venerdì 22 aprile 2022

Maitrank

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Il Maitrank ("bevanda di maggio"), in francese boisson de Mai, è una bevanda alcolica tipica di Arlon in Belgio. Data la sua diffusione in aree limitrofe, è possibile gustarlo anche nella Lorena, in Germania e Lussemburgo.

Storia

È menzionato per la prima volta nell'854 nell'opera del monaco benedettino Wandalbert di Prüm (nella Germania occidentale).

Come si produce

Questa specialità si ottiene dalla macerazione, in un vino bianco della Moselle, del fiore Galium odoratum, a cui si aggiungono zucchero e spicchi di arancia. Inoltre, per arrestare la fermentazione, si aggiunge del cognac.

Gusto e profumo

Presenta il caratteristico gusto e profumo del sottobosco fresco.

Quando e come si consuma

Il Maitrank va consumato preferibilmente come aperitivo e nel dopocena. Può essere usato anche per realizzare granite.











giovedì 21 aprile 2022

Liquore amaretto

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Amaretto è un liquore aromatico a base di erbe e mandorle amare e altri ingredienti come ciliegie, prugne, cacao, erbe diverse e zucchero. Il più noto è quello di Saronno. Non si deve confondere con l'amaro.

Storia

Come molte ricette a base di mandorle, è di antica tradizione e affonda le sue origini nel 1500. Nella città di Saronno venne commissionato al pittore Bernardino Luini un affresco che ritrae la Madonna e l'Adorazione dei magi. L'affresco è tutt'oggi visibile nel Santuario della Beata Vergine dei Miracoli. La leggenda narra che nel periodo in cui il pittore soggiornò a Saronno alloggiasse presso una locandiera di particolare bellezza, di cui si innamorò al punto da usarla come modella per la sua Madonna. Per ringraziarlo, lei gli offrì un elisir di erbe, zucchero tostato, mandorle amare e brandy che venne immediatamente apprezzato e si diffuse in pochissimo tempo. Il liquore mantenne quindi un significato di affezione e amicizia ed è oggi uno dei prodotti italiani più diffusi all'estero. Non viene tradotto e il nome resta invariato in tutte le lingue. Nella città di Saronno ha sede lo storico stabilimento dell'azienda Illva Saronno S.p.a., produttrice del liquore con il marchio "Disaronno".

Caratteristiche

Il liquore Amaretto non è un distillato ma un preparato per infusione in base alcolica, come il Nocino o il limoncello, per tale motivo è molto diffusa anche la preparazione casalinga che ha diverse varianti, la più diffusa è quella di utilizzare anche albicocche oltre le mandorle amare. Il sapore del liquore ricorda lontanamente il marzapane e ha una gradazione alcolica di 28 gradi.

Consumo

Viene bevuto liscio, con o senza ghiaccio e talvolta usato per preparare cocktail, come per esempio il Messicano e tre cocktail IBA, ma è prevalentemente indicato a essere miscelato in bevande a base di caffè.

Cocktail:

  • French Connection (3,5cl Cognac, 3,5cl Disaronno)
  • Godfather (3,5cl Scotch Whisky, 2,5cl Disaronno)
  • Godmother (3,5cl Vodka, 3,5cl Disaronno)




mercoledì 20 aprile 2022

Berliner Weisse

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Berliner Weisse (in tedesco Berliner Weiße) è una birra di frumento ad alta fermentazione dal gusto acido e a bassa gradazione. Il termine è un marchio registrato protetto dalla Associazione dei Birrai di Berlino. Ha un grado alcolico di circa il 2,8% e un colore scuro lattiginoso. La temperatura di servizio consigliata è di 8-10 °C. Spesso è addolcita con sciroppo di lampone (di colore rosso) o di asperula (di colore verde).
Le prime produzioni risalgono al sedicesimo secolo nelle regioni della Germania Settentrionale e in particolare a Berlino ha avuto un ruolo primario. Ebbe il suo periodo di maggior diffusione nel diciannovesimo secolo quando la Berliner Weisse era la bevanda alcolica più popolare di Berlino e veniva venduta in circa 700 birrerie cittadine.

Storia

La maggior parte degli esperti di birra fa risalire le sue origini ad una birra che veniva prodotta ad Amburgo e che fu imitata e sviluppata dal mastro birraio del XVI secolo Cord Broihan. La birra di Broihan, divenne molto popolare. Il grado alcolico tipico si attesta attorno al 3% vol, anche se il suo valore può variare. Tradizionalmente, quelle prodotte in Marzo sono più forti e vengono fatte maturare nei mesi estivi.

Produzione

I metodi birrari moderni usano frumento in basse proporzioni, generalmente dal 25% al 50%, e deliberatamente creano una acidità sia attraverso una seconda fermentazione in bottiglia (Jackson suggerisce che le bottiglie tradizionali venivano sotterrate nella "terra calda" per diversi mesi), sia con l'aggiunta di Lactobacillus. Documentazioni dei primi del diciannovesimo secolo indicano che la birra era prodotta con cinque parti di frumento e una parte di orzo e bevuta giovane, con poche indicazioni di come veniva prodotta l'acidità.

Marchi

A Berlino, nel diciannovesimo secolo, la Berliner Weisse era la bevanda alcolica più popolare e veniva prodotta in circa 700 birrerie. Negli ultimi anni del ventesimo secolo rimasero solo due birrifici che continuavano la produzione a Berlino, più qualche altro sparso in Germania. I due birrifici di Berlino, Berliner Kindl e Schultheiss, sono stati entrambi acquisiti dal Oetker Group e l'unico marchio prodotto ancora a Berlino è il Berliner Kindl Weisse.

Degustazione

La Berliner Weisse è solitamente servita in un bicchiere a boccia con sciroppi aromatizzati, come lamponi (Himbeersirup), o asperula (Waldmeistersirup). La birra può anche essere miscelata con altre bevande, come la lager chiara, in modo da bilanciare l'acidità



martedì 19 aprile 2022

Brandy Alexander

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Il Brandy Alexander è un cocktail ufficiale IBA, che fino al 2011 aveva preso il posto del celebre Alexander. Nell'ultima codifica la ricetta è cambiata (diventando 3 cl Cognac, 3 cl crema di cacao scura e 3 cl crema di latte. Questa è la vecchia ricetta.

Composizione

  • 2 cl cognac
  • 2 cl crema cacao scura
  • 2 cl crema di latte

Preparazione

Porre tutti gli ingredienti in uno shaker con cubetti di ghiaccio, scuotere energicamente e servire in una coppetta da cocktail. Completare con una spolverata di noce moscata.




lunedì 18 aprile 2022

Cognac

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Il cognàc è un'acquavite francese tutelata da una Appellation d'origine contrôlée (AOC), ricavata dalla distillazione di vino bianco.
Si produce solo nei dipartimenti della Charente e della Charente Marittima nell'ovest della Francia, ed una piccola porzione della Dordogna e del dipartimento delle Deux-Sèvres; il distillato prende il nome dalla città che tradizionalmente è stata la sede principale del suo commercio, Cognac.

Storia

Le prime notizie della sua produzione risalgono al 1622, quando gli olandesi, che da secoli acquistavano vino e sale in queste contrade risalendo il fiume Charente, insegnarono agli abitanti a distillare il vino, che mal sopportava i viaggi per mare verso il Nord Europa.

Metodi di produzione

Le uve utilizzate provengono dai principali vitigni bianchi permessi, ossia Ugni blanc, folle blanche, colombard e da qualche altro minore come il sémillon ed il montils. I grappoli vengono pressati leggermente ed il mosto così ottenuto deve poi riposare circa un mese, per diventare un vino bianco alquanto acido ed a bassa gradazione alcolica (8°-10°), con cui si procederà immediatamente alla distillazione. Il vino viene distillato a fuoco diretto con alambicco charentais per due volte: nella prima cotta si ottiene il brouillis che ha una gradazione alcolica intorno ai 30°, mentre nella seconda, la bonne chauffe il distillato arriva a raggiungere i 70°. Dopodiché l'acquavite viene sottoposta ad un obbligatorio periodo di invecchiamento in barrique di quercia francese del Limousin o del Tronçais della durata di almeno due anni, in cui assume la colorazione ambrata (corretta spesso con l'aggiunta di caramello) e a contatto con la botte prende il gusto caratteristico. L'invecchiamento può proseguire fino ad oltre 60 anni, dopodiché il distillato viene trasferito in bonbonnes o damigiane.

Le zone di produzione

La AOC del cognac si divide in sei sottozone chiamate crus all'incirca concentriche, ognuna delle quali produce una qualità differente di distillati in ragione della composizione più o meno gessosa del terreno e della posizione geografica:
  • Grande Champagne: terreni completamente gessosi e clima più favorevole; cognac adatti al lungo invecchiamento e di migliore struttura
  • Petite Champagne: terreni meno gessosi e clima appena meno favorevole; cognac molto simili ai precedenti, ma con minore struttura e complessità
  • Borderies: terreni decalcificati in superficie, ma ancora gessosi, clima con modeste influenze oceaniche; cognac corposi, floreali e ben strutturati, adatti all'invecchiamento
  • Fins Bois: cru molto eterogeneo per composizione dei terreni e clima più esposto dei precedenti; cognac di corpo modesto, fruttati e floreali, di rapido invecchiamento
  • Bons Bois: cru esterno, terreni eterogenei, e clima esposto agli influssi oceanici o del Massiccio Centrale; acquaviti rustiche, più vigorose delle precedenti, e di rapido invecchiamento
  • Bois Ordinaires: il cru si affaccia sull'Oceano Atlantico; il clima è marino, i terreni sabbiosi; le acquaviti sono deboli e ruvide; invecchiano in pochi anni.

Se il cognac proviene da una sola di queste zone, può essere indicata in etichetta la denominazione geografica complementare corrispondente (appellation): per esempio "cognac Grande Champagne". Le miscele di crus diversi possono chiamarsi solo cognac, con un'unica eccezione: il cognac ottenuto dalla miscela dei distillati della Petite e della Grande Champagne (almeno 50%), prende il nome di "Fine Champagne"; ma non si tratta di un cru autonomo.

Classificazione dell'invecchiamento

Il cognac in commercio si classifica secondo il grado di invecchiamento con alcune sigle di uso tradizionale; si compone quasi sempre di una miscela di acquaviti di annate diverse.
La legge francese vieta di indicare in etichetta l'anno di distillazione, con l'eccezione del cognac millesimato; a seconda della durata dell'invecchiamento, sulla bottiglia si possono trovare le seguenti:

Denominazioni legali

  • VS o De Luxe (Very Special) - l'acquavite più giovane della miscela deve avere almeno due anni di invecchiamento
  • VSOP, o Réserve (Very Superior oppure Very Special Old Pale) - l'acquavite più giovane della miscela deve aver almeno quattro anni di invecchiamento
  • XO (eXtra Old) - l'acquavite più giovane della miscela deve avere almeno 6 anni di invecchiamento; questa è la massima garanzia legale di invecchiamento data dalla AOC del cognac.

Denominazioni tradizionali

  • Napoléon - è una classificazione non ufficiale che indica un cognac di invecchiamento intermedio tra VSOP e XO.
  • Vieille Réserve, Hors d'âge, Extra - sono classificazioni usate frequentemente nel commercio, ed indicano cognac di invecchiamento elevato.
Secondo gli usi tradizionali, i cognac vengono invecchiati più a lungo del minimo legale, anche se non è esplicitamente dichiarato.

Miscelazione

La quasi totalità del cognac in commercio è una miscela (assemblage) di distillati di origini ed annate diverse. È compito del maître de chai o maestro cantiniere comporre le miscele per ottenere un prodotto costante nel tempo o con particolari caratteristiche di gusto. Spesso le miscele sono composte da decine se non centinaia di distillati. Anche i cognac millesimati sono miscele di acquaviti dello stesso anno. Fanno eccezione a questa consuetudine solo alcuni rarissimi distillati imbottigliati direttamente dalla botte per le loro caratteristiche di gran pregio, che prendono il nome di brut de fût, all'inglese cask strength.

Tutela della denominazione d'origine

Durante il periodo fascista il nome cognac è stato a forza italianizzato in arzente da Gabriele d'Annunzio, senza successo; in Italia fino al 1949 ogni distillato di vino poteva legalmente chiamarsi cognac, indipendentemente dalla sua origine.
Una convenzione italo-francese (28 maggio 1948) stabilisce che il termine cognac dal 1º gennaio 1950 sia riservato ai soli distillati di vino prodotti nella regione di Cognac. I distillati di vino di altra origine (italiana, ma anche francese al di fuori della zona d'origine) sono perciò definiti brandy; fanno eccezione quelli prodotti nella regione dell'Armagnac che hanno un'AOC autonoma.

Il servizio del Cognac

Il Cognac è servito liscio, in dosi da 4 cl, a una temperatura di 20-22 °C. Servito nel bicchiere Ballon o nel Tulipe per facilitarne la decantazione e per fare in modo che si liberino gli aromi, grazie al calore emanato dalle mani. Questo processo si definisce umanizzazione.

Altri usi del cognac

Oltre ad entrare in diversi cocktail (Alexander, French Connection, Sidecar, Stinger, Block and fall, East India, ecc..) l'acquavite di cognac è alla base di due note bevande alcoliche: il tradizionale Pineau des Charentes (aperitivo a base di mosto con aggiunta di Cognac) e il Grand Marnier, che è un cognac aromatizzato all'arancia. Il cognac viene altresì impiegato per conservare frutti, ed in alcune altre bevande con succhi di frutta o tè.


domenica 17 aprile 2022

Shaker

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(EN)
«Shaken, not stirred»
(IT)
«Agitato, non mescolato»
(James Bond)



Il cocktail shaker (o, più brevemente e comunemente, shaker) è uno strumento utilizzato per miscelare gli ingredienti nella preparazione di cocktail attraverso lo scuotimento (dall'inglese to shake, scuotere) dello strumento stesso.
Un cocktail shakerato si ottiene inserendo gli ingredienti desiderati (tipicamente succhi di frutta, sciroppi, liquori e ghiaccio, ma anche uova, latte, caffè o panna) all'interno dello shaker ed agitandolo energicamente per un tempo variabile dai 5 ai 20 secondi. I cocktail che devono essere limpidi non vanno shakerati in quanto l'uso dello shaker fa sì che il drink risultante sia torbido.

Storia

Lo shaker ha un'antica tradizione: agli inizi del 1871, William Hernett presentò all'ufficio brevetti di New York richiesta di licenza per la fabbricazione di uno strumento da utilizzare per miscelare le bevande. Al Franklin D. Roosevelt Presidential Library and Museum di Londra è conservato quello in argento che Roosevelt allora presidente degli Stati Uniti d'America usò per prepararsi il primo Martini dopo la fine del proibizionismo.

Tipi di shaker

Gli shaker si dividono principalmente in tre tipi.

Boston shaker

Il Boston shaker viene detto anche americano. È costituito da due parti, una inferiore costituita da un bicchiere di metallo (solitamente acciaio inox, ma anche alluminio) ed una superiore costituita da un ulteriore bicchiere di vetro o plastica dal bordo di circonferenza minore. La parte superiore è quella dove vengono introdotti gli ingredienti. I due bicchieri poi vengono incastrati al livello delle rispettive aperture per procedere all'agitazione; il cocktail così ottenuto viene quindi versato nel bicchiere dalla parte metallica.
Nel caso venga utilizzato anche ghiaccio tritato come ingrediente, prima di versare è necessario porre sopra la parte metallica un apposito colino anch'esso metallico detto strainer. Più alto rispetto al cobbler shaker, viene privilegiato per la maggior capacità (può contenere infatti il necessario per 4 cocktail a volta) e per la maggior immediatezza nell' utilizzo.

Cobbler shaker

Il cobbler shaker viene detto anche tradizionale o continentale. È composto da tre parti: una parte inferiore (di acciaio, vetro o plastica) che funge da contenitore ove vengono inseriti gli ingredienti, una prima parte superiore costituita da un tappo traforato che serve da filtro, chiamato anche cupola, ed una seconda parte superiore che rappresenta il coperchio, chiamato anche cappello, da porre sopra il filtro.
Il coperchio può essere utilizzato anche come dosatore degli ingredienti liquidi. Le tre parti devono essere perfettamente incastrate fra loro in modo da evitare fuoriuscite di liquido durante lo scuotimento. Il cocktail va versato semplicemente aprendo il coperchio, l'azione di colino è assicurata dall'apposita cupola: non è quindi necessario l'utilizzo di uno strainer.

Shaker francese

È il meno diffuso dei tre, probabilmente per la mancanza di spettacolarità nello shakeraggio rispetto al Boston e per l'assenza del filtro rispetto al Cobbler. È formato da due parti, un contenitore inferiore (metallo, vetro o plastica) ed una superiore costituita da un coperchio (metallo o plastica). Il cocktail viene versato dalla parte inferiore con l'eventuale uso di uno strainer. Esiste una sottospecie dello shaker francese denominata Bullet shaker (dall'inglese bullet, proiettile) caratterizzato dalla tipica forma a proiettile o siluro.

Utilizzo

Preparazione

Esistono, per l'utilizzo del boston shaker, due tesi che differiscono leggermente l'una dall'altra. Una parte numerosa di professionisti preferisce riempire la parte in vetro, per circa 3/4 del suo volume, di ghiaccio e, dopo avere raffreddato il vetro e scolato la parte disciolta del ghiaccio, introdurre gli ingredienti del cocktail e shakerare.
Un'altra parte di professionisti tende a versare gli ingredienti direttamente nella parte in vetro senza ghiaccio e raffreddare invece la parte metallica, sostenendo che in questo modo il cocktail si allunga di meno.
In conclusione si può affermare che ambedue i sistemi sono accettabili affinché il risultato finale sia ottimale.

Impugnatura

Maggiore rilevanza va data al modo di impugnare lo shaker che, per un fattore estetico, deve essere elegante, disinvolto e nello stesso tempo funzionale. Dopo aver versato gli ingredienti, lo shaker va chiuso e reso ermetico anche attraverso un leggero colpo sulla parte superiore. L'impugnatura si effettua per mezzo dei polpastrelli delle dita facendo attenzione di esercitare una forza concentrica affinché le due parti dello shaker rimangano costantemente unite. Non bisogna shakerare dal basso verso l'alto o in senso rotatorio: si farebbe uno sforzo fisico superiore e senza ottenere l'omogeneità desiderata.
Lo shaker va usato in posizione orizzontale, con la parte in vetro rivolta a se stessi, ad altezza petto-spalla, agitando vigorosamente con ampi movimenti del braccio, per cinque secondi circa. Il barman deve essere rivolto frontalmente verso il cliente evitando di dirigere lo shaker nella sua direzione.
Dopo aver shakerato gli ingredienti raccolti nel contenitore insieme con il ghiaccio, si toglie il coperchio e si versa il cocktail attraverso il tappo forato per trattenere eventuali pezzetti rimasti solidi.

Accortezze

Se ci si trova nella situazione di dover preparare più cocktail shakerati sarebbe bene utilizzare almeno due shaker, uno per i drink che contengono ingredienti dai sapori più marcati, l'altro per quelli più delicati. Questo è consigliabile per non trasferire tracce di sapori troppo forti a quei drink il cui gusto potrebbe esserne modificato. Per lo stesso motivo è consigliabile sciacquare sempre lo shaker, o qualsiasi altro utensile, tra la preparazione di un cocktail e l'altro. Lo shaker va lavato con acqua fredda e detersivo neutro, soprattutto dopo averlo utilizzato per la preparazione di cocktail a base di uova, gelato e liquori con aroma molto forte.

Shaker e mixing-glass

Lo shaker e il mixing-glass sono ambedue strumenti utilizzati per la preparazione di cocktail ma hanno usi diversi a seconda degli ingredienti. La battuta di James Bond «Agitato, non mescolato» è ormai divenuta una specie di slogan.
In senso stretto i drink chiari o limpidi si mescolano di solito con il mixing-glass, mentre quelli più densi, che contengono albume, creme o succhi di frutta, devono essere shakerati. Questi drink possono essere anche mescolati in un frullatore, ma vanno comunque filtrati per eliminare pezzetti di ghiaccio o di frutta che possano compromettere la presentazione. Lo shaker dunque è usato per quei cocktail contenenti ingredienti che necessitano, data la loro consistenza, di un maggior vigore per ottenere il corretto risultato. Al contrario il mixing-glass si utilizza per i cocktail lisci i cui ingredienti (vini, distillati e liquori) non richiedono di essere agitati con forza.


sabato 16 aprile 2022

Coppetta da cocktail

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La Coppetta da cocktail (conosciuta anche col termine anglofono Martini cocktail glass abbreviato spesso in Martini glass) o semplicemente bicchiere da cocktail (o in inglese stem cocktail glass spesso abbreviato in cocktail glass); è, per l'appunto, un bicchiere da cocktail di forma conica rovesciata (con apertura di circa 90 gradi) sormontata su un gambo che poggia su una base piatta.
Il bicchiere va utilizzato, per servire il cocktail, a una temperatura di zero gradi, il gambo permette la tenuta del bicchiere senza influenzare la temperatura della bevanda.
L'origine del nome della coppetta è combattuto, ma ruota sempre intorno al celebre cocktail "Martini". Qualcuno dice sia il nome del barista italiano che per primo, nella Londra del 1912, l'avrebbe preparato per John D. Rockefeller. Altri dicono che un certo professor Jerry Thomas, negli anni '50, sulla strada per Martinez (California), l'avrebbe inventato per alleviare il mal di stomaco di un minatore. Altri ancora che c'entri il noto vermut italiano Martini.

Varianti

Una variante è rappresentata dal doppia coppetta, più alto e più ampio nell'apertura, con una capacità media di 17-19 cl contro i 12-14 della coppetta normale. Il bicchiere, anche a seconda del materiale utilizzato, vetro o cristallo, può avere proporzioni diverse, è molto diffusa una variante ad angolo più acuto di quello di 90° con coppa più alta. Nel 2009 presso la Terrazza Martini a Milano è stato organizzato un evento volto a reinventare il celebre bicchiere, una giuria capitanata da Aldo Cibic ha premiato Marco Bevilacqua per la sua interpretazione chiamata "Envie".


 
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