mercoledì 29 giugno 2022

Organizzare un Cocktail Party

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I cocktail party sono un'ottima occasione di incontro perché permettono di invitare ospiti di vario tipo, dai vicini di casa ai soci d'affari. Qualunque sia il tipo di persone che vuoi invitare, se vuoi che sia un cocktail party favoloso ci sono alcune cose da tenere presenti...

1 Scegli l'orario adatto. L'orario tradizionale per un cocktail party è tra le 18:00 e le 20:30, con una durata di due o tre ore

2 Usa molto ghiaccio. Ricorda che non lo userai solo per le bevande ma anche per tenere in fresco bottiglie e lattine. In genere dovrebbe essere sufficiente mezzo chilo a testa.

3 Assicurati di avere vari tipi di bicchieri, a seconda di ciò che intendi offrire. Hai bisogno di bicchieri da vino, succo e acqua; gli highball per i long drink; tumbler per alcolici e succhi; bicchieri da Martini. Per quanto riguarda la quantità, serviranno circa due bicchieri a persona.

4 Fai scorta di bevande.
Per coloro che bevono vino calcola una bottiglia ogni due persone (cinque bicchieri circa a bottiglia).
Per i bevitori di birra serviranno sei lattine ogni due persone, calcolando dosi da 355 ml.
Compra uno o due liquori adatti a vari cocktail (scegli fra vodka, rum, gin, scotch, bourbon, blended whisky, o tequila).
Non dimenticare le bevande analcoliche e le guarnizioni, come succo d'arancia, soda, acqua tonica, ginger ale, Coca Cola, granatina, succo di pomodoro, Tabasco, limoni, lime, cren e salsa Worcestershire. L'ingrediente analcolico più importante è comunque il seltz.

5 Prepara il menù. Punta alla varietà (con carne, vegetariano caldo, freddo, piccante, e dolce). Se non servirai la cena calcola 6 bocconi a persona, ma ricorda che è meglio avere cibo in più che restarne senza.

6 Verso la fine del party offri il caffè, ma ricorda che un caffè non risolve i problemi di chi ha ecceduto con gli alcolici. Tieni a portata di mano il numero del servizio taxi per gli ospiti che non hanno pensato di scegliere chi avrebbe fatto da autista per la serata.
Se prevedi che gli ospiti berranno soprattutto vino, puoi stappare in anticipo alcune bottiglie e rimettere i tappi. Ricorda però che il vino rosso deve essere lasciato a “respirare”.
Se hai degli invitati che non conoscono le altre persone presenti pensa magari a organizzare un angolo dove preparerai i cocktail e intratterrai le persone che potrebbero non riuscire a socializzare con gli sconosciuti.
Chiedi agli ospiti di vestirsi in modo elegante. Un abbigliamento formale renderà l'esperienza più importante, e gli ospiti ben vestiti saranno meno propensi a esagerare con gli alcolici e comportarsi in modo non adeguato.
Se ci sono anche dei bambini fai in modo che abbiano a disposizione una stanza con libri e film, e se hai una piscina fallo sapere agli ospiti in modo che si possano organizzare e portare il necessario.
Se è prevista la cena, è buona regola avere 1 posto a sedere ogni due invitati, in questo modo le persone si muovono maggiormente e si divertono di più.
Per un party di circa 2 ore in cui pensi di servire solo vino e/o spumante (o champagne) ti servirà una bottiglia ogni due invitati. Offri sia bianchi che rossi.
Un cocktail party rende più facile mescolare ospiti che potrebbero non sentirsi a proprio agio seduti a tavola di fronte agli altri.
Se noti che un ospite non è in grado di guidare offriti di pagargli il taxi o portalo a casa tu stesso. Come padrone di casa ti devi assicurare non solo che tutti si divertano alla festa, ma che tornino a casa sani e salvi.

martedì 28 giugno 2022

Barley wine




Il barley wine o barleywine (letteralmente "vino d'orzo" in italiano) è un tipo di birra ad alta fermentazione di origine britannica. Ha questo nome perché è la birra che si accosta di più al vino sia per i sapori che per il tasso alcolico che risulta elevato rispetto alla media delle birre.
Fin dall'antichità la birra è stata chiamata "vino d'orzo", come la κρίθινος οἶνος kríthinos oînos nell'antica Grecia, menzionata fra gli altri da Senofonte nell'Anabasi e da Polibio, che nelle sue Storie descrive come i Feaci tenessero questa bevanda in crateri d'oro e d'argento. Ma la denominazione di "vin d'orzo" è stata usata anche da Tacito nelle sue opere, e pare che persino i Galli la usassero in alternativa a "brace", il termine che nella loro lingua indicava la birra.
Il termine moderno, in inglese, iniziò ad essere utilizzato in Gran Bretagna durante il XVIII secolo, come reazione all'invasione del mercato locale da parte dei vini francesi Bordeaux e Borgogna. Questi prodotti, che dichiaratamente volevano essere competitivi sul mercato del vino, venivano lasciati riposare nelle botti per un periodo piuttosto lungo, che poteva variare da uno a due anni. In questa maniera la birra, oltre a ricevere effettivamente una lavorazione ancora più simile a quella del vino, aveva il tempo di strutturarsi e di assorbire dal legno alcune caratteristiche organolettiche che tanto al naso quanto al palato potevano ricordare i sentori della bevanda rivale, pur rimanendo un prodotto radicalmente diverso. Verso la fine del secolo seguente i birrifici iniziarono ad usare il termine barley wine per indicare ognuno la propria birra con la gradazione alcolica più alta. La prima birra ad essere etichettata in questo modo fu la № 1 Barley Wine della Bass, intorno al 1870. In questo periodo il termine non indicava ancora una tipologia ben definita, infatti la birra col titolo alcolometrico più alto di un birrificio poteva non essere poi così forte, anche a causa delle imposte sulle bevande alcoliche, e si potevano quindi trovare barley wine con appena il 6% di alcol in volume, mentre altre avevano con un corpo e una gradazione alcolica simili a quelli di un vino.
Il barley wine si gusta meglio senza abbinamenti di cibi per esaltarne i sapori. Può variare dal colore ambrato allo scuro, ed è caratterizzato dalla quasi totale mancanza di schiuma. Viene servito spesso in un calice da vino o da brandy, con una temperatura intorno ai 15-16°C.
È una birra che se lasciata invecchiare migliora nel sapore.






lunedì 27 giugno 2022

Vino di palma

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Il vino di palma, in inglese detto palm wine ma anche palm toddy o semplicemente toddy, è una bevanda alcolica che si ottiene dalla linfa di diverse specie di palme. È diffuso in diverse regioni dell'Africa, dell'India meridionale (soprattutto Andhra Pradesh, Kerala e Tamil Nadu) nelle Filippine e in altre zone del Sudest asiatico, tra cui la Cambogia.
Il vino si può ricavare da numerose specie di palme. In Africa le più usate sono le palme da datteri, le palme da datteri selvatici, il borasso, le cariote (per esempio Caryota urens), le palme da olio (come la Elaeis guineensis) e le palme da cocco. In Sudafrica il vino di palma viene prodotto principalmente nella regione del Maputaland e lo si estrae dalla palma lala. In Asia si impiegano anche palme ad alto fusto come la Arenga pinnata e la Jubaea chilensis, detta "palma da vino cilena".
La linfa della palma, da cui si ricava il vino, viene estratta (o "spillata") incidendo il tronco della palma, a cui viene fissato un contenitore per raccogliere il liquido che fuoriesce dall'incisione. Chi esegue questa operazione viene chiamato "spillatore" (tapper). In alcune aree, l'intera palma viene abbattuta per raccogliere la linfa; in questo caso, si accende un fuoco alla base del tronco per velocizzare la fuoriuscita del liquido.
La linfa appena estratta è molto dolce, ma non alcolica. Subito dopo la raccolta, la linfa inizia a fermentare naturalmente a causa dei lieviti presenti nell'aria. La fermentazione si conclude nel giro di circa due ore, trasformando la linfa in un vino aromatico e dolce, con una gradazione alcolica intorno al 4%. Fermentazioni prolungate aumentano la gradazione della bevanda, rendendola anche più corposa, amara e acida; su periodi molto lunghi, si ottiene l'aceto come per il vino d'uva. I tempi di fermentazione sono più brevi di quelli del vino d'uva, per cui il vino di palma deve essere bevuto entro poco tempo dalla spillatura. Può essere conservato più a lungo se viene tenuto a basse temperature.
La linfa viene talvolta utilizzata anche per produrre altre bevande non fermentate e non alcoliche, come la neera in India.
Il vino può essere distillato per produrre un superalcolico; questa pratica è diffusa per esempio in Ghana (dove il distillato viene chiamato apa teshi o bumkutu ku) e in Togo (sodabe). Può essere anche lasciato evaporare per produrre una varietà di zucchero non raffinato.
La pratica di ricavare vino dalle palme è molto antica (era diffusa, per esempio, già nell'Antico Egitto). Presso molte culture questa pratica si è arricchita, nel tempo, di valenze simboliche e sociali. In Congo e in altre parti dell'Africa occidentale, il vino di palma viene bevuto nel corso di molte cerimonie rituali, per esempio in occasione di matrimoni, nascite, o riti funebri. In Nigeria si usa versare al suolo un po' di vino di palma per onorare gli antenati. In alcune zone, la produzione di contenitori per il vino di palma è un elemento importante dell'arte tradizionale (sono rinomati per esempio i contenitori prodotti dal popolo Kuba del Congo).
Data la notevole importanza sociale del vino di palma in molte culture, non stupisce che siano numerosi anche i riferimenti nella letteratura e in altre forme d'arte. Il vino di palma viene spesso menzionato nella letteratura nigeriana; esso dà il titolo al più famoso romanzo di Amos Tutuola, Il bevitore di vino di palma. Il ruolo del vino di palma nella vita sociale e religiosa degli Ibo viene descritto ampiamente nel romanzo Il crollo di Chinua Achebe. Dal vino di palma prende anche nome un genere di musica pop nigeriana, la palm wine music, che nacque nei piano bar (dove si serviva questa bevanda).
La seguente tabella elenca alcuni dei nomi con cui il vino di palma è noto in diverse aree:
Stato/Regione Nome
Camerun mimbo
Cina ra, panam culloo
Costa D'Avorio banghi
Congo malafu o malavu, nsamba
Filippine tuba
Gabon toutou
Ghana doka, nsafufuo, palm wine, yabra
India kallu, toddy
Indonesia Ballo
Malesia kallu, nira, tuak, toddy
Nigeria emu, ogogoro, palm wine, tombo
Nordafrica legmi, legbi, lebgi
Papua Nuova Guinea segero, tuak
Sudafrica ubusulu
Sierra Leone poyo
Sri Lanka ra




domenica 26 giugno 2022

Abbazia di Bonne-Espérance

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L'abbazia di Bonne-Espérance, è situata nel comune di Estinnes, a Vellereille-les-Brayeux in Belgio. Fondata nel 1130, era destinata inizialmente per ospitare una comunità canonica premostratense, Bonne-Espérance è la sola abbazia della Provincia dell'Hainaut, i cui edifici sono sopravvissuti alle sommosse ed alle distruzioni della Rivoluzione francese. Quest'insieme architetturale è stato classificato ed iscritto nell'elenco del « patrimonio eccezionale di Vallonia», riparato il 4 maggio 1830, è un istituto di insegnamento elementare e secondario.

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Blasone dell'abbazia


La principale fonte che permette di illustrare parzialmente la storia dell'abbazia è il lavoro di Englebert Maghe (42º abate di Bonne-Espérance), intitolato Chronicum Ecclesiae Beatae Mariae Virginis Bonae Spei, o più semplicemente, Chroniques de Bonne-Espérance (1704). Prima della pubblicazione di questo lavoro stampato, Maghe ha dovuto classificare, raccogliere e compilare tutti i documenti dell'abbazia in una raccolta, catalogata in diciotto volumi, attualmente conservato con cura.
Tutto inizia con certo Raynard, signore di Croix-lez-Rouveroy. Suo figlio Guillaume, è sedotto da alcune idee di Tanchelmo (Tanchelin o Tanchelme), che era un eretico, chi imperversava nella regione di Anversa. Tuttavia, il fondatore dell'Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi, Norberto di Xanten, riuscì a convertire Guillaume de Croix alla fede cattolica. In segno di riconoscimento, Raynard offre allora alla comunità dell'abbazia di Prémontré, una parte delle sue terre situate a Ramegnies, una località vicina a Merbes-Sainte-Marie e Peissant.
Mentre Guillaume segue Norbert all'abbazia di Prémontré, altri religiosi dello stesso ordine si stabiliscono a Ramegnies nel 1126, per fondare un nuovo monastero. Sono conadati da un certo Odon, inizialmente Canonico a Laon, quindi a Cuissy-et-Geny, divenendo in seguito abate di Bonne-Espérance. La Comunità non resta a lungo a Ramegnies e decide di stabilirsi più tardi a Sart-Richevin, sul territorio di Vellereille-les-Brayeux. Nel 1128, la fondazione si stabilisce nell'abbazia l'anno successivo, Odon viene nominato primo abate della comunità religiosa. Infine, nel 1130 viene fatto un secondo trasloco, condotto da Odon con i suoi canonici attuali, sopra la valle di Haine. Molto probabilmente, questi due traslochi sono stati fatti per una mancanza d'acqua potabile ed un'instabilità del terreno.
L'origine del nome Bonne-Espérance sono un po' oscure. Questo nome appare per la prima volta nel 1131 in una carta di Liéthard o Liétard, allora vescovo di Cambrai. Secondo una prima ipotesi, i canonici, felici di avere infine trovato un posto definitivo per stabilire la loro comunità, avrebbero battezzato la loro casa Bona Spes, traduzione latina di buona speranza. La leggenda dice anche che scoprendo l'unità, Odon esclamò « Bonæ spei fecisti filios tuos », dal latino, significa, « hai ispirato ai tuoi figli la buona speranza ». La seconda ipotesi raccomanda che un culto a Notre-Dame de Bonne-Espérance esisteva già al momento della fondazione dell'abbazia.
Il XII secolo e il XIII secolo rappresentano un periodo importante per lo sviluppo economico dell'abbazia, in due secoli circa, la Comunità acquisisce molte migliaia di ettari di terre disperse qua e là tra la contea di Hainaut, il Ducato del Brabante e la Provincia di Namur. Alla fine del Ancien régime (è un termine che indica il sistema di governo vigente in Francia tra il XVI e il XVIII secolo), si contano circa 4.700 ettari di terre, ciò che fa di Bonne-Espérance un'importante potenza fondiaria.
Già nel 1130, i canonici di Bonne-Espérance non partono dal nulla, infatti Raynard offre alcuni dei suoi terreni all'abbazia, seguito da altri cristiani generosi. I terreni in questione sono rapidamente mantenuti dai fratelli laici, chi esercitano soprattutto un'attività manuale e normalmente non sono destinati a sacerdozio. Questi ultimi vivono in piccoli più vicini ai terreni diretti. La situazione economica della Comunità resta stabile fino al XVI secolo. Tuttavia, fin dal XIV secolo, andava calando il numero di fratelli convertiti, così i canonici devono fare appello ai domestici. Il declino progressivo di questa prosperità dell'abbazia li porta anche a congedare quasi tutta la gente assunta per lavorare.
Un personaggio chiave, che partecipa sostanzialmente alla prosperità economica della Comunità, è il fratello Filippo di Harveng (inizio XII secolo-1183), priore di Bonne-Espérance nel 1130-1131. Verso il 1147, litiga con il famoso monaco Bernardo di Chiaravalle sul trasferimento di un religioso di Bonne-Espérance verso l'Abbazia di Clairvaux. Quest'incidente conduce i superiori di Filippo a condannarlo all'esilio nel 1148. Ma, tre anni più tardi, ritornano sulla loro decisione e finiscono per scagionarlo. Nel 1152, Filippo di Harveng può dunque ritornare al monastero, di cui diventa il secondo Prelato dal 1157 al 1182.
Accanto alla gestione quotidiana di Bonne-Espérance, Filippo di Harveng è un grande intellettuale. Gli attribuiscono molte lettere a carattere teologico o più personali, come l'opera Exégèse (Esegesi, ossia lo studio approfondito e critico di qualsiasi documento), come ad esempio un opuscolo su Damnation de Salomon (Dannazione di Salomone), o la Agiografia scritta in prosa e fatta in rima ed anche commenti su il Cantico dei cantici. Alcune queste opere offrono informazioni utili alla comprensione della vita religiosa durante XII secolo, in particolare all'Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi. Infine, gli hanno attribuito molto spesso degli errori in alcune poesie.
La prima parte del XVI secolo è segnata nella regione dai confronti tra le truppe di Francesco I di Francia e quelle di Carlo V d'Asburgo. In quel periodo sorgono anche le tensioni tra cattolici e protestanti. Nel 1542, la formazione del futuro Re, Enrico II di Francia, figlio di Francesco I, assedia la città di Binche, situata a quattro chilometri da Bonne-Espérance. I dintorni sono inevitabilmente saccheggiati dai soldati e l'abbazia non sfugge al saccheggio, chi si riprodurrà nuovamente nel 1554.
Ben peggiore ancora, il 10 novembre 1568, in pieno contesto di guerre religiose, il principe Guglielmo I d'Orange, invade l'abbazia ed i suoi soldati incendiano tutti gli edifici. La Comunità scappa verso i suoi rifugi stabiliti a Mons e a Binche, ma il primo è attaccato nel 1572 dalle truppe di Luigi di Nassau, e il secondo subisce la stessa sorte nel 1576. Così segue un periodo d'indebitamento e di precarietà per la Comunità norbertina.
All'inizio del XVII secolo, la Comunità norbertina tenta di sollevarsi ed inizia a prendere in prestito fondi per potere restaurare gli edifici abbaziali. Possono anche contare su tanti magnati, infatti, i governatori di Paesi Bassi spagnoli, l'arciduca Alberto d'Austria e Isabella Clara Eugenia d'Asburgo si mostrano generosi verso le Comunità religiose i cui edifici sono stati devastati dalle guerre di religione. Così Bonne-Espérance può dunque beneficiare di grandi restauri.
Tuttavia, i prestiti si moltiplicano sotto la gestione di Agostino di Felleries (1642-1671), e la situazione finanziaria dell'abbazia è come il suo successore, Englebert Maghe (1671-1708), deve fare fronte a numerosi processi. Per la difesa della Comunità, egli decise di riunire tutti i documenti riguardanti l'abbazia in un prezioso catalogo, di cui i diciotto volumi sono attualmente ancora conservati nella biblioteca.
Al XVIII secolo, la contea di Hainaut, sotto la sovranità austriaca, conosce un lungo periodo di prosperità e di pace. Un vasto cantiere d'ammodernamento degli edifici di Bonne-Espérance cominciano fin dal 1714 con le realizzazioni neo-classiche dell'architetto Nicola di Brissy di Mons e si concludono poco prima della Rivoluzione francese, con in particolare costruzione, dal 1770 al 1776, della nuova chiesa di abbazia disegnata da Laurent-Benoît Dewez.
Dopo la Battaglia di Jemappes, che vede affrontarsi le truppe rivoluzionarie ed austriache, la Comunità norbertina è costretta a lasciare il monastero, dichiarato « bene nazionale » da parte dei rivoluzionari francesi nel 1793. Gli austriaci riprendono temporaneamente il controllo della regione ed i canonici riacquistano l'abbazia. L'abbazia non sfugge tuttavia al saccheggio dalle truppe francesi il 13 maggio 1794. Nello stesso periodo, le abbazie vicine di Lobbes e d'Aulne sono distrutte dai soldati del generale Charbonnier.
Il 6 marzo 1797, le truppe rivoluzionarie francesi cacciano definitivamente gli ultimi religiosi da Bonne-Espérance. Gli edifici vengono venduti e riacquistati in segreto dalla Comunità tramite l'agricoltore di Basse-Cour. Ma le difficoltà a riprendere la vita monastica sono tali che gli ultimi canonici sopravvissuti, il 29 dicembre 1821, fanno regalo della loro abbazia al seminario episcopale della Diocesi di Tournai[. Il vescovo di Tournai decide, il 4 maggio 1830, di aprire negli edifici dell'abbazia un « piccolo seminario », cioè un istituto di insegnamento destinato alla formazione dei sacerdoti.
Le Comunità norbertina seguiva la regole di Sant'Agostino d'Ippona. La vita monastica si divideva tra vita contemplative e vita attiva, secondo il desiderio di Norberto di Xanten.
Uffici chiamate Matines (letture di salmi) e Laudes venivano usati prima dell'alba. Laudes comprendeva generalmente tre salmi, una lettura ed una cantico biblico. Il giorno del canonico cominciava ordinariamente verso le 04:00 del mattino. Avevano luogo delle messe, una meditazione, l'ufficio di Prime (nell'avvanzare del giorno) e le colpe (confessione pubblica dei suoi peccati). Verso le 07:30 della mattina, i giovani prendevano parte alla lezione di teologia, mentre i più vecchi si dedicavano a studi vari. Alle 09:00 veniva celebrata la liturgia delle ore di Tierce, seguita da una grande-messa conventuale e dalla liturgia delle ore di Sexte. Verso le 10:30 riprendeva un periodo di studio fino al pranzo. Alle 11:30, un canonico suonava la campana per annunciare il pranzo. Il pranzo si faceva in silenzio ed un canonico recitava, dal quadro di comando, dei versetti della bibbia. La discussione tra canonici tuttavia era autorizzata, in un pranzo alla settimana.
Dopo aver cenato, la Comunità si spostava alla chiesa per Miserere e la liturgia delle ore di None. Dopo tutte queste liturgie, i canonici avevano diritto ad un tempo di ricreazione e una volta alla settimana, ad una passeggiata. Dopo la ricreazione, si rimettevano a studiare fino ai Vespri, al crepuscolo. Finita liturgia delle ore, ognuno raggiungeva la propria camera per un ultimo momento di studio. Verso le 17:00 era il momento della cena, sempre presa in silenzio, che chiamavano così spuntino. Alle 19:00 vi era un'ultima ricreazione che precedeva la liturgia delle ore di Complies, verso le 20:00, tutti andavano a dormire.
La parte che funge ancora da biblioteca, oggi è della prelatura degli abati di Patoul, cioè verso 1713-1718, ma si attesta che un'altra parte è dal 1510- 1537, che fungeva prima da biblioteca. Questo locale è stato interamente rinnovato e funge anche da sala per conferenza. Le copie dei manoscritti c'erano sin dagli inizi di Bonne-Espérance, continuando anche dopo la comparsa della stampa.
Alla fine del XVIII secolo, un buono numero di lavori è scomparso o è stato mosso in posti diversi. Tuttavia, alcuni manoscritti si trovano ancora a Bonne-Espérance:
  • Un manoscritto del Décret de Gratien (Decreto di Graziano copiato verso il 1300
  • Speculum historiale e Speculum naturale di Vincenzo Bellovacense, copiato verso il 1300-1310
  • I diciotto volumi di cartulario del 42º abate, Englebert Maghe, 15.000 pagine manoscritte che descrivono le carte ed atti di proprietà dell'abbazia.
Altri manoscritti sono conservati in posti diversi, come alla biblioteca dell'Università di Mons Hainaut, alla Biblioteca reale del Belgio a Bruxelles, all'Abbazia di Maredsous, a L'Aia, a Parigi ed anche a Tournai. Fra questi, si può citare:
  • La bibbia del fratello Henri datata 1132, parzialmente conservata alla Biblioteca reale del Belgio, dopo essere stata riacquistata nel XIX secolo ad un collezionista inglese
  • Le opere di Flavio Giuseppe, (storico latino), ritrascritte nel 1155.


Fin dalla fondazione dell'abbazia, succede che i canonici fossero destinati ad esercitare il ministero parrocchiale, cioè la funzione di un sacerdote di campagna. Infatti, numerose parrocchie delle regioni vicine appartenevano all'abbazia. Si trattava, nell'ordine alfabetico, delle cure di Anderlues, Bois-d'Haine, Carnières, Chaumont-Gistoux, Courcelles, Croix-lez-Rouveroy, Erquelinnes, Familleureux, Fayt, Feluy, Gentinnes, Gouy-lez-Piéton, Haine-Saint-Paul, Huizingen, Leugnies, Mont-Sainte-Aldegonde, Mont-Sainte-Geneviève, Morialmé, Morlanwelz, Orbais, Ressaix, Seneffe, Senzeille, Sombreffe, Soumoy, Thorembais-Saint-Trond e non lontano dalla Comunità Vellereille-les-Brayeux.
Questa similarità con il clero secolare è soltanto apparente. Infatti, i canonici in parrocchia dovevano sempre obbedire all'abate e ritornare nella Comunità quando gli veniva ordinato di farlo. Inoltre, dovevano, come all'abbazia, vivere male, digiunare, astenersi regolarmente, mangiare con sobrietà... Inoltre non erano liberi di circolare e non potevano, ad esempio, rendere visita ai loro genitori senza autorizzazione dell'abate. Ogni azione temporale o personale dei norbertini era disciplinata dall'abate, il ministero parrocchiale restante era dell'autorità del vescovo di Cambrai.
Tre compiti fondamentali spettavano al canonico in parrocchia. La prima era, naturalmente, decima. La seconda consisteva in sopraddote, cioè risorse necessarie all'intervista della chiesa presbiteriana, comprendente il salario del sacerdote in funzione. L'ultima proveniva dalla casuale, in altri termini le offerte versate dai fedeli in occasione della messa.
Si sa che un'infermeria esisteva a Bonne-Espérance dopo il 1260. Vi si occupavano e curavano giovani pazienti, anziani o invalidi della regione. Da sempre, l'abbazia di Bonne-Espérance, si preoccupava di accogliere i più poveri e così la gente del popolo doveva avere molta considerazione per questa Comunità, di cui se ne occupava e nutriva. Nel 1787, si cita del resto che il denaro dedicato alle elemosine ed alle spese dell'ospizio rappresentava il quarto dei redditi ammucchiati dall'abbazia. Questi redditi provenivano dalle numerose dipendenze (aziende agricole, terre, estrazioni di carbone) che possedeva l'abbazia.
Delle prime costruzioni in stile romanico, non resta nulla. In compenso, esistono molte parti di stile gotico, come il chiostro, la sala capitolare, la cucina, la circonferenza della basilica ed alcuni elementi della vecchia chiesa dell'abbazia (finestre, colonne) integrate nelle pareti dell'attuale basilica. La parte principale dell'abbazia, di stile neoclassico, è datata XVIII secolo. Altri annessi sono stati costruiti, nel XIX secolo e nel XX secolo, l'ultima realizzazione in data è la piscina del collegio, nel 1969.
L'unità abbaziale è la più segnalata e fa parte del patrimonio principale riconosciuto come tale dalla Regione di Vallonia da molti decenni. Durante gli anni 90, la basilica di Bonne-Espérance, ha beneficiato di sovvenzioni destinate al restauro esterno di questa chiesa abbaziale e della circonferenza, il 95% di queste sovvenzioni provenivano dal contributo della Regione di Vallonia, in materia di salvaguardia del patrimonio principale, il 5% restante che rappresenta il denaro raccolto dall'ASBL (Associazione senza scopo lucrativo), i lavoratori dell'abbazia ma anche le sovvenzioni versate dal comune d'Estinnes. Infine, importanti restauri degli edifici che circondano il giardino sono iniziati nel 2005, sempre grazie a sovvenzioni della Regione di Vallonia, del comune di Estinnes ed alla generosità dei vecchi ed amici di Bonne-Espérance, implicando altre associazioni senza scopo lucrativo.
Occorre sapere che all'epoca, il giardino botanico non esisteva. In sostituzione di questo giardino vi era una corte, detta « Tribunale d'onore », è datava XVII secolo. Tutti gli edifici che circondano il giardino sono datati, intorno al XVIII secolo.
Entrando in questo giardino, si può osservare inizialmente di ogni lato un edificio che presenta nel proprio centro una vecchia porta caratterizzata da una torretta. L'edificio di sinistra è occupato oggi dalla sezione primaria del collegio, mentre quello di destra fa parte del vecchio « cortile » (1765-1769), abitata anche tuttora. Lo vista si gira in seguito verso la facciata principale al centro e le due ali principali del giardino, di stile neoclassico, sono opere di Nicola di Brissy, architetto originario di Mons.
La facciata (1738-1741), di una lunghezza di 76 metri, è fiancheggiata da due padiglioni, tra cui quello del padre abate a sinistra. Il resto dell'edificio da parte sua era destinato all'alloggio degli ospiti. Si osserva che il centro della facciata è costituito soltanto da pietre, è con ciò che gli ospiti importanti accedevano ai loro appartamenti. Si accede allora al piano di questa vecchia zona degli ospiti con un'ampia scala in pietra blu ed in quercia scolpita. Le due rampe della scala presentano dei motivi sotto forma di quadrati e raggiungono il piano per formare una balaustra.
L'ala principale di sinistra (1767) presenta al centro una barriera con un quadrante solare. Quella di destra (1760) presenta da parte sua, un'arcata con molte vetrate. Accanto a quest'ala principale di destra, tra l'ala e la facciata, esiste un'ampia barriera chiamata barriera di Felleries, costruita sotto la prelatura dell'abate eponimo.
Il padiglione a sinistra della facciata riparava gli appartamenti del padre abate, vi si accede tramite una scala curva di quercia. Al piano si trova un oratorio datato circa la metà del XVIII secolo, incorniciato di quercia, con il suo altare. La corte dell'oratorio rappresenta una stella, mentre la parte alta rappresenta Dio nelle nuvole in Trompe-l'œil. L'esistenza di un quartiere abbaziale a Bonne-Espérance è attestato fin dalla fine del XV secolo, questo quartiere è stato rinnovato tra il 1570 e il 1588, aumentato nel 1640.
La chiesa di Bonne-Espérance, è in stile gotica, datata nella sua parte principale verso la fine del XIII secolo. L'ala del nord è stata leggermente costruita più tardi. Le vene delle volte di testata ricadono su « fondi di lampade » di due tipi, o in pietra bianca di Avesnes o in pietra blu di Écaussinnes.
Molti elementi mostrano che il chiostro ha subito rimaneggiamenti tra il XVI secolo e il XVIII secolo. Resterà aperto sul giardino interno fino al 1715, data nella quale delle finestre hanno sostituito le arcate aperte sul giardino.
L'ala occidentale del chiostro presenta il resto di una porta gotica (XV secolo o XVI secolo), all'architrave e una graffa.
Il primo refettorio che ha conosciuto Bonne-Espérance è del XII secolo. Un secondo refettorio era stato ricostruito tra 1510 e il 1537. Quest'ultimo è stato demolito all'inizio del XVIII secolo per lasciare il posto a quello che si può ancora ammirare oggi. L'attuale refettorio è datato 1738.
Lungo le pareti sono disposti dei banchi in quercia che sostengono delle mensole scanalate. Su questi stessi banchi, dinanzi ai quali si elaboravano le tavole, si sedevano i canonici per prendere i loro due pasti quotidiani.
Nell'angolo sinistro del lato occidentale si trova un pulpito da cui il lettore recitava voce alta durante il pasto dei passaggi della bibbia. Davanti a questo pulpito di legno, si osserva un basso rilievo che rappresenta un vescovo barbuto. Gli specialisti pensano che si tratti di Sant'Agostino d'Ippona. A destra del pulpito si trova un tessuto curvato, che rappresenta Cristo in croce, tra Vergine Maria e San Giovanni.
La parete sudorientale quasi interamente coperta di tessuti, curvati e lavorazioni in legno di quercia (altezza massima: 2,80 m, larghezza: 1,30 m). Cinque scene, dipinte da Bernard Fromont (1715-1755), di Valenciennes, raccontano la vita di San. Norberto di Xanten. La prima evoca la conversione di Norberto nel 1115, sulla strada di Xanten a Vreden (città della Germania nella Renania Settentrionale-Vestfalia). Una visione, che lo condurrà alla sua conversione, lo sorprende mentre è a cavallo. Sulla seconda scena, si può riconoscere la Vergine Maria con Gesù. Degli angeli mostrano a San Norberto il vestito bianco che sarà portato dai norbertini. La terza scena, il fondatore dell'ordine predica ad Anversa, nel 1122, è verso una chiesa di Anversa, contro Tanchelin, eretico rappresentato torse nudo. La quarta scena descrive l'entrata a Roma di Norbert. Quest'ultimo aveva contribuito alla rimettere sul trono il Papa Innocenzo II, cacciato dall'Antipapa Anacleto II. San. Norberto di Xanten viene vestito di bianco, e viene insignito delle nomina di Arcivescovo. Infine, l'ultima scena rappresenta Norberto ammalato, che si prepara alla morte, nel giugno 1134. molti discipoli circondano l'abate malato.
Questi cinque scene sono state effettuate da Fromont tra 1740 e il 1755. Le iconografie di queste scene sono state messe in stampe da Corneille Galle, pubblicate ad Anversa in 1622.
Infine, il soffitto è incurvato, i suoi architravi in pietra profilata che si posano su banchi di comando che superano i pilastri di quercia.
La cucina attuale è datata circa metà del XVI secolo ed è in stile gotico. Attualmente serve ancora per la preparazione dei pasti. Due pilastri di pietra dividono il locale in due navate di tre campate.
Scavi effettuati nel 1957 hanno portato in evidenza, un metro sotto l'attuale pavimento, un altro pavimento datato nella prima metà del XVII secolo e ancora più a circa 1,40 m, vi è un altro pavimento ancora più vecchio sul quale posava la base delle colonne.
  • L'abbazia di Bonne-Espérance è anche l'omonimo nome della birra belga prodotta, nella città di Binche. La birra va servita fresca, intorno a 5º o secondo i gusti a temperatura ambiente con circa 10º. Prodotta in:
    • Birra chiara leggermente ambrata, con il 7% di alcool vol.
    • Birra chiara, con il 6,3% di alcool vol.
    • Birra scura, con il 6,3% di alcool vol.
  • Un formaggio fabbricato in modo artigianale a base di latte crudo di mucca
  • Una torta fabbricata completamente artigianalmente con materie di prime qualità. Ingredienti: fegato e carne suina, spezie, sale e birra di Bonne-Espérance
  • Un pane grigio fabbricato senza grasso e cucinato sulla pietra specialmente per l'abbazia di Bonne-Espérancea. Composto da cereali: frumento, segale, granoturco, orzo, avena, glutine, malto.


La sala delle assemblee presenta delle volte in stile gotico ed è datata verso la fine del XVIII secolo o dell'inizio del XIV secolo. Questa sala è composta da due volte da tre campate, con due colonne centrali che ricevono la imposta delle nervature delle sei portate. La parete laterale fu costruita bene meglio molto dopo la costruzione iniziale di questa sala, infatti in realtà, la sala era più vasta, e aveva quattro colonne centrali. All'epoca anche, ampie aperture garantivano la comunicazione tra l'ala del chiostro e questa sala, che sono state sostituite da una parete più recente.
L'attuale chiesa dell'abbazia è di stile neoclassico, è opera di un architetto famoso Laurent-Benoît Dewez (1731-1812) dei Paesi Bassi austriaci. Si tratta in realtà della terza chiesa costruita in questo posto. Una prima chiesa, di cui non si è conservata alcuna traccia, è era stata costruita nel 1132. In seguito, nel 1212 ci sono state delle aggiunte che sono state conservate per la costruzione della seconda chiesa tra il 1266 e il 1274, prima di crollare nel 1277. La seconda costruzione, in neoclassico, si estende su 64 metri di lunghezza. In occasione di lavori di ristrutturamento tra 1473 e il 1495, vi è stata aggiunta una torre gotica che si può ancora ammirare oggi. Questa chiesa si è incendiata nel 1568, quindi restaurata all'inizio del XVII secolo. Dopo la sua demolizione, è stato deciso di sostituirla con l'attuale chiesa, costruita tra 1770 e il 1776.
Nel 1957, una lettera apostolica del Papa Pio XII, eleva l'abbazia Notre-Dame de Bonne-Espérance a un rango di basilica minore.


sabato 25 giugno 2022

A cosa non dovresti mai rinunciare prima di gustare il tuo caffè?

E' importante girare il caffè con il cucchiaino anche senza aggiungere lo zucchero perché lo renderete migliore.



La cottura da bar, quella dell'espresso, della bevanda regina del chicco marrone infatti produce quei 25 ml di gocce di elisir in maniera diversa


venerdì 24 giugno 2022

Una regola che molti baristi infrangono

  • Non raccogliere mai il ghiaccio con un bicchiere.
    I bicchieri possono e si scheggiano. Una scheggia di vetro in un contenitore del ghiaccio è un disastro in attesa di accadere. E quando sei occupato, i server iniziano a prendere scorciatoie e ricevi il vetro caldo dall'Hobart perché non ha il tempo di raffreddarsi, il che può causare crepe quando il vetro si raffredda troppo rapidamente.
    I bicchieri devono sempre essere riempiti di ghiaccio da una paletta, mai trascinati attraverso il contenitore del ghiaccio. E suppongo che meno del 5% degli stabilimenti segua la regola di sicurezza.




 
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