venerdì 25 settembre 2020

Un alcolico con un nome curioso

 Non dovrebbe sembrare curioso, ed invece quello della vodka è un nome che nasconde un fondo di curiosità.

Sembra infatti che l'etimologia del nome sia piuttosto incerta, in parallelo con l'origine della bevanda alcolica, contesa tra Russia e Polonia. Ad ogni modo, secondo le fonti più accreditate, sembra che il nome derivi da una crasi della lingua russa, in cui sono stati uniti due elementi distinti.

In russo, "vodka" significa fondamentalmente "piccola acqua", o "acquetta". La parola per acqua è "voda" e "ka" è un finale diminutivo.

Un nome che sembra suggerire una razione piccola di acqua, ma che a conti fatti è ben altro…!



giovedì 24 settembre 2020

Caffetteria

Risultati immagini per Caffetteria



Una caffetteria, o più tradizionalmente caffè, e anticamente bottega del caffè (francese/portoghese: café, spagnolo: cafetería, inglese: café o coffee house, tedesco: café o kaffeehaus, turco: kahvehane), è un locale che serve essenzialmente caffè ed altre bevande calde.
Esso ha alcune caratteristiche comuni sia ad un bar che ad un ristorante. Come suggerito dal nome la sua funzione essenziale è quella di servire caffè, tè e altre bevande come tisane, oltre che dolci da accompagnare alle bevande come biscotti, paste secche e piccole paste salate. In molte caffetterie nel mondo islamico, e nei quartieri arabi di alcune capitali occidentali, viene offerta la shisha, polvere di tabacco fumata tramite il narghilè.
Nei Paesi Bassi e specialmente ad Amsterdam i café sono dei locali dove si beve soprattutto birra, mentre nelle koffiehuis può essere fumata anche la cannabis. Dal punto di vista culturale, i caffè sono dei centri di intrattenimento sociale in cui persone o piccoli gruppi possono conversare, leggere, ascoltare musica passando il tempo piacevolmente.

Storia

Le origini

Sin dal XVI secolo, le caffetterie (al-maqhah in arabo, qahveh-khaneh in persiano e Kahvehane o kıraathane in turco) hanno assolto la funzione di luogo di intrattenimento socializzante nelle regioni del medio oriente dove gli uomini si riunivano per consumare caffè o tè, ascoltare musica, leggere, giocare a scacchi o a backgammon e per ascoltare narrazioni dal Mu'allaqat o dallo Shahnameh. Alla Mecca questi locali (il primo vi fu aperto intorno al 1500) divennero sede di dibattiti politici e fonte di preoccupazione per le autorità religiose islamiche, che li vietarono dal 1512 al 1524. Nel 1530 venne aperto il primo locale a Damasco e poco dopo vennero aperti numerosi locali anche al Cairo.
Numerose leggende riferiscono l'introduzione del caffè a Costantinopoli ad un locale chiamato "Kiva Han" nella seconda metà del Quattrocento, esse tuttavia non trovano riscontri documentali. Si ritiene invece che il primo locale da caffè della capitale ottomana abbia aperto nel 1554. Nel XVII secolo il caffè apparve per la prima volta in Europa al di fuori dell'Impero Ottomano attraverso i porti del Mediterraneo che commerciavano con l'Impero Ottomano, come Venezia e Marsiglia, e attraverso i porti del Mare del Nord che dominavano il commercio mondiale, come Londra e Amsterdam, e vennero presto aperti diversi caffè che divennero subito molto popolari.
Il primo locale di questo genere di cui si ha notizia fu aperto intorno al 1640 a Venezia, in funzione dei traffici commerciali esistenti fra la Serenissima ed il mondo Ottomano. In Inghilterra vi arrivò circa dieci anni dopo e la prima coffee house, The Angel, venne aperta a Oxford da un ebreo nell'edificio ora conosciuto come "The Grand Cafe".
Una targa posta sulla parete commemora ancora oggi questo evento. Nella stessa città il Queen's Lane Coffee House, aperto nel 1654, esiste ancora ai giorni nostri. A Londra, la prima coffee house venne aperta nel 1652 in St Michael's Alley a Cornhill. Il proprietario era Pasqua Rosée, un levantino al servizio di un commerciante con la Turchia, che importava il caffè e che collaborò all'apertura del locale.
Nel 1654 aprì il primo caffè francese, a Marsiglia e nel 1660 ne aprì uno a Lione. Nel 1672 aprì anche il primo café di Parigi ad opera del già citato Pasqua Rosée, seguito nel 1681 dal futuro Café de la Régence. Nel 1686 il siciliano Francesco Procopio dei Coltelli inaugurò il Café Procope sito di fronte alla sede di allora della Comédie Française. Nel 1664 aprì la prima koffiehuis olandese, all'Aia, seguita da un'altra ad Amsterdam nel 1666. Nel 1670 Boston ebbe la sua prima coffee house.
Nel 1673 aprì la prima Kaffeehaus nell'attuale Germania e precisamente a Brema. Nel 1697 nella stessa città aprì il caffè Schütting sulla Marktplatz. Nel 1677 aprì la prima Kaffeehaus di Amburgo. Il primo caffè di Vienna è stato aperto dall'armeno Johannes Theodat (detto anche Johannes Diodato o Owanes Astouatzatur) nel 1685. Quindici anni dopo, quattro caffè di proprietà di greci hanno avuto il privilegio di servire il caffè.
La storia tradizionale sull'origine dei caffè viennesi racconta che, quando i Turchi vennero sconfitti nella Battaglia di Vienna nel 1683, vennero trovati sul campo di battaglia misteriosi sacchi di fagioli verdi. Tutti i sacchi di caffè trovati vennero dati al vittorioso re di Polonia Giovanni Sobieski, che li diede a sua volta ad un suo ufficiale di nome Jerzy Franciszek Kulczycki, il quale avrebbe aperto la prima caffetteria a Vienna con quella scorta avuta dal suo sovrano. Tale storia è ormai appurato essere una leggenda.

Il Settecento

Il Settecento fu il "periodo d'oro" dei caffè europei: essi erano il ritrovo della emergente borghesia in opposizione ai salotti aristocratici ed ovviamente alle osterie e birrerie popolari. I caffè furono quindi i luoghi centrali nella vita commerciale e culturale delle città europee, dove si svilupparono i principali aspetti della società borghese, dall'economia capitalistica alla filosofia illuministica. Nel 1739 si contavano ben 551 coffee house nella sola città di Londra: come scrisse l'Abbé Prévost, i caffè erano luoghi "dove ognuno aveva il diritto di leggere tutti i giornali, filo e anti governativi, e dove era di casa la libertà inglese".
Ognuno di essi richiamava una determinata categoria di frequentatori come ad esempio i simpatizzanti dei Tory oppure quelli del Whig, mercanti ed uomini d'affari, avvocati, librai e scrittori. Fra i caffè della City of London alcuni sono alle origini delle locali istituzioni finanziarie. Infatti i Lloyd's di Londra ebbero la loro origine in una coffee house gestita da Edward Lloyd in Lombard Street, dove i sottoscrittori di assicurazioni sulle spedizioni navali, si incontravano per discutere i loro affari. Analogamente, la en:Jonathan's Coffee-House di en:Exchange Alley nel 1698 presentò una lista dei titoli che evolse poi nel London Stock Exchange.
I caffè letterari erano nei pressi di Covent Garden, vi si riunivano personaggi come John Dryden e Alexander Pope (al Will's), come Jonathan Swift e Daniel Defoe (allo Smyrna), come Joseph Addison (che poneva la redazione de The Spectator al Button's) o Richard Steele che invece scriveva The Tatler al Grecian. Intorno alla metà del XVIII secolo sorsero i club per gentiluomini, che tanto spazio hanno avuto nella letteratura dei secoli seguenti. Essi finirono con l'entrare in concorrenza con le coffee house sottraendo loro i frequentatori appartenenti alle classi superiori ed alla nobiltà, e determinando la chiusura di molte di esse. La più antica coffee house londinese oggi esistente è il già menzionato Grecian, presso lo Strand, dove nel Settecento si riunivano gli Whigs ed i membri della Royal Society.
Alla fine del Settecento a Parigi c'erano quasi 3.000 cafés. Fra di essi il Café Procope è tuttora in attività. Esso fu il più famoso luogo di incontro dell'Illuminismo: Voltaire, Rousseau e Diderot lo frequentarono ed in particolare era il ritrovo abituale degli enciclopedisti. Vennero al Procope anche Benjamin Franklin e Thomas Jefferson durante i loro soggiorni parigini in cerca di appoggi alla causa dell'indipendenza americana. Durante la Rivoluzione Francese il Procope fu un ritrovo dei Cordiglieri, fra cui Danton e Marat. Altri ritrovi degli illuministi e dei rivoluzionari furono il Café de la Régence, descritto da Diderot ne Il nipote di Rameau e frequentato da Robespierre e Napoleone, ed il Café de Foy, entrambi chiusi nella prima metà del secolo successivo.
Anche i caffè italiani furono luogo di discussioni letterarie e politiche, tanto che la più importante rivista dell'Illuminismo italiano si chiamava proprio Il Caffè. Questa fu fondata e in buona parte scritta da Pietro Verri ispirandosi alle citate riviste londinesi e imitava la discussione in un caffè. I locali italiani, però, a differenza di quelli inglesi e francesi, erano frequentati anche dalla nobilità. Piuttosto, in alcune città c'era un caffè degli aristocratici e altri della borghesia.
Nel 1720 apriva, a Venezia, quello che è attualmente il più antico caffè operante in Italia, il Caffè Florian di Piazza San Marco, frequentato anche da Carlo Gozzi, Francesco Algarotti, Antonio Canova, Carlo Goldoni e Giacomo Casanova. Successivamente, nel 1733 nasceva a Firenze il Caffè Gilli, il più antico locale della città. Nel 1760 veniva fondato l'Antico Caffè Greco di Roma, così chiamato perché fondato da un levantino. Nel 1772 apriva il Caffè Pedrocchi di Padova e nel 1775 il Caffè dell'Ussero di Pisa, ritrovi dei professori e degli intellettuali di queste due città universitarie. Nel 1775 iniziava l'attività anche il Caffè Quadri di Venezia, fondato da un immigrato di Corfù allora soggetta alla Serenissima, e nel 1780 il Caffè Fiorio di Torino: essi divennero i ritrovi dell'aristocrazia nelle rispettive città.
L'atmosfera dei caffè veneziani è stata immortalata ne La bottega del caffè di Carlo Goldoni, in cui vengono descritti, come in tante opere del commediografo veneziano, i rapporti fra borghesi in ascesa (fra cui lo stesso gestore della bottega) e nobili decadenti. In Germania i caffè non ebbero un significativo ruolo letterario e filosofico. Il titolo di più antico caffè tedesco in attività se lo contendono lo Zum Arabischen Coffe Baum di Lipsia (1711, ma forse più antico) ed il Café Prinzess di Ratisbona (1686). Infine, il più antico caffè svedese è Sundbergs di Stoccolma, aperto nel 1785.
In molti paesi europei alle donne era vietato l'ingresso nei caffè: in Germania era loro consentita la frequentazione, ma in Francia ed in Gran Bretagna alle signore era vietato entrare in questi locali. In proposito vi sono testimonianze artistiche e letterarie. Émilie du Châtelet, ad esempio, doveva vestirsi da uomo per frequentare i caffè letterari.
Analogamente, in una famosa incisione di un café parigino del 1700 circa, i gentiluomini appendono i loro cappelli e siedono in un tavolo comune depositandovi sopra carta e penna. Le tazze per il caffè sono disposte sul camino dove è appeso un grosso paiolo di acqua bollente. L'unica presenza femminile nel locale è data da una ragazza sita in una cabina, munita di baldacchino, che serve il caffè in capienti tazze. Invece a Venezia le signore frequentavano abitualmente i caffè, tanto che Stendhal arrivando a Padova e vedendovi le donne sedute ai tavolini disse che si respirava già un'"aria veneziana".

L'Ottocento

Durante la Restaurazione i caffè continuarono ad essere luoghi di discussioni. Ebbero, tuttavia, caratteristiche diverse da prima: innanzitutto vi si parlava di più di politica e meno di affari e di cultura. Inoltre, ormai anche l'aristocrazia, ed in generale i reazionari filogovernativi, frequentavano questi locali. Dall'altra parte chi era critico verso il regime tradizionale ormai non si limitava più ad elaborare una nuova cultura, ma cominciava ad elaborare progetti di rovesciamento politico. Si ebbe così una polarizzazione dei caffè: in molte città ce n'era uno "conservatore" ed uno frequentato dai cosiddetti "patrioti" o "cospiratori", secondo il punto di vista.
Così a Venezia Quadri era il ritrovo degli ufficiali della guarnigione austriaca e Florian quello dei "patrioti" (vi furono addirittura adagiati i feriti durante la caduta di Venezia del 1849); mentre a Torino Fiorio era il caffè dei "codini" (e dei moderati come Cesare Balbo, Giacinto Collegno, Santorre di Santarosa) e il nuovo Caffè San Carlo quello dei liberali come D'Azeglio e Cavour. A Milano, invece, i nobili che si ritrovavano al nuovo Caffè Cova erano anche i capi dei patrioti. All'inizio del nuovo secolo aprì a Berlino, in Potsdamer Platz, il Café Josty, che fu per un secolo il ritrovo degli intellettuali locali.
Alla metà del secolo, con il trionfo definitivo della borghesia, anche i caffè cambiarono completamente il loro ruolo sociale. Essi divennero dei luoghi molto più rilassati, dove godersi la vita o cercare una pausa di tranquillità. Ormai non solo le signore erano ammesse nei caffè, ma anzi ne divennero tipiche clienti. A partire dal 1846 aprirono così molti nuovi caffè eleganti in tutta Europa, soprattutto lungo i viali alberati delle circonvallazioni, che proprio in quegli anni venivano aperte al posto dei "bastioni" demoliti per allargare le città.
In questo periodo nacquero i caffè viennesi con la loro atmosfera tranquilla ed i loro rituali. Questi locali invogliano i clienti con una grande varietà di bevande al caffè (a partire dal cappuccino che i Viennesi rivendicano come loro invenzione) e con le creazioni della pasticceria viennese. Ma ancora più tipica è la presenza di numerosi giornali, chiusi nell'apposito bastone, a disposizione degli avventori. Fra i più famosi caffè viennesi possiamo ricordare Prückel e Landtmann (il caffè preferito da Freud) affacciati sul Ring, ed inoltre Sacher e Demel, noti soprattutto come pasticcerie, ed il Café Central, che era il caffè letterario, frequentato fra gli altri da Hugo von Hofmannsthal, Karl Kraus, Franz Werfel, Stefan Zweig, Alfred Adler, Theodor Herzl, Trotsky. Locali analoghi aprirono anche nelle altre città dell'Impero Austroungarico: Praga, Budapest, Leopoli e Trieste. Fra i caffè storici di quest'ultima città ricordiamo almeno il Caffè Tommaseo ed il Caffè Pasticceria Pirona.
L'altro "modello" di caffè europeo, il più imitato all'estero, fu quello dei caffè parigini che hanno grandi vetrine e terrasses dove sedere indisturbati al tavolino per un paio d'ore, osservando la vita cittadina. Nella Parigi del Secondo Ottocento i caffè più eleganti ed alla moda erano quelli del Boulevard des Capucines e del Boulevard des Italiens: il Café Tortoni (aperto a inizio Ottocento da una famiglia romana), il Café de la Paix di fronte all'Opéra, il Café Américain, il Café Anglais. Essi erano anche ristoranti raffinati e perciò classici per la cena dopo teatro. Oggi di tutti questi locali sopravvive solo il Café de la Paix che è stato dichiarato monumento nazionale. Gli artisti ed i letterati si incontravano, invece, in locali più modesti, come il Café Voltaire ed il Café Momus, in cui è ambientato anche il secondo quadro de La Bohème di Puccini.
In Italia furono soprattutto le piazze a riempirsi dei tavolini dei caffè: sotto i portici della piazza principale di tante città e cittadine esercitavano la propria attività almeno due caffè "rivali", i cui nomi si ripetevano simili da una cittadina all'altra, come "Caffè Nazionale" e "Caffè Commercio". Fra i più famosi caffè di quest'epoca non possiamo non citare Baratti & Milano e Platti a Torino; Kleinguti e Mangini a Genova; Biffi a Milano; Paszkowski, Le Giubbe Rosse e il Caffè Michelangiolo a Firenze, tutti e tre ritrovi d'intellettuali ed artisti; il Caffè Meletti di Ascoli Piceno con la sua famosa anisetta; il Caffè Aragno, luogo d'incontro dei letterati della Capitale; il Gambrinus a Napoli.
Nel 1858 fu fondato a Buenos Aires il café Tortoni, al numero 825 dell'Avenida de Mayo. Rimane probabilmente il più bel caffè all'europea fuori d'Europa. Nella saletta interna avvengono tuttora incontri letterari. Successivamente furono aperti in Spagna il Café Zurich di Barcellona nel 1862 ed il Cafè Gijón di Madrid nel 1888, che sono oggi delle autentiche istituzioni. Nell'Inghilterra Vittoriana, infine, in controtendenza rispetto al Continente, le coffee houses furono realizzate dal temperance movement e destinate alla classe operaia, allo scopo di dare a queste persone una valida alternativa per il tempo libero rispetto alle bevande alcooliche servite nei pub.

Il Novecento

Nel corso del Novecento i caffè hanno sostanzialmente conservato il loro ruolo, divenuto peraltro un po' retrò, con alcune differenze da nazione a nazione: in Italia nei primi decenni del secolo sono stati aperti nuovi caffè oggi considerati "storici", mentre a Parigi negli stessi anni diversi locali famosi sono stati chiusi. Tuttavia, proprio in questa città non si può dire che i caffè abbiano perso importanza nel corso del XX secolo. Infatti, se è vero che molti locali eleganti della Belle Époque hanno chiuso prima della Prima guerra mondiale, è però vero che nella vita culturale parigina del Novecento i caffè hanno avuto un ruolo molto importante e i nomi di questi locali sono diventati famosi e sono oggi mete turistiche.
Questi locali si concentravano in due quartieri che hanno segnato la storia intellettuale di Parigi: Montparnasse ed il Quartier Latin. I locali di Montaprnasse, come le Dôme, la Closerie des Lilas, la Rotonde, le Sélect, la Coupole e Le Boeuf sur le Toit, furono i luoghi dove maturarono movimenti artistici come il cubismo, il fauvismo, il surrealismo e furono frequentati da personalità come Picasso, Modigliani, Chagall e Hemingway. I cafés del Quartier, come il Café de Flore e Les Deux Magots, ebbero invece carattere più filosofico e letterario, essendo frequentati soprattutto dagli esistenzialisti, da Jean-Paul Sartre, da Simone de Beauvoir, da Eugène Ionesco. Questi due caffè sono tuttora sede di due premi letterari per scrittori esordienti, che portano i loro nomi.
In Italia i caffè sono rimasti in auge fino alle soglie del "miracolo economico". Successivamente i caffè storici sono sopravvissuti, ma per qualche decennio non ne sono stati aperti di nuovi; mentre si affermavano altri tipi di esercizi, in particolare i bar, che (in Italia) sono specializzati nella preparazione del caffè espresso servito al bancone. Solo a partire dalla metà degli anni ottanta c'è stato un ritorno verso la tipologia del "caffè" tradizionale; tuttavia gli esercizi aperti dopo tale data hanno spesso adottato il nome di "caffetteria".
Negli Stati Uniti, sorsero dei negozi per la vendita del caffè espresso e delle paste, impiantati dalla comunità italo-americana immigrata nelle maggiori metropoli statunitensi quali New York (Little Italy e Greenwich Village), Boston (North End) e San Francisco (North Beach). Sia il Greenwich Village che North Beach sono stati in seguito i maggiori centri della Beat Generation, che si identificò perciò con questi locali. Anche imprenditori non italiani copiarono questo tipo di attività, che si diffuse soprattutto sulla West Coast.
Dalla fine degli anni cinquanta in poi, negli Stati Uniti, le coffee house divennero delle vere e proprie sale da concerto popolari dove un cantante, accompagnandosi con la sua chitarra, cantava musica folk. Importanti artisti come Joan Baez e Bob Dylan iniziarono la loro carriera esibendosi in questi locali. Il cantante blues Lightnin' Hopkins deplorò la scarsa applicazione della moglie alle attività domestiche attribuendola alla eccessiva frequentazione delle coffee house, nella sua canzone del 1969 dal titolo emblematico di Coffeehouse Blues.
In questo clima di "controcultura" nacque anche, nel 1971, Starbucks a Seattle. Tuttavia, questo imprenditore fondò una catena internazionale che standardizzò e diffuse in tutto il mondo la cultura del caffè della West Coast. Successivamente sono sorte altre simili catene di coffee shops. Nel 1992, in Inghilterra, nasce la AMT Coffee una rete di caffetterie situate preferibilmente vicino alle stazioni ferroviarie. Oggi sono presenti anche in Irlanda, Belgio e Germania.

Il Duemila

A cavallo tra il XX e il XXI secolo in viarie parti del mondo si è assistito alla nascita di caffetterie tematiche (come ad esempio in Giappone i Manga café dedicati ai fumetti o i Neko cafè che offrono invece ai clienti la possibilità di interagire con i gatti ospitati dal locale) e/o di caffè che oltre alle classiche consumazioni danno alla alla clientela la possibilità di accedere a servizi specifici (es. Internet cafè).



mercoledì 23 settembre 2020

Cocktail

Risultati immagini per Cocktail


Un cocktail è una bevanda ottenuta tramite una miscela proporzionata ed equilibrata di diversi ingredienti alcolici, non alcolici e aromi. Un cocktail ben eseguito deve avere struttura, aroma e colore bilanciati; se eseguito senza l'uso di componenti alcoliche viene detto cocktail analcolico.
Il cocktail può presentare all'interno del bicchiere del ghiaccio, non presentarlo affatto (come alcuni cocktail invernali quali i grog), oppure può essere solo raffreddato con del ghiaccio
Una classe particolare di cocktail è costituita dagli shot, piccoli cocktail che possono avere tutte le caratteristiche di un normale cocktail e sono serviti in due tipologie di bicchieri, gli shot e i bite.
Per prevenire l'abuso sia di nomi fittizi di cocktail sia di modifiche arbitrarie a cocktail conosciuti, l'International Bartenders Association ne ha codificati 77 a cui ogni anno si aggiungono o vengono eliminati altri cocktail.

Storia

La parola cocktail appare per la prima volta nell'edizione del 13 maggio 1806 del Balance and Columbian Repository che ne dava la seguente definizione:
(EN)
«"Cocktail" is a stimulating liquor composed of spirits of any kind, sugar, water, and bitters.»
(IT)
«Il "Cocktail" è una bevanda stimolante composta da superalcolici di vario tipo, zucchero, acqua e amari.»
(Balance and Columbian Repository)



Etimologia

L'etimologia del termine cocktail non è chiara, esistono tuttavia diverse ipotesi sulla sua origine:
  • potrebbe derivare dai termini inglesi cock (gallo) e tail (coda), forse per il fatto che verso il 1400 nelle campagne inglesi si beveva una bevanda variopinta ispirata ai colori della coda del gallo da combattimento;
  • potrebbe derivare dal termine francese coquetier, un contenitore per uova che veniva usato a New Orleans per servire liquori durante il XIX secolo;
  • potrebbe essere una distorsione dal latino [aqua] decocta, cioè acqua distillata;
  • potrebbe derivare dalla leggenda che narra di una nave di ricchi inglesi che, approdando in Sud America, festeggiavano bevendo liquori europei e succhi tropicali mescolati con una colorata piuma di gallo;
  • nel 1600-1700 i marinai inglesi approdavano nel porto di Campeche in Messico, dove veniva loro servita una bibita mista con all'interno una radice o erba che i locali in lingua spagnola chiamavano "coda da gallo" (cola de gallo). Da li cock-tail;
  • potrebbe derivare da una leggenda medioevale per la quale l'inizio della giornata era segnato dal canto del gallo, mentre la fine da una bevanda alcolica. Segnando la fine della giornata venne chiamata l'usanza "cock-tail", nonché coda di gallo.
La prima pubblicazione di una guida che includesse ricette di cocktail è del 1862: How to Mix Drinks; or, The Bon Vivant's Companion, del professor Jerry Thomas. Oltre alla lista delle solite bevande con mix di liquori, vi erano scritte 10 ricette che erano chiamate "Cocktails". L'ingrediente che differenziava i "cocktails" dalle altre bevande in questo compendio era l'uso degli amari, anche se questo tipo di ingrediente non si trova oramai quasi più nelle ricette moderne.
Durante il Proibizionismo negli Stati Uniti (1919-1933), quando il consumo di alcool era illegale, i cocktail erano comunque bevuti negli "speakeasies". Durante questo periodo la qualità dei liquori era scadente rispetto ai periodi precedenti, per questo motivo i baristi tendevano a mescolare i liquori con altri ingredienti. Proprio a questo periodo si fanno risalire le prime vere raccolte di ricette per cocktail dell'era moderna, soprattutto in Europa, con le 900 recettes de cocktail del 1927 a cura di Torelli (un barista di Parigi) e il The Savoy Cocktail inglese del 1931. Anche cinema e letteratura hanno contribuito al successo dei cocktail.

Preparazione

La preparazione di un cocktail, come per qualsiasi ricetta di cucina, comporta una serie di fattori: la variabile principale è costituita dagli ingredienti e la loro quantità, quindi le tecniche e gli strumenti di miscelazione ed infine la presentazione. Così dichiara la campionessa italiana Aibes Rita Russo, ideatrice del famosissimo cocktail "Elisir Mediterraneo" ideato per l'Expo 2015" di Milano.


Ingredienti

Gli ingredienti sono suddivisibili in tre categorie principali, ossia basi, coloranti ed aromatizzanti.
  • Base: la base è l'elemento intorno al quale si costituisce il cocktail, di solito si tratta di un distillato bianco (o scuro) che dà struttura alla bevanda. In base alla caratterizzazione del liquore si avranno basi neutre (es. vodka o rum), parzialmente caratterizzati (es. whiskey o cachaça) o fortemente caratterizzati (es. gin o tequila)
  • Aromatizzante: l'aromatizzante è l'elemento che arricchisce il ventaglio olfattivo e gustativo, liquori o creme sono generalmente quelli più usati che danno profumo e gusto.
  • Colorante: il colorante migliora il colore e la piacevolezza della bevanda; è un soft drink come cola, tonica, sciroppi, frutta. Nel cocktail ne influenza l'aspetto visivo e il gusto.
  • Decorazione: serve per migliorare l'impatto estetico della bevanda; alcune volte può anche variare l'aroma del cocktail, come ad esempio le "crustas", ossia zucchero o sale passati sul bordo del bicchiere inumidito. Solitamente si utilizza frutta (bucce o spicchi di agrumi, ciliegie sotto spirito, olive) o aromi (zucchero, sale, cacao, noce moscata).



Unità di misura

Il dosaggio degli ingredienti nelle ricette possono essere indicati con diverse unità di misura, a secondo della necessità, della tecnica e della nazione. Le principali unità di misura sono tre:
  • Centilitri (cl.): è l'unità di misura più precisa, in quanto permette dosaggi molto piccoli. Necessita del jigger, attrezzo che permette di misurare precisamente la razione di liquido, e dell'utilizzo del bicchiere adatto alla ricetta, in quanto ogni bicchiere ha una capacità standardizzata. È il dosaggio utilizzato nello stile classico, dall'IBA, dall'AIBES, e dall'AIBM.
  • Once (oz.): è l'unità di misura più quantizzata e rapida, ma meno precisa (un'oncia equivale a 3 cl.). Per calcolare l'oncia è possibile utilizzare il pourer, strumento utilizzato soprattutto nell'american bartending, stile che necessita di rapidità, ed utilizzata pertanto dai ricettari di tali categorie.
  • Decimi (x/x): è l'unità di misura più adattabile. Può essere espressa in decimi, terzi, quarti, quinti, mezzi e altre unità inferiori/superiori a seconda della ricetta. Nell'ambito del Barman classico l'AIBES ha iniziato ad usare la linea di ricette indicate in centilitri affiancata a quella decimale. I motivi del lento abbandono della notazione decimale vanno ricercati nella sua imprecisione e nel fatto che ogni bicchiere ha una capacità differente, e senza conoscerla a priori è impossibile realizzare un cocktail perfetto utilizzando il sistema in decimi, mentre il sistema in once e in cl non crea problemi di questo tipo.
Vi sono poi altre unità di misura scarsamente utilizzate (es. cucchiai/spoon, parti) a causa della bassa precisione, o utilizzati solo per specifici ingredienti (es. gocce per l'Angostura).

Tecniche di miscelazione

Ogni cocktail necessita di una tecnica particolare di preparazione, che valorizzi gli aspetti gustativi ed estetici finali caratteristici di ogni composto. Le tecniche principali sono:
  • Shaking (o Shakerato): gli ingredienti vengono inseriti in uno shaker pieno di ghiaccio e quindi mescolati tramite lo scuotimento dello strumento (la durata dell'agitazione deve essere intorno a 10-20 secondi). Questa tecnica permette, oltre la miscelazione di liquidi difficilmente miscibili, un'ossigenazione e abbassamento della temperatura rapida del liquido.
  • Stirring (o Mescolato): gli ingredienti vengono versati direttamente nel bicchiere o in un mixing glass e mescolati con uno stirrer o un cucchiaio da bar. Questa tecnica, utilizzata principalmente con ingredienti con densità simile, permette di mischiare dolcemente gli ingredienti mantenendo al contempo le note caratteristiche degli ingredienti ben distinguibili.
  • Mixing & Straining: gli ingredienti vengono mescolati in un mixing glass o shakerati (senza ghiaccio), quindi si filtra il composto con uno strainer nel bicchiere spesso precedentemente raffreddato. Questa tecnica permette di mescolare
  • Muddler (o Pestato): gli ingredienti solidi (Zucchero, frutta, herbe) vengono pestate con un muddler, per far fuoriuscire l'essenza.
  • Build: gli ingredienti vengono versati direttamente nel bicchiere. La variante del build è chiamato layer, esso prevede che gli ingredienti si versano in un bicchiere piccolo (solitamente shot) molto delicatamente, facendo in modo che i liquidi, che devono avere densità diverse, rimangano stratificati e non mescolati; solitamente, per semplificare il lavoro, i liquidi vengono versati sul dorso di uno stirrer o un cucchiaio da bar poggiato sul bordo del bicchiere.
  • Frozen: gli ingredienti vengono versati in un blender riempito di ghiaccio e frullati in modo da ricavare una bevanda simile ad un sorbetto o anche con consistenza liquida e vellutata.

Stile

Lo stile del barman/barista può essere:
  • Bartender
  • classico
  • flair bartender
Il primo si riferisce a una costruzione del cocktail basata su tecniche americane e misurazioni in once (1 oncia = 3cl) utilizzando un sistema di conteggio chiamato free pouring ed è utilizzato da barman che lavorano in locali affollati. Il secondo a un barman da hotel dove il lavoro è più lento e ci si concentra principalmente sulla qualità; l'ultimo si ispira ad un modello di barman acrobatico, il cui scopo è far da bere a un medio livello dando spettacolo con simpatici movimenti acrobatici. Il flair, sostanzialmente, si distingue in due tipologie: il Working Flair e l'Exhibition Flair. Il primo è quello è finalizzato alla preparazione di uno o più cocktail. L'Exhibition serve, invece, per attirare il cliente al banco eseguendo uno spettacolo acrobatico con bottiglie vuote. Esistono competizioni su scala mondiale di questa disciplina, dette appunto Flair competition.



Classificazione

I cocktail possono essere classificati in base a vari fattori caratterizzanti, tra i quali il momento del consumo, la presentazione, la capacità o la struttura. Ne risulta una serie di possibili categorizzazioni.

Momento del consumo

I cocktail vengono consumati solitamente nella seconda parte della giornata. La categorizzazione secondo il momento di consumo quindi si distingue principalmente sulla base dell'effetto dato all'organismo, dividendo i composti quindi il momento del consumo è distinto sulla base della cena:
  • Pre dinner: vengono serviti come aperitivi, dal latino aperire (aprire); molti sono caratterizzati dalla proprietà di stimolare la salivazione e, di riflesso, l'appetito. Salvo eccezioni, sono caratterizzati dalla prevalenza di aromi amareggianti. In Italia vengono spesso supportati da stuzzichini di contorno.
  • After dinner: serviti dopo cena, possono essere digestivi oppure sostituire e\o accompagnare un dessert. Sono caratterizzati dalla presenza di liquori e creme, una composizione olfattiva e gustativa complessa, abbinati spesso ad una componente alcolica decisa.
  • Any time: sotto questo termine vengono inseriti molti cocktail, dai sapori molto variegati ma accomunati da sapori spesso freschi e dissetanti, oppure dolci. Sono composti da una base alcolica molto variabile, l'uso di addolcitori, succhi di frutti o analcolici e spesso riccamente decorati. L'Highball rientra nella categoria dei Any time, in quanto presenta una presenza molto abbondante di componenti analcolici.
L'I.B.A. ha utilizzato questa categorizzazione fino al 2010.

Presentazione

I cocktail possono essere presentati, in base agli ingredienti ed alla tecnica di miscelazione in diversi stati:
  • Liquido: è lo stato principale dei cocktail, con o senza ghiaccio
  • Cremoso: contiene crema di latte, uova o un altro ingrediente che possa rendere il composto semifluido (succo di pomodoro, gelato, liquore cremoso)
  • Frozen: gli ingredienti sono frullati con ghiaccio, ricavando un composto simile ad un sorbetto o liquido.
  • Pestato: gli ingredienti sono pestati e serviti con ghiaccio tritato grossolanamente.

Capacità

I cocktail possono esser serviti in vari bicchieri
  • Shot: serviti in bicchieri da cicchetto
  • Short drink, se serviti nelle coppette da cocktail
  • Medium drink se serviti in tumbler bassi
  • Long drink se serviti in tumbler alti o altri bicchieri di alta capacità; con il termine si è passati anche ad indicare cocktail definiti più correttamente Highball, ossia bevande in cui la componente analcolica è superiore alla componente alcolica.

Struttura

La classificazione secondo la struttura è la più eterogenea e variabile fra tutte, in quanto basata sui sapori e sulla composizione. Dato che col tempo sono aumentati sia la disponibilità degli ingredienti che il consumo di cocktail, il numero di varianti è cresciuto considerevolmente, dando origine a molte classi, stili e famiglie.
Classe
Caratteristica
Stile (famiglia)
Ancestral, Sour & Julep
Sono accomunati dall'uso dello zucchero: gli ancestral contengono Soda, i sour limone o lime (chiamato Sweet & sour), i julep menta
  • Caribe (Caipi)
  • Collins
  • Fizz
  • Sling
Duo e Trio
I duo contengono un liquore e un distillato, i trio aggiungono un ingrediente cremoso come la crema di latte o la crema di whiskey
  • Cream & Cocoa
  • Dark drink
  • Gangster (Triade)
French-italian
Presenza di vino spumante e/o vermouth
  • Americani
  • Martinis
  • Sparkling
Highball, ormai sostituito dal Juice (Rock Alto) (Long Drink)
Presenza preponderante di analcolici
  • Cape Codder
  • Lemon drink
  • Tonic Drink
  • Cola Drink
  • Liquid Energy
  • Cooler
  • Tiki/Exotic/Tropical (Colada, OJ)
Hard Drink
Presenza preponderante o esclusiva di distillati
  • Iced tea
  • Pousse-caffè (B-50)
Snappers
Presenza di ingredienti sapidi quali succo di pomodoro o uova
  • Nogg & flip
  • Bloodies
Bowl
Presenza di frutta intera, zucchero e spezie. Spesso son serviti in grosse ciotole o caraffe
  • Punch
  • Cobbler
Orphan
tutti quelli che non rientrano in alcuna categoria
  • Albatros




martedì 22 settembre 2020

Milano é preoccupata sul protrarsi dello smart working

Qualche giorno fa sono stato in ufficio a Milano e verso le 11 mi sono preso un caffè nel solito bar.

Zona molto bella della città, locale normalmente sempre pieno, per le colazioni, per i pranzi, per i piatti da asporto e per gli aperitivi. Insomma, una piccola gallina dalle uova d'oro con 60 coperti e un bancone da sei metri. Quasi un ristorante più che è un bar!

Entro e lo trovo completamente vuoto, tranne per un signore anziano che stava leggendo il giornale. Al bancone c'è solo il proprietario, un ragazzo sotto i quaranta che normalmente veniva solo per le colazioni la mattina, per poi tornare alla sera, lasciando la gestione delle attività al fratello minore e agli otto (otto) dipendenti.

Non riesco a trattenermi e sgrano gli occhi dietro la mascherina.

Lui se ne accorge e mi dice che da quando ha riaperto dopo il lockdown, è cambiato tutto. Tutti gli uffici della zona sono ancora semideserti, quindi niente colazioni e niente pranzi. Per gli aperitivi non si fa vedere quasi nessuno, perché ormai non c'è più nessuno di passaggio che esca dalle palestre o dagli uffici. Lavorano tutti da casa e nessuno ha bisogno del caffè o di un tramezzino o di un piatto di insalata.

Dò un'occhiata al locale e di 60 coperti ne saranno rimasti una quindicina. Il bancone della colazione a buffet è sostituito da mensole su cui ha messo in vendita cioccolate e marmellate artigianali.

Mi dice molto candidamente che ha dovuto lasciare a casa tutti gli otto dipendenti e sono rimasti solo lui e il fratello. Sono passati da fatturare 8.000 euro al giorno ad incassarne poco più di 300. Mi dice che non sa se a gennaio dell'anno prossimo riuscirà ancora a tenere aperto.

Mi dispiace.

Gli dico che forse tante aziende hanno ancora paura a togliere lo smart working, e che anche le persone sono timorose.

Sbotta ed inizia ad urlare che non c'è niente di cui aver paura e che "la gente non ha voglia di fare un ca**o". È visibilmente arrabbiato. Arrabbiato e preoccupato.



lunedì 21 settembre 2020

Esistono differenze di comportamento tra chi beve e chi è astemio?

 A parte il fatto che chi beve si assapora il gusto del bere, e chi è astemio non conosce l'ebbrezza (in tutti i sensi) dell'alcol, pare che esistano interessanti differenze tra queste due categorie di persone.

Secondo uno studio condotto in Norvegia su un campione di oltre 38.000 persone, le persone che si astengono dall'alcol hanno anche maggiori probabilità di avere delle carenze nelle abilità sociali, hanno livelli più elevati di ansia, maggiore propensione alla depressione, e hanno più problemi di salute mentale rispetto a quelli considerati forti bevitori.

I ricercatori hanno concluso che il rischio di ansia e depressione è maggiore nelle persone che bevono bassi livelli di alcol rispetto a quelle che bevono moderatamente. In particolare, il rischio è maggiore per le persone che si definiscono come astemi.

Lo studio non vuole essere assolutamente un incentivo all'assunzione di alcol, ma si è limitato ad analizzare il comportamento dell'una e dell'altra parte.


domenica 20 settembre 2020

Barista

Risultati immagini per Barista



Il barista (in inglese barman, in inglese americano bartender) è una figura professionale che lavora nei bar occupandosi nella preparazione dei cocktail, lasciando ad altre figure specializzate (banchisti bar) la preparazione della caffetteria e il servizio analcolici.

Background Professionale

Il barista deve possedere uno specifico background professionale, per cui deve conoscere:
  • Gli ingredienti dei principali cocktails, le preparazioni e le decorazione dei cocktail-party;
  • Elementi di caffetteria, soft drink, preparazione snack e stuzzichini;
  • Cenni sulle tecniche moderne come la nuova Molecular mixology.
  • Per i barman che lavorano in strutture di alto livello è indispensabile anche la conoscenza del servizio di ristorante e cucina alla lampada, perché specialmente a pranzo, tutto il personale deve essere in grado di servire la clientela che desidera pranzare, cenare o fare un semplice spuntino; specialmente negli hotel di lusso, in cucina rimane sempre un cuoco di guardia se non 24 ore al giorno, almeno fino alla chiusura del bar e dopo la chiusura del ristorante. In caso di bisogno si provvede anche al servizio ai piani.

Differenze

  • Il barman è associato alla figura classica di colui che prepara bevande alcoliche secondo tecniche tradizionali utilizzando i misurini, la ricercatezza della ricetta, la presentazione del cocktail, i profumi, il sapore, a scapito di una minor velocità. È una figura professionale che troviamo soprattutto nei Grandi Hotel, nei cocktail bar, e nei lounge bar.
  • il bartender è il barman definito nell'accezione americana, questa figura professionale lavora utilizzando tecniche specifiche dell'american bartending, ossia prepara cocktail utilizzando tecniche moderne. La sua misura degli alcolici è basata su un sistema di conteggio verbale, detto freepouring di 1º livello, associato a una serie di prese delle bottiglie a 2-3-4-5-6 alla volta che gli permettono di velocizzare la costruzione del singolo cocktail; inoltre conosce tecniche di Speed Round che gli permettono di poter lavorare da solo servendo molte persone. Il bartender è una figura professionale che troviamo nelle discoteche, nei pub, nei grandi eventi dove l'affluenza delle persone richiede maggior velocità.
  • il Japanese Bartender è una figura alternativa al barman classico e al bartender americano.
  • Flair bartender

Il personale del bar e le varie figure professionali

Il personale di un bar di medio-alto livello è composta da:
  • Capo barman (o capo barmaid, se donna): ha la completa responsabilità del reparto in cui opera. Deve essere dotato di ottime capacità di organizzazione e gestione del luogo dove lavora, oltre al fatto di saper valutare la condotta dei dipendenti.
  • Primo barman: generalmente a questa figura viene affidato il compito di curare l'area del banco bar ed il rifornimento dello stesso. I suoi principali interlocutori sono i clienti, oltre a dover gestire anche i rapporti con i sottoposti. Il barman e il capo barman devono avere una buona cultura generale, essere sempre aggiornati su tutto, in quanto possono anche interloquire con i clienti, se questi desiderano scambiare due parole. La conoscenza della lingua straniera, almeno una, è fondamentale.
  • Secondo barman: figura importante perché in grado di sostituire, se necessario, il primo barman. Per cui deve disporre delle sue competenze, saper svolgere le sue funzioni ed avere eguali responsabilità.
  • Barista: è una figura importante nel bar di caffetteria "coffee shops". Esegue preparazioni a base di espresso e tutti i suoi derivati con la omonima macchina di estrazione del caffè, ma anche con altri metodi di estrazione. Deve essere una persona in grado di conoscere e distinguere le differenti varietà di caffè, al fine di risaltare al meglio le peculiarità delle singole origini o della miscela. Deve avere inoltre conoscenza delle differenti tecnologie ed i differenti gradi di tostatura. Deve avere la conoscenza dell'acqua da utilizzare per le preparazioni di caffè, come anche le differenti tipologie di preparazione: caffè filtro, caffè alla turca, caffè moka italiana, metodo espresso, la french press, aeropress ed altri.
  • Cameriere ai tavoli: il cameriere, contrariamente a quello che si pensa, non è un semplice “porta bevande”, ma deve saper parlare almeno due lingue, deve disporre di una buona cultura generale, saper ascoltare i clienti e proporre e vendere i prodotti al tavolo. E, non per ultimo, deve essere un ottimo e discreto ascoltatore: solo lui può intuire se un cocktail riscontra successo oppure no, contribuendo quindi con suggerimenti e consigli, alla buona riuscita del locale.
  • Bartender: il barman che utilizza tecniche dell'American Bartending, utilizzando spesso un sistema di misura in once (oz).
  • Barchef e Molecular Mixologist: sono i barman dell'ultima generazione: sanno coniugare la creatività “classica” alla preparazione di cocktails insoliti, passando dai cosiddetti cocktail solidi (gelatine) alle sfere di bitter. Utilizzano particolari attrezzi: affumicatori, saldatori, blender ecc. finora intravisti solo in alcune cucine d'avanguardia (da qui il termine Barchef). Sono diverse le tecniche e le applicazioni pratiche usate, dalle spume alle capsule.
  • Flair bartender: colui che utilizza tecniche del flair bartending eseguendo acrobazie con bottiglie e shaker.
  • Barback: il ragazzo apprendista del bartender.
  • Barmaid: il bartender donna
  • Bar Manager: colui che ha la massima esperienza in fatto di gestione di locali; non lavora dietro al banco ma all'interno di un ufficio, provvedendo a bilanciare costi e ricavi del locale.
  • Capobarman o bar manager: Nelle grandi strutture svolge anche un ruolo operativo, specialmente per le public relations, la sorveglianza del personale e la gestione della clientela, delle prenotazioni e dei reclami.
  • 1° Barman: in strutture più piccole svolge le stesse funzioni del capobarman ma con uno staff più limitato o a Barman unico. Nelle strutture minori, dove a volte è sempre caposervizio, può essere l'unico dipendente del bar o coadiuvato solo da un commis di bar, mentre nelle grandi strutture con più bar all'interno in ogni bar c'è un 1° Barman e il più valido è in grado di sostituire il Capobarman in caso di sua assenza.
  • Chef d'hall: figura quasi scomparsa, un gradino inferiore al Capobarman: si occupava del servizio ai tavoli coadiuvato da uno o più commis di bar, specialmente nelle grandi strutture dotate di grandi saloni, essendo il suo compito un ruolo chiave per la vendita nel servizio al tavolo. Prima di diventare Chef d'hall era stato 2° Barman, ed esperto nella preparazione dei drink e del servizio di ristorante. Ora il compito è svolto direttamente dal Capobarman o da un 2° Barman, specialmente negli hotel con una brigata di bar inferiore o pari a 6 elementi
  • 2° Barman: in strutture di medie dimensioni è il diretto sostituto del Capobarman, mentre in quelle un po' più grandi possono esserci più di un 2° Barman e il più esperto, in sua assenza, svolge le funzioni di Capobarman.
  • Demie chef de bar: qualifica quasi inesistente in Italia ma presente in molti Paesi europei come la Germania o la Svizzera. Solitamente è un ragazzo giovane con qualche anno di esperienza al bar che si occupa dell'apertura del bar al mattino quando la presenza di un Barman non è indispensabile, oppure se non più giovane è comunque agli inizi e non è ancora pronto per essere Barman o per scarsa conoscenza delle lingue estere o perché non ha acquisito ancora la completa padronanza delle tecniche di servizio.È comunque già affidabile per controllare i carichi del bar al mattino, compito di una notevole importanza, e di servire in maniera impeccabile i drink più semplici, la caffetteria e la prima colazione al bar, oppure si occupa del bar piscina o di un service bar durante meeting e congressi dove il servizio è di facile esecuzione.
  • Commis di Bar: ultimo gradino nella scala gerarchica, di solito negli hotel di lusso ha iniziato la sua carriera come Commis de Rang in ristorante e viene trasferito al bar, scelto tra i più in gamba: mentre in Sala è sempre monitorato dallo Chef de Rang e dai Maître, in brigate di bar inferiori ai 6 elementi si occupa in autonomia dell'apertura del bar e del controllo dei carichi, delle pulizie e della meticolosa preparazione della mise en place, oltre che della cassa e del servizio sia al bar che ai tavoli nelle ore di minor affluenza, quando non è necessaria la presenza di un Barman, che solitamente prende servizio in tarda mattinata all'ora dell'aperitivo e smonta dopo il servizio dei caffè e dei digestivi verso le ore 15.00 e rientrando alle 18.00/ 18.30. Chiaramente tra i commis di bar si scelgono quelli che sono in grado di svolgere il servizio indispensabile in modo autonomo, e che sappiano almeno una lingua straniera, mentre i più inesperti lavorano sempre negli orari di maggior affluenza, occupandosi delle pulizie e del lavaggio di bicchieri e stoviglie, dei prelievi di materiale in urgenza di reperire altro materiale durante il servizio, di prelevare i cibi in cucina e di sparecchiare i tavoli e mantenere sempre in ordine il bar e la lobby. Quando inizia a diventare più esperto, se il bar lo permette, lavora in coppia dietro al banco con un barman, iniziando a preparare le bevande più semplici, e, man mano imparando a fare sia cocktail che Long drink. Nelle grandi strutture con brigate oltre i 6 elementi il problema non si pone perché i commis lavorano sempre insieme ad un Barman già esperto e negli hotel di lusso di montagna, anche con brigate inferiori alle 6 persone, durante l'inverno, per ottimizzare i costi solitamente apre verso le 15.00, essendo la clientela praticamente tutta sui campi da sci. Il servizio della lobbies viene garantito da uno Chef d'etage, che in coppia con il suo commis, resta di guardia sia per il servizio ai piani che per la lobby, essendoci scarsa affluenza di clientela e di conseguenza il commis è sempre in coppia con almeno un Barman.

Baristi in Italia

Formazione professionale

  • Istituto alberghiero (barman classico)
  • Corsi di Barman organizzati da una delle Federazioni o Associazioni
  • Corsi di Barman organizzati da Regioni e provincie
  • Corsi di American Bartending (bartender americano)
  • Corsi di Japanese Bartending

sabato 19 settembre 2020

Diventare un Barista

Risultati immagini per Diventare un Barista




Il lavoro di barista può rivelarsi eccitante e sicuramente remunerativo. Tuttavia non è adatto a chiunque: i barman devono essere pronti a lavorare in orari assurdi, a trattare con persone di ogni tipo e spesso “alticce” e a sapersi giostrare fra diverse mansioni.

Verifica se hai i requisiti. Devi essere maggiorenne, anche se in alcuni Paesi è necessario avere almeno 19 o 21 anni. Alcuni Stati richiedono che il barista abbia frequentato un corso sui rischi correlati all’uso di alcool. Controlla la normativa del tuo Stato/regione per sapere come muoverti.
    • I corsi sui rischi correlati all’alcool prevedono lezioni sulla guida in stato di ebbrezza, sui documenti d’identità falsi, sul livello di alcool nel sangue, sulle leggi sulla vendita di alcool ai minori, sulla prevenzione e su altri argomenti analoghi.

Fai una o entrambe delle cose qui sotto descritte. Alcuni bar assumono dei nuovi baristi che hanno terminato la scuola professionale, mentre altri preferiscono promuovere i propri camerieri e aiutanti alla posizione di barman.
    • Finisci la scuola alberghiera. Ogni scuola è diversa, ma durante le lezioni imparerai a preparare centinaia di cocktail diversi, a trattare con gli avventori ubriachi, a preparare le guarnizioni, a versare i liquori e a capire le differenze fra le varie tipologie di birre e vini.






Trova un lavoro di aiutante o di cameriere in un bar. I compiti di un aiutante sono quelli di ritirare i bicchieri vuoti, preparare i vassoi delle decorazioni, portare il ghiaccio, pulire il bancone e portare i rifornimenti dal magazzino al bar. Come cameriere invece devi occuparti di portare le bevande ai tavoli, dove si fa musica e dove si beve nel locale. In entrambi i casi farai esperienza sul campo e ti preparerai al futuro lavoro di barista. Fai in modo che il tuo datore di lavoro sappia che sei interessato a quella posizione, così ti terrà informato quando ci sarà un posto vacante.
Fai pratica. A prescindere da quale strada intraprendi per diventare barman, la cosa più importante è di impratichirti fino ad arrivare al punto di saper gestire il bar da solo. Molti locali offrono ai propri dipendenti dei corsi di formazione, e affiancano a barman esperti i novellini che vogliono imparare.
Trova un lavoro come barista. Puoi lavorare in un ristorante, in un bar, in un club, in un albergo, in un casinò o in un disco-pub. Invia il tuo curriculum a diversi locali della tua zona e verifica se ci sono delle posizioni aperte.
    • Se già lavori come cameriere o aiutante, allora chiedi un incontro con il tuo superiore per discutere delle tue prospettive e di una eventuale promozione a barman.




Essere un Buon Barista

Sappi quali sono le qualità necessarie. Può sembrare un lavoro divertente e senza preoccupazioni, ma in realtà è stressante e usurante. Valuta se rispondi alle caratteristiche di un buon barista:

Capacità di gestire il pubblico. Il barman è a contatto con la gente. Deve piacerti essere circondato da persone di diversa estrazione sociale e origini, e devi essere capace di interagire con gli avventori ubriachi.
Buona memoria. I barman sanno a memoria le ricette per centinaia di cocktail e ricordano “chi ha ordinato cosa”.

Abilità commerciali. La maggior parte dei barman ha un salario minimo e fa affidamento sulle mance per fare soldi. Un barman amichevole, accomodante e carismatico ha più possibilità di ricevere delle buone mance.

Multi-tasking. I baristi spesso servono più clienti allo stesso tempo e si destreggiano fra miscelare i drink, prendere il denaro e contare il resto.
Capacità di lavorare sotto pressione. Il lavoro del barman è stressante, soprattutto in un locale affollato e con un solo barista.

Gestisci gli ubriachi nel modo giusto. Il barista si può rifiutare di servire i clienti evidentemente ubriachi. Devi saper capire quando un avventore ha bevuto troppo e, in alcuni casi, quando chiedergli di lasciare il bar.
    • I clienti “alticci” possono mettersi sulla difensiva e diventare scortesi e anche violenti se vengono affrontati; quindi è importante avere una personalità decisa e per nulla timida.

Aggiornati. Oltre a imparare i "classici", un buon barista deve rimanere aggiornato sui nuovi cocktail e sapere quali sono i drink che vanno di moda.


Consigli

  • Sappi che dovrai lavorare nei fine settimana, durante le feste e fino a tarda notte.
  • Terminare la scuola alberghiera non ti garantirà di trovare un lavoro come barman.
  • Controlla nei vari bar della tua zona per capire quali sono le loro necessità. Alcuni preferiscono assumere personale senza esperienza e formarlo sul campo.




 
Wordpress Theme by wpthemescreator .
Converted To Blogger Template by Anshul .