giovedì 24 febbraio 2022

Birra Tsingtao

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La Tsingtao (青岛啤, pinyin Qīngdǎo píjiǔ e Tsingtau-Brauerei in tedesco) è una birra lager prodotta in Cina, nella città di Tsingtao.
Il nome deriva proprio dalla romanizzazione del nome della città secondo la trascrizione postale o l'EFEO (un tempo molto più diffusi del pinyin).
Si tratta della birra cinese più conosciuta e popolare, esportata in più di 90 stati in tutto il mondo, conoscendo particolare diffusione nei paesi dove le comunità cinesi sono più consistenti e radicate. Rappresenta da sola più del 50% delle esportazioni di birra per la Cina.
Viene prodotta nelle varianti Tsingtao Lager e Tsingtao Pure Draft (con grado alcolico 4,7% vol).

Storia

Il birrificio trae le sue origini dalla The Anglo-German Brewery Co. Ltd, società per azioni anglo-tedesca con sede ad Hong Kong. Viene fondato il 15 agosto 1903 con il nome Germania-Brauerei con un capitale versato di 400.000 dollari messicani d'argento, divisi in 4000 azioni ciascuna del valore di 100 $. La prima birra ad opera del nuovo birrificio viene servita il 22 dicembre 1904.
Il 16 agosto 1916, un'assemblea generale straordinaria tenuta a Shangai sancisce la messa in liquidazione della società e la cessione al gruppo giapponese Dai-Nippon. Il passaggio viene approvato dall'amministrazione militare giapponese il 9 settembre successivo. Il pagamento del 70% delle quote ancora in mano ad azionisti tedeschi viene portato a termine, per tramite dei liquidatori, il 2 aprile 1921.
Negli anni '50 la birra inizia ad essere esportata all'estero, prevalentemente ad Hong Kong, Macao e negli stati del sud-est asiatico. A partire dal 1972 comincia ad essere venduta anche negli Stati Uniti d'America, dove diventa la birra cinese più diffusa.
Passata sotto il controllo del governo cinese dopo la seconda guerra mondiale, la compagnia viene privatizzata nei primi anni '90, cambiando nome in Tsingtao Brewery Company Limited nel 1993 dopo la fusione con altri tre birrifici della città di Qingdao. Nel 2005 il gruppo americano Anheuser-Busch, già detentore di una quota del 5% aumenta la sua partecipazione nella Tsingtao fino al 27%. Nel settembre 2008 la quota di proprietà di AB viene acquistata dal gruppo belga InBev.
Il 23 gennaio 2009 InBev annuncia la cessione del 19,9% delle azioni al gruppo giapponese Asahi Breweries per 667 milioni di dollari, Asahi diventa così il secondo maggior azionista della Tsingtao. Il 9 maggio 2009 le rimanenti quote di proprietà di inBev vengono vendute al magnate cinese Chen Fashu per 235 milioni di dollari.
Nel 2012 la Tsingtao firma un accordo con la giapponese Suntory per la creazione di due società in joint-venture con sede a Shangai per favorire la produzione della birra e la sua commercializzazione nella zona di Shangai e nella provincia di Jiangsu.


mercoledì 23 febbraio 2022

Tripel

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Tripel (o anche Trippel) era originariamente il nome che, convenzionalmente, usavano i mastri birrai trappisti del Belgio per descrivere la loro birra più forte. Oggi, tuttavia, il nome è usato da un certo numero di birrifici nel mondo per descrivere una ale forte.

Storia

L'abbazia trappista di Westmalle produsse una nuova birra nel 1934, chiamandola "superbirra". Si trattava di una ale bionda piuttosto forte ed era molto simile ad una birra che i monaci avevano prodotto sporadicamente fin dal 1931.
Nel 1956, la ricetta fu modificata e prese il nome di Tripel. Attualmente è considerata la prima birra ad aver usato questo nome.
Il termine Tripel indica la più forte tra un certo numero di birre, e infatti le birre trappiste erano divise in tre categorie: enkel (di base), dubbel (doppie), e tripel (triple). Nonostante l'importanza della "Santa Trinità" nella Chiesa, la scelta dei tre tipi di birra fu dettata dal caso.
Uno dei motivi per cui nacque la Tripel fu il Vandevelde Act del 1919, una legge belga che non fu abrogata fino al 1983, che proibiva la vendita e la somministrazione di superalcolici, in particolare del gin. Dal momento che la legge non prevedeva nulla riguardo vino e birra, iniziarono ad essere commercializzate delle birre più forti.

Esempi di Tripel

Birre Trappiste

  • Westmalle Trappist Tripel
  • Chimay White

Birre d'abbazia

  • Affligem Tripel
  • Sint Bernardus Tripel
  • Maredsous Tripel


martedì 22 febbraio 2022

Distillato

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Un distillato, o acquavite, è un prodotto alcolico derivato dalla distillazione di un liquido zuccherino fermentato, generalmente di origine vegetale: cereali, radici e tuberi amidacei, frutti, o vino.

Generalità

Dal punto di vista tecnico i distillati fanno parte delle cosiddette bevande spiritose ovvero "bevande alcoliche destinate al consumo umano". Per definizione, esse hanno caratteristiche organolettiche particolari e un titolo alcolometrico minimo di 15% vol. Le bevande spiritose sono prodotte sia direttamente mediante distillazione, macerazione o aggiunta di aromi, sia mediante miscelazione di una bevanda spiritosa con un'altra bevanda, con alcol etilico di origine agricola o con taluni distillati".
Di fatto nella categoria bevande spiritose oltre alle acquaviti vi sono compresi i liquori, che sono miscele di alcool o altri distillati con acqua, zucchero e sostanze aromatiche diverse, nonché gli amari.
Teoricamente un distillato si può ricavare da qualunque materia zuccherina fermentabile. Tuttavia le materie prime più usate per la produzione di distillati sono:
  • il vino (da cui si ottengono il cognac, l'armagnac, il pisco ed il brandy)
  • le vinacce (cioè le bucce e i vinaccioli dell'uva, da cui si ricava la grappa)
  • il mosto d'uva (da cui si ottiene l'acquavite d'uva)
  • il sidro (da cui si ottiene il calvados)
  • la canna da zucchero (da cui si ottengono il rum e la cachaça)
  • i cereali (da cui si ottengono il whisky, il gin, in parte la vodka, e molti altri spiriti "bianchi"),
  • le radici ed i tuberi amidacei o zuccherini (da cui si ricavano la vodka, e molti altri spiriti "bianchi")
  • numerosi frutti da cui si distillano le acquaviti corrispondenti (es. kirsch, slivovitz, ecc.)
Esistono innumerevoli altri distillati prodotti con i più diversi fermentati, anche di origine animale, spesso di uso estremamente locale.

Origini

La tecnica distillatoria era già nota ai babilonesi ed agli antichi egizi che distillavano il vino ed il sidro. Essa fu conosciuta dai greci, che la usavano per ricavare acqua dolce dal mare, ma non per gli alcolici; la distillazione era patrimonio dei sacerdoti e di pochi adepti in Egitto durante l'epoca ellenistica romana, e venne trasmessa agli arabi. La diffusione dei distillati in occidente iniziò intorno al X secolo grazie alla Scuola medica salernitana che riprese le tecniche insegnate dai medici arabi andalusi, estraendo l'acquavite dal vino, dapprima solo per uso medicinale.

Schema produttivo

Il processo produttivo può essere sintetizzato con i seguenti passaggi:
  • preparazione del mosto;
  • fermentazione;
  • distillazione;
  • stabilizzazione;
  • invecchiamento (eventuale);
  • riduzione di grado o diluizione (con acqua demineralizzata);
  • refrigerazione (abbassamento di temperatura per eliminare impurità) (tecnica facoltativa);
  • riposo
  • imbottigliamento
  • controlli fiscali

Preparazione del mosto

Nella preparazione del mosto vengono utilizzati cereali, uva, vino, canna da zucchero, frutti, miele ecc. Il mosto viene poi fatto fermentare attraverso l'utilizzo di lieviti selezionati.

Fermentazione

Aggiungendo dei lieviti Saccharomyces cerevisiae (saccaromiceti) in tre o quattro giorni si ottiene circa il 12% di alcol etilico ed altre sostanze.

Distillazione

La distillazione è un procedimento fisico che consente la separazione dei componenti volatili di un fermentato in base al loro diverso punto di ebollizione. In questo modo si può concentrare l'alcol etilico presente nel fermentato e si selezionano le sostanze desiderabili del distillato scartando quelle sgradevoli od inutili.
La distillazione può essere continua (alambicco a colonna alambicco continuo, su armagnac.fr. (archiviato dall'url originale il 27 dicembre 2013). o discontinua (alambicco a caldaia).
Nella distillazione discontinua il carico, detto cotta, viene scaricato una volta che si è esaurito; successivamente si ricarica la caldaia con nuovo fermentato. Questo tipo di distillazione viene eseguita in alambicchi di rame con il collo detto a cigno ed utilizzata per la produzione di whisky di malto, cognac, brandy, grappe, calvados, ed in genere per i distillati di maggior pregio.
Nella distillazione continua la colonna di distillazione viene alimentata ininterrottamente dal fermentato, ed il distillato viene continuamente estratto. Essa viene impiegata per la produzione di vodka, grappa, brandy, gin, rum, tequila, whisky di cereali, e per la produzione industriale di alcol buon gusto.
Nella distillazione si separano dapprima le frazioni più volatili (acetaldeide ed altri acetati) che costituiscono la cosiddetta "testa", poi la frazione nobile (il "cuore") costituita dall'alcol etilico, ed infine si eliminano i composti più pesanti che vaporizzano a temperature più elevate dei precedenti, cioè la "coda", che contiene composti artefici di valori organolettici scarsi se non sgradevoli.

Alambicco

Lo strumento per ottenere un distillato è il distillatore o alambicco.
Gli alambicchi per la produzione di distillati possono essere:
  • discontinui;
  • continui.

Alambicco discontinuo

Si compone di:
  1. caldaia in rame;
  2. coperchio che convoglia i vapori idroalcolici nel collettore;
  3. collo di cigno che si diparte dal duomo e si congiunge alla caldaia con il refrigeratore;
  4. Alambicco discontinuo - da sinistra a destra caldaia e capitello, riscaldatore, e serpentina (immersa nel cilindro)
  5. refrigeratore;
  6. provetta di saggio per controllare il grado alcolico del distillato.
Il riscaldamento del prodotto da distillare nella caldaia può avvenire:
  • a fuoco diretto: con il fuoco che riscalda direttamente la base della caldaia (alambicco charentais)
  • a bagnomaria; attraverso il riscaldamento dell'acqua contenuta in un'intercapedine che circonda la caldaia (alambicco Zadra)
  • a vapore: con una corrente di vapore che passa attraverso il prodotto da distillare.

Alambicco continuo

Si compone di due alte colonne di distillazione (analizzatore-rettificatore).
Il funzionamento dell'alambicco continuo può essere suddiviso in sei fasi:
  • la miscela alcolica entra nella colonna analizzatrice dove viene riscaldata: si produce un primo distillato detto "flemma";
  • Alambicco a colonna e piatti: a sinistra la prima colonna, seminascosta
  • la flemma passa nella colonna rettificatrice; il calore consente di separare l'alcol e altri elementi volatili;
  • i residui acquosi del processo si depositano sul fondo;
  • i vapori che salgono all'interno della colonna vengono raffreddati dai nuovi residui di distillazione;
  • la frazione rimanente (cuore) si riconverte in liquido;
  • gli ultimi residui sono eliminati in cima alla colonna, raccolti e sottoposti a una nuova distillazione.

Stabilizzazione

Molti distillati hanno bisogno di un breve riposo in acciaio o direttamente in bottiglia per armonizzarsi ed avere dei sapori meno pungenti ed aggressivi, ancora presenti quando appena usciti dall'alambicco.
I distillati subiscono una riduzione del grado alcolico tramite la miscelazione con acqua distillata, ed una stabilizzazione attraverso la refrigerazione a circa -10°C in modo da far precipitare le sostanze più pesanti, causa spesso di torbidità; infine vengono filtrati.
Talvolta vengono additivati di zucchero per un tocco di morbidezza, mentre l'aggiunta di caramello o zucchero bruciato ne influenza il colore, per far apparire invecchiati i distillati giovani.

Invecchiamento

I distillati come il whisky, il cognac o l'armagnac devono essere invecchiati in botti di legno secondo il disciplinare di produzione, per le grappe invece l'uso è facoltativo. La cessione di sostanze da parte delle botti fa sì che i distillati si arricchiscano degli aromi del legno.

Cantina di invecchiamento
Questi dipendono dalla qualità dei legni, dalla tostatura delle botti,oltre che dal grado di umidità dei locali e dalle condizioni ambientali in cui riposa il distillato. L'invecchiamento può raggiungere molti decenni.

Aromatizzazione

L'aromatizzazione è l'aggiunta di varie piante officinali ai distillati. Questa può avvenire con diverse modalità:
  • infusione nel distillato stesso;
  • aromatizzazione dei vapori idroalcolici;
  • macerazione direttamente nella bottiglia;
  • preparazioni idroalcoliche macerate, decotte o infuse ed addizionate al distillato.

Modalità di servizio

i distillati si servono a temperature diverse in funzione del loro tipo:
Distillato Temperatura
  • Vodka, acquaviti di cereali
  • Acquaviti di frutta
  • Grappe bianche
  • Rum, blended whisky e whiskey giovani
  • Acquaviti di frutta invecchiate (calvados, ...), grappe invecchiate, malt whisky e whiskey invecchiati
  • Distillati di vino
  • 0-4 °C
  • 6-8 °C
  • 10-12 °C
  • 14-16 °C
  • 16-18 °C
  • temp. amb.

Principali distillati nel mondo

Nella tabella sono riassunti alcuni distillati con le materie prime e i paesi di fabbricazione tradizionale:
Denominazione Materia prima
Paese di produzione
originario
Akvavit cereali, patate Scandinavia
Arak uva, arom. con anice Libano
Arrak datteri, cereali, melasse Sri Lanka, India, Malesia
Armagnac (AOC) vino Francia
Assenzio (absinthe) alcol, arom. assenzio et al. Svizzera
Brandy vino tutto il mondo
Cachaça canna da zucchero Brasile
Calvados (AOC) mele e pere Francia
Cognac (AOC) vino Francia
Gin e Jenever vinacce Inghilterra, Paesi Bassi
Grappa, Tsikoudia cereali, arom. con ginepro Italia, Creta
Kirsch (Kirschwasser) ciliegie Europa Centrale
Krütter (Krauterschnaps) Vinacce Francia, Germania
Korenwijn cereali (orzo, segale e mais) Paesi Bassi
Kruškovac pere Balcani
Marc (de raisin) vinacce Francia
Mescal agave Messico
Ouzo uva, arom. con anice Grecia
Pàlinka frutta Ungheria
Pisco frutta (vari tipi) Perù, Cile
Raki cereali, frutta, arom.con anice Turchia
Rum melassa di/o canna da zucchero America Centrale, Caraibi
Shōchū orzo, patate, o riso Giappone
Slivovitz prugne Balcani, Polonia
Soju cereali, tapioca, patate Corea
Tequila agave blu Messico
Vodka cereali (frumento) e patate Polonia, Russia, Svezia
Whiskey (Bourbon, Irlandese, Tennessee, Rye) cereali (frumento) e patate Irlanda, Stati Uniti
Whisky (Canadian, Scotch) cereali (orzo) Canada, Scozia
Zivania vinacce Cipro



lunedì 21 febbraio 2022

Vino

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Il vino è una bevanda idro alcolica, ottenuta dalla fermentazione (totale o parziale) del frutto della vite, l'uva (sia essa pigiata o meno), o del mosto.

Generalità

Il vino si può ottenere anche da uve appartenenti ad incroci della Vitis vinifera con altre specie del genere Vitis (ad esempio la Vitis labrusca o la Vitis rupestris) e da uve di specie di Vitis diverse (quale la Vitis chunganensis).
In Italia (ed in tutta l'Unione europea), per proteggere un prodotto di maggiore qualità, prezzo e valore, non si può commercialmente chiamare "vino" il prodotto di fermentazione di uve che non siano Vitis vinifera. Quindi il termine, in caso di commercializzazione di fermentati diversi, deve essere omesso. Sistema comune per ovviare a tale divieto è, ad esempio, quello di citare semplicemente il nome della varietà di uva usata, ovviamente senza citare il termine "vino".
Con tale bevanda si può dar vita anche ad un distillato che, se invecchiato per almeno 12 mesi in legno, prende il nome di brandy. La qualità e diversità tra vini dipendono strettamente dal vitigno, dal clima, dal terreno, dall'esposizione di questo rispetto alla radiazione solare e dalla coltivazione più o meno accurata della vite stessa.

Etimologia

Vino deriva direttamente dal latino vīnum, da un tema mediterraneo da cui deriva anche il greco antico ϝοῖνος woînos, classico οἶνος oînos, l'ebraico יין yayin e l'armeno գինի gini. La parola latina è stata prestata all'umbro, all'osco, al falisco vinu, all'etrusco vin(um), al leponzio vinom; in epoca più recente, vīnum è stato prestato alle lingue celtiche, alle lingue germaniche e da queste al finlandese viini. Anche i termini slavi per vino è probabile che siano prestiti latini. L'ipotesi che vīnum abbia un'origine indoeuropea, comune all'ittita wiyan, ha oggi poco credito.

Storia del vino

Nel Valdarno Superiore sono stati ritrovati in depositi di lignite, reperti fossili di tralci di vite (Vitis vinifera) risalenti a 2 milioni di anni fa. Diversi ritrovamenti archeologici dimostrano che la Vitis vinifera cresceva spontanea già 300.000 anni fa. Studi recenti tendono ad associare i primi degustatori di tale bevanda già al neolitico; si pensa che la scoperta fu casuale e dovuta a fermentazione naturale avvenuta in contenitori dove gli uomini riponevano l'uva. Le più antiche tracce di coltivazione della vite sono state rinvenute sulle rive del Mar Caspio e nella Turchia orientale. Nel 2010 in Sicilia presso i complessi sotterranei del monte Kronio (Sciacca) e nello scavo Sant’Ippolito di Caltagirone sono stati scoperti i residui legati del processo di vinificazione di vino in una giara dell'Età del Rame, collocate all’inizio del IV millennio a.C. e rappresentano le testimonianze più antiche d'Europa.
Nel corso del XX secolo gli archeologi si sono imbattuti casualmente nella più antica giara di vino mai rinvenuta. Nel 1996, infatti, una missione archeologica statunitense, proveniente dall'Università della Pennsylvania e diretta da Mary Voigt, ha scoperto nel villaggio neolitico di Hajji Firuz Tepe, nella parte settentrionale dell'Iran, una giara di terracotta, della capacità di 9 litri, contenente una sostanza secca proveniente da grappoli d'uva. La notizia, riferita da Corriere Scienza del 15 ottobre 2002, aggiunge che i reperti rinvenuti risalgono al 5100 a.C., quindi a 7000 anni fa, ma gli specialisti affermano che il vino è stato prodotto per la prima volta, forse casualmente, tra 9 e 10000 anni fa nella zona del Caucaso. Sembra infatti che il primo vino sia stato prodotto del tutto per caso (come è avvenuto per il pane lievitato) per la fermentazione accidentale di uva dimenticata in un recipiente.
È comunque accertato che la produzione su larga scala di vino è iniziata tra il 4100 e il 4000 a.C. datazione inerente ai ritrovamenti della prima casa vinicola trovata nel complesso delle caverne del comune armeno di Areni.
I primi documenti riguardanti la coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C., ma è solo con la civiltà egizia che si ha lo sviluppo delle coltivazioni e di conseguenza la produzione del vino.
La Bibbia (Genesi 9,20-27) attribuisce la scoperta del processo di lavorazione del vino a Noè: successivamente al Diluvio Universale, avrebbe piantato una vigna con il cui frutto fece del vino che bevve fino ad ubriacarsi. Il cristianesimo vede nel vino un simbolo del sangue di Gesù Cristo, che nel corso dell'ultima Cena egli definì "per la nuova ed eterna alleanza, versato per molti in remissione dei peccati". Il cattolicesimo, in particolare, considera il vino la specie sotto cui, nel sacramento dell'Eucaristia, sarebbe realmente presente il sangue di Gesù Cristo.
Sotto l'Impero romano ci fu un ulteriore impulso alla produzione del vino, che passò dall'essere un prodotto elitario a divenire una bevanda di uso quotidiano. In questo periodo le colture della vite si diffusero su gran parte del territorio (in particolare in Italia, Gallia Narbonensis, Hispania, Acaia e Siria), e con l'aumentare della produzione crebbero anche i consumi.
Ad ogni modo il vino prodotto a quei tempi nell'area del Mediterraneo era molto differente dalla bevanda che conosciamo oggi: a causa delle tecniche di vinificazione e conservazione (soprattutto la bollitura), il vino risultava essere una sostanza sciropposa, molto dolce e molto alcolica. Era quindi necessario allungarlo con acqua e aggiungere miele e spezie per ottenere un sapore più gradevole.
Diversamente, i popoli celtici già prima del contatto con la romanità producevano vini leggeri e dissetanti e li conservavano in botti di legno invece che nelle giare.
Con il crollo dell'Impero Romano la viticoltura entra in una crisi dalla quale uscirà solo nel medioevo, grazie soprattutto all'impulso dato dai monaci benedettini e cistercensi. Nella stessa Regola, Benedetto afferma:
«Ben si legge che il vino ai monaci assolutamente non conviene; pure perché ai nostri tempi è difficile che i monaci ne siano persuasi, anche a ciò consentiamo, in modo però che non si beva fino alla sazietà.»
Gian Battista Vico intravide nella concezione medioevale del vino come genere di prima necessità un carattere della barbarie di quest'epoca.
Proprio nel corso del medioevo nasceranno tutte quelle tecniche di coltivazione e produzione che arriveranno praticamente immutate fino al XVIII secolo, quando ormai la produzione ha carattere "moderno". Ciò grazie alla stabilizzazione della qualità e del gusto dei vini, nonché all'introduzione delle bottiglie di vetro e dei tappi di sughero.
Nel XIX secolo l'oidio e la fillossera, malattie della vite provenienti dall'America, distruggono enormi quantità di vigneti. I coltivatori sono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti sopra viti di origine americana (Vitis labrusca), resistenti a questi parassiti, e ad utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo.
Nel Novecento invece si ha, inizialmente da parte della Francia, l'introduzione di normative che vanno a regolamentare la produzione (origine controllata, definizione dei territori di produzione, ecc.) che porteranno a un incremento qualitativo nella produzione del vino a scapito della quantità.

Enologia

L'enologia è lo studio del vino in generale. Essa si occupa della viticoltura, della vinificazione, dell'affinamento (compresa la conservazione in cantina) e della degustazione.
Il nome deriva dal greco oinos (vino) e logos (studio).

Composizione chimica del vino

Dal punto di vista chimico, il vino è una miscela liquida costituita principalmente da acqua e alcol etilico (anche detto "etanolo").
Oltre a tali componenti, il vino contiene tantissime altre sostanze, alcune delle quali sono desiderate, in quanto danno un sapore gradevole al vino oppure hanno un effetto positivo sulla salute (ad esempio i polifenoli e le antocianine), mentre altre sostanze sono indesiderate, in quanto danno un sapore sgradevole al vino oppure hanno un effetto negativo sulla salute (ad esempio l'anidride solforosa, la cui concentrazione massima è fissata per legge, essendo altamente tossica).
La tabella seguente riporta i valori tipici di concentrazione dei principali componenti del vino:
Componente Formula chimica  % in volume  % in peso  % in moli Note Fonte
Acqua H2O 70-90 82-85,4 92,6-94,1 È il componente del vino a maggiore concentrazione

Alcol etilico C2H5OH 9-16 6,9-11,7 2,9-5,1 È prodotto durante la fermentazione alcolica degli zuccheri presenti nell'uva. La sua percentuale in volume corrisponde alla gradazione alcolica

Acetaldeide CH3CHO 0,5-30 0,37-18,1 0,17-9,1 È un prodotto secondario della fermentazione alcolica
Glicerolo C3H8O3 0,32-1,19 0,37-1,38 0,08-0,3 È un prodotto secondario della fermentazione alcolica. La sua concentrazione aumenta all'aumentare della gradazione alcolica

Acido tartarico C4H6O6 0,17-0,45 0,28-0,73 0,02-0,1 Presente nell'uva

Acido lattico C3H6O3 0,08-0,33 0,09-0,37 0,02-0,08 Prodotto dalla fermentazione malolattica

Acido malico HOOCCH(OH)CH2COOH 0-0,44 0-0,64 0-0,1 Presente nell'uva

Altri componenti del vino sono:
  • alcol metilico: particolarmente tossico; si forma dall'azione degli enzimi sulle pectine contenute nella buccia dell'uva;
  • alcoli superiori (cioè con atomi di carbonio superiori a 2);
  • butilenglicole e acido succinico: prodotti secondari della fermentazione alcolica;
  • acido acetico: prodotto secondario della fermentazione alcolica; la sua concentrazione può essere elevata se non si effettua un'adeguata pulizia dei contenitori utilizzati per la produzione del vino;
  • zuccheri: alcuni fermentano per dare alcol (fruttosio, glucosio) per cui è presente solo una frazione di essi che non ha completato la fermentazione, mentre altri non vanno incontro a fermentazione (arabinosio e xilosio); talvolta si aggiunge saccarosio al vino durante la sua produzione, ma tale zucchero non è presente nel prodotto finale in quanto reagisce velocemente;
  • acido citrico: è un acido organico presente nell'uva;
  • composti azotati e sali minerali: già presenti nell'uva;
  • composti fenolici: in parte sono presenti nell'uva e in parte sono ceduti dal legno della botte durante l'invecchiamento;
  • composti aromatici: possono essere già presenti nell'uva o formarsi durante il processo di produzione e invecchiamento del vino;
  • vitamine: sono presenti nell'uva; nel vino non è presente la vitamina C, in quanto viene consumata durante il processo di vinificazione;
  • anidride carbonica: prodotta durante la fermentazione alcolica; ha una concentrazione minore nei vini invecchiati;
  • ossigeno: assorbito dal vino durante il processo produttivo;
  • anidride solforosa: è particolarmente tossica; viene addizionata in piccole percentuali per regolare la fermentazione e come conservante.

Classificazione dei vini

Generalità

I vini possono essere classificati in funzione di diversi aspetti. Di seguito i principali.
  • nazione e, in subordine, regione/zona di provenienza;
  • denominazione di origine o indicazione geografica di appartenenza. Si tratta della categoria di differenziazione principale. Un vino (nazionale, europeo, extra europeo che è il caso più frequente) può essere anche "generico" ovvero senza denominazione di origine o indicazione geografica;
  • tipologia (fermo, frizzante, spumante, passito, liquoroso, novello, e, in subordine, bianco, rosso, rosato);
  • annata
  • vitigno (varietà di vite utilizzata per la produzione) da cui provengono le uve o meglio uvaggio visto che le varietà utilizzate possono essere diverse. I vitigni più famosi e diffusi nel mondo (i cosiddetti "Vitigni internazionali" o "Alloctoni") sono fra i rossi il Cabernet-sauvignon, il Cabernet franc, il Merlot, il Pinot noir, lo Zinfandel e il Syrah; tra i bianchi il Sauvignon, lo Chardonnay, il Muscat ed il Riesling;
  • fascia di prezzo;
  • produttore (cioè la cantina vinicola che ha prodotto il vino) oppure (quando non coincidono) imbottigliatore; nei casi di vini stranieri (specialmente extra UE) in etichetta compare anche l'importatore oppure il distributore (nei casi di vini UE);
  • certificazione (es. vino biologico);
  • macro classificazione organolettica (giovane/maturo, beverino/impegnativo, leggero/potente, secco/amabile, fruttato/evoluto e tante altre).
Altri fattori (più tecnici) possono essere: punteggio assegnato dalle guide, piatto/preparazione da abbinare, gradazione alcolica, caratteristiche sensoriali, ecc. Sempre più importante ormai è anche la classificazione del vino dal punto della metodologia produttiva (si veda sotto): convenzionale, biologico, biodinamico, naturale, vegano.

Classificazione per tipologia

I vini si differenziano tra loro per il sistema di vinificazione (vini normali e speciali) e per le proprietà organolettiche: colore, profumo, gusto e retrogusto; altri parametri concorrono a definire le caratteristiche di un vino: alcol, acidità, sapidità, sensazione di astringenza (dovuta ai tannini). I vini possono essere differenziati in vini tranquilli (detti anche "fermi"), vini frizzanti e spumanti, a seconda del fatto che siano in grado o meno di sprigionare anidride carbonica all'apertura delle bottiglie. Costituisce ulteriore distinzione il contenuto in zuccheri non fermentati del vino (secco, semisecco, dolce...)
Inoltre ogni vino è caratterizzato da una temperatura di servizio (temperatura ideale per la consumazione) e da abbinamenti ottimali con determinate pietanze.

Vini ordinari

Si intendono per vini ordinari quei vini immessi al consumo dopo aver subito il solo processo di vinificazione (quindi senza interventi tecnici successivi o aggiunte di altri componenti).
Vino bianco
Il vino bianco viene prodotto con la tecnica della spremitura soffice dell'acino d'uva bianca, in modo da spremerne il succo ed eliminare quindi le bucce. Può essere anche prodotto da uva a bacca nera (ad esempio pinot noir) separando da subito le bucce dal succo, al contrario del processo di vinificazione in rosso, che prevede la macerazione anche delle bucce per estrarne il colore ed i contenuti. Si presenta all'aspetto di colore giallo in varie tonalità (dal verdolino all'ambrato, passando per il paglierino e il dorato); è generalmente caratterizzato da profumi floreali e fruttati e va consumato ad una temperatura di servizio compresa fra 8 °C e 14 °C; al gusto prevalgono le sensazioni di freschezza e acidità, anche se con l'aumentare della temperatura di servizio potrebbero presentarsi sgradevoli sensazioni di amaro. Gli accoppiamenti ottimali sono con le pietanze a base di pesce, molluschi, crostacei, verdure e carni bianche, ed in generale con piatti di cottura rapida e sughi poco strutturati.

Vino rosato
Il vino rosato si produce utilizzando uve rosse spremute in modo soffice come per il vino bianco ed un veloce contatto con le bucce, da 2 ore fino massimo 36. In questo modo le bucce cedono solo parte del colore al mosto. In alternativa si può usare il metodo del salasso, che consiste nel togliere parte del mosto durante la vinificazione in rosso (quindi in presenza delle bucce), così da ottenere un vino di colore rosato. È del tutto vietato produrre vini rosati mescolando vino bianco e vino rosso. L'unica eccezione è l'assemblaggio per ottenere spumante di colore rosato. Si presenta all'aspetto di colore tra il rosa tenue, il cerasuolo e il chiaretto; è generalmente caratterizzato da profumi fruttati, e va consumato ad una temperatura di servizio compresa fra 10 °C e 14 °C; al gusto prevalgono le sensazioni di leggera acidità, di aromaticità e di lieve corposità. Gli accoppiamenti ottimali sono con pietanze gustose a base di pesce, paste asciutte con sughi delicati, salumi leggeri. Quando si parla di spumante il termine più consueto è rosé invece di rosato.

Vino rosso
Il vino rosso si presenta all'aspetto di colore rosso in varie tonalità (dal porpora al rubino fino al granato e all'aranciato), e viene prodotto dal mosto fatto macerare sulle bucce, così da estrarre polifenoli e le sostanze coloranti naturalmente presenti su di esse. È generalmente caratterizzato da un'ampia varietà di profumi (fiori, frutta, confettura, erbe, spezie) e da una più o meno elevata sensazione di morbidezza, corposità e tannicità; va consumato ad una temperatura di servizio compresa fra 14 °C e 20 °C. Gli accoppiamenti ottimali sono con le carni rosse, la cacciagione, i formaggi, e tutte le pietanze basate su cotture prolungate e sughi strutturati.

Vino novello
Il vino novello di ottiene mediante macerazione carbonica. Ha un colore intenso e forti aromi secondari o fermentativi. Non può essere immesso sul mercato prima del 30 ottobre[19] (nel recente passato era il 6 novembre) di ogni anno e se ne consiglia un consumo nei primi sei mesi perché poco stabile. Un accoppiamento ottimale e tipico del vino novello è con le castagne, e conseguentemente con gli alimenti a base di farina di castagne, come necci e castagnaccio.

Vino passito
Ottenuto da uve appassite lavorate come per una normale vinificazione. L'appassimento può avvenire in maniera naturale sulla pianta (eseguendo dunque la vendemmia tardivamente) oppure artificialmente ponendo l'uva su dei graticci sui quali viene insufflata aria calda, oppure per effetto della cosiddetta muffa nobile, ovvero la Botrytis cinerea, che attacca gli acini formando una coltre superficiale che fa evaporare l'acqua contenuta nell'acino, aumentando così la concentrazione degli zuccheri.

Vin ruspo
Viene fatto con una miscela di vino di Carmignano DOCG attraverso una fermentazione breve la quale toglie leggermente il colore rosso delle bucce di uva. Viene spesso confuso dai non addetti con il vino rosé, o rosato, e come questo si serve a temperature dell'ordine dei 10 °C 14 °C.

Vino barricato
Il vino barricato viene lasciato invecchiare in botti di legno, con particolare riferimento al legno di rovere che si ottiene dalle querce, ma anche di robinia, ciliegio ed altre essenze. Questo procedimento consente al vino di invecchiare lentamente mediante un processo di ossidoriduzione che avviene tramite le fibre lignee: esso dà al vino un aroma più intenso, un odore di tostato e al gusto sarà più equilibrato e più morbido. Il legno cede al vino i tannini idrolizzabili (che sono più morbidi di quelli condensati), polimeri delle catechine presenti nella buccia degli acini e nei vinaccioli, e sentori speziati (es. vaniglia) ed eterei che conferiranno al vino un prezioso bouquet. Le botti di rovere più prestigiose per le loro performance sono le barrique francesi di 225 litri, fabbricate esclusivamente con legni di rovere provenienti dalla foresta di Allier. Il fatto di potere contare su legni che provengono storicamente dagli stessi alberi, consente agli enologi di potere stabilire diversi parametri per l'invecchiamento dei vini. Va segnalato che è diventata prassi comune da parte di produttori vinicoli assai commerciali l'aggiungere al vino trucioli di legno per conferire al vino gusto ed aromi di legni: numerosi enologi ritengono che si tratti di una manovra posticcia che non può assolutamente dare al vino trattato le caratteristiche di un vero invecchiamento in botti di legno pregiato. Infatti si ritiene che l'effetto dei trucioli sia principalmente quello di dare al vino sentori di tostatura senza però contribuire all'evoluzione aromatica che si raggiunge grazie ai particolari equilibri ossidoriduttivi che si vengono a determinare nelle barrique. Inoltre in queste ultime sono presenti le fecce nobili le quali sono la base dell'evoluzione aromatica del vino e in parte della sua stabilizzazione. Ad ogni modo, i disciplinari e/o la legislazione riducono gli ambiti in cui è possibile utilizzare i chips enologici.
Vino frizzante
È un vino che presenta una moderata effervescenza dovuta alla presenza di anidride carbonica con una sovrappressione compresa, a temperatura ambiente, tra 1 e 2,5 bar. Sono naturali o gassificati (questi ultimi di mediocre qualità). Quelli naturali sono quasi sempre realizzati con il metodo Charmat.
I vini frizzanti non devono essere assolutamente confusi con gli spumanti che sono vini speciali (e hanno una sovrappressione maggiore): un vino frizzante può essere considerato, a livello di effervescenza e spuma, a metà strada tra un vino "tranquillo" (ovvero senza alcuna presenza di bollicine cioè un vino "fermo") e uno spumante.

Vino arancione
Il vino arancione, conosciuto anche come orange wine, è prodotto a partire da vitigni a bacca bianca con macerazione sulle bucce. Questo procedimento fa sì che il colore sia tipicamente carico e tendente all'aranciato; a seconda delle modifiche di processo, ve ne sono anche di color oro con svariate sfumature. Sono quasi sempre espressioni di produttori di vino naturale o vino biodinamico. Le possibili varianti produttive sono diverse. A parte il colore, questo particolare procedimento comporta che gli "orange wines" (detti anche "vini macerati") abbiano caratteristiche olfattive e gustative notevolmente peculiari e fuori dall'ordinario.

Vini speciali

Si intendono per vini speciali quelli che dopo il processo di vinificazione e prima di essere immessi al consumo vengono sottoposti ad ulteriori interventi tecnici o all'aggiunta di altri componenti. Questa è la differenza rilevante con i vini ordinari. Da notare che, per la legge e quindi per le trattazioni "tecniche", i vini passiti non sono speciali, come non lo sono i vini frizzanti.
I vini speciali sono:
  • Vino spumante: in seguito ad una vinificazione tradizionale come per un normale vino, viene aggiunto il cosiddetto Liquer de Tirage ovvero lieviti, monosaccaridi (zucchero di canna) e minerali, al fine di provocare una rifermentazione che può avvenire in bottiglia (Metodo classico o champenoise) o in autoclave (metodo Charmat o Martinotti)
  • Vino liquoroso
  • Vino aromatizzato

Classificazione su metodologia produttiva

Dal punto di vista delle modalità con le quali si eseguono le lavorazioni (in campagna e in cantina) ovvero in relazione al ricorso a tecniche e procedimenti per coltivare le viti, ottenere le uve e produrre il vino in termini di impatto sull'ambiente, rispetto della tradizione, aderenza a normative di settore, rispetto di disciplinari o ad attenzione a specifiche filosofie e teorie produttive, abbiamo, attualmente:
  • vini convenzionali;
  • vini biologici;
  • vini biodinamici;
  • vini naturali;
  • vini vegani.

Vino convenzionale

Il "vino convenzionale", è, di fatto, il vino che noi tutti conosciamo. Viene così gergalmente chiamato per differenziarlo dalle altre categorie (es. vino biologico). Esso rappresenta il vino ottenuto impiegando i sistemi ed i metodi attualmente consentiti dalla legge.
In Italia, la prima definizione di "vino" fu sancita con il Regio Decreto n. 2033 del 15 ottobre 1925.
Attualmente l'ordinamento italiano ed europeo sono ricche di leggi e normative che specificano, con dovizia di particolari, tutte le prescrizioni, i divieti e le definizioni per la produzione e commercializzazione del vino.
Tutte le tipologie citate in questo paragrafo sono, di fatto, un sottoinsieme di questa definizione.

Vino biologico

Il vino biologico è la definizione giuridica per tutti quei vini certificati da un organismo di certificazione terzo seguendo le normative comunitarie:
  • Reg. CE N°834/07 e Reg. CE N°889/08 per ciò che concerne principalmente la conduzione agronomica dei vigneti, ovvero la produzione di uve da agricoltura biologica certificata;
  • Reg. CE N°203/12 per ciò che concerne principalmente gli aspetti enologici e la vinificazione, ovvero la produzione di vino biologico da uve da agricoltura biologica;
Nei suddetti regolamenti e nei relativi allegati si trovano tutte le indicazioni di produzione e le limitazioni di intervento da parte del produttore. Essendo un prodotto certificato, esiste un sistema di controllo che garantisce che le disposizioni siano seguite in tutte le fasi di realizzazione del vino, dal vigneto alla bottiglia.
In sintesi le caratteristiche del vino biologico sono:
  1. le uve utilizzate provengono da agricoltura biologica certificata. Ciò implica divieti nell'utilizzo di fitofarmaci, diserbanti, pesticidi e concimanti di sintesi. Il regolamento è molto chiaro su cosa può essere utilizzato. (Es. rame & zolfo come fitofarmaci e, soprattutto, i quantitativi massimi ammissibili). In più il regolamento impone all'agricoltore anche delle pratiche volte a garantire la fertilità del fondo e l'agricoltura sostenibile (Es. sovescio, rotazione delle colture, piantumazione obbligatoria del favino, etc.)
  2. le pratiche di vinificazione avvengono secondo un disciplinare che impone divieti nell'utilizzo di coadiuvanti ed additivi. I pochi prodotti permessi devono avere, ovviamente, origine biologica certificata anch'essi ed entro limiti tracciati e ben definiti,
  3. livelli di anidride solforosa nel prodotto imbottigliato ridotti rispetto al vino "convenzionale" (attualmente 100 mg/l per i vini rossi secchi, e 150 per i vini bianchi secchi),
  4. Il produttore si sottopone ad un processo di certificazione da parte di un organismo di certificazione per ciò che concerne tutto il processo produttivo ed il vino può essere immesso sul mercato solo a fronte dell'esito positivo del processo di controllo;
  5. tutte le fasi della produzione, dal vigneto alla bottiglia, sono tracciate attraverso idonei flussi documentali;
  6. logo autorizzato da apporre nell'etichetta che riporta la certificazione del prodotto e l'organismo di certificazione che effettua i controlli.

Vino biodinamico

Non esiste, tuttora, dal punto di vista normativo, la definizione di "vino biodinamico".
Il cosiddetto vino biodinamico, o vino prodotto seguendo i dettami dell'agricoltura biodinamica, è un vino prodotto secondo la visione "cosmica" di tipo antroposofica attraverso gli insegnamenti di Rudolf Steiner.
Esiste un'associazione mondiale privata di produttori biodinamici (con sede anche in Italia), la Demeter, che verifica ed approva il prodotto apponendo il proprio marchio commerciale (vino Demeter/Biodynamic®). Viene utilizzato uno specifico disciplinare, creando di fatto una certificazione di prodotto che, per alcune fasi della produzione, si appoggia al disciplinare ed ai controlli del regolamento comunitario inerente il vino biologico. I vini biodinamici possono avere, in taluni casi, limiti ancor più severi di quelli relativi al vino biologico.
Non esistono prove verificabili scientificamente di una qualsiasi differenza chimico fisica tra vino ottenuto per vie tradizionali e con metodi biodinamici. Scientificamente è da considerarsi quindi una superstizione.

Vino naturale

Ad oggi non esiste dal punto di vista normativo e legislativo, la definizione di "vino naturale".
Il vino cosiddetto "naturale" è quello prodotto generalmente da quei piccoli vignaioli che pur aderendo a tutti i principi "naturalistici" dell'agricoltura biologica e di quella biodinamica, non vogliono aderire a regolamenti, certificazioni, ecc. In pratica, non utilizzano prodotti di sintesi o pratiche invasive, ma si sentono un po' vincolati da requisiti tecnici o filosofici di sorta.
A differenza delle altre categorie (Es. vino biologico), la filosofia del vino naturale è concepita perché il prodotto sia ottenuto non utilizzando nessuna delle sostanze ammesse in vinificazione dalle altre metodologie (a parte bassissimi quantitativi di anidride solforosa). Similmente, non sono utilizzati i comuni procedimenti chimico-fisici di cantina per il trattamento dei mosti e dei vini (ammessi per il vino biologico, e alcuni, per il biodinamico).
Chi afferma di produrre vini naturali fa spesso appello al concetto di vino del terroir come chiave per fare vino nel rispetto dei cicli della natura e, soprattutto, per favorire l'espressione e la tipicità della zona (vitigno autoctono, terreno, clima, tradizione).
Tuttavia, non esistendo una definizione giuridica di "vino naturale", né, tanto meno, una certificazione di prodotto o di processo, questa tipologia di vino rimane controversa in quanto non è dimostrabile, al consumatore, che molte delle filosofie dichiarate siano effettivamente applicate dal produttore stesso nella fase agronomica ed enologica (Es. l'utilizzo di lieviti indigeni o il non utilizzo di prodotti di sintesi). Al contrario, nel vino biologico, esistendo delle norme comunitarie di riferimento, viene applicato un protocollo di controlli effettuati da un organismo di certificazione terzo, accreditato e riconosciuto da Accredia, al quale ogni singolo produttore si sottopone, tutelando quindi, la veridicità e l'aderenza al disciplinare di fronte al consumatore.
Inoltre, ad oggi, non esistono disciplinari legalmente riconosciuti ed internazionalmente condivisi da seguire per produrre "vino naturale". Esistono, invece, delle associazioni di produttori (quelle francesi sono le più antiche e conosciute), anche nazionali, che riuniscono produttori di vini naturali e che si propongono di rispettare delle regole interne all'associazione.
Concludendo, "vino naturale" è una definizione che può essere fuorviante e che non basta ad indicare, da sola, la maggiore "naturalità" del prodotto rispetto alle altre categorie di vino (Es. vino convenzionale). La definizione generica "vino naturale", infatti, non trova alcun riscontro nelle dichiarazioni ambientali di prodotto o nella normativa comunitaria Reg. CE N°1169/11 riguardante la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.

Vino vegano

In questa classificazione rientrano tutti quei vini che si sono sottoposti ad un processo di verifica, effettuata da un ente terzo, atta ad indicare che tutti i processi di produzione, agronomici ed enologici, siano stati effettuati non utilizzando qualsiasi prodotto e/o attrezzatura di origine animale.
Questi vini, solitamente, hanno un mercato specifico, ovvero di tutti quei consumatori vegani che desiderano, quindi, un prodotto in assenza totale di sfruttamento animale.
Di solito, le certificazioni per questo genere di prodotto hanno come requisiti minimi:
  • il divieto di utilizzo di attrezzature di origine animale in tutte le fasi del processo. (Es. aratura del fondo con buoi)
  • il divieto assoluto di usare, in fase di vinificazione, additivi di origine animale (Es. albumina o caseina)
  • che tutti i materiali utilizzati non siano di origine animale (Es. Packaging),
  • che venga apposto in etichetta un apposito adesivo (che varia a seconda dell'ente certificatore), che sancisca le caratteristiche vegane del vino.
Sebbene non esista una definizione normativa vera e propria di vino vegano, le certificazioni appoggiano la loro validità sul seguente elenco (non esaustivo) di norme:
  • Reg.ti CE n°1829 e 1830 del 2003 in tema di alimenti e tracciabilità di OGM,
  • UNI EN ISO 22005:2008, certificazione inerente la tracciabilità della filiera produttiva,
  • Reg. CE n°1169/11 in tema di comunicazione delle informazioni sugli alimenti ai consumatori.
  • Europen Vegetarian Union, 2015, per le definizioni di "vegetariano" e "vegano", in accordo con la normativa europea di cui al punto sopra.

La conservazione del vino

Contenitori per la conservazione del vino

Altri contenitori

Questi sono i principali tipi di contenitori in cui può essere contenuto il vino:
  • Bag-in-box
  • Bag-in-Tube
  • Botte, Barrique, Piece
  • Damigiana
  • Fiasco
  • Tanica

Produzione del vino

Le zone di produzione nel mondo sono:
  • in Italia: tutte le regioni.
  • in Francia: la Gironda, tra la provincia di Bordeaux, il Lesparre-Médoc e Libourne; la Borgogna e il Beaujolais; la Champagne; l'Alsazia; la valle della Loira con la Turenna, il Berry e il nord dell'Alvernia; la valle del Rodano; il Sud-ovest (Bergerac, valle della Garonna, Béarn, Paese basco, Cahors, Aveyron) ; la Giura e la Savoia; la Mosa e la Mosella in Lorena; la Linguadoca-Rossiglione; la Provenza; la Corsica;
  • in Germania: attorno al fiume Reno; a sud-ovest di Coblenza, lungo la Mosella; lungo il Neckar vicino a Stoccarda; vicino Würzburg, lungo il Meno; la valle della Nahe; l'Assia Bergstraße;
  • in Lussemburgo: valle della Mosella;
  • in Spagna: la zona della Rioja e la Navarra; la Catalogna; la zona dello Sherry intorno a Jerez de la Frontera; la Ribera del Duero; la regione di Valencia; le isole Canarie;
  • in Portogallo: tutte le regioni, il Minho (Vinho Verde) e il Douro (Vinho do Porto); Trás-os-Montes, Beiras; Dão; Bairrada; Lisboa; Penínsola de Setúbal; Alentejo; Algarve; l'isola di Madeira e l'isola di Açores.
  • in Libano: soprattutto la Valle della Beqa';
  • negli USA: in California: le Napa, Mendocino e Sonoma valleys; più a nord tra l'Alameda e le montagne di Santa Cruz e lungo il fiume di Salinas; ma anche in Oregon, Idaho e Washington;
  • in Argentina: nelle province di Mendoza, San Juan, La Rioja, Salta, Rio Negro, Cordoba ecc;
  • in Cile;
  • nella zona del Tokaji tra Slovacchia e Ungheria;
  • in Siria: nell'Aleppo, nell'Homs e nel Damasco;
  • in Cipro;
  • in Australia: nel Victoria e in Tasmania; in alcune zone del Nuovo Galles del Sud; in Australia Meridionale (attorno ad Adelaide; lungo il fiume Margaret River e altrove;
  • in Nuova Zelanda;
  • in Sudafrica, al sud;
  • in Slovenia
  • nell'Austria orientale;
  • in Svizzera specie nel Canton Ticino, nel Vallese e nella zona del Lago Lemano;
  • nella Repubblica Ceca: la Moravia;
  • in Croazia;
  • in Grecia: in Macedonia, nel Peloponneso del sud e a Creta;
  • in Bulgaria;
  • in Albania;
  • in Georgia;
  • in Tunisia;
  • a Malta;
  • in Marocco;
  • in Turchia;
  • in Messico, soprattutto nello stato di Sonora;
  • in Brasile: in San Paolo; Santa Catarina; e nel Rio Grande do Sul;
  • nel Salto, in Uruguay;
  • in Perù: nell'Ica;
  • in Algeria: nella provincia di Orano
  • in Cina;
  • in India;
  • in Iran
  • in Giappone;
  • in Romania: nella Regione Est - Moldova, Cotnari, Regione del Sud - Craiova;
  • in Moldavia: nella Regione Centrale e Sud del paese (Orhei, Stefan Voda, Ialoveni, Hincesti, Comrat): Chateau Vartelly, Purcari, Milestii Mici, Cricova, Vitis Hincesti, Tomaj, ecc.
  • in Russia, nell'estremo sud;
  • in Israele;
  • in Canada.

I dieci principali produttori mondiali di vino

(anno 2005)
Paese migliaia di quintali
Italia 87.000 (13,14%)
Francia 67.785 (10,33%)
USA 63.275 (9,645%)
Spagna 59.258 (9,03%)
Cina 56.000 (8,53%)
Turchia 36.500 (5,56%)
Argentina 28.297 (4,31%)
Iran 28.000 (4,27%)
Cile 22.500 (3,43%)
Australia 20.265 (3,09%)
TOTALE 656.134



domenica 20 febbraio 2022

Michelada

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La Michelada o cerveza preparada è una bevanda alcolica messicana, fatta con birra, succo di lime a spezie, salse, peperoncino, succo di pomodoro o Clamato. È solitamente servita in un bicchiere salato sull'orlo.
Tra Messico e Sud America si trovano molte varietà del cocktail. Recentemente molte case produttrici di birra americane hanno messo in vendita la Michelada già pronta in bottiglia.
In Messico la bevanda è considerata utile come rimedio al malessere da sbornia. A Città del Messico la più famosa Michelada è preparata con birra, lime, sale e salsa piccante.

 
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