sabato 10 febbraio 2024

Alchermes: l'elisir rosso che ha conquistato papi, regine e pasticceri

 


Profumato, speziato e dal colore inconfondibile, l'alchermes è un liquore che attraversa la storia con la stessa eleganza con cui bagna i dolci della tradizione italiana. Dalla sua origine come tintura per tessuti all'ascesa sulle tavole rinascimentali, questo elisir ha affascinato papi, regine e appassionati di pasticceria, mantenendo ancora oggi il suo ruolo di protagonista nelle specialità dolciarie del Bel Paese.

Le radici di questo liquore affondano nella Mesopotamia del II millennio aC, dove si estraeva una tinta rossa da un tipo di cocciniglia, il Kermes vermilio. Questa pratica si diffuse poi in Persia, dove nel IX secolo un medico trasformò la preziosa tintura in una bevanda ricostituente, mescolandola con ingredienti esotici come acqua di rose, ambra grigia, oro in foglia, perle tritate e aloe. All'epoca, la linea tra medicina e liquoreria era sottile, e l'alchermes divenne noto per le sue presunte proprietà benefiche. Il nome stesso è un'eredità linguistica che attraversa secoli e culture, derivando dal sanscrito krmi-ja , poi evolutosi nell'arabo al-qirmiz e infine nello spagnolo alquermes sotto il dominio arabo.

Giunto in Europa nell'VIII secolo aC, il pigmento a base di kermes venne impiegato dai Greci e dai Romani per tingere le toghe dei senatori, un simbolo di potere che nei secoli successivi avrebbe dato origine alle tonalità del cremisi e del carminio. Ma fu in Italia che il liquore alchermes trovò la sua vera consacrazione. Arrivato in Toscana grazie ai monaci spagnoli, se ne attesta la produzione già nel 1233 presso le suore dell'Ordine di Santa Maria dei Servi a Firenze.

Nel 1743, fra' Cosimo Bucelli, frate domenicano e direttore dell'Officina della Farmacia di Santa Maria Novella, adattò la ricetta originale sostituendo la cocciniglia orientale con quella locale e semplificando gli ingredienti più costosi. Il risultato fu un liquore più accessibile ma altrettanto raffinato, composto da alcol a 95°, zucchero, scorza d'arancia, lamponi, vaniglia, anice, acqua di rose e spezie come cannella, cardamomo e chiodi di garofano. Il liquore divenne celebre alla corte dei Medici, tanto che Papa Clemente VII lo definì “elisir di lunga vita”.

L'alchermes si diffonde rapidamente, trovando spazio non solo nei banchetti aristocratici ma anche in pasticceria. Tra i dolci che ne fanno uso spiccano la zuppa inglese, lo zuccotto, la diplomatica, le castagnole e le celebri pesche di Prato. Quest'ultimo dolce, nato nel 1861 per celebrare l'Unità d'Italia, rischiava di cadere nel dimenticatoio finché il Maestro pasticcere Paolo Sacchetti non ne recuperò la tradizione, perfezionando una bagna segreta a base di alchermes per esaltarne il sapore.

Ancora oggi, la Farmacia di Santa Maria Novella continua a produrre l'alchermes secondo la ricetta del 1743, affinando il liquore in botti di rovere per sei mesi. La sua versatilità va oltre la pasticceria: è un ingrediente chiave nella mixology, un tocco audace in alcuni piatti salati e perfino un colorante naturale per la mortadella di Prato e il celebre Campari.

E se al di fuori dell'Italia è difficile reperirlo, la soluzione è semplice: farselo in casa. Con una preparazione basilare a base di acqua, zucchero e alchermes, basta armarsi di pazienza e attendere due settimane per lasciar riposare la miscela, permettendo ai sapori di fondersi perfettamente. Così, lontano anche dalle botteghe storiche fiorentine, è possibile assaporare il fascino di un elisir che continua a incantare generazione dopo generazione.

Oltre al suo utilizzo nella tradizione dolciaria, l'alchermes si è guadagnato un posto d'onore anche nella cultura popolare e nell'artigianato liquoristico italiano. La sua presenza nelle case delle nonne e nelle pasticcerie storiche ne ha fatto un simbolo di continuità tra passato e presente, un ponte tra la raffinatezza delle corti rinascimentali e il calore delle cucine domestiche.

Ma il futuro di questo antico elisir è ancora tutto da scrivere. Se da un lato il gusto per la tradizione lo mantiene saldo nelle preparazioni classiche, dall'altro le nuove tendenze gastronomiche lo stanno riscoprendo in chiave innovativa. Chef e mixologist lo utilizzano per dare un tocco aromatico a piatti salati o per creare cocktail dal sapore unico, mentre artigiani del gusto ne sperimentano versioni moderne con ingredienti biologici o varianti a gradazione alcolica ridotta per soddisfare le esigenze di un pubblico più ampio.

Un caso esemplare è rappresentato dalla sua integrazione in rivisitazioni contemporanee della pasticceria italiana. Pensiamo ai dessert monoporzione ispirati alla zuppa inglese, ai gelati gourmet arricchiti dalla sua nota speziata o persino alla sua applicazione in dolci vegani, dove viene impiegato come aroma naturale per compensare l'assenza di ingredienti tradizionali.

Allo stesso tempo, l'interesse crescente verso la liquoristica artigianale sta riportando in auge la produzione casalinga dell'alchermes, con ricette personalizzate che giocano sulle proporzioni delle spezie e sulla qualità dell'alcol utilizzato. Questo fenomeno è una dimostrazione di come, nonostante i secoli trascorsi, l'alchermes continua ad esercitare il suo fascino, adattandosi ai tempi senza mai perdere la propria identità.

E così, mentre i laboratori della Farmacia di Santa Maria Novella proseguono nella produzione secondo la ricetta segreta del 1743, nelle pasticcerie e nei bar di tutto il mondo si continua a sperimentare, celebrando un liquore che ha attraversato millenni e che, ancora oggi, tinge di rosso la storia della gastronomia italiana.

Il fascino dell'alchermes, infatti, non risiede solo nel suo sapore o nella sua straordinaria versatilità in cucina e pasticceria, ma anche nel valore storico e simbolico che porta con sé. Ogni goccia di questo liquore racchiude secoli di tradizioni, segreti custoditi nelle antiche farmacie monastiche e il gusto raffinato di coloro che, nel tempo, ne hanno apprezzato l'eleganza.

Oggi, mentre il mercato dei liquori artigianali è in continua espansione e i consumatori sono sempre più attenti alla qualità e alla provenienza degli ingredienti, l'alchermes si trova in una posizione privilegiata per una rinascita su larga scala. Il suo legame con la storia della Farmacia di Santa Maria Novella e con la tradizione toscana lo rende un prodotto di nicchia, ma con il potenziale per affascinare anche le nuove generazioni di appassionati di enogastronomia.

Proprio per questo, diverse aziende stanno iniziando a riproporre varianti del liquore, puntando su materie prime di eccellenza e metodi di produzione che rispettano la ricetta originale pur adattandola ai gusti moderni. Alcune distillerie artigianali, per esempio, stanno sperimentando l'uso di ingredienti biologici, riducendo la quantità di zucchero o affinando il prodotto in botti di legno per conferirgli un profilo aromatico più complesso.

Parallelamente, il mondo della mixology sta riscoprendo l'alchermes come ingrediente per cocktail dal carattere deciso e speziato. Bartender di fama internazionale lo stanno utilizzando per creare drink innovativi, abbinandolo a distillati pregiati come il whisky o il rum in ricette che giocano sui contrasti tra dolcezza e intensità speziata.

Ma forse il segreto del suo successo è proprio la capacità di evocare un'epoca lontana con un solo sorso. Bere alchermes non significa solo assaporare un liquore raffinato, ma immergersi in un viaggio sensoriale che porta con sé l'eleganza delle corti rinascimentali, il mistero delle antiche farmacie e il calore delle pasticcerie tradizionali.

Che sia gustato puro, utilizzato nella preparazione di dolci iconici o reinterpretato in chiave contemporanea, l'alchermes continua a dimostrare che la sua storia non è affatto conclusa. Al contrario, con il crescente interesse per i sapori autentici e la riscoperta delle antiche ricette, questo elisir rosso potrebbe presto conoscere una nuova epoca d'oro, conquistando non solo chi ama la tradizione, ma anche chi cerca nell'arte del bere un'esperienza che unisca passato, presente e futuro.




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