombarda o della Lombardia
Grappa trentina o del Trentino
Grappa friulana o del Friuli
Grappa veneta o del Veneto
- Südtiroler Grappa / Grappa dell'Alto Adige. Tra i
superalcolici altoatesini va segnalata quello chiamato erroneamente
grappa Williams, in realtà un'acquavite ottenuta distillando la
pera Williams locale. In alcuni casi, in bottiglie appese ai rami
degli alberi viene fatta crescere una pera, vengono in seguito
riempite con il distillato di pere Williams e messe in vendita.
Il 15 gennaio 2008, il Parlamento europeo ha adottato il
regolamento CE 110/2008 che ha aggiunto le seguenti
Qualora non ricorrano i requisiti per poter utilizzare la
denominazione "grappa" o le sopraelencate denominazioni
geografiche, dovrà essere usato in sostituzione il termine
"acquavite di vinaccia".
Legislazione
- Il Consiglio europeo ha abrogato il Regolamento nº 1.576/89
del 29 maggio 1989, e lo ha sostituito con il regolamento nº
110/2008 del 15 gennaio 2008, secondo cui una bevanda alcolica può
chiamarsi "grappa" solo se rispetta le condizioni
riportate al paragrafo 6 dell'Allegato II dello stesso regolamento.
Per quanto riguarda i paesi non facenti parte dell'Unione europea,
la denominazione "grappa" può essere applicata solo ai
distillati di vinaccia prodotti in alcune zone della Svizzera.
Infatti l'Art. 60 dell'Ordinanza del DFI, sulle bevande alcoliche nº
817.022.110 del 23 novembre 2005 sancisce che: "
La grappa è
acquavite di vinaccia prodotta in Italia, nel Canton Ticino, in Val
Calanca, Val Bregaglia, Val Mesolcina o nella Val Poschiavo con uve
delle relative regioni".
L'Accordo del 1999 siglato fra la
Confederazione Svizzera e la Comunità europea relativo ai prodotti
agricoli protegge infatti le denominazioni delle grappe prodotte
nelle regioni svizzere di lingua e cultura italiana.
Regolamento recante norme in
materia di produzione e commercializzazione di acquaviti, grappa,
brandy italiano e liquori: decreto del presidente della Repubblica
16 luglio 1997, n. 297.
Art. 16. Decreto Ministeriale
n.153 del 27/03/2001: disposizioni per i fabbricanti ed i detentori
di apparecchi di distillazione.
Ministero dell'industria del
commercio e dell'artigianato: circolare 20 novembre 1998, n. 163.
Norme di applicazione del regolamento CEE n. 1576/89 relativo alle
bevande spiritose e del decreto del Presidente della Repubblica 16
luglio 1997, n. 297.
- Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali del 13 maggio 2010, n. 5195 recante Disposizioni di
attuazione del regolamento CEE nº 110/2008 del Parlamento Europeo e
del Consiglio, del 15 gennaio 2008 concernente la definizione,
l'etichettatura, e la protezione delle indicazioni geografiche delle
bevande spiritose.
Il decreto definisce, tra l'altro, le modalità di presentazione
della richiesta di registrazione comunitaria delle bevande spiritose
con indicazione geografica, individuate ai sensi dell'articolo 15 del
regolamento comunitario.
- Attuazione dell'articolo 17 del Regolamento (CE) n. 110/2008
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008,
concernente la definizione, la designazione, la presentazione,
l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche delle
bevande spiritose - Scheda tecnica della «Grappa».
Sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana del 30
settembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Ministero delle
Politiche Agricole Alimentari e Forestali, contenente la scheda
tecnica della grappa, in attuazione al regolamento (CE) n. 110/2008
sulla designazione, presentazione, etichettatura e protezione delle
Indicazioni Geografiche delle bevande spiritose.
Si tratta di un importante passo a tutela della Grappa e del
patrimonio agroalimentare Italiano, la cui rilevanza e diffusione a
livello internazionale richiede una protezione specifica da
illegittime usurpazioni da parte dei produttori di altri Paesi. La
scheda tecnica, che costituisce un disciplinare di produzione,
predisposta dopo un lungo lavoro di concertazione con le categorie di
settore, è stata trasmessa alla Commissione europea per la
registrazione e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Ue
beneficiando delle regole di protezione e tutela a livello
internazionale.
Le modalità di produzione riportate nella scheda tecnica
rispecchiano gli elevati standard qualitativi e la peculiarità della
produzione tradizionale, pur tenendo conto dei necessari adeguamenti
tecnologici. In particolare, la scheda tecnica relativa alla IG
"Grappa", oltre agli elementi caratterizzanti il prodotto e
il metodo di produzione, prevede l'obbligo di imbottigliamento in
impianti ubicati sul territorio nazionale al fine di salvaguardarne
la qualità e garantirne l'origine.
Associazioni
e concorsi
Organizzazione internazionale di
concorsi per vini e alcolici. IWSC (International Wine and Spirit
Competition)
L'Associazione Nazionale
Assaggiatori Grappa e Acquaviti (ANAG) è una associazione italiana,
nata nel 1978, con sede ad Asti, e con delegazioni su tutto il
territorio nazionale, con lo scopo di valorizzarela figura
dell'assaggiatore di grappa e di altri distillati.
- Acquaviti d'Oro - Concorso Internazionale, organizzato da
ANAG.
Miele
Il
Miele è un alimento prodotto dalle api (ed in misura
minore, da altri imenotteri). Viene prodotto a partire dal nettare e
dalla melata. La melata, con un gusto molto dolce simile allo
zucchero, è prodotta da vari omotteri, fitomizi, i cui escrementi
zuccherini sono la base alimentare per numerosi insetti.
Storia
La parola miele sembra derivare
dall'ittita melit. Per millenni, ha rappresentato l'unico
alimento zuccherino concentrato disponibile. Le prime tracce di arnie
costruite dall'uomo risalgono al VI millennio a.C. circa. Per
millenni il miele è stato il principale dolcificante usato
dall'uomo.
Anche nell'antico Egitto il miele era
apprezzato, e le prime notizie di apicoltori che si spostavano lungo
il Nilo per seguire con le proprie arnie la fioritura delle piante
risalgono a 4000 anni fa. Inoltre, gli Egizi usavano deporre accanto
alle mummie grandi coppe o vasi ricolmi di miele per il suo viaggio
nell'Aldilà, alcuni dei quali sono stati rinvenuti durante gli scavi
ancora perfettamente sigillati (l'archeologo T.M. Davies ha scoperto
per esempio in una tomba egizia un barattolo di miele vecchio di 3300
anni, perfettamente commestibile). Dalla lettura dei geroglifici è
noto che ricette a base di miele erano impiegate non solo ad uso
alimentare ma anche medico (cura dei disturbi digestivi, unguenti per
piaghe e ferite).
I sumeri lo impiegavano in creme con
argilla, acqua e olio di cedro, mentre i babilonesi lo impiegavano
per cucinare: erano diffuse infatti le focaccine fatte con farina,
sesamo, datteri e miele. Nel Codice di Hammurabi si ritrovano
articoli con cui gli apicoltori erano tutelati dal furto di miele
dalle arnie.
La medicina ayurvedica, già tremila
anni fa, considerava il miele purificante, afrodisiaco, dissetante,
vermifugo, antitossico, regolatore, refrigerante, stomachico e
cicatrizzante. Per ogni specifico caso era indicato un differente
tipo di miele: di ortaggi, di frutti, di cereali o di fiori.
I Greci lo consideravano "cibo
degli dei", e dunque rappresentava una componente
importantissima nei riti che prevedevano offerte votive. Omero
descrive la raccolta del miele selvatico; Pitagora lo raccomandava
come alimento per una vita lunga.
I romani ne importavano grandi
quantitativi da Creta, da Cipro, dalla Spagna e da Malta. Da
quest'ultima pare anche derivarne il nome originale Meilat,
appunto terra del miele. Veniva utilizzato come dolcificante,
per la produzione di idromele, di birra, come conservante alimentare
e per preparare salse agrodolci.
Nella alimentazione medievale il miele
aveva un ruolo ancora centrale, seppure ridotto rispetto
all'antichità, ed era usato principalmente come agente conservante
oltre che dolcificante.
Il miele fu gradualmente soppiantato
come agente dolcificante nei secoli successivi, soprattutto dopo
l'introduzione dello zucchero raffinato industrialmente.
Recentemente in virtù delle proprietà
terapeutiche il miele sta in parte ritornando in voga.
Produzione
Il miele è prodotto dall'ape sulla
base di sostanze zuccherine che essa raccoglie in natura.
Le principali fonti di
approvvigionamento sono il nettare, che è prodotto dalle
piante da fiori (angiosperme), e la melata, che è un derivato
della linfa degli alberi, prodotta da alcuni insetti succhiatori come
la metcalfa, che trasformano la linfa delle piante trattenendone
l'azoto ed espellendo il liquido in eccesso ricco di zuccheri.
Per le piante, il nettare serve ad
attirare vari insetti impollinatori, allo scopo di assicurare la
fecondazione dei fiori. A seconda della loro anatomia, e in
particolare della lunghezza della proboscide (tecnicamente detta
ligula), le api domestiche possono raccogliere il nettare solo
da alcuni fiori, che sono detti appunto melliferi.
La composizione dei nettari varia
secondo le piante che li producono. Sono comunque tutti composti
principalmente da glucidi, come saccarosio, glucosio e fruttosio, e
acqua.
Il loro tenore d'acqua può essere
importante, e può arrivare fino al 90%.
La produzione del miele comincia
nell'ingluvie dell'ape bottinatrice (la cosiddetta borsa melaria),
dove il nettare raccolto viene accumulato.
Giunta nell'alveare, l'ape rigurgita il
nettare, che a questo stadio è ancora molto liquido.
Il compito passa alle api operaie, che
per 30 minuti digeriscono il nettare scindendo gli zuccheri complessi
in zuccheri semplici, utilizzando enzimi come l'invertasi, la quale
ha la proprietà di idrolizzare il saccarosio in glucosio e
fruttosio.
L'elaborazione del nettare viene
ultimata con la sua disidratazione, per prevenire la fermentazione. A
questo scopo, le api operaie lo depongono in strati sottili sulla
parete delle celle. Le api ventilatrici mantengono nell'alveare una
corrente d'aria che provoca l'evaporazione dell'acqua. Il miele
impiega in media 36 giorni per maturare, ma la durata varia a seconda
dell'umidità iniziale del nettare. Viene quindi immagazzinato in
altre cellette che, una volta piene, saranno sigillate (opercolate).
Le api utilizzano il miele come
nutrimento; in caso di grande freddo la produzione basta solamente ai
bisogni dell'alveare.
Lavorazione
Le fasi di lavorazione del miele sono
un insieme di procedimenti che l'apicoltore compie per ottenere il
miele in forma commercializzabile.
La lavorazione dell'uomo inizia dove
finisce quella dell'ape, ovvero alla fine delle fioriture, dopo che
le api hanno immagazzinato ed opercolato il miele nei favi.
La lavorazione di seguito descritta è
quella utilizzata nell'apicoltura moderna razionale.
Estrazione
dei melari
Le api accumulano il miele prodotto nei
favi contenuti nei melari. Al momento opportuno l'apicoltore decide
di toglierli dall'arnia per portarli in laboratorio ed iniziare
l'estrazione del miele. Questa fase comporta la necessità di
togliere le api contenute nel melario. Per questa operazione vengono
alternativamente utilizzati due strumenti: il soffiatore, oppure gli
apiscampi. Il soffiatore viene utilizzato dagli apicoltori
professionisti perché più rapido e perché è sufficiente una sola
visita per completare l'estrazione dei melari. Il melario viene posto
in verticale sull'arnia, il soffiatore spazza via tutte le api in
pochi secondi ed il melario è pronto per essere portato via. Gli
apiscampi invece devono essere posti tra il nido ed i melari qualche
giorno prima di poter portar via i melari e quindi è necessario
effettuare due passaggi. Vengono utilizzati, seppure inefficienti,
dagli apicoltori hobbisti in quanto (in numero limitato) sono più
economici del soffiatore.
Stoccaggio
dei melari
Una volta tolti dalla loro posizione sopra l'arnia, i melari
vengono portati in laboratorio ed accatastati. In questo momento è
opportuno controllare il grado di umidità del miele con un
particolare tipo di rifrattometro chiamato mielometro. Se risultasse
troppo umido occorrerebbe procedere alla fase di deumidificazione.
Disopercolatura
I favi dei melari sono generalmente opercolati, ovvero con le
cellette chiuse con un tappo di cera. Occorre togliere questo "tappo"
per permettere al miele di fuoriuscire. Questa operazione viene
effettuata manualmente con una apposita forchetta o coltello, oppure
attraverso un procedimento meccanizzato grazie alla macchina
disopercolatrice.
Smielatura
Una volta disopercolate le celle, i telaini vengono posti nello
smielatore che, grazie alla forza centrifuga, fa fuoriuscire il
miele. Dallo smielatore il miele viene convogliato nei maturatori
anche in questo caso con procedimenti differenziati tra
professionisti ed hobbisti. I primi utilizzano un sistema di tubi e
pompe, mentre i secondi preferiscono i più economici secchi (detti
"latte").
Filtraggio
Il miele viene versato nei maturatori passando attraverso i filtri
che raccolgono i residui di cera, i resti delle api e qualsiasi altro
materiale fosse accidentalmente finito nel miele. I filtri hanno
maglie di diverse dimensioni e, di solito, se ne utilizzano un paio
con maglie differenziate (larghe, sottili). Vengono utilizzati anche
filtri a sacco di nylon.
Decantazione
del miele.
Nella fase di smielatura il miele acquista aria che viene
eliminata nella fase di decantazione: nel maturatore il miele decanta
e l'aria viene a galla sotto forma di bollicine che formano la
schiuma.
Schiumatura
In questa fase viene eliminata la schiuma prodotta dalla fase di
decantazione.
Cristallizzazione
guidata
È un processo, ampiamente usato nei paesi del nord Europa e negli
Stati Uniti, che permette ai mieli florali a cristallizzazione
variabile di assumere invece una consistenza cremosa omogenea, più
adatta quindi alla commercializzazione, perché ne migliora la
spalmabilità, senza peraltro variarne le caratteristiche chimiche.
Per ottenere questo risultato vi sono due procedimenti possibili,
che devono essere effettuati a temperature comprese tra i 10 °C
ed i 18 °C:
Invasettamento
Una volta tornato limpido per l'eliminazione dell'aria e prima che
inizi la cristallizzazione il miele può essere invasettato (per la
vendita al dettaglio) o versato in latte o fusti (per la vendita
all'ingrosso).
Per invasettare viene utilizzata una macchina chiamata
invasettatrice.
Stoccaggio
Lo stoccaggio è una fase importante per il miele in quanto una
elevata temperatura, un'esposizione al sole o altre operazioni errate
possono compromettere la qualità, il sapore ed anche la
commestibilità del prodotto.
Conservazione
Grazie alle qualità di antibatterico naturale, il miele è un
alimento che naturalmente ha una lunga conservazione. Tuttavia, sono
possibili alcune alterazioni dovute principalmente a:
L'umidità favorisce la fermentazione, che pur alterando il miele,
può essere utilizzata per produrre l'idromele. La temperatura invece
influenza direttamente l'aroma e i principi nutritivi: mentre al di
sotto dei 10 °C è trascurabile (anzi, per evitare la
cristallizzazione si può conservare il miele a temperature al di
sotto dello zero), due mesi a 30 °C degradano il miele come un
anno e mezzo a 20 °C. Analogo discorso vale per la luce
diretta, quindi è opportuno conservare il miele in recipienti scuri
o al chiuso. Inoltre, essendo igroscopico, il miele tende ad
assorbire l'umidità e gli odori dell'ambiente, quindi i contenitori
dovrebbero essere a chiusura ermetica.
La degradazione dello zucchero fruttosio, sia col tempo, sia in
seguito a trattamento termico, genera idrossimetilfurfurale (HMF).
Dato che l'HMF è praticamente assente nei mieli freschi, il suo
valore, solitamente indicato in mg per kg (Parti per milione - ppm) è
un indicatore della buona conservazione e del tipo di lavorazione del
miele. Il limite imposto dalla legge italiana è di 40 mg/kg.
Nei mieli industriali, che sono sempre "liquidi", l'HMF è
molto spesso vicino, se non pari a tale valore.
Nonostante queste variabili il miele, se conservato in ambiente
sigillato può durare praticamente per millenni, per esempio in una
tomba egizia fu rinvenuto un barattolo di miele vecchio di 3300 anni,
perfettamente commestibile.
Tipi di miele
Sono migliaia le specie vegetali
visitate dalle api: alcune danno origine a mieli monofloreali, in
genere più pregiati e dall'aroma deciso, altre concorrono a produrre
le varietà millefiori, più delicate.
A seconda della fiorita da cui viene
tratto il nettare, variano il colore, la consistenza del miele ma
soprattutto il suo sapore e le sue proprietà organolettiche,
portando a specifiche differenze di olfatto e gusto: dall'aroma
delicato del miele d'acacia, limpidissimo e liquido, al profumo
intenso di quello di tiglio, dal retrogusto maltato di quello di
melata di abete, dai riflessi verdastri, al gusto amarognolo di
quello di castagno, denso e scuro, dal sapore pungente del miele
d'eucalipto, a quello più gentile e fruttato del rododendro e del
ciliegio.
Tipi
di miele diffusi in Italia
Si fornisce un elenco dei tipi di miele diffusi in Italia:
- Ha consistenza liquida: rispetto
agli altri mieli non tende a cristallizzare, se non dopo un paio
d'anni; inoltre il suo sapore delicato lo rendono ottimo per
dolcificare bevande senza modificarne il sapore. Ha proprietà
disintossicanti, corroboranti e regolarizzanti l'apparato digerente;
è utilizzato in decotti contro le affezioni delle vie respiratorie
ed emollienti per la pelle di viso e mani.
- È un miele prodotto solo nelle
regioni dove gli agrumi sono coltivati estesamente: Basilicata,
Calabria, Campania, Lazio, Sardegna, Sicilia. Si ottiene da arancio,
limone cedro e mandarino. Ha proprietà spasmodiche e sedative.
Miele di ailanto (Ailanthus altissima)
Miele di asfodelo (Asphodelus)
Miele di bergamotto (Citrus ×
bergamia)
Miele di cardo (Carduus)
Miele di carrubo (Ceratonia
siliqua)
- Miele di castagno (Castanea sativa)
- Prodotto
in tutto il territorio nazionale, ha aroma intenso e sapore molto
deciso, tendente all'amarognolo. Ha proprietà mucolitiche ed è
regolatore dell'intestino[2].
-
Miele di ciliegio (Prunus avium)
- Miele piuttosto raro dal sapore
intenso e dal profumo delicato.
- Ha la caratteristica di essere
piacevolmente amarognolo e di avere una produzione estremamente
limitata, perché possibile solo nelle zone ricche di corbezzoli,
come la Sardegna (la massima produttrice italiana), la Calabria, la
Toscana e, nelle Marche, il promontorio del Conero. Il sapore
amarognolo è dovuto all'arbutina, un glucoside contenuto nel
nettare di corbezzolo. Rispetto agli altri mieli è il più costoso,
perché uno dei più rari e pregiati: il corbezzolo ha diffusione
limitata e la sua fioritura autunnale non sempre consente alle api
di raccoglierne il nettare, a causa delle basse temperature. Ha
proprietà antiasmatiche, diuretiche, antisettiche, specie contro il
mal di gola e la bronchite.
- È
il miele balsamico per eccellenza, utile per le affezioni delle vie
respiratorie[2].
Miele di girasole (Helianthus annuus)
Miele di lavanda (Lavandula)
Miele di leguminose:
Trifoglio (Trifolium spp.)
Erba medica (Medicago sativa)
Ginestrino (Lotus
corniculatus)
Meliloto (Melilotus
officinalis)
Sulla (Hedysarum coronarium)
Miele di lupinella (Onobrychis
sativa)
Miele di nepitella (Clinopodium
nepeta)
Miele di Manuka]] (Leptospermum
scoparium)
Miele di marasca (Prunus
mahaleb)
Miele di melata:
Miele di melata d'abete (Abies
spp.)
Miele di melata di Metcalfa
pruinosa, un rincoto omottero di origine americana
Miele di melata di nocciolo
(Corylus avellana)
Miele di melata di quercia
(Quercus spp.)
Miele di melata di frutti di
bosco
Miele di melo (Malus
domestica)
Miele di rododendro (Rhododendron)
- Miele di rosmarino (rosmarinus officinalis)
- Oggi raro, è un miele di antica
tradizione: gli antichi romani lo usavano per addolcire il vino e ne
producevano perciò grandi quantità. Oggi è tipico della Puglia e
della Sardegna. Ha un retrogusto particolare, simile a quello della
farina bagnata. Ha proprietà depurative e rivitalizzanti.
Miele di rovo (Rubus fruticosus)
Miele di tarassaco (Taraxacum
officinale)
Miele di tiglio (Tilia
spp.)
Miele di timo (Thymus)
- Miele di zagara
Principi
nutritivi contenuti
I principali componenti del miele sono:
Glucosio
Fruttosio
Acqua
- Polline
Zuccheri
ed apporto calorico
Gli zuccheri sono presenti in quantità variabile ma in media
intorno al 70%-80%. Di questi, i monosaccaridi fruttosio e glucosio
passano da circa il 70% nei mieli di melata fino ad avvicinarsi molto
al 100% in alcuni mieli di nettare. Tranne pochi casi, il fruttosio è
sempre lo zucchero più rappresentato nel miele, perché è già
contenuto nel nettare. La presenza di fruttosio dona al miele un
potere dolcificante superiore allo zucchero raffinato ma anche una
fonte di energia che il nostro organismo può sfruttare più a lungo.
Infatti, per essere utilizzato, deve essere prima trasformato in
glucosio e, quindi, in glicogeno, il "carburante" dei
nostri muscoli. Il miele è dunque consigliabile agli atleti prima di
iniziare un'attività fisica, grazie anche all'apporto calorico di
circa 300 Kilocalorie per 100 grammi. Lo zucchero raffinato, rispetto
al miele, contiene invece saccarosio, che è un disaccaride composto
da glucosio e fruttosio, ed è privo di vitamine ed oligoelementi.
Tutti gli zuccheri presenti sono:
glucosio, fruttosio, saccarosio, maltosio, isomaltosio, maltulosio,
nigerosio, turanosio, kojibiosio, laminaribiosio, α,β-trealosio,
gentobiosio, melezitiosio, 3-α-isomaltosilglucosio, maltotriosio,
1-kestosio, panosio, isomaltotriosio, erlosio, teanderosio, gentosio,
isopanosio, isomaltotetraosio e isomaltopentaosio.
Oligoelementi
Nel miele esiste una discreta presenza di oligoelementi (quali
rame, ferro, iodio, manganese, silicio, cromo, presenti soprattutto
nei mieli più scuri), vitamine (A, E, K, C, complesso B), derivati
dell'acido caffeico enzimi e sostanze battericide (acido formico) ed
antibiotiche (germicidina): queste ultime categorie di sostanze
permettono in particolare al miele di essere conservato a lungo, e ne
giustificano l'utilizzo come disinfettante naturale. Sono presenti
tracce di olii volatili, da cui dipendono le proprietà
organolettiche.
Proprietà farmacologiche e curative
Azione
antibatterica
È nota da tempo l'azione antibatterica del miele, dovuta alla sua
elevata concentrazione zuccherina e al pH acido, e quella delle
soluzioni di miele, grazie all'azione della glucosidasi contenuta:
questo enzima, inattivo nel miele puro, in soluzione si attiva,
trasformando il glucosio in acido gluconico e acqua ossigenata.
Questo accorgimento è dovuto alla necessità di proteggere il miele
in formazione dai batteri, quando ancora non agiscono l'acidità e la
concentrazione di zuccheri.
Proprietà specifiche
Nella medicina erboristica, il miele è suggerito per la cura del
sistema emopoietico (grazie alla ricchezza di sali), del sistema
cutaneo (favorisce la cicatrizzazione e l'idratazione), del sistema
nervoso (migliorerebbe sonno e concentrazione), dell'apparato
respiratorio (contro tosse e catarro, sciolto in latte o tè),
dell'apparato circolatorio (si presuppone abbia un'azione
ipotensiva), dell'apparato digerente (regolarizzerebbe l'attività
escretoria dei succhi gastrici e della flora batterica, migliorerebbe
l'assorbimento di calcio e magnesio, sarebbe leggermente lassativo
fatta eccezione per quello di lavanda o castagno).
Sebbene qualsiasi tipo di miele sia ritenuto utile per alleviare i
disturbi sopracitati, dalla flora nettarifera, cui si aggiunge una
più o meno lunga stagionatura, dipendono proprietà farmacologiche
più specifiche: il miele d'acacia sarebbe disintossicante e
antinfiammatorio delle vie respiratorie, quello di tiglio avrebbe
proprietà sedative e sarebbe utile contro l'emicrania, il miele
d'eucalipto sarebbe espettorante, vermifugo e antitosse, quello
d'erica diuretico ed antianemico, quello di lavanda risulterebbe
utile sulle bruciature per uso esterno, il miele di conifera sarebbe
utile contro le affezioni respiratorie, il miele di biancospino
verrebbe consigliato contro ansia ed insonnia, quello di castagno
sarebbe utile contro la cattiva circolazione.
La legge italiana
Il miele, per la legge italiana, non può subire aggiunte di
sorta, e gli unici trattamenti a cui può essere sottoposto sono:
La cristallizzazione dipende dalla quantità di zuccheri,
soprattutto glucosio, contenuta nel miele. Essendo una soluzione
sovrassatura, il tempo necessario varia in maniera inversamente
proporzionale alla concentrazione degli zuccheri: da poche settimane,
o addirittura nei favi dell'alveare, per il miele di colza, tarassaco
o edera che sono molto ricchi di glucosio, finanche a superare un
anno per il miele d'acacia, di melata e di castagno, ricchi di
fruttosio.
I trattamenti termici, utilizzati per mantenere il miele allo
stato liquido, privano il miele di molti principi nutritivi. È
quindi preferibile l'utilizzo di miele cristallizzato o cremoso al di
fuori del periodo di produzione.
Uso di farmaci nella produzione di miele
Talvolta nell'allevamento delle api vengono utilizzati farmaci che
possono contaminare il miele.
In Europa, ai sensi del regolamento 2377/90, non sono previsti
limiti residuali di antibiotici nei mieli e nella pappa reale che
pertanto devono considerarsi vietati negli alveari in produzione.
Sono invece ammessi in alcuni paesi (Italia esclusa) per la cura di
alcune patologie quali la peste americana e la peste europea.
In alcuni stati extraeuropei ne è consentito l'uso sistematico
per la prevenzione delle medesime patologie. In particolare negli
Stati Uniti è frequente l'uso di tetracicline e del sulfatiazolo. In
altri stati, quali la Cina sono frequenti le contaminazioni con il
cloramfenicolo, un antibiotico che può causare gravi effetti
collaterali.
La globalizzazione sta inoltre portando a frequenti episodi di
contaminazione con cloramfenicolo dovuti alle triangolazioni del
mercato.
Riconoscimenti
Sono stati riconosciuti come prodotti agroalimentari tradizionali
italiani i seguenti mieli:
Regione Abruzzo
Regione Basilicata
Regione Calabria
miele di arancio calabrese
miele di castagno calabrese
miele di corbezzolo
miele di eucaliptus calabrese
miele di melata di abete calabrese
- miele di sulla calabrese
Regione Campania
miele di acacia
miele di castagno
miele di girasole
miele di sulla
- miele millefiori
Regione Emilia-Romagna
miele del crinale dell'appennino
emiliano romagnolo
miele di erba medica della pianura
emiliano romagnolo
miele di tiglio, mel tiglio
- miele vergine integrale
Regione Friuli-Venezia Giulia
Regione Lazio
miele del Monte Rufeno
- miele monoflora di eucalipto della Pianura Pontina
Regione Liguria
Regione Lombardia
Regione Marche
miele di borraggine (Borago
officinalis)
miele di erba medica
miele di erba strega (Stachys
annua)
miele di ginestrino (Lotus
corniculatus)
miele di lupinella (Onobrychis
viciifolia)
miele di melata di quercia
- miele di melata di salice
Regione Toscana
- miele della Lunigiana DOP (il primo miele in Italia a
denominazione di origine
protetta, registrato il 23/10/2004)
- miele di Spiaggia del Parco di Migliarino - San Rossore
Regione Veneto
- miele delle Dolomiti Bellunesi DOP (registrato il 12/03/2011)
Regione Sardegna
Regione Siciliana
miele di cardo
miele di sulla
- miele di rosmarino
Ricetta
Ingredienti
Per ottenere quasi mezzo litro di liquore, sono necessari:
500 g di grappa morbida.
240 g di miele d'acacia o,
meglio, di castagno.
Buccia di mezza arancia non
trattata.
Buccia di un quinto di limone
verde non trattato.
1 g di cannella in stecca.
- 2 chiodi di garofano.
Preparazione
Porre la grappa ed il miele in un vaso di vetro, quindi scaldare a
bagno maria finché il miele si scioglie completamente (intorno ai 45
gradi), quindi lasciar raffreddare.
Inserire la buccia d'arancia (ne basta mezza) e di limone verde
(ne basta molto poca, giusto per dare un po' di gusto amaro), la
cannella ed i chiodi di garofano.
Chiudere il vaso e lasciare in fusione, agitando di tanto in
tanto, per una decina di giorni, quindi filtrare ed imbottigliare.