giovedì 19 maggio 2022

Anisetta

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L'anisetta è un liquore a base di anice verde (Pimpinella anisum) e il suo nome deriva proprio dalla pianta che ne è la principale aromatizzatrice. Questa varietà appartiene alla famiglia delle Apiaceae e produce semi il cui sapore è simile a quello del finocchio con un retrogusto di menta.
Si ottiene dalla lavorazione dell'”aniciato” che consiste nella distillazione dell'alcool con l'aggiunta di semi di anice che cedono, attraverso il rilascio degli oli essenziali, il loro sapore. Partendo da questa base di lavorazione, con ulteriori interventi e l'aggiunta di altri ingredienti, quali lo zucchero e altri aromi naturali, si produce il liquore.
Nel sapore rassomiglia molto all'acquavite di anice, alla sambuca o al mistrà.
La città di Ascoli Piceno ha dato i natali alla famosa Anisetta Meletti prodotta, dal 1870, da Silvio Meletti, allora proprietario dello storico Caffè Meletti, che ideò un originale sistema di distillazione e perfezionò la ricetta del liquore di sua madre, mediante l'uso di un alambicco a bagno maria con evaporazione molto lenta per estrarre tutto il sapore dai semi dell'anice e rendere più profumato possibile il liquore.
L'anisetta deve essere invecchiata in appositi contenitori di ferro per consentirle di formare “il deposito sulle pareti interne del recipiente e amalgamare i vari componenti che le conferiscono quel gusto che è inconfondibile”.
Questo sistema di produzione viene utilizzato tuttora; l'anice usato è coltivato nelle immediate vicinanze di Ascoli Piceno, in terreni argillosi.


Modi di degustazione

Liscia

L'anisetta può essere bevuta liscia, come "ammazzacaffè" o come drink.

Con la mosca

L'anisetta può essere servita liscia con dentro il bicchiere un chicco di caffè tostato.

Correzione per caffè

L'anisetta può essere aggiunta, in piccole dosi, come correzione aromatica per il caffè.

Liquori simili

  • Ouzo, Grecia
  • Pastis, Francia
  • Raki, Turchia
  • Arak, Medio Oriente
  • Tutone, Sicilia
  • Mistrà, Marche
  • Assenzio, Francia


Curiosità

Il più noto riferimento all'Anisetta Meletti si trova al capitolo 3 del romanzo di Carlo Emilio Gadda, "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana", in cui compare come bevanda costosa ed è presentata come un "classico".
L'Anisetta è citata anche nella letteratura cinematografica: il personaggio Johnny Ola, interpretato da Dominic Chianese nel film capolavoro "Il padrino - Parte II", nella scena in cui va a far visita a Michael Corleone (Al Pacino), presso la residenza di famiglia del Padrino, accetta per drink proprio un bicchiere di anisetta.
L'Anisetta viene altresì citata in "Yuppies - I giovani di successo", film del 1986 diretto da Carlo Vanzina, ed in particolare da Guido Nicheli, direttore di Giacomo (Jerry Calà), essendo quello il liquore preferito dalla propria amante (Cinzia De Ponti).
L'Anisetta viene inoltre citata nel film Casinò (1995) diretto da Martin Scorsese, con Robert De Niro, Sharon Stone e Joe Pesci, mentre proprio quest'ultimo narrava infastidito il dolce far nulla dei capi mafia mentre sorseggiavano Anisetta.


mercoledì 18 maggio 2022

Nocino

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Il nocino è un liquore italiano ottenuto dal mallo della noce, a mezzo di infusione in alcool.

Origine e leggenda

Le origini del liquore sono incerte. Si sa che esistono versioni di liquore di noci in molti paesi europei, dall'Italia, agli Urali, all'Inghilterra. Documenti romani antichi riportano che i Picti, popolo dei Britanni, si radunavano "nella notte di mezza estate e bevevano "da uno stesso calice uno scuro liquore di noce". Fonti successive riportano che tra i francesi era in uso un liqueur de brou de noix, o ratafià di mallo.
Il liquore fece il suo probabile ingresso in Italia dalla Francia, diffondendosi prima nella zona del Sassello e poi nel Modenese. Il noce mantenne sempre un alone di leggenda, legato alla presenza di streghe e incantesimi, che si trasmise alla preparazione del liquore. Infatti, per tradizione, le noci venivano raccolte nella notte di San Giovanni dalla donna più esperta nella preparazione che, salita sull'albero a piedi scalzi, staccava solo le noci migliori, servendosi delle sole mani e senza intaccarne la buccia.
Lasciate alla rugiada notturna per l'intera nottata, si mettevano in infusione il giorno dopo. La loro preparazione terminava la vigilia di Ognissanti, cioè la notte del 31 ottobre. La tradizione prescrive di non usare attrezzi di ferro per la raccolta dei frutti, in base alla credenza secondo cui quel metallo fosse in grado di compromettere le proprietà delle piante officinali. L'usanza è comunque molto antica e già i druidi la seguivano cogliendo il vischio con un falcetto d'oro.

Ingredienti

La ricetta del nocino è semplice. La dose base comprende:
  • 1 kg di malli di noci (30/33 in numero)
  • 1 litro alcool etilico a 95°
  • 700-900 g di zucchero
  • facoltativa è l'aggiunta di alcuni aromi, quali chiodi di garofano, cannella, etc, ma in piccole quantità, tali da non sovrastare l'aroma prevalente di noce.

Preparazione

Per produrre il nocino si utilizzano noci acerbe ancora nel mallo, raccolte dalla pianta all'inizio dell'estate, quando sono ancora tenere a sufficienza da poter essere passate da parte a parte con uno spillo. Le noci vanno lavate sotto l'acqua corrente e tagliate in quattro spicchi. Vanno messe in un vaso di vetro a bocca larga, coprendole interamente con lo zucchero e lasciandole macerare al sole per non più di quattro giorni. Uun tempo superiore renderebbe il prodotto troppo amaro.
Dopodiché si aggiunge l'alcool, mescolandolo all'infuso che nel frattempo si è prodotto e ha contribuito a sciogliere lo zucchero senza l'aggiunta di acqua. La macerazione va continuata, sempre al sole sino a Natale, con raccomandazione di aprire il vaso per mescolare ed ossigenare il prodotto quotidianamente per almeno i primi due mesi.
Anticamente l'acquavite veniva preparata in casa, lasciando macerare le vinacce della vendemmia. L'uso quotidiano sostituisce l'acquavite con l'alcool da cucina a 95°, facile da reperire in commercio. Sono in molti a ritenere che questo sia un ripiego e dia un risultato finale inferiore per gusto e per delicatezza.
Dopo la macerazione, l'infuso viene filtrato attraverso un pezzo di stoffa di lino: le noci vanno torchiate e le torchiature, pure filtrate, vanno aggiunte con sapienza e nella giusta dose al prodotto che andrà imbottigliato in bottiglie di vetro scuro a chiusura ermetica o affinato in botti di rovere già avvinate in precedenza per togliere il tannino dal legno. Si ritiene abbia effetti benefici sulle digestioni difficili e sui dolori ventrali causati da gas intestinali.
È ricco di acido gallico: la tradizione erboristica lo consiglia come digestivo, come tonico e contro i disturbi del fegato. Tuttavia, come per ogni alcolico e superalcolico, va bevute solo in modeste quantità. Una ricetta più recente e molto delicata prevede, per 30-33 noci, un litro di cognac (o brandy), 400 grammi di zucchero, 6 chiodi di garofano e, se disponibile, 1 grammo di macis.
Il contenitore con l'infuso di noci, chiodi di garofano e macis, cui non va aggiunto lo zucchero per il primo mese, va lasciato al sole, chiuso ermeticamente, e agitato due o tre volte al giorno. Passato il mese si aggiunge lo zucchero, si mescola e si lascia di nuovo al sole per due settimane, sempre agitando due o tre volte al giorno. Poi si filtra, anche due volte se necessario, si imbottiglia e si lascia riposare per almeno due mesi in luogo buio e fresco.

Risultato

Il nocino deve risultare denso, bruno brillante, limpido, con sentori e profumi di noce intensi e persistenti, con buon corpo, con sapore di noce primario ed una perfetta risultanza armonica di tutti i suoi componenti.

Utilizzo

Il modo migliore di servirlo è liscio a temperatura di 16-18°, come digestivo alla fine dei pasti. Alcune varianti lo vedono servito con il Parmigiano reggiano o sul gelato per un ottimo dessert.

Come fare

Il difficile sta nella scelta delle noci e del loro periodo di maturazione, scelta che richiede capacità ed esperienza. Le noci debbono possibilmente provenire da piante vecchie, meglio se di collina ed esposte al sole. Il frutto del noce è una drupa. La parte esterna, esocarpo o mallo, carnosa e profumata, scurisce rapidamente una volta a contatto con l'aria, a causa della presenza di tannini. Quella interna (endocarpo) è composta da un involucro legnoso a due valve divisa in quattro partimenti distinti da setti legnosi imperfetti, che ospitano il gheriglio (seme) di aspetto cerebriforme.
Il periodo della raccolta delle noci destinate alla preparazione del nocino, chiamato dagli erboristi tempo balsamico, va colto con precisione in quanto dura pochi giorni e può “scappare”. Le noci vanno seguite attentamente durante la maturazione: occorre, infatti, tagliarle in due parti per controllare i quattro incavi presenti all'interno, ove in più fasi si genera il gheriglio. Dapprima la consistenza appare liquida, poi più densa o gelatinosa, infine consistente nella sua fase finale di maturazione. Il periodo giusto per la produzione del nocino (o "tempo balsamico", come detto), si ha quando la parte interna del frutto appare gelatinosa.

Difetti

Le noci troppo acerbe danno per risultato un nocino troppo verde, mentre quelle troppo mature danno un prodotto legnoso, amarognolo ed allappante a causa del troppo tannino. Anche il nocino messo a invecchiare in botte usata per la prima volta sarà difettoso a causa dei tannini. La botte dovrà quindi essere spurgata con alcool, vino ,o soluzioni con acido citrico, per almeno sei mesi.

Associazioni

A Spilamberto, in provincia di Modena, esiste dal 1978 l'associazione Ordine del Nocino Modenese che ha lo scopo di organizzare, promuovere e sostenere iniziative e manifestazioni atte a tutelare, valorizzare e diffondere l'antica tradizione del nocino. In origine l'Ordine era formato da sole donne, ed anche oggi, pur con qualche concessione alla parità dei diritti, la maggioranza del Consiglio è formato da donne. Questo per ricordare le origini del nocino, legate soprattutto alle "rezdore", che nelle case contadine erano le depositarie della tradizione della produzione di questo liquore. Tutti gli anni, nei mesi di gennaio e febbraio, l'Ordine organizza un Palio aperto a tutti coloro che producono per passione il nocino e che vede premiato il migliore dei concorrenti il giorno di S. Valentino (14 febbraio).
Inoltre da alcuni anni l'Associazione organizza eventi legati alla tradizione della "Guazza" di S. Giovanni, ossia della supposta magica rugiada che scende nella notte fra il 23 ed il 24 di giugno. L'Ordine inoltre organizza corsi per imparare a produrre, a degustare e a valutare il nocino, formando così gli assaggiatori e i maestri assaggiatori che andranno a condurre il Palio. A Modena è da anni operante l'Albo Assaggiatori di Nocino Tipico di Modena "Il Matraccio“, associazione no profit che si occupa di diffondere questo prodotto attraverso una scuola itinerante per allievi assaggiatori di Nocino Tipico di Modena.
Inoltre in collaborazione con il comune di Castelfranco Emilia, organizza "Nocinopoli" – La città del Nocino : una serata in cui tutto è riconducibile al Nocino, il vero protagonista dell'evento. La manifestazione si svolge nel cuore di Castelfranco nella domenica più vicina al 24 giugno: la Via Emilia, che come le altre vie e piazze del centro cambia nome per l'occasione, viene chiusa al traffico automobilistico per lasciare spazio ai numerosi stand che rappresentano i prodotti di eccellenza del territorio modenese. Oltre all'immancabile Nocino, con tutti i suoi derivati, che funge da padrone di casa, sono presenti il Parmigiano Reggiano, l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, il Prosciutto di Modena, il Lambrusco, il Melone, i Borlenghi, i Ciacci, le Crescentine…), oltre a quelli provenienti da altre province e regioni d'Italia invitati per l'occasione.


martedì 17 maggio 2022

Sambuca (liquore)

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La sambuca è un liquore dolce, la cui base essenziale viene realizzata con acqua, zucchero e oli essenziali della varietà di anice stellato e successivamente elaborata tramite l'uso di varie erbe naturali in numero variabile, che fungono da agenti aromatizzanti del liquore stesso.


Preparazione

L'originale ricetta del liquore sambuca prevede l'uso di alcool, acqua di sorgente, zuccheri ad alta solubilità, diverse combinazioni di anice e distillato di fiori di sambuco (Sambucus nigra).
La base della sambuca è costituita dagli oli essenziali ricavati dalla distillazione a vapore di anice stellato (e/o anice verde) e finocchio. Tali ingredienti, attraverso la distillazione, conferiscono al liquore un forte profumo di anice. Contiene anche estratti di fiore di sambuco bianco dal quale deriva il nome, nonché in alcune preparazioni, timo, menta piperita, genziana ecc. Gli olii così ottenuti vengono poi macerati e infusi in alcool allo stato puro il tutto addizionato da una soluzione concentrata di zucchero e altri aromi naturali. La sambuca è quindi un liquore dolce e vellutato, dalla consistenza densa e oleosa, dai sapori intensi e delicati con gradazioni basse e molto forti e dall'aspetto assolutamente trasparente e incolore. Al contatto con il palato rimane liscia con sprazzi arcigni.

La storia

Sambuca deriva dal nome della pianta (sambuco) da cui si ricava l'estratto. L'etimologia di sambuco (latino sambūcus o sābūcus, già attestato in Plinio) è incerta ma probabilmente d'origine non indoeuropea. Si pensa che possa derivare da una forma mediterranea (egea) *saba, "acqua", col significato di "pianta che vive nell'acqua" o "con l'acqua" (?) che si ritrova anche nel dacio σεβα seba "sambuco".
La ricetta originale della sambuca trae probabilmente origine dalla tradizione erboristica certosina un tempo nota per le bevande alcooliche e per i preparati medicamentosi. Come già detto, l'estratto di fiore di sambuco bianco è uno degli ingredienti, ma non il principale.
La sambuca fu commercializzata alla fine del XIX secolo a Civitavecchia da Luigi Manzi col nome di Sambuca Manzi appunto, ancora oggi prodotta. Fu poi lanciata a livello internazionale da Angelo Molinari a partire dal 1945, a guerra appena finita, col nome di “Sambuca Extra Molinari”. Ora la ditta è gestita da Mafalda Molinari


Degustazione

La sambuca può essere servita liscia, come ammazzacaffè o semplicemente come drink; possono essere aggiunti uno o due chicchi di caffè come ornamento, la cosiddetta "mosca", che masticata mentre si beve ne esalta il gusto. Può essere servita, invece, con ghiaccio, con uno o due chicchi di caffè come ornamento. Può essere utilizzata come correzione per il caffè; se bevuta con aggiunta di acqua fredda è anche chiamata "col fantasma" in quanto aggiungendo acqua, la sambuca diventa bianco opaco somigliando a del fumo.

Flambé (o "a soffietto" o "Bum Bum")


Sambuca Flambé



Utilizzare un bicchierino stretto, accendere la sambuca in superficie, tappare il bicchiere con il palmo della mano finché la fiamma si spegne ed il bicchiere si attacca al palmo della mano a causa della pressione negativa creatasi tra il bicchiere e la mano. Verificato che il bicchiere è attaccato bene, agitare per qualche secondo. Staccare la mano e bere tutto di un fiato. Tappare di nuovo il bicchiere, creare un piccolo spazio spostando la mano e con la bocca aspirarne l'essenza rimasta nel bicchiere (il cosiddetto "soffietto").
Nei locali dell'ex-URSS, specialmente in Russia e Ucraina, è molto diffusa la seguente variante della sambuca flambé: il cameriere fiammeggia la sambuca in un bicchiere da brandy e poi la versa ancora in fiamme in un secondo bicchiere più aperto, tipo tumbler. Mentre il cliente beve la sambuca tutta d'un fiato, il cameriere capovolge il primo bicchiere e lo appoggia su un tovagliolo di carta dove è stata fatta passare attraverso una cannuccia, da cui poi il cliente sniffa i vapori di alcool.

Cocktail a base di sambuca

Diverse sono le ricette nei cui ingredienti compare la sambuca come base più dolce in alternativa ai classici gin e vodka, molto spesso in versione tonic o fizz usando però la cola al posto della soda.
Nei rifugi sulle montagne abruzzesi, si usa preparare uno shot ("cicchetto") composto per metà da sambuca e metà Centerba (tipico liquore abruzzese); il nome del cicchetto è "SdraiaVacche" per le ovvie conseguenze della sua bevuta.


Marche di sambuca (elenco parziale)

La Sambuca, secondo il Regolamento UE 110-2008 è una bevanda alcolica che deve essere INCOLORE, oltre ad avere un'altra serie di caratteristiche quali il contenuto minimo di anetolo, la gradazione alcolica minima etc. Risultano in commercio, soprattutto nel Regno Unito, molti Liquori colorati a base di Sambuca (si stimano oltre 9 milioni di bottiglie all'anno), denominati "Sambuca" o "Sambuca liqueur" che contravvengono in maniera palese al Regolamento comunitario di riferimento. Sia in Italia che nel Regno Unito sono in corso sequestri di queste bevande alcoliche impropriamente denominate "Sambuca"
Di seguito alcuni produttori di Sambuca:
  • Sambuca Manzi, gradazione alcolica 42%
  • Sambuca Antica, gradazione alcolica 38%
  • Sambuca Molinari, gradazione alcolica 42%
  • Sambuca Ramazzotti, gradazione alcolica 38%
  • Sambuca Isolabella, gradazione alcolica 40%
  • Sambuca SIMAL, gradazione 40%
  • Sambuca Villa Colonna classica Kristal, gradazione alcolica 38%
  • Sambuca Borghetti, gradazione alcolica 38%
  • Sambuca Massari, gradazione alcolica 40%
  • Sambuca Luxardo, gradazione alcolica 38%
  • Sambuca Vecchia Sarandrea, gradazione 42%
  • Sambuca Stella d'Italia Toschi, gradazione 40%
  • Sambuca Stock, gradazione alcolica 40%
  • Sambuca IVAL, gradazione alcolica 40%
  • Sambuca Fiume, gradazione alcolica 42%
  • Sambuca Colazingari, gradazione alcolica 40%
  • Sambuca SIMAL
  • Sambuca Villa Colonna classica Kristal
  • Sambuca Borghetti
  • Sambuca Borsci
  • Sambuca Franciacorta
  • Sambuca Isolabella
  • Sambuca Vinci
  • Sambuca Massari
  • Sambuca Stock



Liquori simili

La sambuca è solo uno dei tanti liquori a base di anice prodotti soprattutto nell'area mediterranea.
I più famosi sono:
  • Ouzo, Grecia
  • Pastis, Francia
  • Rakı, Turchia
  • Arak, Siria Libano e Israele
  • Tutone, Sicilia
  • Mistrà, Marche
  • Anisetta, Marche
  • Sassolino, Modena
  • Assenzio, Francia, Svizzera Romanda (è un distillato di varie erbe tra cui anice, ma non un liquore a base di anice)
  • Aguardiente, Colombia



lunedì 16 maggio 2022

Mistrà (liquore)

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Il mistrà è un liquore tipico marchigiano e laziale ottenuto per distillazione di alcol di vino e aromatizzato tramite l'infusione di anice (gradazione alcolica attorno al 40%-60%).


Storia

Trae le sue origini dalla conquista dell'omonima città (situata a circa 8 km dall'antica Sparta) da parte della Repubblica di Venezia, avvenuta nel 1687 e terminata nel 1715. I veneziani scoprirono l'ouzo e lo portarono in patria, battezzandolo con il nome della città conquistata. Da quel momento il mistrà divenne il liquore per eccellenza della Serenissima. Le dominazioni austriaca e francese segnarono il declino della sua popolarità in Veneto.
Il mistrà, a differenza dell'anisetta e della sambuca, entrambi dal sapore dolce, ha un gusto molto secco, che lo rende ideale per correggere il caffè ma può essere bevuto anche liscio. A Venezia era anche bevuto alla maniera dell'ouzo e del pastis francese, mischiato con acqua. Alla fine dell'Ottocento il mistrà venne riscoperto da Girolamo Varnelli, che ne interpretò e perfezionò la ricetta, partendo dall'intenzione di creare un decotto contro la malaria per i pastori transumanti in Maremma, creando il Varnelli, l'Anice Secco Speciale, tipico prodotto marchigiano.
Essendo un prodotto di tradizione contadina, normalmente viene prodotto e consumato in casa, il Varnelli invece è commercializzato su vasta scala.



Riconoscimenti

Su proposta della Regione Marche e della Regione Lazio, il Ministero ha concesso il riconoscimento come prodotto tradizionale.

domenica 15 maggio 2022

Boza

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La Boza, anche Bosa (dal turco: boza), è una bevanda fermentata popolare in Kazakistan, Turchia, Kirghizistan, Albania, Bulgaria, Macedonia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, parti della Romania, Serbia, Ucraina, Polonia e Lituania.
È una bevanda di malto, a base di mais e di grano in Albania, grano fermentato in Turchia e di frumento o di miglio in Bulgaria e Romania. Ha una consistenza densa e una bassa gradazione alcolica (di solito circa l'1%), oltre ad avere un sapore leggermente acido dolce. Ci sono diversi tipi di Boza, i più importanti dei quali sono la Boza bulgara, albanese e turca.


sabato 14 maggio 2022

Titolo alcolometrico

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Per titolo alcolometrico o gradazione alcolica si intende la misura del contenuto di etanolo in una bevanda alcolica.
La sua definizione e le unità di misura per esprimerlo possono variare a seconda delle legislazioni applicate nei diversi paesi del mondo.
Secondo la legge italiana – articolo 12 del Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109, detto "legge alimenti" – per titolo alcolometrico volumico effettivo si intende:
«il numero di parti in volume di alcole puro alla temperatura di 20 °C contenuta in 100 parti in volume del prodotto considerato alla stessa temperatura
Il titolo alcolometrico è espresso dal simbolo "% vol", preceduto dal numero corrispondente che può comprendere solo un decimale. La misura coincide con la definizione di percentuale in volume (alcohol by volume, ABV) convenzionalmente adottata in ambito internazionale.
L'espressione ha sostituito quella comunemente in uso di gradazione alcolica. Il termine gradazione alcolica derivava da uno dei primi metodi di misura che utilizzava i "gradi Gay-Lussac" (°GL), che definiva come 0 °GL un distillato di acqua pura e 100 °GL un distillato di alcool puro.
Un'altra misura, attualmente caduta in disuso, è il proof in voga in alcuni paesi anglosassoni (Stati Uniti e Regno Unito). Tale misura corrisponde a circa il doppio del titolo alcolometrico volumico.
Dalla definizione di titolo alcolometrico ne discendono altre:
  • titolo alcolometrico volumico effettivo (o grado alcolico svolto): la percentuale di alcool effettivamente contenuta nella bevanda alcolica; ad esempio un vino che contiene 110 ml di alcool per litro ha una percentuale di alcool dell'11%. Questo è il valore che viene riportato per legge sulle etichette dei vini non spumanti.
  • titolo alcolometrico volumico potenziale: il numero di parti in volume di alcol puro a una temperatura di 20 °C che possono essere potenzialmente prodotte dalla fermentazione totale degli zuccheri contenuti in 100 parti in volume del prodotto considerato alla stessa temperatura.
  • In poche parole, si può ottenere una misura grossolana del grado alcolico volumico potenziale del vino moltiplicando per 0,6 il grado zuccherino del mosto o del vino. Ad esempio se in un litro di vino vi fossero ancora 100 g di zucchero, la loro fermentazione potrebbe produrre ca. 60 mL di alcool, per cui il grado alcolico potenziale è di ca. 6%. Un mosto con il 20% di zuccheri può produrre un vino con il 12% in volume di alcol etilico.
  • titolo alcolometrico volumico totale: la somma di effettivo e potenziale (si può trovare ad esempio negli spumanti e nei vini liquorosi).
  • titolo alcolometrico volumico naturale: il titolo alcolometrico volumico totale del prodotto considerato prima di ogni arricchimento (ad esempio con il mosto).


Valori tipici

  • birra: 4 - 10% vol
  • sidro: 5 – 7% vol
  • vino: 10 - 19% vol
  • porto: 20% vol
  • vodka 35 - 45% vol
  • whisky: 40 - 60% vol
  • grappa: 37 - 70% vol (gradazione massima: 86% vol)
  • centerba: 70% vol
  • assenzio: 65 - 80% vol (ne esistono anche a 90% vol)



Conversioni

Il titolo alcolometrico può anche essere espresso in termini di peso, (grado alcolico in peso, ovvero la quantità di alcool espressa in grammi per litro).
Una conversione è la seguente, che utilizza la densità come fattore di conversione:
Grado alcolico in peso (g/L) = 8 × Titolo alcolometrico volumico (V/V, %)
Una concentrazione al 40% in volume corrisponde a 8 x 40 = 320 g/L
Questo fattore di conversione è molto approssimativo in quanto ogni bevanda alcolica è composta da diversi ingredienti e ha una densità variabile.


Metodi di misura

Metodo per distillazione

Il metodo per la misura del titolo alcolometrico volumico effettivo prevede una doppia distillazione del vino alcalinizzato (per evitare l'interferenza di acido acetico, anidride solforosa, aldeidi e altre sostanze volatili) e la successiva misura della densità della soluzione idroalcolica ottenuta, mediante picnometria o per mezzo di una bilancia idrostatica.
Con l'aiuto di opportune tabelle è poi possibile risalire dalla densità al contenuto alcolico con una approssimazione di ca. 0,01%.


Metodo per ebollizione

Per vini con un contenuto zuccherino non molto elevato e un grado alcolico compreso fra 9% e 12% è possibile mettere in relazione la temperatura di ebollizione con il titolo alcolometrico. Il principio si basa sul fatto che la temperatura di ebollizione dell'acqua è di ca. 100 °C mentre quella dell'alcool etilico è di ca. 78 °C: tanto più la temperatura di ebollizione del vino è prossima a 78 °C tanto maggiore è il contenuto di alcool. Anche in questo caso vi sono delle tabelle che permettono di mettere in relazione la temperatura con il titolo alcolometrico. Mediante uno strumento noto come ebulliometro di Malligand è possibile quindi determinare velocemente, ma in maniera approssimata, il grado alcolico di un vino.





venerdì 13 maggio 2022

Postumi dell'ubriachezza

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I postumi dell'ubriachezza sono un insieme di effetti fisici che seguono l'eccessivo consumo di bevande alcoliche. I più comuni riportati sono emicrania, sete, letargia, nausea, sensibilità alla luce e al rumore, ipoglicemia, disidratazione e carenza di vitamina B12. Possono verificarsi anche amnesie o ricordi confusi del periodo soggetto ad intossicazione alcolica.


Sintomi

I postumi dell'assunzione eccessiva di alcol sono riconducibili a diversi sintomi che possono includere disidratazione, stanchezza, mal di testa, nausea, diarrea, debolezza, difficoltà di concentrazione, ansia, irritabilità, sensibilità alla luce e al rumore e difficoltà a dormire. I sintomi variano da persona a persona e da occasione a occasione, e di solito cominciano molte ore dopo aver assunto bevande alcoliche. Non è chiaro se tali postumi abbiano effetti sulle capacità cognitive.


Cause

Le cause dei postumi sono molteplici. L'etanolo ha un effetto disidratante (le sostanze di questo tipo sono dette diuretiche), che causa secchezza delle fauci, letargia e mal di testa dovuta alla diminuzione del livello di fluidi nel cervello; questo effetto può essere ridotto bevendo molta acqua durante e dopo il consumo di alcolici. L'impatto dell'alcol sulla mucosa dello stomaco può causare la nausea. A causa dell'aumento della produzione del NADH durante la metabolizzazione dell'etanolo, il NADH in eccesso può rallentare la gluconeogenesi nel fegato, causando ipoglicemia.
Un altro fattore risulta dalla degradazione dell'etanolo per mezzo di due reazioni chimiche, catalizzate da due enzimi prodotti dalle epatociti del fegato. L'etanolo è convertito in acetaldeide dall'enzima alcol deidrogenasi e quindi dall'acetaldeide ad acetato dall'enzima acetaldeide deidrogenasi. L'acetaldeide e l'acetato sono fortemente tossici, nel particolare l'acetaldeide è circa 30 volte più tossico dell'alcol di per sé, pertanto è la principale causa dei postumi.
Le due reazioni menzionate sopra richiedono anche la conversione del NAD+ in NADH. Con l'eccesso di NADH, la reazione dell'enzima lattato deidrogenasi è portata a produrre il lattato dal piruvato (il prodotto finale della glicolisi) per rigenerare il NAD+ necessario. Questo devia il piruvato da altre vie, come la gluconeogenesi, interferendo con l'abilità del fegato di rifornire di glucosio i tessuti, specialmente il cervello. Poiché il glucosio è la fonte energetica principale del cervello, questa mancanza di glucosio contribuisce a sintomi quali affaticamento, debolezza, sbalzi d'umore e diminuzione dell'attenzione e della concentrazione.
Nella metabolizzazione dell'alcol, una molecola di etanolo (il principio attivo principale nelle bevande alcoliche) produce due molecole di NADH, utilizzando la vitamina B12 come coenzima. Il consumo eccessivo di etanolo può quindi causare anche carenza di vitamina B12.


Presunti rimedi

In una rassegna della letteratura medica riguardante le cure dei postumi, stesa da un team di ricercatori guidati da Max Pittler della Peninsular Medical School all'Università di Exeter, pubblicata nel numero del 24 dicembre 2005 del British Medical Journal, sono riportate le seguenti conclusioni: «non esiste una prova convincente che suggerisca che un qualche intervento convenzionale o complementare possa avere effetti nel prevenire o curare i postumi dell'alcol. Il metodo più efficace per evitare i sintomi dei postumi indotti dall'alcol è praticare l'astinenza o la moderazione».
Uno studio clinico del 2004 ha suggerito che assumere un estratto di fico d'india (Opuntia ficus indica) alcune ore prima di bere può ridurre significativamente alcuni sintomi di ubriachezza, tra i quali la nausea. L'autore teorizza che l'estratto possa agire sopprimendo la naturale reazione immunitaria ai congeneri, sostanze tossiche prodotte durante il processo di fermentazione dell'alcol.



 
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