venerdì 29 aprile 2022

Enolito

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L'enolito, detto anche vino medicinale, è una soluzione che si ottiene dalla macerazione nel vino di parti essiccate di alcune piante medicinali.
Per realizzare queste composizioni, i vini maggiormente preferibili sono quelli bianchi, possibilmente aventi un alto grado alcolico, oppure quelli liquorosi. Si possono utilizzare sia vini vecchi sia giovani. I più indicati sono: marsala, vernaccia di Oristano, barolo, barbaresco.



giovedì 28 aprile 2022

Feuerzangenbowle

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Feuerzangenbowle è una tradizionale bevanda alcolica germanica, spesso preparata nel periodo natalizio e per l'arrivo del nuovo anno.
Letteralmente il termine si può tradurre come "punch con pinze infuocate". È una bevanda delle confraternite e delle associazioni studentesche che nel XIX secolo lo chiamavano anche Krambambuli, per il suo tipico colore rosso, dato dal liquore all'amarena proveniente da Danzica.
Questa particolare bevanda ebbe maggior successo quando nel 1944 uscì il romanzo Die Feuerzangenbowle, scritta da Heinrich Spoerl al quale seguì il film con l'attore principale Heinz Rühmann.

Preparazione

Per la preparazione della bevanda serve un'attrezzatura del tutto simile a quella che serve per preparare la fonduta. La scodella è riempita però con vino rosso speziato con cannella, chiodi di garofano e bucce d'arancia (processo del tutto simile alla preparazione del vin brulé). A questo punto viene posta sulla sommità della scodella una Feuerzange (pinza da fuoco, dalla vaga forma di grattugia), su cui verrà appoggiato lo Zuckerhut (blocco di zucchero a forma di cono). Al blocco di zucchero, già impregnato di rum (preferibilmente ad altissima gradazione, almeno 54%), si dà fuoco, in modo tale che lo zucchero - caramellandosi - vada a cadere dentro il vino rosso sottostante che intanto si scalda con il sistema della fonduta. Naturalmente, più rum si andrà a versare sullo zucchero, maggiore gradazione avrà la bevanda finale.
Il prodotto finito può essere bevuto in normali tazze e ben caldo.




mercoledì 27 aprile 2022

Gran Pampel

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Il Gran Pampel è una bevanda alcoolica calda a base di rum e vino bianco, in certa misura simile al noto vin brulé. È bevanda tradizionale di gruppi speleologici e alpinistici di Trieste e provincia. L'origine di questa bevanda è sconosciuta e probabilmente molto antica, ne esistono molte varianti regionali in tutto il Nord Europa.


Ingredienti e materiale necessario

Come si vedrà più avanti non è possibile, per motivi pratici, preparare meno di cinque litri di Gran Pampel, quelle che segue sono le dosi minime e possono essere aumentare a piacere mantenendo le proporzioni.
  • 4 litri di vino bianco.
  • 1 litro di rum creola o fantasia.
  • 1 kg di frutta fresca di stagione. Solitamente mele e arance.
  • 1 kg di zucchero.
  • 50 g di burro.
  • Cannella e chiodi di garofano, eventualmente altre spezie.



Sono inoltre necessarie alcune attrezzature:
  • Una pentola sufficientemente capiente da contenere comodamente tutti gli ingredienti.
  • Un colino a fori grossi o un grosso mestolo o un pentolino con il manico lungo senza parti in plastica.
  • Un bastone di legno lungo almeno un metro e mezzo.
  • Del filo di ferro non rivestito ed eventualmente delle pinze per stringerlo.
  • Sono inoltre consigliati almeno due paia di guanti da lavoro in cuoio.
Il colino deve essere saldamente fissato con il filo di ferro ad una estremità del bastone, in modo da costituire una prolunga per il manico.
Per la preparazione è anche necessario un coordinatore, tradizionalmente indicato come druido e due aiutanti o (in dialetto triestino) bubez.



Preparazione

Si spalma il burro all'interno della pentola, poi si versa il vino, assieme alle spezie e alla frutta tagliata a pezzi. Poi si aprono le bottiglie di rum lasciando il tappo socchiuso e si appoggiano in piedi nella pentola possibilmente lasciando sporgere il collo.
Si riscalda il tutto a fuoco vivace finché il vino non sia ben caldo ma senza farlo bollire.
Quando il vino è sufficientemente caldo i due aiutanti portano il pentolone all'esterno e uno di essi estrae le bottiglie di rum. Allora il druido prende in mano il colino e, tenendolo sopra il pentolone, chiede ai due aiutanti di versarci dentro alternativamente zucchero e rum e di dargli immediatamente fuoco. È opportuno iniziare versando una certa quantità di zucchero in modo che il rum non coli direttamente nella pentola.
È importante che nel colino rimanga sempre una miscela densa e infiammata di rum e zucchero in modo che possa caramellare e colare direttamente nel pentolone. Se si usa un mestolo o un pentolino al posto del colino il druido deve versarne di tanto in tanto parte del contenuto all'interno del pentolone.
Dopo che il rum e lo zucchero vengono esauriti, solitamente nel giro di circa dieci minuti, il druido rimescola alcune volte il contenuto del pentolone e poi lascia che le fiamme si spengano. La tradizione vuole che a questo punto le persone presenti intonino un coro popolare.
« Odino! Odino!
No stane mandar piova!
Manda vino! »
(Canto popolare associato alla preparazione del Gran Pampel)

martedì 26 aprile 2022

Idromele

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L'idromele dal greco ὕδωρ, hýdor "acqua" e μέλι, méli "miele") è prodotto dalla fermentazione del miele. È anche conosciuto come "Acqua di Aron" o "Acquawussler". È forse il fermentato più antico del mondo, più ancora della birra, in quanto non era necessaria la coltivazione per poterlo produrre e nell'antichità era noto come "la bevanda degli dèi".
Non si hanno notizie certe sul periodo in cui l'uomo imparò a produrre l'idromele, ma si suppone che l'origine sia antichissima, vista anche la semplicità di preparazione.
Lo si trova prodotto quasi ovunque si trovino le api.

Idromele nella cultura antica

Conosciamo un idromele dell'antico Egitto, quello dell'antica Grecia, uno dell'Inghilterra celtica, l'idromele della Scandinavia vichinga, quello degli antichi slavi e probabilmente ne esistono e ne sono esistiti molti prodotti anche in altri luoghi.
L'idromele aveva una grande importanza nella cultura norrena (scandinava) precristiana; nella letteratura e nella mitologia viene rappresentata come la bevanda dei re, la preferita del dio Odino e di altre creature sovrumane. La tradizione vuole che due nani uccidano il vate Kvasir e dal suo sangue ricavino l'idromele, capace di dare sapienza e poesia. Evidenze archeologiche riguardo l'importanza che l'idromele rivestiva nelle società nordiche e più specificatamente nel popolo vichingo risiedono nella scoperta di sale dove anticamente si festeggiava e si banchettava per festeggiamenti religiosi o successi bellici, strutture come questa erano dette sale dell'idromele.
Era tradizione, in molte parti d'Europa, che alle coppie appena sposate fosse regalato idromele sufficiente per la durata di circa un mese.
Tale dono veniva fatto come incentivo alla procreazione dato che si era perfettamente a conoscenza del fatto che la bevanda fosse alcolica ed in quanto tale, erano note le sue caratteristiche di tonico/energetico. In questo modo quindi la giovane coppia avrebbe avuto "energia" sufficiente per affrontare i loro primi rapporti in senso fisico.
Prima si è detto che alle coppie appena sposate si portava in dono una quantità di idromele sufficiente per la durata di "circa un mese". È stato detto "circa" perché ai tempi della nascita di questa bevanda (considerando che ne è stata provata la presenza nell'antico Egitto si parla di almeno 2000 anni prima di Cristo) lo scandire del tempo non era regolato dai mesi come li conosciamo noi oggi (calendario gregoriano) ma dalle fasi lunari. Una luna, corrisponde infatti ad un periodo di tempo di quasi un mese.
La locuzione "luna di miele", deriva proprio dal fatto che per la durata di una luna la coppia si godrà il consumo di questa bevanda.

Ricetta tradizionale

La ricetta base richiede semplicemente miele, acqua e lievito, ma vi sono innumerevoli varianti, ciascuna con il proprio nome: braggot (miele e malto), melomel (miele e frutta), metheglin (miele e spezie).

Preparazione moderna

L'idromele oggi si prepara in modo razionale e seguendo metodi precisi, adottati in parte dalle tecniche di vinificazione in bianco, in quanto, essendo una bevanda alcolica la cui gradazione varia da 8 a 17% V/V, condivide alcuni dei suoi paramentri tecnologici con il vino; ciò che invece non potrà evidentemente accomunarlo al vino è la sua matrice di partenza, cioè il miele. Il miele ha delle caratteristiche chimico/tecnologiche che lo rendono, una volta disciolto in acqua, un mosto vero e proprio, carico di zuccheri fermentescibili e di elementi essenziali per la riproduzione dei lieviti, come gli amminoacidi e le sostanze azotate derivanti dalle cellule polliniche (polline) presenti nel miele.
Inoltre, nel miele sono già presenti popolazioni di lieviti indigeni, detti lieviti osmofili, che derivano direttamente dall'ambiente in cui le api hanno raccolto il nettare sulle piante e che, nei favi dell'alveare, accrescono il loro numero, resistendo all'altissima pressione osmotica extracellulare che comunque non gli permette di alterare il miele sotto una certa soglia di umidità che determina una correlata densità e pressione osmotica nel miele; Una volta che si prepara il mosto di miele, aggiungendo acqua, i lieviti e gli altri microrganismi si trovano in un ambiente ideale per vivere e, nel caso specifico dei lieviti, si assiste ad una fase di respirazione e ad una fase anaerobica di fermentazione, dove essi consumano il glucosio e lo convertono in alcol ed anidride carbonica, producendo calore.
I lieviti osmofili appartengono alla vasta famiglia dei saccaromiceti, ma si cerca comunque, in fase di produzione, di assicurare una buona conduzione di fermentazione a carico solo di ceppi di lievito selezionati, di solito dei lieviti secchi attivi (LSA) Saccharomyces cerevisiae o Saccharomyces bayanus.
La propoli, presente nel miele, ha un'azione antisettica, infatti la fermentazione dell'idromele a temperatura di circa 20 °C si protrae per un tempo più lungo rispetto al vino, proprio per la presenza delle sostanze della propoli che vanno ad ostacolare la normale moltiplicazione cellulare dei lieviti. Il pH della miscela acqua-miele si attesta intorno al 5,2 e dipende fortemente dal tipo di miele usato e dall'acqua; tale valore è piuttosto elevato per una buona fermentazione, ma non la rende comunque impossibile. Per questo motivo, occorre riportare il pH verso valori più bassi con un'acidificazione (il valore ottimale è circa 3,4).
Si può acidificare usando acidi alimentari naturalmente presenti nella frutta ossia: acido citrico e acido tartarico. Questa operazione permette di stabilizzare il mosto di miele, rendendolo un mezzo adatto alla crescita solo delle forme di vita microbica utili alla buona qualità del prodotto finale. L'acqua è veramente importante, in quanto solvente e mezzo di dispersione delle sostanze indispensabili del miele, per questo è sopra ogni interesse che sia priva di impurità, limpida, che non presenti sapori o odori estranei ed è altresì opportuno che presenti caratteristiche chimico/fisiche e microbiologiche nella norma. Le acque che si prestano in misura maggiore sono quelle oligominerali, con residuo fisso inferiore ai 500 mg/l e, per tali motivi, si sconsiglia l'uso dell'acqua domestica.
La solfitazione è una delle tecniche in fase di sperimentazione ed, in alcuni casi, si rivela necessaria nella fase di ammostamento, per abbassare la carica microbica all'interno del mosto di miele, prima di aggiungervi i lieviti selezionati e condurre così la fermentazione in modo più sicuro. In campo enologico essa è necessaria, mentre per preparare l'idromele potrebbe non esserlo, data l'azione della propoli. Chiaramente, il discorso vale solo se si parla di miele non filtrato, e che non abbia subito trattamenti termici o altre lavorazioni industriali.
Dopo la solfitazione, solo se occorre, è possibile filtrare il mosto prima di avviarlo alla fermentazione oppure chiarificarlo con diverse tecniche, come l'aggiunta di bentonite, un'argilla naturale che, usata nel modo corretto, non influenza in alcun modo le caratteristiche organolettiche del prodotto; essa è quasi sempre preferibile alla filtrazione.
Ottenuto il mosto pulito, si procede con l'inoculazione dei lieviti d'innesco per la fermentazione, seguita dall'aggiunta di un minimo di sali azotati. La temperatura è molto importante, come nella vinificazione in bianco, poiché controllando quest'ultima si riusciranno a conservare molte delle sostanze aromatiche (terpeni, aminoacidi aromatici ed esteri) che determinano gli aromi varietali dei singoli tipi di miele. Facendo fermentare l'idromele, in genere ad una temperatura di poco inferiore ai 18 °C, i composti primari subiranno trasformazioni stereochimiche, conferendo all'idromele finito gli aromi secondari, diversi a seconda del miele, dell'acqua e dei lieviti utilizzati. Lo stato della fermentazione si determina utilizzando un idrometro e la quantità di zuccheri iniziali si misura utilizzando un rifrattometro o un mostimetro babo.
Il segnale che la fermentazione sta terminando, è la riduzione dell'emissione di bolle di anidride carbonica dalla massa fermentante, visibili tramite tappo gorgogliatore. Al fine di calcolare la quantità necessaria di miele per realizzare determinati gradi in alcol, si rivela fondamentale conoscere una semplice formula:
miele [kg] = Ga × 24,5 × Qs × l / 10000 dove:
Ga = gradazione alcolica desiderata
24,5 = numero fisso per il miele
Qs = quantità di zucchero residuo
l = volume del liquido, espresso in litri
La quantità di zucchero residuo Qs determinerà l'intensità della sensazione dolce nell'idromele finito
Tipo di idromele Qs g/l
Molto secco 3-6
Secco 7-10
Demi-Sec 10-20
Dolce 20-40
Liquoroso > 40
Chiaramente, occorre più miele per le categorie dolce e liquoroso, che inevitabilmente avranno un contenuto in alcol nettamente superiore a un normale idromele secco; con colture di lievito fortemente alcol-tolleranti si possono raggiungere anche i 18% V/V.
L'idromele, una volta finita la fermentazione, ha bisogno di tempo (determinato per esperienza e variabile a seconda del miele utilizzato) prima di essere imbottigliato e avviato al consumo fresco o all'invecchiamento, in ambienti freschi, al riparo dalla luce del sole e con un'umidità elevata. In questa fase, emergono gli aromi terziari, che contribuiscono al bouquet.







lunedì 25 aprile 2022

Irish coffee

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L'Irish coffee, o caffè irlandese, è un caffè caldo, zuccherato, corretto con Whiskey irlandese e con uno strato di panna sulla superficie.
Viene servito pre-riscaldando il bicchiere, mettendoci il caffè corretto e zuccherato ed aggiungendovi per ultima la panna, leggermente montata. A volte, ma piuttosto raramente, al caffè vengono aggiunte spezie quali la noce moscata o la cannella.

Le origini dell'Irish coffee

L'invenzione del cocktail è rivendicata dalla cittadina irlandese di Foynes, nel cui bar del porto e dell'aeroporto veniva servito per riscaldare i passeggeri reduci dalle traversate trans-atlantiche.
Secondo altra tradizione, l'elaborazione della bevanda si deve a Mr. Sheridan, capo dei barman nel bar dell'aeroporto di Shannon in Irlanda. Era il 1942, ed all'aeroporto giunsero in piena notte dei passeggeri stanchi e stizziti per la cancellazione del loro volo dovuta al maltempo. Joe Sheridan pensò allora di servire loro qualcosa di robusto che potesse rinfrancare e "riscaldare" i passeggeri. Preparò del caffè molto forte, aggiunse zucchero e whisky, completando con una guarnizione di panna. Quando i passeggeri gli chiesero se si trattasse di caffè brasiliano, Mr. Sheridan divertito rispose: «No, è caffè irlandese!».
Un giorno, un giornalista del "San Francisco Chronicle", atterrato a Shannon, scoprì la bevanda e l'apprezzò molto, arrivando a dedicarle un articolo sul quotidiano a grande tiratura di cui era corrispondente.
Fu così che i bar di San Francisco cominciarono a preparare l'Irish Coffee, e poi la ricetta si diffuse in tutto il mondo.




domenica 24 aprile 2022

kvas

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Il kvass o kvas (in russo: Квас dal verbo квасить "far fermentare") è una bevanda tipica russa e ucraina fermentata, poco alcolica (Il tasso alcolico del kvass arriva al massimo al 1.2%)
Tale bevanda è frutto della naturale fermentazione di un qualsiasi vegetale. Frutta e bacche sono state probabilmente i primi prodotti ad essere utilizzati. Uno degli ingredienti per il kvass è la linfa di betulla, presa all'inizio della primavera. Anche cereali possono essere utilizzati, come il grano, la segale, l'orzo, per il kvas da tavola, oppure pane nero o di segale con l'aggiunta di zucchero o frutta, solitamente mele.
Il kvass è una bevanda comune in Ucraina sin dai tempi antichi, ed è sia prodotta in casa, che commercialmente.
Alla bevanda possono essere aggiunti aromi di frutta o erbe, come fragola o menta.

sabato 23 aprile 2022

Legmi

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Il legmi (o lagmi; in Libia anche legbi e a Siwa lebgi) è una bevanda molto diffusa in Nordafrica, costituita dalla linfa della palma da dattero. Tale linfa consiste in un liquido molto zuccherino che può essere utilizzato fresco per diversi scopi, per esempio aggiunto ai cibi o al cuscus, oppure vi si può inzuppare il pane, ma dal momento che in breve tempo esso fermenta, il suo uso prevalente è sotto forma di bevanda alcoolica.
Il legmi vene estratto (soprattutto in primavera) praticando un'incisione sotto l'attaccatura delle fronde e lasciando colare la linfa in una pentola o altro recipiente. Se praticato come si deve, il prelievo della linfa non dovrebbe impedire alla pianta di continuare a produrre datteri. In pratica, però si preferisce di solito troncare del tutto la sommità della palma, che quindi non è più in grado di produrre frutti e muore rapidamente. Per questo l'estrazione del legmi viene di solito effettuata su piante produttrici di datteri di scarsa qualità.
La bevanda è dolce prima della fermentazione e si beve come succo di frutta; poi fermenta naturalmente molto rapidamente (in poche ore) e diventa una bevanda alcolica di gusto acidulo.
Il consumo di legmi è vietato dai precetti islamici, e per questo anche la sua produzione viene spesso effettuata in modo semiclandestino. In certe zone, come ad esempio il sud della Tunisia, non è difficile procurarsene. Tra i centri di produzione più noti vi sono infatti le isole Kerkennah.
La parola legmi è di origine araba, ma è entrata anche in tutti i dialetti berberi, e nelle diverse regioni del Nordafrica ha subito a volte delle modificazioni. Segnalando la forma Tripolina lagbi, E. Griffini (1913: 306) ricorda un'etimologia popolare: lâga bî-ya "mi piace".

 
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