lunedì 16 dicembre 2019

In questo bar di Olbia si beve una vodka al pane carasau

Risultati immagini per Allo Spirits Boutique Emilio crea e mixa ingredienti sardi per creare alcolici che non hanno niente da invidiare alle ricette antiche. E una delle cose più particolari è la vodka al pane carasau. Sono nata e vivo in Sardegna e di conterranei che lasciano l’isola ne ho visti tanti. Meno comune (ma non per questo improbabile) è trovare chi la Sardegna la sceglie, attratto non solo dalla sua bellezza, ma anche dalla possibilità di creare un progetto imprenditoriale forte e identitario. È la storia di Emilio Rocchino, bartender e mixologist campano che, nel 2006, arriva in Sardegna e rimane aggrappato alla terra, nel vero senso della parola. Vado a trovarlo un sabato sera di metà autunno. Lo Spirits Boutique è in una via defilata del centro di Olbia, di quelle in cui passi solo se sai cosa stai cercando. Da quel che noto appena entro nel locale, le persone sapevano benissimo cosa avrebbero trovato: sono solo le 21.00 di sabato sera, peraltro non in un periodo di grande affluenza turistica, e il locale è pieno. Ci accoglie Claudio, che affianca Emilio in sala, e ci fa accomodare sugli sgabelli davanti al bancone: che sia un bar o un ristorante, se posso vedere le mosse di chi c’è al di là del banco mi sento una donna felice. L’atmosfera dello Spirits Boutique è accogliente e un po' retrò, e fa il paio con i baffi arricciati e il doppiopetto di Emilio che, con fare elegante e composto, si avvicina per salutarci. Le mensole sono colme di fascinose bottiglie provenienti da tutto il mondo, frutto della sua ricerca. Mentre prepara un po’ di cocktail racconta del suo progetto, Macchia, la linea di Vermouth e distillati che ha ideato dopo 9 anni di studio e ricerca. Emilio lavora in questo settore sin da giovanissimo, ma è anche appassionato di botanica e storia. Anni fa si divideva lavorativamente tra Londra e Milano mentre le estati le trascorreva in Sardegna. Un giorno, per amore della terra (e non solo), decide di stabilirsi definitivamente nell’isola, e ovviamente si lascia ammaliare dall’immensità di specie botaniche d




Allo Spirits Boutique Emilio crea e mixa ingredienti sardi per creare alcolici che non hanno niente da invidiare alle ricette antiche. E una delle cose più particolari è la vodka al pane carasau.
Sono nata e vivo in Sardegna e di conterranei che lasciano l’isola ne ho visti tanti. Meno comune (ma non per questo improbabile) è trovare chi la Sardegna la sceglie, attratto non solo dalla sua bellezza, ma anche dalla possibilità di creare un progetto imprenditoriale forte e identitario. È la storia di Emilio Rocchino, bartender e mixologist campano che, nel 2006, arriva in Sardegna e rimane aggrappato alla terra, nel vero senso della parola.
Vado a trovarlo un sabato sera di metà autunno. Lo Spirits Boutique è in una via defilata del centro di Olbia, di quelle in cui passi solo se sai cosa stai cercando. Da quel che noto appena entro nel locale, le persone sapevano benissimo cosa avrebbero trovato: sono solo le 21.00 di sabato sera, peraltro non in un periodo di grande affluenza turistica, e il locale è pieno. Ci accoglie Claudio, che affianca Emilio in sala, e ci fa accomodare sugli sgabelli davanti al bancone: che sia un bar o un ristorante, se posso vedere le mosse di chi c’è al di là del banco mi sento una donna felice.
L’atmosfera dello Spirits Boutique è accogliente e un po' retrò, e fa il paio con i baffi arricciati e il doppiopetto di Emilio che, con fare elegante e composto, si avvicina per salutarci. Le mensole sono colme di fascinose bottiglie provenienti da tutto il mondo, frutto della sua ricerca. Mentre prepara un po’ di cocktail racconta del suo progetto, Macchia, la linea di Vermouth e distillati che ha ideato dopo 9 anni di studio e ricerca.
Emilio lavora in questo settore sin da giovanissimo, ma è anche appassionato di botanica e storia. Anni fa si divideva lavorativamente tra Londra e Milano mentre le estati le trascorreva in Sardegna. Un giorno, per amore della terra (e non solo), decide di stabilirsi definitivamente nell’isola, e ovviamente si lascia ammaliare dall’immensità di specie botaniche della Macchia Mediterranea. È il 2015 quando esce il suo primo prodotto: il Vermouth Rosso, seguito dal Bianco e dal Dry.
Cos’hanno in comune i tre Vermouth? I vini utilizzati sono 100% sardi: il Rosso è vinificato con Moscato di Sardegna doc, il Bianco con Vermentino di Gallura docg e il Dry con Vernaccia di Oristano doc, ottenuta tramite l’affinamento in botti scolme, che consentono la formazione del lievito Flor, come per lo Sherry.
Emilio mi ricorda che il Vermouth nasce a Torino nel 1786, proprio durante il regno sardo piemontese, e alcuni indicano il moscato sardo come vino base. Fino a pochissimo tempo fa, era lui stesso a fare foraging, cercando le botaniche tra i boschi del monte Limbara. “Ma esattamente quali sono queste botaniche?” gli chiedo. “Spezie, radici e fiori: le aggiungo all'alcol sotto forma di tinture madri, che non sono altro che il risultato finale delle infusioni idroalcoliche. Ci sono voluti anni di sperimentazioni per ottenere il Vermouth mediterraneo ispirato alla Sardegna. Nel Rosso, ad esempio, il protagonista è il mirto." Che mi fa subito assaggiare. Il Bianco è delicato, raffinato, con una tendenza dolce. Il Rosso è carattere e corpo. Il Dry è freschezza pura.
Osservo le etichette, un intreccio di simboli e iconografie con uno stile vintage. “Le ha disegnate per me Gabriele Antelmi, il tattoo artist del Gatto Matto de La Maddalena. È sempre stato il mio tatuatore, oltre che amico, e per gioco gli ho chiesto di fare qualche prova grafica per le etichette. Pensa che si è studiato per un mese e mezzo il Vermouth e la sua storia, così da capire cosa fosse e riprodurne lo stile.” Tra i disegni spiccano la fenice, il simbolo del regno sardo piemontese, un ramoscello di mirto e, al centro, il viso stilizzato di Emilio, inconfondibile, con i suoi baffi arricciati.
A me, con tutto questo parlare, comincia a venire sete. Sfoglio il menu, che è un mix di grandi classici e rivisitazioni. L’occhio mi cade sulla pappa al pomodoro. Guardo Emilio: “Davvero?”, gli chiedo. “È un Bloody Mary rivisitato, fatto con la vodka al pane carasau Macchia”, mi dice. Ok è il mio, voglio proprio quello, che già mi riporta al mio passato da studentessa universitaria a Firenze con più di una sbronza tra Santo Spirito e San Frediano. Mentre Emilio fa qualche acrobazia dietro il banco, mi racconta di quella volta che ha pensato di mettere in infusione nella vodka il pane carasau integrale tostato, prodotto da un panificio del nord Sardegna. “Volevo un prodotto con un forte richiamo alla Sardegna e dove il gusto del carasau fosse ben definito. L’ho tostato per esaltarne il sapore. Ecco il risultato!”.
Mi porge un bicchiere di vodka liscia. Il profumo mi pizzica le narici, ma è in bocca che sembra di essere di fronte a un pane appena sfornato. La tostatura si sente tutta, fragrante, avvolgente, quasi corposa. Scopro qui che la vodka liscia può essere buonissima.
Ma ecco che arriva la mia Pappa al Pomodoro, il cui profumo è inconfondibile: se fosse una degustazione alla cieca, giurerei che è proprio lei e che mi trovo in Toscana. Anche la presentazione se la gioca benissimo: il prodotto è in una ciotola in stile orientale poggiata su un’ardesia di forma quadrata, accanto a una cialda di parmigiano e una foglia di basilico. Afferro la ciotola con due mani e assaggio. Il gusto agrodolce e speziato è un impatto forte ma azzeccato; anche la vodka al pane carasau è ben percepibile, ma l’alcol si sente solo nel finale, lasciando spazio a tutti gli elementi del cocktail.
Nel frattempo arriva anche un Ameristrano, ovvero un Americano preparato con Vermouth rosso e bitter Macchia (il quarto prodotto di Emilio, a base di corbezzolo, elicriso, carciofo, semi di finocchio, pompia e zafferano). Anche questo è ottimo.Spicca il sentore agrumato, seguito da quella speziato: si percepisce la nota amarognola del bitter e del pompelmo rosa, ma il gusto è perfettamente equilibrato e fresco. È amore puro.
I prezzi si aggirano intorno ai 12€: ottimi, considerando che paghi anche l'atmosfera ultra-amichevole, in cui Emilio passa tra i tavoli a chiacchierare con i suoi ospiti come un amico di vecchia data e grande cultura.
Vorrei assaggiare un altro cocktail, ma mi sento già abbastanza in forma e ancora non ho provato il suo Gin Selvaggio Macchia, a base di bacche di ginepro coccolone. Il nome è degno delle storie più dolci e amorevoli, ma la tenerezza non c’entra nulla: è una varietà presente nella macchia mediterranea e, oltre al ginepro, il gin Macchia contiene altre botaniche, fra cui la pompia, l’agrume sardo a cui Emilio dona nuova vita, non relegandola più a solo frutto candito come nella tradizione, ma mettendola in infusione. Mi immolo per la causa (sai che fatica) e assaggio anche il gin liscio. Al profumo sembra di essere in un bosco, il gusto è straordinario.
Mi sono fatta un giro in questo cocktail bar e mi sembra di essermi bevuta quasi tutta la Sardegna. Dovrò tornare per scolarmi il resto prestissimo.


domenica 15 dicembre 2019

Kefir

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Il kefir o chefir è una bevanda ricca di fermenti lattici ottenuta dalla fermentazione del latte. Contiene circa lo 0,8% di acido lattico, ha un gusto fresco. Originario del Caucaso, è tuttora molto popolare nell'ex Unione Sovietica. A seconda delle diverse modalità di fermentazione il kefir può avere un piccolo contenuto di CO2 e di alcol dovuti entrambi ai processi fermentativi dei lieviti. La parola Kefir deriva dal turco keyif che significa delizia. Il chefir tradizionale viene preparato utilizzando latte fresco (di pecora, capra o vacca) e i fermenti o granuli di chefir, formati da un polisaccaride chiamato kefiran che ospita colonie di batteri in prevalenza mesofili e lieviti in associazione simbiotica.
I fermenti del kefir di latte non sono adattabili per fermentare gli zuccheri contenuti in altre sospensioni liquide, come le bevande di soia e riso o soluzioni di acqua e zucchero, mentre sono adatti a fermentare questo tipo di soluzioni i kefir d'acqua.

Storia
Secondo la leggenda, Maometto avrebbe donato i primi grani di kefir agli avi dei montanari del Caucaso, che per questa ragione lo chiamarono “miglio del profeta”.
In realtà è difficile stabilire in che modo si sia ottenuta la miscela di microorganismi che compone i granuli di kefir. L'uso di consumare latte fermentato è estremamente antico, ve ne sono testimonianze nel Libro della Genesi, ma non risultano fonti che parlino esplicitamente del kefir. Una testimonianza di una bevanda simile si ha ne Il Milione di Marco Polo che afferma di aver incontrato durante il suo viaggio verso la Cina popolazioni caucasiche che consumavano Chemmisi, una bevanda originata dalla fermentazione di latte di giumenta, dal leggero tasso alcolico.
Recenti studi hanno dimostrato che è possibile ottenere i kefiran (grani di kefir) inoculando con la flora batterica dello stomaco di capra il latte contenuto in un otre di cuoio e sostituendo giornalmente metà del latte con latte fresco; dopo una decina di settimane si sono formati granuli di kefir.
Il kefir veniva preparato con il latte di vacca, pecora o capra. Tradizionalmente si metteva in otri di pelle e lo si rimpiazzava con latte fresco per cui la fermentazione avveniva continuamente.
Secondo la tradizione il kefir si usa per curare le enteriti e, a volte, la tubercolosi.
In epoca moderna fu il Premio Nobel per la medicina Il'ja Il'ič Mečnikov ad interessarsi al kefir e a studiarne i ceppi batterici, convinto che fosse uno dei motivi della longevità delle popolazioni caucasiche grazie alla presenza di acido lattico che terrebbe a bada la proliferazione batterica nell'intestino.

Preparazione
La preparazione del kefir necessita dell'inoculazione del latte con i fermenti omonimi, un'associazione di batteri e di lieviti residenti in strutture costituite da un polisaccaride, il kefiran, prodotto dai batteri stessi. I microorganismi si moltiplicheranno nel latte portando a compimento il processo fermentativo.
Nella fermentazione intervengono diverse specie di lieviti e di fermenti lattici. Si tratta di una fermentazione prevalentemente lattica, ma in parte anche alcolica (presenza di lieviti che trasformano lo zucchero in alcool e in anidride carbonica).
Nella preparazione domestica tradizionale i granuli vengono recuperati e riutilizzati per le successive fermentazioni.
Si aggiungono i fermenti al latte (deve essere freddo o a temperatura ambiente, comunque non eccessivamente caldo) e si lascia fermentare da 24 a 48 ore a circa 20 °C mescolandolo di tanto in tanto (Si può usare il latte fresco pastorizzato o il latte a lunga conservazione). Il kefir ottenuto nella produzione domestica può avere una leggera gradazione alcolica (fino ad 1 grado) mentre alcuni prodotti industriali non presentano questa caratteristica grazie a specifici metodi produttivi.
Se non viene consumato subito, il kefir deve essere messo in frigorifero, dove si conserva senza problemi per oltre una settimana: nel caso si lasci fermentare oltre diventa troppo acido e prende un gusto piccante.

Benefici per la salute
Il Kefir manifesta numerose qualità, grazie all'attività dei batteri probiotici:
  • Contribuisce a promuovere la formazione di anticorpi.
  • Riequilibra il microbiota.


sabato 14 dicembre 2019

Latte evaporato

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Il latte evaporato, noto in alcuni paesi come latte condensato non zuccherato, è un prodotto lattiero-caseario in scatola da conservare a temperatura ambiente e composto da latte fresco che è stato privato da circa il 60% di acqua. Si differenzia dal latte condensato zuccherato che invece contiene dello zucchero. Il latte condensato zuccherato richiede una lavorazione meno complessa in quanto lo zucchero aggiunto inibisce la crescita batterica. Il processo di produzione prevede l'evaporazione del 60% dell'acqua dal latte, seguita da una fase di omogeneizzazione, una di inscatolamento e infine una di sterilizzazione a caldo.
Il latte evaporato occupa metà del volume del suo equivalente nutrizionale nel latte fresco. Quando il prodotto liquido viene miscelato con una quantità proporzionata di acqua (150%), il latte evaporato diventa l'equivalente approssimativo del latte fresco. Ciò rende i tempi di conservazione del latte evaporato molto lunghi e che dipendono dal suo contenuto di grassi e zuccheri. Ciò rese il latte evaporato molto popolare prima della diffusione della refrigerazione come sostituto sicuro e affidabile del latte fresco deperibile, in quanto poteva essere spedito facilmente in luoghi privi dei mezzi per produrre o conservare il latte in sicurezza.


venerdì 13 dicembre 2019

Latticello

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Il 'latticello' (in francese babeurre, in tedesco buttermilch, in inglese buttermilk, in finlandese Piimä, ovvero latte acido) è il sottoprodotto della trasformazione in burro della panna. Dal sapore acidulo, è una bevanda popolare nell'Europa settentrionale (nella Bretagna, Germania, i Paesi Bassi, e Fennoscandia) e in alcuni paesi asiatici (Afghanistan e Pakistan).
Come il siero, "scarto" della produzione del formaggio, è il residuo del processo di coagulazione della caseina. Rispetto a questo, tuttavia, è più acido e meno ricco di lattosio; queste due differenze hanno la medesima origine, giacché il sapore acido deriva dalla fermentazione del lattosio in acido lattico.
In effetti, il latticello in commercio non è più prodotto assieme al burro, ma direttamente aggiungendo al latte batteri che fanno fermentare il lattosio.
Il latticello è un ingrediente fondamentale per moltissimi dolci americani e per il pollo fritto; anticamente si otteneva quando si faceva il burro in casa lasciando inacidire i residui della lavorazione del burro stesso. Quello che risultava da questa trasformazione veniva infatti chiamato "latte del burro" ovvero "latticello". Per produrlo in casa si può lasciar inacidire del latte lasciandolo al caldo, oppure si può ovviare preparando una miscela con il 50% di latte e il 50% di yogurt bianco intero. Ma il sistema migliore per ottenere il vero latticello in casa consiste nel montare della panna fresca tanto da farla "impazzire". In meno di 10 minuti il burro si separa dalla sua parte liquida e si ottiene quindi il latticello (ad es. con una confezione di panna fresca da 250 ml si ottengono circa 90 gr. di burro e 125 ml di latticello).


giovedì 12 dicembre 2019

Melange Viennese

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Il Melange Viennese (in tedesco: Wiener Melange) chiamato anche semplicemente Melange è una particolare specialità con caffè di Vienna.
Il melange è composto da una parte di espresso (a Vienna chiamato Mokka) e una parte di latte con una guarnizione di schiuma di latte. Può essere scambiato per un cappuccino dai non esperti.
Dal cappuccino però si distingue perché il Melange ha una base di caffè più lungo (Verlängerter Mokka) e con una tostatura più leggera. Viene servito tendenzialmente in porzioni più abbondanti rispetto al cappuccino italiano.


mercoledì 11 dicembre 2019

Abricotine

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Abricotine è un marchio di origine protetta DOP che designa un distillato di albicocca prodotto in Vallese (Svizzera).
Il marchio di origine protetta DOP è stato depositato il 6 gennaio 2003 nel Registro ufficiale svizzero dei marchi. Secondo le direttive, l'abricotine deve essere prodotta con albicocche di varietà Luizet coltivate in Vallese. Il volume alcolico deve essere di almeno il 40%.


martedì 10 dicembre 2019

Black & White (whisky)

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Black & White è un marchio di proprietà della multinazionale Diageo con cui è commercializzato uno Scotch whisky di tipo blended, ossia una miscela di whiskey scozzesi.

Storia
Originariamente era prodotto dalla ditta londinese James Buchanan & Co Ltd, fondata da James Buchanan, con il nome di House of Commons (Camera dei Comuni), di cui il termine Black & White era il soprannome per via dei colori dell'etichetta, per poi essere adottato come marchio ufficiale. La rappresentazione del marchio, raffigurante uno Scottish terrier ed un West Highland white terrier seduti, fu ideata da Buchanan stesso nell'ultimo decennio del XIX secolo.
Nel 1968 Black & White incappò in un importante caso di violazione di marchio tra la Maier Brewing Co. e la Fleischmann Distilling Corp., quando un birrificio iniziò a commercializzare birra sotto il nome di Black and White. Dopo una serie di fusioni e acquisizioni che hanno coinvolto tra le altre anche Dewar's, Distillers Company e Guinness (formando la United Distillers), il marchio è tuttora proprietà della Diageo. Attualmente, il marchio è commercializzato all'interno del Regno Unito.

Nella cultura di massa
  • Una bottiglia di Black & White è visibile su un tavolo in un bar nel film La fuga di Tarzan.
  • James Bond beve Black & White nel romanzo Moonraker di Ian Fleming.
  • Nel film Agente 007 - Licenza di uccidere, James Bond condivide una bottiglia con Felix Leiter e Quarrel nel Bar Pussfella.
  • Nel romanzo L'uomo dal vestito grigio di Sloan Wilson, Tom Rath beve un Black & White.
  • Nel film Il gran lupo chiama, Black & White è il whisky cui Cary Grant è attaccato.
  • Nel film La Dolce Vita, Marcello Mastroianni beve Black & White con suo padre e l'amico paparazzo.
  • Il fisico Richard Feynman beveva Black & White, come descrisse nel suo libro Surely You're Joking, Mr. Feynman!.
  • Herbert Kilpin, co-fondatore e primo allenatore del Milan, dichiarò che "l'unico modo per dimenticare un gol concesso era bere un sorso di roba forte"; a quanto si dice Kilpin teneva una bottiglia di Black & White in un buco dietro la porta per occasioni come questa.


 
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