domenica 23 giugno 2019

Pub

Risultati immagini per pub


Una public house, normalmente conosciuta con l'abbreviazione pub (usato in italiano al maschile), è un locale pubblico dove sono servite bevande alcoliche (soprattutto birra) da consumarsi sul posto, in genere comodamente seduti.
I pub, che originariamente nacquero nei paesi anglosassoni (soprattutto in Irlanda e nel Regno Unito), oggi si trovano in tutto il mondo. Nei piccoli villaggi dei paesi britannici, i pub sono il centro della vita della comunità. Alcuni pub invitano gruppi musicali o cantanti per intrattenere i clienti. Se il pub offre delle stanze per passare la notte, normalmente viene detto “inn” (taverna). Nei pub tradizionalmente sono praticati dei giochi come ad esempio freccette, birilli, domino, carte e biliardo, anche se oggigiorno stanno prendendo piede giochi moderni come i videogioco arcade o le slot machines.


I pub britannici

Nel Regno Unito ci sono circa 60.000 pub, praticamente almeno uno in ogni città, paese e villaggio.
I pub sono luoghi sociali di aggregazione, basati sulla vendita e il consumo di bevande alcooliche (birra, vino, liquori e soft-drinks). Molti pub sono controllati direttamente dalle case produttrici di birra e quindi questa bevanda prevale su tutte le altre. Normalmente, nei pub la birra viene spillata e servita alla spina. Tutti i pub mettono a disposizione anche bevande non alcooliche.
Tradizionalmente le finestre dei pub sono fatte di vetro offuscato in modo da nascondere la clientela dalla strada. Tuttavia, soprattutto negli ultimi vent'anni, nel Regno Unito si sta diffondendo la tendenza ad utilizzare vetri normali per permettere di vedere dall'esterno le decorazioni interne.
Generalmente ogni pub ha la sua clientela abituale, che sceglie proprio quel locale per i più svariati motivi: vicinanza da casa o dal posto di lavoro, particolari attrazioni personali, come la presenza dei propri amici, disponibilità di un certo tipo di birra alla spina, presenza di zone non-fumatori o al contrario di un posto dove fumare liberamente, o magari la presenza della propria squadra di freccette.

Storia

Gli abitanti del Regno Unito bevono birra ad alta fermentazione dall'età del bronzo, ma fu solo con l'arrivo dell'Impero romano e la creazione della rete stradale romana che iniziarono a nascere le prime taverne dove i viaggiatori potevano trovare ristoro. La nascita dei pub come li intendiamo oggi, va fatta risalire all'epoca in cui i romani lasciarono le isole britanniche; divennero così diffusi che nel 965 re Edgar emise un decreto per il quale non poteva essercene più di uno in ogni villaggio.
Il pub chiamato "Royal Standard of England", situato vicino a Beaconsfield, in Inghilterra, è tra i meglio conservati di quelli dell'epoca dei Sassoni. In questo popolo era diffusa un'usanza secondo la quale la birraia dovesse esporre un'insegna verde in cima a un palo per avvertire la gente che la birra era pronta. Si produceva sia birra forte che leggera. Nell'alto medioevo un viaggiatore, per riposarsi, poteva alloggiare nei monasteri; in seguito però la domanda di ostelli per la notte iniziò a crescere, di pari passo con la popolarità e il numero dei pellegrinaggi. Gli osti di Londra furono ammessi ad una corporazione nel 1446, che nel 1514 divenne la Venerabile Compagnia degli Albergatori.
La tradizionale birra ale inglese è fatta esclusivamente con il malto fermentato. L'usanza di aggiungere luppolo per produrre birra fu introdotta dagli olandesi all'inizio del XV secolo. Le birrerie, spesso producevano da sole la birra che vendevano e ognuna ne aveva una caratteristica; tuttavia dalla fine del XVII secolo iniziarono ad apparire birrifici indipendenti. Entro la fine del secolo la quasi totalità della birra era prodotta da birrifici commerciali.
Il XVIII secolo vide una smisurata crescita del numero di pub, dovuta essenzialmente all'introduzione del gin. Questo liquore fu portato in Inghilterra dagli olandesi dopo la Gloriosa rivoluzione del 1688 e iniziò ad essere molto popolare dopo che il governo permise la produzione di gin senza licenza e allo stesso tempo impose dei pesanti tributi su tutti i liquori importati. Questa operazione creò un mercato di grano di bassa qualità che non poteva essere usato per produrre birra, e di conseguenza migliaia di gin-shop si diffusero in tutta l'Inghilterra. Nel 1740 la produzione di gin era aumentata di sei volte rispetto a quella della birra, e a causa del suo costo contenuto divenne popolare soprattutto fra i poveri. Più di metà dei 15000 pub di Londra erano gin-shop.
Nel 1751 il "Gin Act" obbligò le distillerie a vendere il gin esclusivamente ai venditori al dettaglio autorizzati, e riportò i gin-shop sotto la giurisdizione dei magistrati locali.

Insegne

Nel 1393 Re Riccardo II obbligò gli osti a erigere insegne al di fuori dei loro edifici. La legislazione stabiliva: "Chiunque abbia intenzione di produrre birra in città, con l'intento di venderla, dovrà appendere all'esterno un'insegna, altrimenti perderà per confisca la propria birra."
Questa legge fu emanata per rendere più riconoscibili i pub, al passaggio degli ispettori che dovevano giudicare riguardo alla qualità della birra che veniva somministrata.
Un altro importante fattore fu quello che, durante il Medioevo, la maggior parte della popolazione era analfabeta, e perciò le figure erano molto più utili delle parole per identificare un pub. Spesso non c'era motivo di scrivere il nome del locale sull'insegna, e le taverne nascevano senza un nome formalmente scritto (spesso il nome veniva derivato in seguito dalla figura che c'era sull'insegna).
Le prime insegne spesso non erano dipinte, ma consistevano di strumenti legati al processo produttivo come mazzi di luppolo o attrezzi della produzione che erano sospesi sopra la porta del pub. In alcuni casi erano usati soprannomi locali, termini agricoli o giochi di parole. Nelle insegne spesso venivano rievocati anche eventi storici locali, simboli naturali o religiosi ("Il Sole", "La Stella", "La Croce") e talvolta elementi di araldica del signore locale a cui apparteneva la terra sulla quale sorgeva il pub.
La gran parte dei pub britannici hanno tuttora insegne decorate appese sopra le porte e queste conservano la funzione originale di mettere in grado di identificare il locale. Le insegne di oggi portano il nome del pub, rappresentato sia in parole che in figure.


Cibo

Tradizionalmente in Inghilterra i pub erano luoghi dove si consumavano bevande alcoliche e si dava poca enfasi sul fatto che servissero da mangiare. I tipici spuntini consistevano in pietanze tipiche della cucina britannica, come cotenna di maiale, uova sottaceto, insieme a patate fritte e arachidi, snack salati per aumentare la sete dei clienti. Se un pub serve dei piatti tipici, normalmente saranno di cucina tipica come il "pranzo del contadino". Nel Sud-Est dell'Inghilterra, e a Londra in particolare fino ai giorni nostri è facile trovare vongole, molluschi ed altri frutti di mare in vendita durante la serata o alla chiusura.


Limitazioni

Per consumare alcolici in pubblico in Inghilterra occorrono 18 anni. Dai 16 anni, accompagnati da un adulto, si può bere (ma non acquistare) birra, vino o sidro durante un pasto. Sotto i 16 anni, si può andare in un pub se accompagnati da un adulto, ma non consumare alcolici. Tuttavia alcuni locali possono rifiutare l'ingresso ai minori di 16 anni.


I pub irlandesi

Ci sono molte differenze tra un pub irlandese e la sua controparte britannica. Innanzitutto le facciate sono meno decorate e, appese sopra la porta, generalmente non ci sono delle insegne con scritto il nome del pub. L'uso del termine "bar" al posto di pub è più frequente in Irlanda che nel Regno Unito.
Prima degli anni sessanta, quando si diffusero i supermercati, le drogherie erano molto diffuse nel paese, e i pub irlandesi spesso operavano anche come “drogherie di liquori”, conciliando le due attività (in alcuni casi i padroni dei pub erano anche becchini, e questa strana combinazione è tuttora comune in Irlanda. Questa attività di osti-droghieri nacque verso la metà del XVIII secolo, quando si diffuse una tendenza alla moderazione che obbligò i padroni dei pub a diversificare i loro affari per far fronte alla diminuzione di vendite dei liquori.
Con l'aumento della concorrenza, molti pub decisero di abbandonare la loro attività per dedicarsi esclusivamente alla vendita sotto licenza; tuttavia molti pub in Irlanda hanno conservato le caratteristiche della drogheria del XIX secolo, con il bancone e gli scaffali che occupano la maggior parte dello spazio, lasciandone poco per i clienti. In Irlanda del Nord le “drogherie di liquori” furono obbligate a scegliere tra le due attività con la divisione dell'Irlanda nel 1922, e per questo motivo lì non si trovano più pub di questo tipo.
A differenza dei pub inglesi, quelli irlandesi spesso prendono il nome dal proprietario (attuale o precedente) come ad esempio Murphy's o O'Connor's, e sono assenti nomi tradizionali di pub. Tra i più famosi pub tradizionali di Dublino che hanno le caratteristiche sopra sottolineate citiamo O'Donoghue's, Doheny, Nesbitt's, e Brazen Head, che si vanta di essere il più antico pub d'Irlanda (onorificenza che invece spetta al Sean's Bar ad Athlone).
I pub dell'Irlanda del Nord sono per gran parte identici a quelli del resto dell'isola. Un effetto marginario dei "Troubles" è la mancanza di un'industria del turismo, e questo implica che è sopravvissuta una più grande percentuale di pub tradizionali irlandesi, riadattati negli interni allo stile di quelli inglesi degli anni cinquanta e sessanta. Queste modifiche furono guidate dall'esigenza di espandere gli spazi in cui i clienti potevano sedersi, soprattutto dovuta alla crescita del numero di turisti in seguito alla fine dei "disordini". Tra i più tipici pub di Belfast ricordiamo il National Trust's Crown Liquor Saloon, e il più antico della città: McHugh's. Al di fuori di Belfast, alcuni pub come ad esempio The House of McDonnell a Ballycastle o Grace Neill's a Donaghadee sono rappresentativi del tipico pub di campagna.
Sebbene alcuni dei pub appena elencati siano stati ampliati nel tempo, in tutti i casi sono state conservate le caratteristiche zone dei banconi così com'erano originariamente, e per questo possono essere considerati dei tipici esempi di "pub tradizionali irlandesi". La maggior parte dei pub, al giorno d'oggi, sono stati riammobiliati secondo lo stile originale durante gli anni novanta, in molti casi per aumentare la loro attrattiva verso i turisti e per assomigliare agli "Irish pub" che si trovano sparsi per il mondo; di conseguenza hanno più caratteristiche in comune con questi (spesso sono stati ammobiliati dalle stesse compagnie) che con i veri pub tradizionali a cui pretendono di assomigliare.
L'immagine sentimentale che molti turisti o emigranti hanno dell'Irlanda, in molte zone ha influenzato le trasformazioni dei pub. Il fatto che spesso all'interno dei pub ci sia musica dal vivo è un mito creato dall'industria del turismo. A testimonianza di questo, i "singing pub" sono del tutto assenti in zone dove il turismo non è la principale voce dell'economia locale, come le Midlands, le contee di confine o l'Irlanda del Nord.
Spesso i pub "turistici" servono cibo ai clienti, fenomeno di nascita abbastanza recente (a partire dagli anni settanta). Prima di allora, nella grandissima maggioranza dei pub irlandesi non era servito cibo, dal momento che mangiare fuori non era un'usanza molto comune in Irlanda, e tutti i paesi e le città avevano almeno un luogo di ristoro, dove il cibo era disponibile per tutto il giorno. La stessa situazione la troviamo ancora nei pub tradizionali di campagna che tuttora non servono cibo; tuttavia nelle principali aree urbane come Dublino, Armagh, Galway e Sligo i pub fanno da mangiare a qualsiasi ora del giorno e come risultato si è avuto un incremento del numero di irlandesi che mangiano fuori casa.
Dopo l'entrata in vigore della legge antifumo in Irlanda, molti pub hanno creato per i fumatori, delle aree esterne spesso riscaldate. La legge è stata applicata anche in Irlanda del Nord dall'aprile del 2007.
Soprattutto negli anni ottanta e negli anni novanta sono stati aperti molti Irish pub in tutto il mondo, da Boston a Francoforte, da Johannesburg a Pechino. Questi, in molti casi hanno molte caratteristiche in comune con i pub in Irlanda, ma in molti altri sono solo pallide imitazioni.


I pub in Italia

In Italia, storicamente, il ruolo dei pub è stato svolto dalle osterie, tipici luoghi di ritrovo e socializzazione popolare. Soprattutto a partire dagli anni ottanta sono sorti un po' ovunque degli Irish pub, sullo stile di quelli irlandesi.
Il primo pub in Italia sorge nel 1964 a Rimini ed è lo storico Rose & Crown.
Dal 20 gennaio 2003, anche in Italia è entrata in vigore la legge antifumo che impedisce di fumare all'interno dei locali pubblici.



sabato 22 giugno 2019

Happy hour

Risultati immagini per Happy Hour




Happy hour (letteralmente "ora felice" in lingua inglese) è una espressione di marketing anglosassone che indica un periodo nel quale un pubblico esercizio come un ristorante o un bar offre sconti sulle bevande alcoliche quali la birra, il vino e i cocktail.
È una pratica di promozione delle vendite nata nei paesi anglosassoni per attirare la clientela nei pub dopo l'uscita dal lavoro con l'offerta di consumazioni a prezzo ridotto per una o due ore nel tardo pomeriggio, coprendo di solito l'intervallo tra le 17 e le 18. È oggetto di forti critiche perché incentiva il consumo di alcol, rendendolo accessibile in grandi quantità a basso prezzo. Nel maggio 2005 la British Beer and Pub Association (BBPA), che rappresenta 32.000 pub nel Regno Unito, ha annunciato la rinuncia da parte di tutti i suoi soci alla happy hour e ad altre promozioni analoghe.


Origine

Una possibile origine del termine è la Marina Militare degli Stati Uniti d'America. Negli anni 20 con happy hour si indicava nella marina militare un periodo di ricreazione programmato a bordo di una nave durante il quale avevano luogo attività di boxe, boxe a mani nude e lotta libera amatoriale. Tale periodo era una preziosa opportunità per i marinai di alleviare lo stress accumulato durante i lunghi periodi di navigazione.
Negli USA l'idea di bere prima dei pasti ha le sue radici nell'epoca del Proibizionismo. Quando furono approvate le leggi del XVIII Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti e il Volstead Act che bandivano il consumo d'alcol, le persone, prima di mangiare al ristorante dove l'alcol non sarebbe stato servito, partecipavano a happy hour o cocktail hour presso gli speakeasy (distillerie illegali di alcol). Successivamente i cocktail lounge tennero viva l'abitudine di bere prima della cena.
Lo happy hour entrò nell'uso civile americano intorno al 1960, specialmente dopo un articolo del Saturday Evening Post del 1959 sulla vita militare.
La pratica o semplicemente lo slogan happy hour sono stati via via adottati in altri paesi e da altre categorie di esercizi commerciali, con variazioni nelle fasce orarie e nella tipologia dei prodotti soggetti a sconto.
In Italia la happy hour nei locali che la propongono comincia in genere più tardi che nella versione originaria e si prolunga nella serata, spesso fino alle 20 o alle 21. Nel caso di locali notturni, gli sconti sulle consumazioni sono praticati nelle prime ore di apertura. Non mancano comunque casi di esercizi che pubblicizzano happy hour in altri momenti della giornata.


Regolamentazione

Stati Uniti d'America

Il Massachusetts è stato uno dei primi stati americani ad applicare un divieto statale alle happy hour, nel 1984. Altri stati hanno restrizioni simili, inclusi Illinois e North Carolina.
Nel 1984 l'esercito americano ha abolito le happy hour nei club delle basi militari.
Nel 2011 il Parlamento dello Utah ha approvato una legge che proibisce le happy hour, in forza dal 1º gennaio 2012.
Nel Luglio del 2011 la Pennsylvania ha esteso il periodo precedentemente regolamentato per lo happy hour da due a quattro ore.
Nel Giugno 2012 la happy hour è diventata legale in Kansas dopo un periodo di proibizione durato 26 anni

Canada

La provincia canadese dell'Alberta ha imposto restrizioni alle happy hour, effettive da agosto 2008. Tutte le promozioni devono terminare alle ore 20 e i prezzi delle bevande devono essere conformi al minimo prezzo assoluto stabilito dalla Alberta Gaming and Liquor Commission.
Nell'Ontario i locali pubblici possono variare i prezzi di liquori non potendo mai vendere a un prezzo minore di quello stabilito dalla Alcohol and Gaming Commission of Ontario; inoltre i locali pubblici non possono promuovere le loro offerte "in una maniera che promuove il consumo di alcol esagerato". L'espressione happy hour non può essere usata nella pubblicità delle promozioni.

Irlanda

La happy hour è illegale in Irlanda fin dal 2003, ai sensi della legge Intoxicating Liquor Act.

Regno Unito

Glasgow ha vietato la happy hour allo scopo di ridurre il fenomeno del binge drinking.

Paesi Bassi

La Koninklijke Horeca Nederland, una catena locale di bar e caffè, ha deciso con i suoi affiliati di sospendere le happy hour per ostacolare la pratica del binge drinking da parte dei giovani, nella speranza di evitare che il parlamento olandese votasse l'innalzamento dell'età minima legale per bere alcolici da 16 a 18 anni. Nel Marzo 2013 è passata la legge che innalza questa età a 18 anni.

venerdì 21 giugno 2019

Bacaro

Risultati immagini per bacaro


Il bacaro (pron. bàcaro), o bacaréto, è un tipo di osteria veneziana semplice, dove si trova una vasta scelta di vini in calice (ómbre o bianchetti) e piccoli cibi e spuntini (cichéti), caratterizzata da pochi posti a sedere e da un lungo bancone vetrinato in cui sono esposti i prodotti in vendita. Più raro è il caso di bacari che servono piatti più elaborati o che offrono un vero e proprio servizio di ristorazione.
I bacari vengono frequentati sia da turisti sia da abitanti del luogo.
Oltre al vino, i bacari servono anche le caratteristiche bevande note come "spritz", mentre raramente vengono offerti al pubblico i tipici tramezzini veneziani, destinati ad altri tipi di esercizi, perlopiù bar o locali specializzati. L'esercizio tipico si è trasformato fino ad assumere una fisionomia mista, a metà fra l'osteria e il pub.

Etimologia

Il nome bacaro viene dai "bacari" (singolare: bacaro), un termine che, a sua volta, si vorrebbe derivato da "Bacco", dio del vino. Secondo un'altra teoria, deriverebbe da "far bàcara", espressione veneziana per "festeggiare". "Bacari" era il nome attribuito, un tempo, ai vignaioli e ai vinai che venivano a Venezia con un barile di vino da vendere in Piazza San Marco insieme con dei piccoli spuntini. Il bicchiere di vino che si beveva si chiamava "ómbra", perché i venditori seguivano l'ombra del campanile per proteggere il vino dal sole. Per evitare il faticoso trasporto ogni giorno, si cercava in seguito un locale fermo, che si usava come magazzino e come mescita.


Distribuzione

I bacari sono distribuiti più o meno in tutta Venezia. La più alta concentrazione è nei sestieri di Cannaregio e, soprattutto, San Polo.


Caratteristiche

Questi tipici locali si differenziano dalle comuni osterie per via della modalità di consumazione dei cibi, per il modo in cui questi sono presentati al pubblico, e per le dimensioni e struttura degli ambienti interni. Il bacaro, quindi, è solitamente di piccole dimensioni, con pochi posti a sedere, banconi con sgabelli simili a quelli dei bar e vetrine in cui vengono esposti i cibi. Questi, di solito, sono acquistabili a pezzo, al fine di comporre un piatto con diversi tipi di prodotto diverso. Il bacaro viene visto sia come un esercizio di ristorazione per il pranzo, sia come luogo di aperitivo. I turisti tendono a servirsi di tali esercizi per farvi un vero e proprio pasto completo (anche una decina di pezzi), mentre gli abitanti di Venezia lo usano perlopiù come un ritrovo per bere, o una tappa di più locali in una serata destinata al bere, e il cibo è solo un accompagnamento (uno o due pezzi), in modo da non assumere le bevande a stomaco completamente vuoto. Sono due filosofie completamente diverse nella fruizione dello stesso posto ed entrambe, ai giorni nostri, possono essere ritenute "principali", nonostante il bacaro sia nato perlopiù come luogo d'aperitivo piuttosto che di pranzo o cena.

Prodotti venduti: cicheti e ombre

I prodotti tipici del bacaro sono definiti "cicheti" in dialetto veneziano e spincióni a Padova (pron. cichéti, termine derivante dal latino ciccus, ovvero "piccola quantità", italianizzato in cicchetti). Si presentano con un'estrema varietà di forme: di solito sono a base di pesce (ma anche di salumi, carne, e altro) e possono essere semplici o complessi. Tra i cicheti più ricorrenti vi sono i crostini di baccalà mantecato, alici marinate, misto mare o "folpetti" in umido. Al cicheti a base di pane sono alternati quelli fritti: baccalà fritto, sarde in saor, verdure fritte ecc. Le composizioni, tuttavia, sono fra le più disparate ed originali; ciò che le accomuna, però, è la praticità del cibo informale: potendo essere mangiati senza l'utilizzo di posate, non richiedono la necessità di tagliarli o di sedersi a un tavolo.

Usi e costumi tradizionali legati ai bacari

Alcuni bacari sono frequentati da turisti, ma ve ne sono altri, più nascosti nei piccoli vicoli, che sono frequentati da veneziani a cui piace "andar a cicheti" (o fare il "giro d'ombra"), che vuol dire andare al bacaro, trovare degli amici e bere un "ombra". Il vino della casa si chiama sempre "ombra"; al bacaro non si trova solo del vino semplice ma può esservi anche una grande scelta tra vini di alta qualità. Tradizione in voga tra i pensionati, soprattutto a Cannaregio, è fare il giro dei bacari partendo dal ponte delle Guglie e arrivando fino a Santi Apostoli.


Esportazione del fenomeno

Nei primi anni del 2010 il fenomeno dei cicheti veneziani è esploso nel Regno Unito diventando una vera e propria moda culturale che si è associata a un'altra tradizione italiana, quella dell'aperitivo. L'usanza è internazionalmente conosciuta con il termine italiano "cicchetti" che ha sostituito quello originale veneziano. In Italia, invece, il fenomeno non si è molto sviluppato oltre i confini del capoluogo veneto, rimanendo fenomeno caratteristico della città di Venezia. Paradossalmente, al suo posto si sono diffuse, soprattutto a Milano, le pressoché identiche (ma storicamente più recenti) tapas della cucina spagnola.



giovedì 20 giugno 2019

Alexander




L'Alexander (o Gin Alexander, per differenziarlo dalle varianti) è un cocktail a base di gin, Crema di cacao scura e crema di latte. Viene spesso confuso con la sua variante IBA Brandy Alexander, che utilizza però il cognac.

Composizione

Ingredienti

  • 3 cl di Gin
  • 3 cl di crème de cacao scura
  • 3 cl di crema di latte

Preparazione

Versare gli ingredienti in uno shaker pieno di ghiaccio e shakerare molto vigorosamente. Filtrare dunque in una coppetta da cocktail e guarnire eventualmente con una spolverata di noce moscata

Descrizione

L'Alexander è un cocktail decisamente dolce grazie all'uso del cacao e della panna, proprietà che, unitamente al basso tenore alcolico (inferiore solitamente ai 20° alc.), lo rende un cocktail spesso bevuto dalle donne. Tecnicamente è un after dinner classico preparato con la tecnica shake and strain, facente parte della categoria "trio cocktail", che grazie alla sua fama ha dato origine alla famiglia omonima degli Alexander cocktails.

Storia

L'Alexander è un cocktail che compare già nelle prime guide di inizio '900, ma proprio per questo vi sono molte ipotesi legate all'origine di questo drink.
I primi ricettari che certificano la preparazione di un cocktail denominato "Alexander" sono il "Jackʼs Manual" scritto da J. A. Grohusko nel 1910, e il "Straub's manual of mixed drinks" del 1913, ma la ricetta, totalmente differente, prevedeva l'uso di rye whiskey e Bénédictine. La ricetta attuale denominata con il nome corrente compare la prima volta nel testo "New bartender's guide" redatto da Charles S. Mahoney e Harry Montague nel 1914.
Una leggenda, meno accreditata, afferma che il cocktail fu creato da Troy Alexander, barista del ristorante Rector's di New York agli inizi del '900, per festeggiare il successo della campagna pubblicitaria della Delaware, Lackawanna and Western Railroad: basandosi sul vestito bianco della mascotte, Phoebe Snow, creò un cocktail basato sulla crema di latte. Parallelamente, in Inghilterra, fu creato un cocktail simile, ma denominato diversamente: creato a Londra nel 1922 da Henry Mc Elhone al "Ciro's Club", il cocktail fu dedicato al matrimonio fra la principessa Mary e il conte Henry Lascelles.

Nome

L'alexander, date le molteplici origini, viene chiamato anche Gin Alexander, Princess Mary e Panamà (quest'ultimo nome erroneamente in quanto indica un Brandy Alexander o la variante col rum). L'origine del nome "Alexander" è incerta:
  • dedicato ad Alessandro Magno, il grande condottiero macedone;
  • dedicato al maresciallo Alexander, che divenne conte di Tunisi dopo la vittoria a El Alamein sulle truppe dell'Asse, nel 1943;
  • dedicato al letterato Alexander Woollcott;
  • dedicato allo zar Alessandro II di Russia;
  • prende il nome dal creatore Troy Alexander, barman al "Rector's".



Varianti

Data l'origine molto vecchia di questo drink, l'Alexander ha attraversato molte generazioni, dando origine nel tempo a moltissime varianti:
  • Brandy Alexander: sostituisce il gin con il cognac; senza dubbio la più nota, in quanto è la versione codificata fra i cocktail ufficiali IBA. Fino al 2004 era denominato semplicemente "Alexander". Nei primi ricettari era indicato anche come Panamà
  • Grasshopper: sostituisce il gin con la crème de menthe verde; anche questa variante è classificata fra i cocktail ufficiali IBA.
  • Alexandra: sostituisce la noce moscata con il cacao in questa versione veniva utilizzato la crema di cacao chiara al posto di quella scura
  • Alexander's Sister: sostituisce alla crème de cacao la crème de menthe
  • Alexander's Cousin: sostituisce alla crème de cacao e alla panna la crema di whiskey (può essere composta con cognac o gin)
  • Alejandro (o Panamà): sostituisce il gin con il rum
  • Alexandre (o erroneamente Velvet Hammer): sostituisce al gin il triple sec
  • Oleksandr: sostituisce al gin la vodka
  • Iksander (o Coffee Alexander): sostituisce il gin con il liquore al caffè (se utilizza un prodotto commerciale prende il nome dal marchio, ad esempio: kahlua, Tia Maria, Borghetti)

mercoledì 19 giugno 2019

The Famous Grouse

Risultati immagini per The Famous Grouse

The Famous Grouse è una marca di whisky scozzese (blended whisky), la cui produzione iniziò con la Matthew Gloag & Son Ltd nel 1897 e prosegue attualmente ad opera del The Edrington Group e di William Grant & Sons (proprietari delle Highland Distillers). Due dei whisky al malto usati per realizzarlo sono l'Highland Park Single Malt e il Macallan Single Malt. Le botti in cui il Famous Grouse riposa (fino a un massimo di sei mesi) sono in legno di quercia spagnola o americana. Il prodotto finale deve superare 8735 controlli di qualità.


Storia
La distilleria Glenturret
Matthew Gloag faceva il droghiere e venditore di vino a Perth (Scozia). Egli acquistava whisky dalle distillerie sparse per la Scozia, e quando la regina Vittoria visitò Perth nel 1842, fu invitato a fornire i vini per il banchetto reale. Nel 1860 suo figlio William si mise al timone della compagnia e cominciò a produrre whisky "blended". Nel 1896 suo figlio Matthew (stesso nome del nonno) gli successe e creò la "miscela" The Grouse Brand, che due anni dopo fu ribattezzata The Famous Grouse (grouse significa pernice ed è il simbolo del logo della ditta). Nel 1970 la compagnia Matthew Gloag & Son Ltd., ancora a conduzione familiare, fu venduta alla Highland Distillers dopo la morte del presidente, Matthew Frederick Gloag.
Attualmente il whisky viene prodotto a Crieff (Perthshire), nella più antica distilleria scozzese ancora in funzione, Glenturret. Fondata nel 1775, è la distilleria più visitata del mondo in quanto costituisce un'importante attrazione turistica scozzese.


Curiosità
The Famous Grouse è il whisky più venduto in Scozia
È il whisky preferito del Duca di Edimburgo, coniuge della Regina Elisabetta II del Regno Unito
Esiste anche la versione "smooth milk chocolate truffle bar" ovvero una barretta al cioccolato con whisky.
È stato sponsor della nazionale di rugby scozzese dal 1990 al 2007; quando si doveva giocare in Francia, ne venivano riprodotte solo le iniziali.
The Famous Grouse è anche il nome di un premio annuale al miglior rugbista scozzese; nel 2006 è stato assegnato al capitano della nazionale Jason White.

È reclamizzato da una serie di premiati spot televisivi che hanno come protagonista Gilbert, la pernice bianca di Scozia raffigurata nell'etichetta, che prende il nome dal creatore della prima palla da rugby (1842), James Gilbert.



martedì 18 giugno 2019

Tequila

Risultati immagini per Tequila


La tequila è un distillato originario del Messico, ottenuto dalla distillazione dell'agave blu (Agave tequilana), prodotto originariamente nella località messicana di Tequila e nelle sue vicinanze, nello Stato di Jalisco.

Storia

Inizi

La prima tequila venne prodotta in Messico nel XVI secolo nei pressi della località dove dopo il 1666 sorgerà la città di Tequila. Le popolazioni azteche producevano una variante di pulque detta ixtac octli ("il liquore bianco"), molto prima dell'arrivo degli spagnoli nel 1521, ottenuta dalla fermentazione del succo dell'agave. Quando i conquistadores terminarono le scorte di brandy iniziarono a distillare l'agave così da produrre uno dei primi distillati autoctoni del Nord America.
Un'ottantina di anni più tardi, attorno al 1600, Don Pedro Sánchez de Tagle, marchese di Altamira, incominciò la produzione di massa della tequila nella prima fabbrica dell'attuale territorio di Jalisco. Dal 1608 il governatore coloniale di Nueva Galicia iniziò a tassare il prodotto. Il re Carlo IV di Spagna concesse alla famiglia Cuervo la prima licenza per produrre e comercializzare la tequila.
Don Cenobio Sauza, fondatore di Sauza Tequila e presidente municipale del villaggio di Tequila dal 1884-1885, fu il primo a esportare la tequila negli Stati Uniti e presto il nome da "Tequila Extract" venne abbreviato in "Tequila" per il mercato americano. Il nipote di Don Cenobio, Don Francisco Javier Sauza, assurse all'attenzione internazionale affermando insistentemente che "non può esserci tequila dove non cresce l'agave" e i suoi sforzi furono tesi a che la pratica della produzione della tequila avvenisse solamente nello stato di Jalisco.

Storia recente

Attualmente, sebbene alcune produzioni di tequila rimangano a conduzione familiare, i marchi maggiormente conosciuti sono di proprietà di grosse multinazionali. Comunque oltre 100 distillerie producono 900 marchi di tequila in Messico, dove oltre 2000 marchi risultano registrati al 2009. A causa di ciò ogni bottiglia di tequila riporta un numero di serie (Norma Oficial Mexicana, NOM), che identifica la distilleria che l'ha prodotta, poiché poche distillerie vengono usate, molti marchi provengono dallo stesso produttore.
Nel 2003 in Messico è stata avanzata la proposta di pretendere che tutta la tequila prodotta in Messico, sia imbottigliata entro i confini nazionali prima di essere esportata all'estero. Il governo messicano ha affermato che imbottigliare la tequila in Messico ne avrebbe garantito la qualità. Le compagnia di liquore statunitensi hanno risposto che il Messico vuole solamente garantire i posti di lavoro nel proprio paese, sostenendo che queste regole violano gli accordi sul commercio internazionale e sono in disaccordo con le comuni pratiche di esportazione internazionali. La proposta avrebbe avuto come risultato la perdita di lavoro negli impianti in California, Arkansas, Missouri e Kentucky, dal momento che la tequila esportata negli Stati Uniti viene imbottigliata in questi stabilimenti. Il 17 gennaio del 2006 gli Stati Uniti e il Messico hanno sottoscritto un accordo che permette l'importazione di fusti di tequila da imbottigliare negli Stati Uniti. L'accordo prevede inoltre la creazione di un "registro degli imbottigliatori di tequila" ("tequila bottlers registry") così da permettere l'identificazione degli imbottigliatori approvati e la creazione di un'agenzia di controllo.
Il Consiglio di Vigilanza sulla Tequila (Consejo Regulador Tequila) messicano in origine non permetteva che la tequila aromatizzata potesse utilizzare il nome "tequila". Nel 2004 tuttavia il Consiglio ha deciso infine di permettere che anche la tequila aromatizzata possa essere chiamata tequila, con l'eccezione della tequila 100% di agave, che continua a non poter essere aromatizzata. Nel 2006 è stata pubblicata una nuova Norma Oficial Mexicana (NOM) per la tequila che, tra gli altri cambiamenti, prevede l'introduzione di una categoria chiamata Extra Añejo o Ultra-Aged ("extra invecchiata"), che deve essere invecchiata per almeno tre anni.
A Tequila nel luglio del 2006 è stata venduta una bottiglia da litro di tequila premium in edizione limitata per la cifra di $225.000 dalla compagnia Tequila Ley .925. La bottiglia del peso di 2 chili è interamente composta in platino e oro. La manifattura ha ricevuto un certificato dal Guinness dei primati per la più costosa bottiglia di tequila mai venduta.
Nel giugno del 2013 è stato rimosso il divieto di importazione della tequila premium, prodotta con il 100% di agave blu, in Cina. In seguito il presidente cinese Xi Jinping ha fatto visita in Messico. La liberalizzazione dell'importazione della tequila premium in Cina lascia prevedere un aumento delle esportazioni del prodotto dal Messico del 20% nel giro di una decade (nel 2013 l'esportazione totale ammonta a 170 milioni di litri). Ramon Gonzales, direttore del Consejo Regulador del Tequila, stima che ognuno dei 16 maggiori produttori di tequila abbiano investito più di 3 milioni di dollari per entrare nel mercato cinese. Il 30 agosto 2013 le prime 70.380 bottiglie di tequila premium di dieci marchi differenti sono arrivate a Shanghai. L'arrivo è avvenuto durante un evento promosso dallo House of Roosevelt, un celebre club collocato nel Bund, un'area tradizionalmente riservata al consumo di alcolici importati in Cina.

Caratteristiche

Il nome "tequila" (sostantivo maschile in spagnolo, femminile in italiano) indica una denominazione di origine controllata, riconosciuta internazionalmente, e designa l'acquavite di agave prodotta nello Stato di Jalisco e in specifiche aree degli Stati di Nayarit, Guanajuato, Michoacán e Tamaulipas. Deve inoltre avere una gradazione alcolica di 40-45° ed essere ottenuta tramite doppia distillazione in alambicco discontinuo.
Il prodotto deve essere fabbricato in Messico e contenere almeno un 51% di distillato di agave blu.

Contenuto alcolico

Poiché la tequila viene prodotta attraverso la fermentazione degli zuccheri contenuti nella pianta dell'agave blu, molti possono essere i fattori che determinano la quantità di alcoli in essa contenuti, trattasi di una miscela composta da: isobutanolo, alcol isoamilico ed etanolo.
Questi fattori comprendono il ceppo di lievito utilizzato, l'età della pianta, la temperatura, il rapporto C/N. Il tipo di lievito utilizzato e il rapporto C/N hanno una grande influenza nella quantità di alcol prodotta. Non sorprende che il grado alcolico prodotto sia una proprietà intrinseca del processo metabolico di ogni singolo ceppo batterico.
Il tipo di lievito più comune utilizzato nel processo di fermentazione della tequila è il Saccharomyces cerevisiae, che si divide in molti ceppi. Ad esempio il ceppo CF1 produce molto più etanolo rispetto al CF2, dal momento che il meccanismo del metabolismo del primo differisce dal secondo. Questo fattore è probabilmente dovuto ai processi di selezione naturale, avvenuti durante i diversi utilizzi delle colture di lievito, inizialmente derivanti da una sola ma che con il tempo si sono selezionate in modi diversi.
È stato scoperto che più alto è il rapporto carbonio/azoto, più alta è la produzione di alcol isobutanolo e alcol isoamilico. Un alto rapporto indica un basso contenuto di azoto nel processo di fermentazione, con il risultato di ottenere una deamminazione degli amminoacidi e di conseguenza la sintesi metabolica di una maggiore quantità di alcoli.

Tipi di tequila


  • Premium - tequila prodotta con il 100% di agave tequilana.
  • Mixto - tequila prodotta con almeno il 51% di agave tequilana, unitamente ad altre sostanze zuccherine, quali sciroppo di mais o di canna da zucchero.
  • Blanco (bianca) o Plata (argento) - uno spirito bianco, non invecchiato o che riposa per 60 giorni in acciaio.
  • Joven (giovane) o Oro - i prodotti di questa tipologia assumono colore dorato grazie all'aggiunta di caramello che da maggiore morbidezza al distillato; in altri casi invece da un invecchiamento rapido che in questo paese è legale.
  • Reposado (riposata) - significa "riposato", cioè prodotto maturato in botte; la tequila viene infatti invecchiata per almeno 3 mesi in tini di rovere così da acquisire aromi terziari.
  • Añejo (invecchiata o vintage) - il prodotto viene invecchiato in botte per almeno un anno, anche se la maggior parte delle distillerie lo invecchia per almeno 4 o 5 anni.
  • Extra añejo (extra invecchiata o ultra invecchiata) - prodotto che raggiunge anche gli 8 anni di invecchiamento, diventando più simile a un brandy e perdendo le note di tipicità del distillato.

Tequila col verme

Si tratta di un comune malinteso che alcuni tipi di tequila contengano un verme sul fondo della bottiglia. Solo alcuni mescal venivano solitamente venduti con gusano (in spagnolo "verme"), e venne utilizzato inizialmente, intorno al 1940, solo come un espediente di marketing.
Per la produzione del mescal vengono utilizzati due tipi di larve: quello della falena Comadia redtenbacheri, che vive sulla pianta dell'agave, e quello del coleottero Scyphophorus acupunctatus. Trovarne nella pianta durante la lavorazione indica infestazione, e, di conseguenza, un prodotto di qualità inferiore.

Produzione

Per la produzione della tequila viene utilizzata la piña, ovvero la parte centrale della pianta dell'Agave tequilana o agave blu. Dopo la raccolta questa viene cotta a vapore per non più di 36 ore, ammorbidendone così le fibre e liberando varie sostanze solubili, in buona parte zuccherine. Questo processo porta all'ottenimento di un liquido chiamato aguamiel, che viene poi fatto fermentare in grossi contenitori e infine distillato. La tequila di prima scelta (premium tequila) viene prodotta esclusivamente dalla fermentazione dell'aguamiel, mentre in quella del tipo mixto possono essere aggiunti al liquido in fermentazione altre sostanze zuccherine quali sciroppo di mais o di canna da zucchero, fermo restando che almeno il 51% del mosto deve essere composto dall'aguamiel.

Coltivazione

Piantare, curare e raccogliere l'agave tequilana con cui produrre la tequila, rimane un lavoro manuale tradizionale, sostanzialmente immutato nel corso dei secoli, nonostante l'avanzamento tecnologico e l'introduzione nell'agricoltura di macchine. I coltivatori di agave, detti jimador (xima'ðo?; plurale jimadores, xima'ðo?es), hanno una profonda conoscenza della pianta e della sua coltivazione, tramandata di generazione in generazione.
Potando regolarmente ogni quiote ('kjote), i lunghi steli che partono dal centro della pianta per crescere anche di diversi metri, gli jimador impediscono alla pianta di fiorire e di morire prematuramente, permettendole così di maturare. Ogni jimador sa esattamente quando ogni singola pianta è pronta per essere raccolta. A quel punto, usando un particolare coltello dotato di una lama curva chiamato coa, taglia con cura le foglie dalla piña, il cuore della pianta ricco di succo zuccherino. Se raccolta troppo presto, la piña - che può pesare tra i 70 e i 110Kg, a seconda del luogo di produzione - può non contenere la giusta quantità di carboidrati per una corretta fermentazione.
Si può distinguere una certa differenza di sapore tra la tequila prodotta con l'agave di pianura o di montagna. Le piante cresciute in montagna spesso producono una tequila più dolce e con un più acceso aroma di frutta, mentre quelle di pianura hanno un maggiore aroma di terra.

Fermentazione

Dopo il raccolto, le piña vengono portate nei forni dove vengono cotte delicatamente così da trasformare i carboidrati complessi (fruttani) in carboidrati semplici (fruttosio). Le piña cotte vengono quindi triturate sotto una grande ruota di pietra chiamata tahona (ta'ona).
La polpa fibrosa rimasta, detta bagazo (ßa'?aso), viene spesso riutilizzata come fertilizzante o cibo per animali, ma può essere utilizzata anche come carburante o venire trasformata in carta. Alcuni produttori talvolta aggiungono una piccola quantità di bagazo nel succo d'agave all'interno delle taniche di fermentazione così da conferire al prodotto finale un più deciso sentore di agave.
Il succo d'agave ottenuto dalla fermentazione viene versato in larghi tini di legno o di acciaio e ivi lasciato fermentare per diversi giorni, finché ne risulta un mosto a basso tenore alcolico.
A differenza delle altre fasi della produzione della tequila, la fermentazione è una delle poche fuori dal controllo degli esseri umani. La fermentazione è un processo di conversione degli zuccheri e dei carboidrati per opera di lieviti in condizioni aerobiche. La fermentazione inoltre avviene in un ambiente non asettico, il che aumenta la carica batterica della tequila.
Durante il processo di fermentazione un lievito starter o inoculum viene aggiunto per accelerare il processo. Una volta aggiunto il lievito starter il processo può impiegare da venti ore a tre giorni. Se lo starter non viene aggiunto, la fermentazione può impiegare anche sette giorni per essere portata a compimento. La velocità di fermentazione è un fattore chiave per la qualità e l'aroma finale della tequila prodotta. La fermentazione lenta è migliore in quanto i componenti organolettici prodotti sono maggiori. Il valore alcolemico del prodotto alla fine della fermentazione si aggira tra il 4 e il 9%.
I componenti organolettici accrescono gli aromi della tequila. Questi componenti comprendono: fuselöl, metanolo, aldeidi, acido organico ed esteri. La produzione di alcol isoamilico e alcol isobutilico ha inizio non appena il livello di zuccheri si abbassa e continua per diverse ore dopo la fine della fermentazione stessa. Al contrario, la produzione di etanolo ha inizio nella prima ora di fermentazione e termina con l'incremento della crescita dei lieviti.
Il contenuto di alcol nella tequila è dovuto a tre fattori. Il primo è la quantità di alcol isoamilico e isobutilico, dovuta ai ceppi batterici impiegati. Il secondo è il rapporto C/N: più alto è il livello, maggiore sarà la quantità di alcol prodotto. Il terzo è la temperatura di fermentazione: più alta è la temperatura, maggiore sarà la concentrazione di alcol isoamilico e isobutilico. Ma se la temperatura è troppo alta, i lieviti diverranno meno efficaci, così come se la temperatura è troppo bassa, il processo sarà troppo lento. Ciò può rappresentare un grosso problema nel Messico centrale, specialmente nella città di Tequila nello stato di Jalisco, dove viene prodotta la maggiore quantità di tequila. Qui, la temperatura media annuale può raggiungere i 31°. Per tale ragione i produttori di tequila durante il processo di fermentazione usano ampi contenitori di acciaio.
I componenti organolettici dipendono dal lievito. Il ruolo del lievito è anche quello di trasformare, attraverso vari processi enzimatici, gli zuccheri in alcol. Ciò avviene in due passaggi. Il primo avviene in condizioni aerobiche, quando le colonie di lieviti raddoppiano ogni quattro ore. Questo processo continua per 24-48 ore. Il passaggio successivo è quello in cui il lievito trasforma il glicerolo in alcol etilico, che è uno dei componenti organolettici prodotti durante la fermentazione. Le due categorie principali di lieviti utilizzati nel processo di fermentazione della tequila sono lieviti commerciali utilizzati per produrre la birra e lieviti conservati da processi precedenti. L'uso di entrambi i tipi di lieviti può produrre differenze sostanziali nel prodotto finale.


Distillazione

Questo mosto fermentato viene quindi distillato una prima volta così da produrre quello che viene chiamato ordinario, a sua volta distillato una seconda volta così da produrre la tequila plata. Alcuni produttori distillano il prodotto una terza volta, ma questo procedimento fa sì che si perda molto dell'aroma di agave proprio della tequila. Il prodotto finito può essere imbottigliato e venduto come plata o silver tequila o travasato in damigiane di legno per essere invecchiato, così da sviluppare un sapore morbido e un colore ambrato.

Invecchiamento

Se il prodotto finale desiderato è la tequila bianca, il processo può dirsi terminato. Nel caso invece si desideri ottenere della tequila reposado o añejo, il prodotto distillato deve essere maturato in botti di quercia da 200 litri (o più grandi) per almeno due mesi, nel primo caso, o dodici mesi, nel secondo. Ci sono comunque più di 50 produttori di tequila nello stato di Jalisco, ognuno dei quali utilizza tempi di maturazione diversi a seconda della qualità e quantità di prodotto finale desiderato. Ogni compagnia ha un proprio processo regolato dal governo messicano.
Il processo di maturazione provoca le principali trasformazioni chimiche della tequila: diminuzione dell'olio di flemma, che vengono assorbiti dai carboni presenti nelle botti; estrazione delle costituenti complesse del legno, che conferiscono specifici aromi al prodotto finale; reazione tra i componenti della tequila, che nuovi composti chimici; ossidazione del contenuto originale della tequila e degli estratti dal legno. Il risultato finale di questi cambiamenti è un aumento della concentrazione degli acidi, degli esteri e degli aldeidi e una diminuzione della concentrazione dell'olio di flemma.
Il reposado può rimanere a invecchiare in barili o botti di quercia anche da 20.000 litri, che gli permettono di acquisire aromi più ricchi e complessi. Le botti utilizzate, solitamente di quercia bianca, vengono preferibilmente importate da Stati Uniti, Francia o Canada. Alcuni produttori carbonizzano il legno così da conferire un aroma affumicato oppure riusano barili precedentemente utilizzati per invecchiare altri prodotti, quali ad esempio whisky o vino. Alcuni tipi di tequila reposado possono venire invecchiati in botti nuove, così da acquisire i medesimi aromi e morbidezza del legno, ma in meno tempo.
L'añejo viene invecchiato in botti precedentemente utilizzate per invecchiare il reposado. Le botti non devono essere capaci di contenere più di 600 litri e molte anzi sono sotto i 200 litri di capacità. Molte delle botti utilizzate provengono da distillerie di whisky statunitensi o canadesi. In particolare le botti del Jack Daniel's sono frequentemente utilizzate. Questo trattamento conferisce alla tequila añejo molti degli aspetti caratteristici, quali il colore scuro o la ricchezza di aromi. Dopo un invecchiamento di almeno un anno, l'añejo può essere travasato in fusti di acciaio così da ridurre l'evaporazione che può invece avvenire all'interno delle botti.

Consumo

Il modo tradizionale di gustare la tequila è quello di servirla in un bicchiere di terracotta accompagnandola con sale e succo di lime posti sul dorso della mano. Questo si accompagnerebbe particolarmente bene con il sapore tendenzialmente erbaceo e secco del distillato. La tequila viene abbinata a vari piatti tipici della cucina messicana.
Un altro modo per consumare la tequila, molto noto anche al di fuori dal Messico, è nella preparazione del cocktail Tequila Bum Bum, diluita in un bicchiere con 1/3 di acqua tonica, sbattuta un paio di volte sul tavolo (da qui il nome) e infine inghiottita tutta d'un fiato.
La tequila è divenuta molto nota e apprezzata fuori dal Messico nella seconda metà del XX secolo anche grazie ad altri numerosi cocktail nei quali è presente.

Cocktail

  • Acapulco
  • Acapulco Gold
  • Azteca
  • Beckoning Lady
  • Bing Cherry Margarita
  • Blu Margarita
  • Brezza
  • Brooklyn Bomber
  • California Dream
  • Coco Loco
  • Coconut Tequila
  • Coco Snow
  • Cucaracha
  • Flirt club
  • Frostbite
  • Frozen Strawberry
  • Il girone dei dannati
  • Invisibile
  • Long Beach Iced Tea
  • Long Island Iced Tea (IBA)
  • Madafakkin Dragon
  • Mad Dog
  • Malichia
  • Margarita (IBA)
  • Mexican Coffee
  • Mexico
  • Miraggio
  • Pancho Villa
  • Pepito Collins
  • Red Reggae
  • Telford
  • Tequila Bum Bum
  • Tequila Cocktail
  • Tequila Sale e Limone
  • Tequila Sunrise (IBA)
  • Thai Sunrise
  • Vampiro (IBA)

Riferimenti nella cultura

  • Al tipico distillato messicano il gruppo musicale The Champs ha dedicato il brano latin rock Tequila, pubblicato dalla Challenge Records in 45 giri e in EP 7" nel 1958, riscuotendo un grande successo.
  • Per il decimo episodio della quarta stagione della serie televisiva Breaking Bad, intitolato Alla salute (Salud), gli autori inventano la fantomatica tequila Zafiro Añejo. Si tratta di una tequila invecchiata rara e costosa, di un improbabile colore blu, che Gustavo Fring (Giancarlo Esposito) avvelena per sbarazzarsi del Cartello di Juárez.
  • La tequila è il liquore preferito di Meredith Grey, la protagonista di Grey's Anatomy.

 
Wordpress Theme by wpthemescreator .
Converted To Blogger Template by Anshul .