venerdì 1 novembre 2019

Himbeergeist

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L’Himbeergeist è un distillato di lamponi di origine tedesca. È una specialità della Foresta Nera la cui produzione è regolata da un consorzio. Si presenta incolore con gradazione alcolica intorno al 40%; l'invecchiamento ne esalta le caratteristiche.

Degustazione
Il liquore va degustato freddissimo in appositi bicchierini.


giovedì 31 ottobre 2019

Frangelico

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Il frangelico è un liquore che ha origine in Piemonte, dove tre secoli fa vivevano dei monaci cristiani che conoscevano bene il mondo dei cibi e delle bevande, in particolare l'uso delle nocciole selvatiche e degli altri ingredienti che stanno alla base di questo superalcolico. Il nome deriva infatti dal monaco eremita Fra Angelico, che secondo la leggenda visse sulle colline piemontesi nel XVII secolo.
Frangelico compera circa 38 tonnellate di nocciole Tonda Gentile all'anno (questo tipo di nocciola ha ottenuto uno "stato protetto", equivalente del DOC.), che vengono coltivate nelle Langhe tipica della zona del Piemonte dove viene prodotto; le nocciole una volta tostate danno origine ad un infuso che dopo essere stato distillato viene arricchito da alcuni aromi tra cui cacao e vaniglia. La sua gradazione alcolica è 20% vol.
Nel settembre del 2010 Campari ha acquisito il brand e ha esportato il liquore soprattutto in Stati Uniti e Spagna, ma dall'autunno 2011 viene distribuito dalle distillerie Sibona. Molto diffuso anche in Australia.


mercoledì 30 ottobre 2019

Godfather

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Godfather è un cocktail a base di Scotch e Amaretto di Saronno che viene preparato direttamente nel tumbler old fashioned con ghiaccio. Le dosi sono di 3,5cl di Scotch e 3,5 cl di Amaretto. Esiste anche la variante con la Vodka al posto dello scotch, che prende il nome di Godmother. Le proporzioni rimangono invariate.

martedì 29 ottobre 2019

Stomatica Foletto

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Il liquore Stomatica Foletto è un liquore a base di erbe medicinali prodotto in Valle di Ledro, dalla A. Foletto, la cui gradazione alcoolica è di 32°. È un Prodotto Agroalimentare Tradizionale.

Storia
Nacque come Tintura Stomatica Foletto alla fine del XIX secolo per opera di Angelo Foletto, farmacista di Pieve di Ledro, allora territorio dell'Austria-Ungheria, che accanto all'attività principale aprì una piccola officina farmaceutica. La Tintura venne registrata come medicinale ad attività eupeptica, digestiva e lassativa, dapprima in Austria-Ungheria, poi - dopo l'annessione - in Italia, ed è rimasta specialità medicinale fino al 1990, quando il laboratorio non ebbe più le caratteristiche per la produzione di medicinali. Perse allora la denominazione di tintura, sostituita da liquore, pur senza variare la ricetta né il luogo di produzione.
Il canale di distribuzione è rimasto principalmente quello delle farmacie.

Caratteristiche
Stomatica Foletto è un liquore a base di alchemilla, arancio amaro, cariofillata, genzianella, genziana minore, genziana maggiore e rabarbaro cinese. Le erbe vengono trattate per infusioni successive, e gli estratti ottenuti vengono poi miscelati allo sciroppo, lasciati ad invecchiare per almeno 5 mesi per far depositare i tannini, e quindi filtrato ed imbottigliato.


lunedì 28 ottobre 2019

Tè mu

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Il tè mu è una bevanda con proprietà tonificanti, ideata negli anni '50 dal giapponese Georges Ohsawa, considerato il padre della macrobiotica. Nonostante il nome, non è una varietà di tè, ma una miscela di radici ed erbe medicinali di tradizione orientale.
La ricetta prevede da 9 a 16 ingredienti, tra cui ginseng, radice di liquirizia, radice di zenzero, estratto di buccia di mandarino, cannella, prezzemolo giapponese, chiodi di garofano, radice di angelica e radice di peonia.
Gli si attribuiscono proprietà rigeneranti, rinfrescanti, toniche dell'apparato digerente ed anche effetti benefici sulla funzionalità sessuale maschile e femminile. Diversamente dal tè, non si prepara per infusione, ma per decotto, facendo bollire per circa 10 minuti una bustina (anche sfusa) in circa 750 ml d'acqua. Non contiene caffeina, ma contenendo ginseng il suo consumo può essere controindicato nelle ore serali. Essendo una bevanda prevalentemente yang, può essere consumata anche fredda.


domenica 27 ottobre 2019

Cucchiaino nello spumante

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Quella del cucchiaino nello spumante è una supposizione pseudoscientifica che, riportata nel corso degli anni, è divenuta una leggenda metropolitana. Di origine incerta, tale leggenda vuole che un cucchiaino da caffè inserito capovolto nel collo di una bottiglia di vetro contenente spumante o champagne ne prevenga la fuga delle bollicine di anidride carbonica ovvero, in pratica, ne preservi l'effervescenza.
Alcune versioni di tale leggenda precisano che detto cucchiaino dovrebbe essere d'argento, al fine di garantire una preservazione ottimale. Altre ancora estendono l'efficacia di tale trattamento anche ad altre bevande gasate, alcooliche e non, come birra e Coca-Cola.
Non esistono evidenze scientifiche a comprovare tale effetto; uno studio compiuto in merito da alcuni esperti del centro interprofessionale dei vini di champagne, in Francia, rivelò non esservi significativa differenza di gusto o di contenuto di anidride carbonica tra il contenuto di due bottiglie identiche lasciate aperte, in una delle quali era stato inserito un cucchiaino per valutarne i presunti effetti a distanza di 24 ore.

Ricerche scientifiche
Ricerca Università di Stanford del 1994
Nel 1994, Richard Zare professore di chimica presso l'Università di Stanford coadiuvato dal dottor Harold McGee e da un ristretto gruppo di assaggiatori (incluse le loro mogli, e altre due coppie) lasciarono 10 differenti bottiglie aperte per 26 ore, e in seguito ne assaggiarono una ad una, concludendo che l'uso del cucchiaino non migliora né peggiora la qualità del vino. Tuttavia tale test è del tutto personale e privo di oggettività e quindi non ha valenza scientifica.

Ricerca francese del 1995
Per riuscire a sfatare tale leggenda metropolitana, nel 1995 Michel Valade, Isahelle Trihaut-Sohier e Frédéric Panoïotis (appartenenti al "Comitato interprofessionale del vino di Champagne" di Épernay, la "capitale" dello champagne) hanno deciso di studiare nel dettaglio questa credenza.
Scientificamente e rigorosamente hanno utilizzato diverse bottiglie di champagne provenienti dalla stessa vinificazione, ovvero dallo stesso tino e hanno presentato i loro risultati sulla rivista scientifica Le Vigneron Champenois. In particolare diverse bottiglie sono state svuotate in maniera differente (di 1/3 o di 2/3) o lasciate con tutto il contenuto. Con questi diversi contenuti, si sono realizzati gli esperimenti chiudendo il collo della bottiglia con un cucchiaino in acciaio inox, o uno d'argento, o un tappo ermetico, o un tappo a corona o non chiudendolo. Messe queste in un ambiente a temperatura controllata (12 °C), si è controllata ad intervalli regolari la quantità di gas residuo, andando a misurare sia la perdita di massa del contenuto della bottiglia che la sua qualità a distanza di 8, 24, 48 e 72 ore.
Una volta che una bottiglia di champagne viene aperta e si inizia a svuotarla, la sua pressione interna scende da 6 a 4 bar circa per un contenuto di 50 cl (a 2 bar nel caso di 25 cl rimanenti). Dopo due giorni, si è potuto osservare come tutte le bottiglie "aperte" (con cucchiaino o senza) hanno avuto un maggiore decremento di pressione rispetto a quelle "chiuse" con un tappo, in misura del 50% e del 10%. In seguito è stata misurata anche la diminuzione del peso che era ben evidente nelle bottiglie "aperte", mentre risultava nulla per quelle "chiuse".
Questa ricerca conclude con il fatto che l'inserimento di un cucchiaino in una bottiglia comporta la stessa perdita di massa se comparata con una bottiglia lasciata totalmente aperta; mentre il livello di pressione risulta leggermente minore in queste ultime, ma comunque decisamente inferiore se confrontata con quelle "chiuse". In parole povere, la presenza del cucchiaino è inutile per la preservazione dell'effervescenza nelle bevande gassate.


sabato 26 ottobre 2019

Whisky giapponese

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Il whisky giapponese è una bevanda alcolica ottenuta dalla distillazione di cereali.

Storia
L'inizio esatto della produzione di distillati di cereali in Giappone non è noto con esattezza, tuttavia circa nel 1870 è accertato ci fossero dei distillatori amatoriali, che producevano e consumavano in proprio la bevanda, limitandosi occasionalmente alla vendita.
I primi occidentali ad assaggiare il whisky giapponese furono dei soldati dell'American Expeditionary Force Siberia ad Hakodate nel settembre 1918. I soldati riferirono di un distillato locale chiamato Queen George, reperibile in zona, che essi descrissero come del tutto simile al whisky scozzese. Tuttavia di questa marca non si hanno notizie e non è noto attualmente con certezza di cosa fosse composta, anche se difficilmente si ritiene potesse essere davvero scotch.
L'introduzione della produzione industriale di whisky in Giappone si deve principalmente a Shinjirō Torii e al suo collaboratore Masataka Taketsuru. Torii era un farmacista che in seguito al successo della sua attività decise di espandere il proprio giro d'affari fondando una società (chiamata Kotobukiya e successivamente Suntory) dedicata all'importazione di liquori dall'occidente. Nel 1907 ideò anche una propria etichetta di vino liquoroso chiamata Akadama. L'iniziativa ebbe successo e Torii scelse di andare oltre, contro il parere dei suoi stessi dirigenti, iniziando a produrre localmente distillati su imitazione di quelli europei e americani. Shinjirō Torii riuscì ad imporsi sul proprio management e alla fine riuscì a costruire la prima distilleria di whisky a Yamazaki, nelle vicinanze di Kyoto, nel 1924. L'area era famosa per l'eccezionale qualità della sua acqua, al punto che il leggendario maestro del tè Sen no Rikyū decise di costruire qui la propria casa da tè.
Non avendo le competenze necessarie per avviare una produzione disciplinata Shinjirō Torii dovette cercare qualcuno che lo aiutasse e trovò la persona che cercava in Masataka Taketsuru, assumendolo come direttore della distilleria. Taketsuru aveva studiato in Scozia l'arte della preparazione dello scotch whisky ed era rientrato in Giappone nei primi anni venti. Taketsuru prese a modello il disciplinare di produzione scozzese, apportando leggere modifiche per adattarlo alle particolari differenze tra il clima ed il terreno scozzese con quello giapponese. Nel 1934 Taketsuru lasciò la Kotobukiya e si mise in proprio, fondando la Dainipponkaju (successivamente chiamata Nikka). Tuttora le due aziende fondate da Torii e Taketsuru sono i maggiori produttori giapponesi di whisky.

Distillerie
Dal 2011, con la riapertura della distilleria Shinshu sono presenti nove distillerie su tutto il territorio giapponese. L'elenco delle distillerie operative è il seguente:
  • Yamazaki: di proprietà di Suntory, tra Osaka e Kyoto, Honshū.
  • Hakushu:di proprietà di Suntory, nella prefettura di Yamanashi, Honshū.
  • Yoichi: di proprietà di Nikka, nel nord dell'Hokkaidō.
  • Miyagikyo (in precedenza Sendai): di proprietà di Nikka, vicino Sendai.
  • Fuji Gotemba: di proprietà di Kirin, ai piedi del Monte Fuji, Shizuoka.
  • Karuizawa: di proprietà di Mercian (a sua volta parte della Kirin), vicino Karuizawa nella prefettura di Nagano, Honshū.
  • Chichibu: vicino Chichibu nella prefettura di Saitama.
  • Distilleria Shinshu: di proprietà di Hombo, nella prefettura di Nagano, Honshū.
  • Distilleria White Oak: di proprietà di Eigashima Shuzou, a Hyōgo, Honshū.
Reputazione
Per molti anni si è creduto che il whisky scozzese prodotto al di fuori della Scozia, per quanto il fabbricante si potesse impegnare nel rispettare il disciplinare, non avrebbe mai potuto essere valutato sulla stessa scala del whisky scozzese originale. Per questo fino al 2000 la produzione di whisky giapponese era per la grandissima maggioranza destinata al mercato domestico, e solo in minima parte veniva esportato. La situazione ha cominciato a cambiare nel 2001, quando il Nikka Yoichi single malt invecchiato 10 anni vinse il premio "Best of the Best" ai Whisky Magazine's awards. Attirando l'attenzione degli appassionati internazionali sul prodotto del Sol levante.
Da allora il mercato del whisky giapponese si è espanso e i vari distillati hanno conquistato molteplici premi in varie categorie, soprattutto Suntory nei primi anni 2000 ha fatto incetta di prestigiosi premi internazionali. Nel 2003 agli International Spirits Challenge il Suntory Yamasaki vinse la medaglia d'oro. Da allora Suntory ha continuato a vincere almeno una medaglia d'oro ogni anno fino al 2013.
Negli anni recenti i whisky giapponesi sono stati introdotti in alcune competizioni alla cieca, organizzate da Whisky Magazine, e in diverse occasioni i prodotti giapponesi hanno superato quelli originari scozzesi.

Produzione e consumo
La produzione di whisky giapponese segue in modo più fedele possibile il disciplinare scozzese. La distilleria di Yoichi in Hokkaidō in particolare è stata costruita su un luogo scelto appositamente perché il suo clima e il suo terreno ricordano molto quelli scozzesi.
Il whisky giapponese viene consumato nelle stesse modalità con cui si consuma quello scozzese o lo shōchū. La maggior parte viene utilizzata per la realizzazione di cocktail, soprattutto highball (ハイボール haibōru). Il whisky di alta qualità viene invece consumato on the rocks. In molte parti del Giappone è diffusa anche l'usanza di bere whisky con acqua calda di inverno e fredda di estate.


 
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