lunedì 21 ottobre 2019

Braulio

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Il Bràulio è un amaro valtellinese a base di erbe, dal moderato contenuto alcolico (21 gradi). È un digestivo da servire freddo o a temperatura ambiente, eventualmente con l'aggiunta di ghiaccio. Il sapore forte non permette molti accostamenti con altri alcolici, ma talvolta viene servito come aperitivo insieme a vino bianco frizzante. L'abbinamento con dolci specialmente crostate cioccolato/pera e ricotta di bufala è un trionfo di gusto e raffinatezza. Un cocktail noto in Valtellina è il Fraelino, una miscela in parti uguali di grappa e Braulio.

Origine
La sua ricetta originale risale al 1826, ideata da Francesco Peloni, farmacista e appassionato botanico di Bormio, dedito allo studio delle proprietà benefiche delle erbe locali. La produzione avviene a partire dal 1875.
Dal 1999 l'amaro è di proprietà della Casoni Liquori S.p.A., azienda con sede a Finale Emilia (Modena), anche se la produzione continua ad avvenire negli stabilimenti della famiglia Peloni a Bormio.
Titolare del marchio è la Fratelli Averna S.p.A., acquisita nel 2014 dal Gruppo Campari.

Composizione e produzione
Gli ingredienti principali del Braulio sono erbe e piante officinali tra cui achillea moscata, bacche di ginepro, assenzio e radici di genziana.
Il particolare metodo di produzione prevede un invecchiamento di 2 anni in botti di rovere di Slavonia, periodo che aumenta fino a 3 anni per il Bràulio Riserva, prodotto in quantità molto limitate e dal sapore più forte e deciso.


domenica 20 ottobre 2019

Aguapanela

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L'aguapanela, agua de panela o agüepanela è una bevanda che si trova comunemente in tutto il Sudamerica e in alcune parti dell'America Centrale e dei Caraibi. La sua traduzione letterale significa "acqua di panela", in quanto si tratta di un'infusione fatta con la panela, che è ricavata dal succo della canna da zucchero indurita.
Benché esistano varianti di ricette in tutto il Sudamerica, essa è popolare soprattutto in Colombia e in parti del Brasile dove si consuma come un tè in alternativa al caffè. In Ecuador, Cile e Perù è offerto con lievi varianti. In Colombia, si beve comunemente con una traccia di limone, quasi come si consuma un tè.

Preparazione
L'aguapanela si fa sciogliendo i frammenti di panela in acqua e mescolando finché non siano interamente entrati in soluzione. La bevanda può essere servita calda o fredda, spesso aggiungendo limone o lime. Nella forma calda, a volte si aggiunge latte o un pezzo di formaggio al posto del succo di frutta.
In Colombia, il caffè nero si prepara spesso con l'aguapanela invece che con acqua e zucchero, conferendogli un gusto particolare molto apprezzato.

Usi
Sono state fatte molte asserzioni circa gli effetti benefici dell'aguapanela, sulla base di credenze come il fatto che abbia più vitamina C del succo d'arancia o altrettanti minerali reidratanti del Gatorade. La credenza popolare la considera anche una bevanda utile per il trattamento dei raffreddori. Oggi, l'aguapanela è passata dall'essere una bevanda da tute blu a una che si può trovare come un tè nelle più esclusive boutique del caffè in Colombia.
Il canelazo è una versione alcolica dell'aguapanela con l'aggiunta di cannella e aguardiente. Quando si serve si strofina dello zucchero sui bordi del bicchiere.

Aspetti socioeconomici
Poiché la panela è un cibo relativamente a buon mercato, prodotto localmente, molti degli agricoltori in Colombia, specialmente i contadini, ricavano da essa la maggioranza del loro apporto calorico. In molti casi la panela e piccole quantità di riso e banane plantain sono i soli cibi disponibili, a causa della scarsità e dei prezzi elevati di altri prodotti ricchi di proteine, come la carne e il latte. Questo fenomeno causa nella popolazione infantile un alto tasso di malnutrizione del tipo kwashiorkor. Il governo colombiano tenta di alleviare questa situazione fornendo ai poveri farina derivata dalla soia come fonte di proteine.


sabato 19 ottobre 2019

Biadina

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La Biadina è un amaro italiano prodotto tipico di Lucca.

Toponimo
Il nome biadina deriva dalla biada per i cavalli. La biadina è nata a Lucca nel negozio di (Giambattista Nardini) Tista, in Piazza San Michele nel quale prima lui ed in seguito il "ragazzo di bottega" Vincenzo Landucci detto "Tista" al quale era stata tramandata la ricetta del liquore, offriva ai viandanti venuti a Lucca per il mercato "un po' di biada per il cavallo, ed un po' di biadina per il cavaliere".

Ricetta
Si tratta di un liquore dal colore ambrato scuro e dal gusto di erbe delicatamente amarognolo. La gradazione è di 27°. La ricetta originale è molto antica e prevede una lunga macerazione di erbe aromatiche, di corteccia di Ginebona officinalis e di china (in particolare la China Massagli tipica di Lucca).

Degustazione
Si è soliti sorbire la biadina servendola in piccoli bicchieri con sul fondo alcuni pinoli sgusciati che ne ingentiliscono la degustazione.


venerdì 18 ottobre 2019

Carcadè

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Il carcadè (o karkadè, in arabo: كركديه) è costituito dal calice carnoso del fiore dell'Hibiscus sabdariffa da cui si può ricavare per infusione una bibita dissetante dal sapore gradevolmente aspro e dal colore rosso intenso.
Il suo infuso dà una bevanda dal sapore acidulo rinfrescante e dissetante, dal colore rosso vivo. È digestiva e regolarizza la funzionalità epatica. È una bevanda antinfiammatoria, lenitiva, vitaminizzante, utile anche nel combattere stipsi cronica e la presenza degli antociani la rende una pianta angioprotettiva.
Nei paesi dove viene consuetudinamente coltivato (es. Senegal) il fiore viene raccolto in due diverse fasi di maturazione, ottenendone due tipi: il carcadè verde (il cui uso è però quasi esclusivamente limitato ai luoghi di colture) ed il carcadè rosso, che viene invece comunemente esportato e commercializzato.
In alcuni paesi i fiori maturi freschi sono utilizzati anche per produrre confetture. Viene spesso aggiunto, nelle tisane pronte vendute commercialmente (ad esempio in quella di malva, di per sé incolore) per conferire all'infuso un colore rosso.
In forma di infuso è leggermente lassativa. Per uso esterno, per la presenza dei polifenoli e delle mucillagini, ha un'azione lenitiva per le pelli infiammate.
Un tempo il suo consumo era notevole in Italia, dove era annoverato fra i "prodotti coloniali" provenienti dall'Eritrea, a suo tempo dominio italiano. Il carcadè veniva infatti anche chiamato "tè degli Italiani", per il fatto che con le sanzioni economiche dopo la guerra d'Etiopia il tè era divenuto molto costoso, sicché il regime fascista, seguendo la sua filosofia autarchica, lo promosse al posto di quest'ultimo.
Il suo consumo è particolarmente alto in Egitto, sia caldo (con un vago sapore agro) che freddo, per le forti capacità astringenti che aiutano a combattere la disidratazione e la sete. Si afferma anche che abbia spiccate capacità regolatrici della pressione sanguigna.


mercoledì 16 ottobre 2019

Elisir d'erbe Barathier

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L'elisir d'erbe Barathier è un elisir che ha questo nome dal 1905, precedentemente era conosciuto come Amaro Cozie (dalle Alpi Cozie).

Storia
L'attestazione dell'esistenza del prodotto è scritta in francese (lingua molto usata nella zona della Val Germanasca) nel 1902. Nasce solo per il consumo familiare a Pomaretto (TO) e successivamente ampliato per la commercializzazione.

Caratteristiche del prodotto
Sette qualità di erbe e fiori vengono fatte macerare in alcool e non distillati. Il colore può essere marrone scuro o giallo chiaro. Il colore più scuro si ottiene semplicemente aggiungendo del caramello di zucchero. La versione scura è quella originaria e sicuramente quella preferita dai consumatori.
  • Il sapore è amarognolo al primo assaggio per divenire più simile all'angelica e terminando in un misto tra liquirizia e noci.
  • La lavorazione è sostanzialmente immutata nel corso degli anni.
  • Non viene effettuata la distillazione per non distruggere i molti principi attivi che creano il caratteristico aroma dell'elisir.

Zona di produzione
Viene prodotto a Pomaretto (TO), partendo dalle erbe raccolte nella Val Germanasca, o nelle vallate vicine: Val Chisone, Valle di Susa e Val Pellice, ad un'altitudine variabile fra i 1500 e i 2600 metri.

Materiali e attrezzature
Il prodotto viene lasciato a macerare in contenitori non porosi quali vetro o acciaio inossidabile, solo il confezionamento avviene con metodi più meccanizzati.



lunedì 14 ottobre 2019

Elisir del prete

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Storia
Si hanno notizie sin dall'Ottocento, quando veniva descritto per le sue virtù digestive. Veniva considerato alla stregua di un medicinale per i benefici effetti che procurava.

Caratteristiche del prodotto
È un infuso concentrato di vari vegetali, lasciati macerare in una miscela di alcool e acqua. Filtrato più volte viene distillato fino ad ottenere una gradazione di circa 50°. È consumato come correttivo del caffè, oppure diluito in acqua calda e dolcificato con zucchero. Più recentemente si hanno testimonianze di una domanda il 17 ottobre 1927 a cura dell'"Ing. F. Simoni, Brevetti d'invenzione" di Torino verso il Ministero dell'Economia nazionale di Roma, per tutelare un elisir il cui marchio venne originariamente depositato il 10 febbraio 1891. Dopo vari brevetti, attualmente l'Elisir del Prete, è di proprietà della Albergian di Pragelato che ne ha rinnovato il brevetto nel 1993.

Zona di produzione
Viene prodotto a Pinerolo (TO)

Materiali e attrezzature
Le varie fasi di produzione vengono effettuate in contenitori di norma in acciaio inox, successivamente la commercializzazione del prodotto finale avviene in bottiglie di vetro da 70 cl.


domenica 13 ottobre 2019

Fernet

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Fernet è il nome generico di un tipo di bevanda della famiglia dei distillati. Nel linguaggio colloquiale questo nome si riferisce solitamente ad un tipo di liquore molto alcolico dal caratteristico sapore amaro, bevuto prevalentemente come digestivo o come aperitivo, a base di erbe aromatiche quali china, rabarbaro, genziana etc.

Storia
Il dottor Fernet
L'origine del termine fernet è ignota, ma già alla fine del Settecento è citata una ricetta per il rimedio del dottor Fernet (o Fermet). Era indicato come un elisir di lunga vita inventato dal medico svedese Fernet, morto all'età di 104 anni per una caduta da cavallo; grazie al preparato il nonno del medico sarebbe morto solo all'età di 130 anni, la madre a 107 e il padre a 110. Altre fonti ottocentesche indicano Vernet come possibile nome del medico svedese.
Successivamente il dottor Fernet subì una trasformazione e si legò a fatti più vicini nel tempo.
«In Cannobio è tradizione di un chimico svedese Vernet o Fernet, che accorse volontario in Italia a combattere nella guerra dell'indipendenza 1848 e 1849, e rifugiatosi dopo il disastro di Novara a Cannobio in casa di Branca Ferdinando lasciò a questi in ricompensa della ricevuta ospitalità la ricetta di composizione di un liquore, che poi il figlio Vittore fabbricò col nome di Fernet.»


Il colera
A partire dalla metà dell'Ottocento venne commercializzato da diversi produttori di Milano e di Torino. Nel 1863 iniziò la produzione in Milano della ditta Fratelli Branca come Fernet Branca.
Nel 1867, in occasione dell'epidemia del colera, il fernet divenne un noto rimedio.[6] Le pubblicità dell'epoca ne declamavano le virtù terapeutiche.
«Il Fernet Branca estingue la sete, facilita la digestione, stimola l'appetito, guarisce le febbri intermittenti, il mal di capo, capogiri, mali nervosi, mal di fegato, spleen, mal di mare, nausee in genere. Esso è vermifugo-anticolerico»
(Pubblicità del 1877)


Anche il Fernet Campari, ideato da Gaspare Campari, si presentava con caratteristiche terapeutiche similari.
Nel 1893 il dottor Costantino Gorini dell'Università di Pavia pubblicò uno studio sui diversi prodotti per la depurazione dell'acqua dal colera; i risultati mostravano l'inefficacia di rimedi comunemente utilizzati come il fernet.
«Sono assolutamente da rifiutarsi il Fernet Branca, il Ferro-china Bisleri e il Wermouth (sempre, lo ripeto, quando si tratti di usarli come correttivi di un'acqua sospetta). Sono raccomandabili invece l'anice, il mistrà e il tamarindo, mescolati all'acqua nella proporzione del 10% circa e lasciati in contatto con essa per 5-10 minuti.»
(C. Gorini, 1893)
Successivamente le varie marche di fernet pubblicizzarono il proprio prodotto principalmente come digestivo.

La diffusione in America del Sud
L'utilizzo del fernet contro il mal di mare rese immancabili le sue bottiglie nelle traversate degli emigranti. A partire dagli ultimi tre decenni dell'Ottocento fu notevolmente esportato in America del Sud con marche Fernet Branca e Fernet De Vecchi.
Nel 1908 il Fernet Branca era una delle principali importazioni in Argentina ma venivano segnalate varie produzioni locali come il Fernet Manzoni e il Fernet Cavour, entrambi di Buenos Aires.


 
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