venerdì 6 settembre 2019

Moretta fanese

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La Moretta fanese, Moretta di Fano o Moretta è un caffè corretto originario della città di Fano (PU) diffuso anche nelle zone e città limitrofe. È forte e dolce, e solitamente si beve come digestivo dopo i pasti o come un energetico pomeridiano.

Preparazione
La correzione è una miscela di liquore a base di anice, rum e brandy, variabile a seconda delle ricette personali, ma approssimativamente in parti uguali. Una variante utilizza il cognac al posto del brandy. Utilizzando l'erogatore di vapore della macchina del caffè, si scaldano direttamente nel tradizionale bicchierino di vetro, tre cucchiaini di liquore con due cucchiaini di zucchero e una scorzetta di limone, fino a che lo zucchero non sarà completamente sciolto, dopodiché si aggiunge il caffè espresso bollente, tenendo il bicchierino leggermente inclinato in modo da evitare che i due liquidi si mescolino tra loro. Passaggio molto importante, perché una vera Moretta si contraddistingue per i suoi tre tipici strati (partendo dal basso): liquore, caffè e cremina del caffè.
In mancanza di una macchina da espresso può essere preparata anche con il caffè della moka e scaldando sui fornelli gli altri ingredienti.

Cenni storici
Secondo la tradizione la moretta ebbe origine tra i marinai e pescatori del porto di Fano, che prendevano bevande corrette e molto calde per scaldarsi e rinvigorirsi prima di "andare in mare".
In tempi passati la povertà portava ad evitare gli sprechi, perciò i rimasugli di liquori avanzati venivano raccolti insieme; da questi nacque in seguito la "Moretta".
Nel 2006 la moretta è stata inserita ufficialmente come cocktail nell'elenco dell'A.I.B.E.S. (Associazione Italiana Barman e Sostenitori). Nel 2011 è stata inserita nell'elenco regionale dei prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche.

giovedì 5 settembre 2019

Ponce (bevanda)

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Il ponce è una bevanda alcolica nata a Livorno tra i secoli XVII e XVIII e derivata dal punch, diffuso in città dalla numerosa comunità britannica.
La composizione originale del punch inglese (a sua volta versione meno rozza del grog) prevedeva cinque ingredienti (da cui il nome, derivato dal termine della lingua hindi panca o pancha, "pugno" o "cinque"): tè, zucchero, cannella, limone e acquavite (oppure acqua bollente, succo di limone, rum delle Antille, spirito di noce moscata e arak, un distillato di vino di riso originario dell'Indonesia).
Il ponce livornese nacque sostituendo al tè o all'acqua bollente il caffè concentrato, mentre al posto del rum delle Antille (che mal si accorda con il sapore del caffè forte) fu usato il cosiddetto "rum fantasia" (localmente detto anche rumme), un'invenzione locale costituita da alcol, zucchero e caramello di colore scuro, a volte aromatizzato con un'essenza di rum (ricetta originale del rag. Gastone Biondi della ditta Vittori).
La versione diffusa tra Ottocento e Novecento prevedeva una preventiva bollitura del caffè macinato in una pentola piena d'acqua; da ciò si otteneva un infuso che veniva filtrato con un panno di lana e immesso nella caffettiera. Al caffè che usciva dalla macchina veniva poi aggiunto con un misurino il rumme o la "mastice", una versione del mistrà, liquore di semi di anice verde macerati in alcol.
Fino ai primi anni del Novecento, sia il rumme che la mastice erano generalmente fabbricate dal proprietario del locale nel proprio retrobottega, in quanto la legge lo permetteva.
Nella sua versione originale, il ponce è praticamente scomparso negli anni cinquanta.

Ricetta odierna e metodo di preparazione
Ai giorni nostri, la preparazione del ponce, come comunemente si può osservare nei bar di Livorno e delle zone limitrofe, avviene così: si utilizza un tipico bicchierino di vetro piuttosto spesso (localmente detto "il gottino"), leggermente più grande di quello che normalmente si usa per il caffè; si dosa lo zucchero e si aggiunge una scorza di limone (denominata "vela"); si versa il "rumme": nella ricetta del ponce si può usare questo liquore da solo, un mix di "rumme e cognac" o "rumme e sassolino": il giusto dosaggio del liquore si ottiene usando come riferimento il bordo superiore dei semicerchi che si trovano alla base del bicchiere. Quindi, con il beccuccio del vapore della macchina espresso, si porta la mistura ad ebollizione e, prontamente, si colma il bicchiere con un buon caffè ristretto. Il ponce deve essere bevuto caldo bollente, dopo una rapida mescolata dello zucchero che non si fosse ancora disciolto. Si consuma generalmente dopo pranzo o dopo cena. Alcuni lo consumano per scaldarsi dal freddo, anche se è dimostrato che l'uso di alcolici - pur dando un'iniziale sensazione di calore - comporta in realtà la perdita di calore corporeo attraverso le estremità.

Varianti
Varianti del ponce classico, nel passato, erano il "mezzo e mezzo", un caffè corretto con una mistura di rum e mastice, e il "ponce americano" aromatizzato all'arancia.
La torpedine è una versione "rinforzata" del ponce - si effettua aggiungendo alla polvere di caffè una punta di peperoncino. Il risultato è un ponce particolarmente forte.
Col nome ponce si identifica anche un'altra bevanda detta ponce rosso (o ponce al mandarino) che altro non è che un punch molto alcolico (intorno a 40% Vol.) aromatizzato al mandarino, riscaldato al vapore della macchina da caffè espresso e servito nel tipico gottino con la classica fetta di limone (vela).


mercoledì 4 settembre 2019

Tia Maria

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La Tia Maria è un liquore prodotto in Giamaica. Questo prodotto è composto da rum al caffè e da una selezione di vari tipi di spezie la cui selezione è tenuta segreta. Questo tipo di liquore può essere usato come ottimo digestivo oppure in numerosi cocktail come:
Corcovado;
Old Coffee;
Summer Fun;
English Coffee;

martedì 3 settembre 2019

Dom Bairo

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D.O.M. Bairo "l'Uvamaro" è uno storico amaro italiano a base di vino, noto negli anni settanta ma da tempo non più in produzione. Il nome iniziale stava a significare Deo Optimo Maximo, ma venne successivamente (1974) trasformato in Don Bairo poiché veniva comunemente chiamato in questo modo (complice il personaggio degli spot pubblicitari).

Cenni storici
La sede della distilleria era in origine a Bairo, nella regione Canavese del Piemonte. La ricetta originale del medico (archiatra) Pietro Michaeli, più noto come Pietro Bairo, risale al Quattrocento (1452) e fu in seguito ripresa dalla ditta Buton per produrre l'amaro su scala industriale.

Caratteristiche
L'amaro era a base di vino, che veniva aromatizzato con diverse erbe e radici aromatiche.

Degustazione
I consigli per la degustazione riportati sulla bottiglia dell'amaro recitavano testualmente:
Lo moderato usaggio donerà vieppiù sana consolazione et buonumore. Pigliato avanti e dopo 'l pasto et etiam a tute ore de la giornata.

Pubblicità
L'amaro fu pubblicizzato da una nota serie di spot di Carosello, Le avventure di Cimabue. Il protagonista era un fraticello di nome Cimabue che, per i molti errori commessi, veniva sempre canzonato dai confratelli che, cantando, intonavano in coro Cimabue, Cimabue, fai una cosa, ne sbagli due. La sua consueta replica, anch'essa al tempo passata nel parlare comune, era: Ma che cagnara, sbagliando si impara!.
Lo spot andò in onda tra il 1972 e il 1977 ed era basato su una animazione realizzata graficamente da Paolo Piffarerio per la Gamma Film.

lunedì 2 settembre 2019

Mulsum

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Il mulsum è una bevanda, ottenuta miscelando vino e miele, tipica dell'antica Roma.

Storia
Era in genere la bevanda offerta all'inizio della cena romana in concomitanza con la "gustus", quella che definiremmo la portata degli antipasti.
Anche per il mulsum esistevano diverse modalità di produzione e categorie qualitative del prodotto.
Il miglior mulsum era ottenuto dal mosto derivante dal non completo schiacciamento di uve provenienti da viti coltivate presso alberi e vendemmiate in giornate secche. A cinque parti di mosto si aggiungeva una parte di miele; dopo accurata agitazione la miscela veniva posta in un vaso che, chiuso, si lasciava a riposo per almeno un mese per essere filtrato e posto di nuovo a riposare.
Oltre che come bevanda, il mulsum era utilizzato come "medicina", ad esempio consumato caldo contro i dolori di stomaco, come stomachico, come corroborante.

domenica 1 settembre 2019

Pisco (distillato)

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Il pisco è un'acquavite sudamericana tutelata da due denominazioni di origine, ricavata dalla distillazione di vino bianco e rosato, aromatico e non. È una bevanda nazionale solo in Perù e Cile.
Pur essendo un distillato di vino, non appartiene alla famiglia dei brandy perché non subisce invecchiamento.
L'Italia non riconosce tutela a questa denominazione per ragioni di commercio internazionale.

Storia
Vicino a Lima si trova il porto peruviano di El Callao, del quale si narra che nell'Ottocento le navi mercantili non ripartissero senza aver fatto un buon carico di un'ottima acquavite della città di Pisco, che ha dato il nome a questo distillato.
Si vuole che l'uva dalla quale deriva fosse già coltivata al tempo degli Inca, ma l'ipotesi più credibile è quella avanzata nel 1595 dal mercante fiorentino Francesco Carletti, il quale sosteneva che l'uva fosse stata portata in Perù dagli spagnoli, dato che il loro vino non avrebbe resistito alla traversata dell'Atlantico per giungere in Sud America, o comunque i costi di trasporto sarebbero stati proibitivi.
Perù e Cile disputano sulla denominazione di origine, poiché i due paesi sudamericani sono entrambi produttori di pisco. Il Perù afferma che il distillato dev'essere considerato esclusivamente peruviano, essendo originario di Pisco (città che esiste ancora prima della scoperta dell'america); il Cile non si oppone a questo argomento visto che tra i suoi confini esiste dal 1936 una città con il nome di "Pisco Elqui", ma pretende che il termine pisco sia riferito unicamente alla bevanda da lungo tempo prodotta anche nel loro paese.

Metodi e zone di Produzione
Zone di produzione del Pisco peruviano e cileno (in rosso). In verde la zona di produzione del Singani, analoga acquavite prodotta in Bolivia.
Pisco Peruviano
Il pisco si distilla con alambicco continuo o discontinuo da vino di uva moscata chiamata anche Italia, e da altre uve, coltivate sia nella regione di Ica che in altre aride valli costiere del Perù meridionale. La gradazione alcolica va dal 40 al 50 percento.

Pisco Cileno
In Cile il pisco viene prodotto nella zona centro-settentrionale del paese. Le zone di produzione si trovano lungo la costa oceanica.

Classificazione e denominazioni
Pisco peruviano
Le qualità prodotte si distinguono in quattro categorie:

Pisco Puro (da uve non aromatiche)
Pisco Aromatico (da uve aromatiche)
Pisco Acholado (mescolanza dei due precedenti)
Pisco Mosto Verde (da mosto a fermentazione incompleta)

Pisco cileno
In Cile le varietà prodotte si distinguono secondo gradazione alcolica:

Pisco Tradicional o Corriente - 30°
Pisco Especial - 35°
Pisco Reservado - 40°
Gran Pisco - 43°
Usi e degustazione
Pisco sour (cocktail)
La degustazione liscia del pisco viene detta trago corto, e consiste nel sorseggiarlo e trattenerlo in bocca qualche secondo prima della deglutizione, in modo da apprezzarne il bouquet.
Il pisco viene utilizzato anche nella preparazione di cocktail tra i quali il chalaquito ed il più noto pisco sour; quest'ultimo prevede l'aggiunta di succo di lime, ghiaccio, sciroppo di zucchero e albume d'uovo.
Si usa anche mischiato alle bevande come la Coca-Cola col nome di piscola, diffusa in Cile soprattutto tra i ragazzi, e talvolta con la Sprite, che rendono il pisco più leggero e meno amaro.

Consumo
Fra i consumatori noti di pisco vi erano Orson Welles e John Wayne.

sabato 31 agosto 2019

Vin Mariani

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Il Vin Mariani nacque nel 1863 grazie al chimico francese Angelo Mariani, la composizione originale erano foglie di coca del Perù lasciate a macerare nel vino Bordeaux rosso per dieci ore. Nel 1880 cominciò la produzione industriale della bevanda a Neuilly-sur-Seine con 60 g di foglie di coca peruviane lasciate a macerare per dieci ore prima nel Bordeaux e poi nel Cognac a cui veniva aggiunto il 6% di zucchero nelle bottiglie da 50 cl. La bevanda venne commercializzata in tutto il mondo ma a inizio '900 fu vietata in Italia e dal 1930 anche in Francia; nel 2017 un suo discendente ha prodotto ad Ajaccio una sua variante con foglie di coca boliviane lasciate a macerare per dieci ore nel vino Vermentino della Corsica. La coca per essere venduta in Europa è privata degli alcaloidi psicotropi (come l'aroma 7X della moderna Coca Cola).
Il Vin Mariani ispirò nel 1886 John Stith Pemberton ad inventare una sua variante, la Coca Cola.

Storia
Nel 1859, Paolo Mantegazza pubblicò negli Annali universali di medicinadi Milano lo studio Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e sugli alimenti nervosi in generale, primo testo del genere, il cui successo in Italia e all'estero fece da apripista alla commercializzazione di prodotti a base di cocaina.
Questo vino arricchito di cocaina fu particolarmente apprezzato dai papi Leone XIII, Benedetto XV e Pio X, che ne furono così entusiasti che, in segno di approvazione ufficiale, lo insignirono di tre medaglie d'oro speciali. Il ritratto di Leone XIII comparve quale "testimone d'alto rango" su alcuni manifesti ed inserzioni che Mariani aveva ordinato per pubblicizzare il prodotto.

Pubblicità di Vin Mariani con Papa Leone XIII
Fra il 1870 ed il 1913, Mariani ebbe, fra i suoi innumerevoli clienti di tutto il mondo, ben sedici fra re e regine, dallo zar di Russia al principe di Galles ed oltre un migliaio di altre celebrità, da Sarah Bernhardt a J. J. Thomson, da Émile Zola a Charles Gounod, da Herbert George Wells al presidente statunitense William McKinley. Famosi o sconosciuti, questi clienti compravano (o spesso, se erano proprio importanti, ricevevano in omaggio) il suo famoso “Vino Tonico Mariani alla coca del Perù”. Infatti in un'epoca di arretratezza della medicina, i "vini medicinali" erano fra i rimedi più diffusi.

Tenore alcolico e presenza di cocaina

Il Vin Mariani conteneva da 150 a 300 mg/l di cocaina e un bicchiere 25-50 mg/l, ogni oncia (circa 28 ml) conteneva 6,5 mg di cocaina e un volume alcolico dell'11%, mentre secondo Mariani era del 17%.


 
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