sabato 18 gennaio 2020

Cholado

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Cholado o Cholao o Raspao è una bevanda ghiacciata dolce, con frutta fresca e latte condensato, tipica e tradizionale di Jamundí, nella Valle del Cauca, in Colombia. Viene preparata con ghiaccio tritato e frutta tagliata a pezzetti, latte condensato e sciroppo di frutta (e qualche volta viene aggiunta la panna).
Tra la frutta usata è presente la banana, la mela, il kiwi, la fragola, il cocco, la papaya e l'ananas.


venerdì 17 gennaio 2020

Flat white

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Un flat white è una bevanda al caffè originaria dell'Australia ma diffusa anche in Nuova Zelanda.
Si prepara versando una microschiuma (latte vaporizzato composte da piccole bollicine dalla consistenza lucida e vellutata) su un normale caffè espresso o un caffè doppio.
Questa bevanda è stata esportata per la prima volta nel Regno Unito nel 2005 e dal 2010 viene venduta anche nelle catene Starbucks e Costa Coffees


giovedì 16 gennaio 2020

Cortado

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Un cortado o cortadito è un caffè espresso con una piccola quantità di latte caldo per ridurre l'acidità del caffè. Nasce in Argentina ed è popolare in Spagna e in Portogallo, così come in America latina, dove si beve la sera. A Cuba, è conosciuto come cortadito. Ha diverse varianti, come cortado condensada (con latte condensato) e leche y leche (con latte condensato e crema).

Lágrima
Una lágrima è cortado con le proporzioni invertite. Si prepara con un pocillo pieno di latte caldo dove si versa una piccola quantità di caffè (la lágrima, la lacrima). È popolare in Argentina fra le persone che devono ridurre al massimo l'acidità prodotta dal caffè.


giovedì 9 gennaio 2020

Jerry Thomas

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Jerry Thomas (Sackets Harbor, 1830 – New York, 15 dicembre 1885) è stato un barista statunitense. Grazie alla sua opera pionieristica nella divulgazione dei cocktail attraverso gli Stati Uniti, è considerato "il padre dell'arte di miscelare i cocktail statunitense". Oltre a scrivere il primo ricettario sui cocktail, la creatività e la spettacolarità del suo lavoro hanno definito l'immagine del barman come professionista creativo. In quanto tale, è stato spesso soprannominato il "Professore" Jerry Thomas.

Biografia
Thomas nacque nel 1830 a Sackets Harbor, New York. Imparò il mestiere di barista a New Haven, Connecticut, prima di salpare per la California durante il periodo della Corsa all'oro californiana della metà del XIX secolo. In California lavorò come barista, cercatore d'oro e organizzatore di minstrel show. Ritornò a New York nel 1851, dove aprì un pub sotto l'American Museum di Barnum, il primo di quattro locali che avrebbe aperto a New York nel corso della sua vita. Dopo un periodo di gestione del bar tornò on the road per diversi anni, lavorando come capo barista in alberghi e saloni di Saint Louis, Chicago, San Francisco, Charleston, e New Orleans. A un certo punto iniziò a girare l'Europa, portando con sé un set di attrezzatura da barista in argento. Jerry Thomas era noto per la sua capacità di intrattenere il pubblico come barista: sviluppò elaborate e appariscenti tecniche di miscelazione, esibendosi nell'arte della giocoleria con bottiglie, tazze e miscelatori. Spesso indossava gioielli vistosi e la sua attrezzatura da barista era impreziosita da pietre e metalli preziosi. All'Occidental Hotel a San Francisco, Thomas guadagnava 100 dollari a settimana, più del vice presidente degli Stati Uniti.
Nel 1862, Thomas finì di scrivere The Bar-Tender's Guide (intitolato anche How to Mix Drinks or The Bon-Vivant's Companion), il primo libro sui cocktail mai pubblicato negli Stati Uniti. Nel libro erano raccolte e codificate tutte le ricette della tradizione orale fin dai primi giorni dei cocktails, tra cui alcune delle sue creazioni. Questa guida pose le basi dei principi della miscelazione di tutte le categorie dei cocktails. Thomas aggiornò più volte la guida nel corso della sua vita per includere nuove ricette da lui create o trovate. La prima edizione della guida includeva le prime ricette scritte di cocktail come il Brandy Daisy, Fizz, Flip, Sour e le varianti della prima forma di bevanda miscelata, il Punch. L'edizione del 1876 comprendeva la prima ricetta scritta del Tom Collins, che è apparso subito dopo la colossale burla di Tom Collins del 1874.
Il suo cocktail di maggior successo, il Blu blazer, fu sviluppato presso la sala da gioco El Dorado di San Francisco. La preparazione del cocktail consiste nel passare avanti e indietro del whisky in fiamme tra due bicchieri di miscelazione, creando un arco di fuoco. Thomas inventò nuovi cocktails per tutta la vita. lo sviluppo del "Martinez", comparso nell'edizione del 1887 della sua guida, è stato talvolta considerato come un precursore del moderno Martini (anche se i due non condividono molti tratti in comune). Thomas affermò di aver inventato il Tom e Jerry e ha fatto molto per diffonderlo è negli Stati Uniti, tuttavia, la storia della bevanda è a lui precedente.
Al suo ritorno a New York, divenne capo barista all'hotel Metropolitan prima di aprire nel 1866, il suo bar più famoso in Broadway, tra la 21ª e la 22ª strada. Thomas è stato uno dei primi a esporre le opere di Thomas Nast, e nel suo famoso bar appese le caricature di personaggi politici e teatrali, tra cui una che ritraeva Thomas stesso in "nove maestose posizioni di mescita" (in nine tippling postures colossally), come la descrisse un giornale dell'epoca. Il bar aveva anche l'attrazione degli specchi deformanti. Questo bar storico è ora un negozio della catena Restoration Hardware.
Thomas stesso era molto attivo in città. Amava indossare guanti appariscenti e un orologio d'oro parigino. Gli piaceva partecipare a incontri di bareknuckle boxing con premi in palio, ed è stato un collezionista d'arte. Gli piaceva viaggiare. Raggiunta la mezza età era sposato e aveva due figlie. Rimase sempre uno sportivo e con un peso di 205 libbre (circa 100 kg) è stato uno dei membri più leggeri della Fat Men's Association Ebbe anche una passione per le zucche e verso la fine degli anni settanta del 1800 era presidente del The Gourd Club, per avere eseibito il più grosso esemplare.
Verso la fine della sua vita, Thomas tentò di speculare a Wall Street, ma cattivi affari lo rovinarono finanziariamente. Dovette vendere il suo bar e offire all'asta la sua notevole collezione d'arte. Cercò di aprire un nuovo bar, ma non riuscì a raggiungere la popolarità del suo locale precedente. Morì a New York City di apoplessia nel 1885 all'età di 55 anni. Dopo la sua morte numerosi necrologi ne annunciarono la scomparsa in tutti gli Stati Uniti. Nel proprio necrologio, il The New York Times notò che Thomas era "un tempo il più noto barman in città e tra coloro che frequentavano i club ed era molto popolare tra tutte le classi sociali".


mercoledì 8 gennaio 2020

Vov

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Vov è il nome commerciale di un liquore a base di uova avente gradazione alcolica di 17,8%. Per antonomasia il medesimo sostantivo è comunemente impiegato anche per indicare preparati casalinghi di zabajone liquoroso ed anche gli analoghi prodotti della concorrenza.

Informazioni Generali
Storia
Il liquore poi denominato Vov fu ideato nel 1845 da Gian Battista Pezziol, pasticcere di Padova specializzato nella produzione del torrone, alimento per la cui confezione s'impiega il solo albume delle uova. Pezziol decise d'usare i restanti tuorli, in unione a vino marsala, alcol e zucchero, per avviare la produzione d'un tipo di zabajone liquoroso, bevanda energetica assai in voga a quel tempo anche come ricostituente. Il termine veneto vovi, indicante le uova, venne contratto nel celebre palindromo monosillabo Vov tuttora impiegato per designare il prodotto.
Nel 1856 il successo commerciale del nuovo liquore è già notevole e Pezziol riceve una medaglia d'argento per la qualità della sua bevanda. Lo stesso anno Vov viene presentato alla corte di Vienna ove gli arciduchi d'Austria, apprezzatone il buon gusto, rilasciano un solenne brevetto con aquila a due teste. Nel corso della seconda guerra mondiale, per le sue riconosciute proprietà energizzanti, Vov viene fornito alle truppe impegnate in combattimento col nome di VAV2, acronimo di Vino Alimento Vigoroso.
La bevanda raggiunse la sua massima diffusione a cavallo degli anni Sessanta e Settanta del 1900, anni in cui ebbe numerose imitazioni e concorrenti, di cui oggi sopravvive a livello industriale solo lo Zabov della Distillerie Moccia S.r.l.. Mentre, paradossalmente, il Vov veniva distribuito ed apprezzato all`estero, negli anni Ottanta e Novanta, soprattutto a causa dell'esasperata attenzione alle mode ed alla spiccata esterofilia anche nelle abitudini alimentari da parte dei consumatori giovani del periodo, unite alla comparsa delle prime bevande energetiche gassate straniere, Vov conobbe un periodo di declino, sopravvivendo però grazie alla sempre consistente richiesta nelle località di montagna, in particolare nei bar delle stazioni di sport invernali.
Le radici padovane del prodotto si sono andate via via perdendo: la produzione è stata dapprima spostata a Pozzilli dalla Società Italiana Liquori, e nel 2012, dopo l'acquisizione del marchio e della ricetta da parte della Molinari S.p.A., presso la Torino Distillati di Moncalieri. Negli anni recenti Vov ha conosciuto una nuova fortuna grazie soprattutto al cocktail bombardino, di cui è il componente fondamentale, tornato di moda soprattutto sulle piste da sci. Vov si giova inoltre di una generale tendenza a rivalutare i prodotti eno-gastronomici storici della tradizione italiana. L'attuale proprietà ha espresso l'intenzione di voler sfruttare il momento positivo per un rilancio commerciale del prodotto.

Veste commerciale
La bottiglia cilindrica in vetro bianco di Vov, presente fin dagli esordi commerciali, è progressivamente divenuta un'icona della liquoristica italiana. Durante il secondo conflitto mondiale, periodo in cui la produzione di Vov fu destinata quasi esclusivamente all'esercito come VAV2, per praticità di trasporto il liquore venne confezionato in contenitori di cartone impermeabilizzato[6]. Negli anni Sessanta fu proposta la confezione in flacone di vetro ambrato zigrinato, che non ebbe particolare fortuna e che restituì in seguito il testimone alla classica bottiglia in vetro bianco.
Attualmente il prodotto è confezionato in una bottiglia di comune vetro trasparente ricoperto da un foglio di plastica bianca, la quale imita la tradizionale bottiglia in vetro bianco ma oltre ad essere di minor pregio rispetto a questa pone problemi al consumatore circa il corretto smaltimento e riciclo dei materiali componenti. In etichetta, di stampo molto tradizionale ed immutata da decenni, troneggia l'altrettanto iconica scritta tridimensionale Vov gialla su sfondo blu, sovrapposta ad una stilizzazione della Basilica di Sant'Antonio di Padova. Il prodotto è descritto come zabajone confortante.

Nell'arte culinaria
In etichetta e nelle reclames è consigliato il consumo di Vov sia come cordiale liscio, sia caldo come corroborante, sia refrigerato o addirittura congelato come granita (frozen Vov). Il suo sapore sostanzialmente assimilabile allo zabajone, di cui è però più liquido e con una percentuale alcolica più alta, lo rende adatto ad accompagnare molte tipologie di dessert, eventualmente anche come topping. Compare spesso nelle ricette del gelato affogato allo zabajone. Nei cocktail è il componente base per la preparazione del bombardino.

Ingredienti
Tuorli d'uovo, marsala fine, alcol, zucchero, aromi. L'etichetta specifica che il liquore è prodotto senza l'impiego di coloranti e conservanti.

Gadgets pubblicitari
Come tutti i prodotti, anche il Vov fu sponsorizzato attraverso dei gadget pubblicitari, da vincere attraverso concorsi, raccolte punti, oppure donati in speciali occasioni. Fra questi, alla fine degli anni Sessanta, si ricorda una piccola bottiglia di vov, in plastica, che celava una radio AM, prodotta dalla Europhon di Milano.

Ricetta
Ingredienti
Ingredienti per 1 litro:
  • 1/2 litro di latte.
  • 4 tuorli d'uovo.
  • 1 bustina di vaniglia.
  • 100 g di marsala secco.
  • 100 g di alcool per alimenti.
  • 400 g di zucchero.
Procedura
Fate bollire il latte con lo zucchero e fatelo raffreddare successivamente sbattete i tuorli e mischiateli al latte. Aggiungete uno per volta la vaniglia poi il marsala e l'alcool (attenzione: è importante che prima di inserire un nuovo ingrediente il precedente sia stato mischiato bene). Per 8 giorni agitare bene tutte le mattine.


lunedì 6 gennaio 2020

Rosolio al cacao

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Il Rosolio al Cacao è un liquore a media gradazione alcoolica (28%) molto dolce e gradevole, apprezzato soprattutto da coloro che non amano gli alcoolici particolarmente.

Informazioni Generali
Rosolio
Il Rosolio è un tipo di liquore, o meglio una soluzione liquorosa derivata dai petali della rosa, che viene utilizzata come base per la preparazione di altri liquori di vario sapore.
È molto diffuso soprattutto nel Sud Italia e in Piemonte. In particolare, in Sicilia sin dal Cinquecento veniva prodotto in casa e offerto agli ospiti in segno di buon augurio. Nell'isola sono state sperimentate varie ricette di rosolio, tra cui quelle realizzate con agrumi, caffè, anice e menta.
Il Vocabolario della Lingua Italiana di Zingarelli definisce il rosolio come “liquore preparato con alcol, zucchero e acqua nella stessa proporzione, con in più un'essenza che gli dà nome”: quindi, rosolio alla rosa, rosolio alla menta, ecc. L'etimologia che gli attribuisce è quella di ros solis; cioè rugiada di sole. Drosera e rosolida provengono dal greco col significato di coperto di rugiada, infatti le drosere sembrano essere ricoperte di rugiada. Con la Drosera rotundifolia L. la farmacopea faceva un elisir denominato ros solis, originario della Dalmazia. La parola ros solis si sviluppò in rosolio, interpretato come liquore fatto con delle rose. Di conseguenza i petali delle rose servono a poco nella definizione del nome.
A Ficarra, in provincia di Messina, una particolare ricetta consigliava di prepararlo tenendo imbottigliati insieme per una settimana l'alcool (a cui erano stati precedentemente aggiunti le scorze di tre arance macerate per quaranta giorni e della vaniglia) e uno sciroppo realizzato semplicemente con zucchero e acqua.
Il concerto è un tipo di rosolio prodotto nella costiera amalfitana.

Riconoscimenti
La regione Piemonte ha ottenuto dal ministero il riconoscimento del rosolio tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Letteratura e cinema
  • Nel romanzo Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello a Mattia Pascal viene offerto un bicchiere di rosolio dalla vedova Pescatore, al posto del vermouth offertogli da Romilda.
  • In un passo del romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la principessa lascia un bicchiere di rosolio prima di una partenza e lo ritrova un anno dopo nello stesso posto in cui l'aveva lasciato.
  • Nel romanzo Notturno indiano di Antonio Tabucchi, il protagonista paragona le opere di Hermann Hesse al rosolio, dicendo che "è un liquore dolciastro e appiccicoso".
  • Nel romanzo Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi del 1883, La Fata dai capelli turchini offre un confetto ripieno di rosolio a Pinocchio, scena rappresentata anche nello sceneggiato Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini del 1972.
  • Nel romanzo Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba, Gigino Balestra racconta come è finito al collegio: per festeggiare il Primo maggio aveva invitato di nascosto nella pasticceria del padre una compagnia di amici che, ubriacati di rosolio, sfasciarono il negozio.
  • Rosolio è il nome di un personaggio Disney, spasimante della maga Amelia.
  • Nel film Il risveglio delle tenebre, Will Stanton beve un bicchiere di rosolio.
  • Nel film La banda degli onesti, Totò offre un bicchiere di rosolio al maresciallo, capo del figlio finanziere.
  • Nel film Miseria e nobiltà, dietro Totò, che cerca di scattare una foto a due turisti, si intravedono le insegne del bar che offrono Sorbetti e Rosoli.
  • Nel fumetto Corte Sconta detta Arcana di Hugo Pratt, Bocca Dorata offre un bicchierino di rosolio a Corto Maltese.
  • In Shrek Terzo, il Principe Azzurro giunto alla locanda "La Mela Avvelenata" ordina del rosolio invecchiato.
  • Nel film Novecento di Bernardo Bertolucci, Stefania Casini offre un bicchiere di rosolio a Gérard Depardieu e Robert De Niro prima di avere un attacco epilettico.
  • Nel film Un angelo per Satana di Camillo Mastrocinque, Claudio Gora propone ad Anthony Steffen diverse bevande alcoliche, tra cui il rosolio
  • Nella poesia Carnevale di Gerti di Eugenio Montale sono citati "Carri dalle tinte di rosolio".
Cacao
Il Cacao (Theobroma Cacao Linneo (L.), 1753) è una pianta appartenente alla famiglia Sterculiaceae (attribuita alle Malvaceae dalla classificazione APG), originaria dell'America meridionale.

Descrizione
Si presenta in forma di albero sempreverde, alto 5–10 m.

Foglie
Foglie persistenti, alterne, ovali, con margine lievemente ondulato, lucide nella parte superiore, con picciolo fogliare dotato di articolazione che permette di orientarsi a seconda dell'intensità luminosa. Non tutte le specie di cacao hanno le foglie verdi.

Fiori
Piccoli fiori sparsi a mazzetti, bianchi, verdi o rosei, che spuntano direttamente sul tronco o sui rami adulti; di essi solo pochi si trasformeranno in cabosside, ovvero in frutti del cacao; hanno un calice profondamente diviso, i cinque petali sono clavati, l'ovario è sessile.

Frutti
Dall'ovario si sviluppa il frutto (cabossa) a forma di cedro allungato, di colore giallastro-verdognolo, che diventa bruno-rossastro a maturazione, con la buccia solcata da 10 strisce longitudinali e contenente da 25 a 40 semi; i semi sono immersi in una sostanza ricca di zuccheri, chiara e di consistenza gelatinosa. Il peso della cabosside è variabile fra 300 e 500 grammi, lunghezza di 10–15 cm. In casi eccezionali tale frutto può arrivare anche a 1 kg.

Semi
All'interno di una polpa asprigna sono racchiusi numerosi semi ovali e piatti, a forma di mandorla, di colore bruno-violaceo, disposti in cinque file, contenenti zuccheri, grassi, albuminoidi, alcaloidi e coloranti.
Tra questi alcaloidi, i più importanti sono la teobromina e la caffeina (contenuta in quantità ridotta): il primo è un euforizzante mentre il secondo è un eccitante; grosse quantità di cacao possono infatti indurre una dipendenza fisiologica. La teobromina ha inoltre effetti diuretici: era infatti adoperata come diuretico in casi di scompenso cardiaco, finché non è stata rimpiazzata da farmaci più efficaci.

Sottospecie
  • Cacao criollo - Theobroma cacao cacao definito anche cacao nobile.
    • Semi bianchi, molto profumati e poco amari; originario del Messico, esso rappresenta il seme dei Maya, poco produttivo ma delicato e di qualità pregiata. Il cacao Criollo è più diffuso in America centrale e nel nord del Sudamerica, soprattutto nei suoi paesi d'origine, l'Ecuador ed il Venezuela. Particolarmente sensibile alle intemperie, ha bisogno di molte cure e la sua resa è relativamente scarsa. I suoi semi sono ricchi di aroma e di sostanze odorose. Il cacao Criollo, sia per i ridotti quantitativi che ne vengono prodotti (rappresenta meno del 10% sul totale del raccolto mondiale), sia per il prezzo più alto, è destinato alla fabbricazione di cioccolata di alto pregio.
    • La produzione mondiale non supera l'1% del totale, mentre per la produzione di cioccolato, esso rappresenta il 10% delle specie di cacao utilizzate.
  • Cacao forastero - Theobroma cacao sphaerocarpum o cacao di consumo
    • Semi violetti dal gusto forte e amaro. Robusto e molto produttivo, dunque più a buon mercato.
    • Molto diffuso, con esso viene prodotto l'80% del cioccolato; rappresenta oltre l'80% di tutto il cacao raccolto nel mondo.
    • Coltivato in Africa occidentale, in Brasile e nel sud-est asiatico. Più resistente e di migliore resa, il cacao forastero dà un cacao lievemente aspro e amaro. Nelle varie zone di coltivazione si producono qualità più fini o più ordinarie, che vengono selezionate in funzione dell'uso cui sono destinate oppure mescolate tra loro.
  • Cacao Trinitario (ibrido dei primi due)
    • Originario della bassa Amazzonia (Trinidad), con caratteristiche intermedie ai primi due.
    • Coltivato in: Messico, Trinidad, Caraibi, Colombia, Venezuela, Asia sud-orientale. Esso rappresenta il 10% della produzione di cioccolato.
Coltivazione
La coltivazione richiede elevate spese d'impianto e comincia a produrre dal quinto anno, mentre la fruttificazione dura per un trentina d'anni.
La pianta teme l'insolazione diretta e quindi cresce all'ombra di alberi più alti quali palme e banani. Ogni pianta fornisce 1–2 kg di semi secchi; la fruttificazione è continua ma durante l'anno si hanno due periodi di massima produzione.

Aree geografiche
Il cacao di piantagione è coltivato tra il 20º parallelo nord e il 20º parallelo sud, ad altitudine più bassa rispetto a quello selvatico, per comodità di raccolta.
Tre le grandi zone dove viene coltivato in grandi quantità, in particolare:
  • Cacao americano: i più apprezzati sono quello messicano, il Bahìa brasiliano, coltivato in Brasile, Colombia e Ecuador e infine il Chuao e Porcelana, coltivati in Venezuela.
  • Cacao asiatico: Indonesia e Sri Lanka.
  • Cacao africano: importante la qualità prodotta in Ghana e anche quelle coltivate in Camerun, Nigeria, Costa d'Avorio e Madagascar.
Il cacao è coltivato su circa 17 milioni di acri (27.000 miglia quadrati; 69 000 km²) in tutto il mondo. Secondo la (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura – FAO).

Lavorazione dei semi del cacao
Ogni pianta fornisce 1–2 kg di semi secchi. Il cacao secco mercantile, che ha una resa del 50% rispetto al seme raccolto, si ottiene mediante lieve fermentazione, essiccamento e macinazione dei semi stessi.

Raccolta
Il frutto della pianta (definito cabossa), si raccoglie un paio di volte all'anno, viene schiacciato e lo si fa riposare per circa una settimana, per poi estrarne la polpa ed i semi. Un albero produce dai 20 ai 50 frutti maturi all'anno della dimensione di una barbabietola da zucchero (lunghezza 15/25 cm; diametro 7/10 cm; peso 500 g).

Fermentazione
Il procedimento di fermentazione può essere leggermente diverso a seconda del tipo di cacao che si vuole ottenere; tempo fa, ad esempio, la fermentazione avveniva in appositi cassoni di legno. Negli attuali processi di produzione, polpa e semi si fanno fermentare insieme per 5 o 6 giorni; un tempo, invece, la fermentazione del criollo non superava i tre giorni. La temperatura di fermentazione si assesta sui 45 - 50 °C e durante questo periodo, la polpa si liquefa e viene eliminata. La fermentazione inattiva il seme, che smette di germogliare e provoca il rammollimento della polpa rimasta aderente al seme, un processo di leggero addolcimento del cacao e inoltre l'ingrossamento del seme che assume una colorazione bruna; la fermentazione provoca l'ossidazione dei polifenoli, un'ossidazione troppo scarsa provoca un sapore amaro, mentre una troppo spinta rende il seme insipido (formazione dei precursori d'aroma). Attualmente la fase di fermentazione è sostituita dalla fermentazione in armadi su plance in legno di cedro da circa 80 cm che consentono un prodotto fermentato in maniera più omogenea ed esente da muffe.

Essiccazione
I semi vengono sottoposti ad essiccazione al sole per bloccare la fermentazione e per ridurre il contenuto di umidità che favorirebbe lo sviluppo di muffe. I semi sono distesi al sole e in questa fase occorre molta manodopera per coprire velocemente i semi di cacao in caso di pioggia. Questa fase dura 7-15 giorni.
Durante l'essiccatura i semi vanno accuratamente protetti dall'umidità, che potrebbe indurre la formazione di muffe e rendere il raccolto inutilizzabile per l'uso alimentare. I semi di cacao rovinati sono comunque recuperabili come fonte di burro di cacao, usato anche nell'industria cosmetica. Un'essiccatura accelerata o artificiale è più rapida, ma produce un cacao di qualità inferiore, usato nelle produzioni industriali.
Con queste procedure i semi sono resi fragili per il rammollimento della pellicola esterna; così le due metà dei semi si suddividono mediante semplice pressione, il seme si divide così in due parti, dette cotiledoni.
Il prodotto essiccato viene poi insaccato ed inviato ai centri di raccolta.

Tostatura (o torrefazione)
Questo processo, chiamato impropriamente torrefazione, dura fra i 70 e i 120 min, con temperatura variabile in funzione del prodotto che si vuole ottenere: la produzione di cacao da cioccolato richiede una temperatura fra i 98 e i 104 °C, mentre per la produzione di cacao in polvere fra i 116 e i 121 °C. Vi sono due tipologie diverse di tostatura:
  • In speciali essiccatoi in cui i semi, mentre cadono, sono investiti da un getto di aria calda.
  • Per avanzamento su letto fluido.
Questa operazione serve a facilitare la decorticazione del cacao e anch'essa determina l'addolcimento dello stesso.
Questo trattamento termico può riguardare le fave intere, i cotiledoni, la granella o il liquor. Il trattamento tradizionale prevede che le fave intere vengano investite da aria calda. In questo caso le bucce sono aspirate al termine del processo. La tostatura della granella e del liquor (quest'ultima meno utilizzata) è preceduta da un processo di pre-riscaldamento o pre-tostatura che ha la funzione di ottenere il distacco della buccia, rende il perisperma fragile e secco permettendone il distacco. Il preriscaldamento può anche essere effettuato mediante lampade a infrarossi, aria calda o vapore, trattamenti che consentono un distacco della buccia più ottimale. La temperatura non deve superare i 150 °C anche se la durata e l'entità del trattamento termico possono essere influenzate dalla dimensione, dalla varietà, dal grado di maturazione del frutto..
I tempi sono variabili da pochi minuti a due ore circa.
Si ha un'ulteriore riduzione dell'umidità del frutto dal 2-3% circa; la temperatura viene aumentata nel caso in cui la cacao sia destinato alla produzione di cioccolato fondente.
Questo trattamento termico ha la funzione sia di consentire la formazione dell'aroma del cioccolato mediante l'instaurarsi delle reazioni di Maillard e l'ossidazione dei composti fenolici, di consentire l'evaporazione di acido acetico ancora eventualmente presente e di altri esetri volatili negativi per l'aroma.
Altro ruolo importante quello igienico-sanitario uccidendo microganismi e larve di parassiti sopravvissuti ai precedenti trattamenti.
Le fave trattate sono poi trasferite agli impianti di separazione bucce e rompicapo

Decorticazione e degerminazione
Dopo la tostatura si esegue un lungo processo di decorticazione e di degerminazione per mezzo di macchine apposite; i cotiledoni, dopo questa operazione, possono essere venduti allo stato di fatto oppure la lavorazione può continuare tramite la triturazione.

Triturazione
I cotiledoni vengono macinati fra cilindri caldi, che, fondendo il grasso contenuto (in percentuali superiore al 50%), li trasforma in una massa fluida, viscosa e bruna detta massa di cacao o liquore.
A questo punto viene addizionato di carbonato di potassio ( aggiunto solo nella produzione industriale ma non artigianale) per amalgamare il grasso con le altre componenti ma anche per neutralizzare i tannini. La massa di cacao può essere utilizzata allo stato di fatto se si vuole fare il cioccolato, oppure continuare il trattamento con la separazione del grasso.

Separazione del grasso
Una buona parte del grasso viene separata per pressione, la parte rimanente, che ha ancora il 20-28% di grasso, viene posta in contenitori, nei quali si concreta in lastre in ambiente raffreddato dette panelli. Il burro di cacao può venire separato dalla pasta ottenuta anche tramite il processo Broma (sacchi di pasta di cacao appesi in una stanza calda, da cui il burro di cacao cola via).

Macinazione
Le lastre vengono quindi ridotte a polvere impalpabile.
Questa polvere viene detta cacao solubile, ma è una denominazione impropria, in quanto non esiste una forma di cacao solubile; tale denominazione indica che la polvere viene suddivisa così finemente da rimanere in sospensione quando è mescolata con acqua.

Solubilizzazione
Consiste nell'eliminare la parte grassa rimanente tramite un riscaldamento con vapore e carbonato di sodio o di potassio per un tempo sufficiente affinché l'amido si trasformi in destrina e avvenga una parziale scissione del grasso rimanente; questa pratica è molto utilizzata dai fabbricanti olandesi, ma esistono anche altri metodi.

Olio essenziale
L'aroma e il sapore tipici del cacao sono dovuti all'olio essenziale del cacao, costituito da oltre il 50% di linalolo, dal 4% - 10% di acido ottanoico (con tracce di acido esanoico e acido nonanoico) e da una miscela di esteri, tra cui l'acetato di amile, il propionato di amile, il butirrato di amile, il butirrato di esile, il propionato di esile e l'acetato di linaloile.

Usi terapeutici
Il cacao ha un potere antiossidante (ORAC) tra i più elevati in assoluto, un indice di valore 80933, circa 19 volte più potente di una mela, che notoriamente viene considerata un ottimo antiossidante. Le qualità del cacao sono varie: è indicato in quanto energetico, leggermente stimolante e secondo alcuni studi avrebbe anche virtù antidepressive.

Uso della buccia
Deriva dalla torrefazione del cacao nel processo di produzione di cioccolata. Oltre ad essere un pacciame, è anche un buon concime organico a lenta cessione. La buccia di cacao proveniente dal Ghana ha livelli NPK 5,7-0,4-4,8 con un ph 5,4. La buccia di cacao proveniente dal Sud America, distribuita da grosse multinazionali del cioccolato, utilizzata prevalentemente negli Stati Uniti ha livelli inferiori di NPK e un ph più acido. È un biocida antiparassitario del terreno, allontana le lumache per la sua qualità ruvida, drena e condiziona il terreno, è facile disfarsene poiché si rimescola al terreno aumentandone così la sua qualità fertilizzante.

Cenni storici
In base alle ricostruzioni storiche, sembra che i Maya siano stati gli scopritori e i primi coltivatori del cacao; secondo una leggenda azteca, la pianta fu donata dal dio Quetzalcoatl per alleviare gli esseri umani dalla fatica. Gli europei scoprirono i semi del cacao quando Cristoforo Colombo li ricevette in dono, durante il suo quarto viaggio, presso l'isola di Guanaja. Nella civiltà azteca erano considerati un bene di lusso, e venivano importati per il fatto che la pianta non cresceva sul territorio dell'impero.
Il consumo del cacao era una prerogativa dei ceti alti (nobili, guerrieri e sacerdoti), e rappresentava uno dei cardini della cucina azteca. I semi di cacao erano talmente preziosi da venire adoperati anche come moneta. Da ciò il primo nome del cacao (Amygdalae pecuniariae ovvero mandorla di denaro) poi sostituito da Linneo in Theobroma cacao o cibo degli dei. Le fonti del tempo narrano anche di frequenti contraffazioni effettuate riempiendo i gusci vuoti con sporcizia o fango. Proprio dal termine azteco in lingua nahuatl xocoatl deriva la parola "cioccolato".
I semi di cacao arrivano in Europa solo con Hernán Cortés nel 1528. Qui la bevanda ottiene il successo solo con l'aggiunta di zucchero, anice, cannella e vaniglia. Nel 1606 il cioccolato si produce anche in Italia, a Firenze e Venezia. Nel 1678 Antonio Ari ottiene dai Savoia il permesso di vendere la cioccolata in "bevanda". Alla scuola torinese di cioccolato si forma Francois-Luis Cailler che nel 1819 fonda la prima fabbrica svizzera di cioccolato a Vevey.
Nel 1802 il genovese Bozelli costruisce una macchina per raffinare la pasta di cacao. Nel 1828 l'olandese van Houten separa il burro di cacao. Nel 1865 a Torino Caffarel mescola cacao e nocciole producendo il cioccolato gianduia. Nel 1878 lo svizzero Daniel Peter mescola il latte al cacao producendo il cioccolato al latte. Nel 1879 a Berna Rodolphe Lindt produce il cioccolato fondente. Nel 1923 a Chicago Frank Mars inventa la barretta al cioccolato.

Ricetta
Ingredienti
Per mezzo litro di rosolio servono:
  • 300g zucchero.
  • 175g alcool 90 gradi, oppure 130g alcool 95 gradi.
  • 175g acqua.
  • 50g cacao magro amaro.
  • Mezza bustina di vanillina.
  • 1g cannella in polvere.
Preparazione
In un bricco o pentolino con fondo spesso, inserire lo zucchero, il cacao, la vanillina e la cannella, quindi mescolare bene in modo da ottenere una miscela omogenea.
Aggiungere l'acqua, e porre sul fornello a fuoco basso, mescolando con un cucchiaio in modo da ottenere una soluzione omogenea, generalmente a temperatura di 50 gradi. Quindi lasciare raffreddare.
Aggiungere alla soluzione raffreddata l'alcool, passare il tutto con la frusta (meglio se elettrica) in modo da eliminare eventuali grumi, quindi imbottigliare lasciandola riposare in ambiente tiepido per un mese.

Consigli
È preferibile utilizzare alcool con sapore delicato, meglio se a 90 gradi.


domenica 5 gennaio 2020

Old Fashioned

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L'Old Fashioned è un cocktail da aperitivo a base di bourbon in cui vengono dissolti zucchero, angostura bitter ed essenza di scorza d'arancia. Il nome sta per old fashioned whiskey cocktail. È un cocktail ufficiale IBA.
È uno dei cocktail più famosi al mondo e uno dei più antichi degli Stati Uniti; lo scrittore britannico Kingsley Amis lo definì «l'unico cocktail che può rivaleggiare con il Martini e le sue varianti»; il conterraneo Alec Waugh lo considerò il miglior preludio a una cena insieme al Martini-dry; per il drammaturgo statunitense George Jean Nathan fa parte della "trinità dei cocktail" insieme al Martini e al Manhattan.

Composizione
Ricetta IBA
Bicchiere: old fashioned
  • 4,5 cl di bourbon whiskey, scotch o rye whiskey
  • 2 gocce di angostura
  • 1 zolletta di zucchero
  • 1 spruzzata di soda
  • Decorazione: scorza d'arancia e ciliegina
Preparazione
Prendere un bicchiere tipo old fashioned da 6-10 once fluide, porvi una zolletta di zucchero ed impregnarla con gocce di angostura (3-4 dashes, cioè 1,8-2,5 ml). Utilizzare un pestello per schiacciare la zolletta. Aggiungere un goccio di acqua naturale per far sciogliere meglio lo zucchero e mescolare stando attenti a non creare grumi ed ottenere una soluzione omogenea. Aggiungere un'oncia di bourbon e poi 3-4 cubetti di ghiaccio. Utilizzare il cucchiaio da bar per mescolare e dissolvere lo zucchero (ed eventualmente lo sciroppo) nel bourbon. Aggiungere altri cubetti di ghiaccio sino a riempire il bicchiere, quindi un'ulteriore oncia di bourbon. Mescolare di nuovo con il cucchiaio da bar. Ricavare con un pelapatate una lunga fetta di scorza d'arancia sopra il bicchiere così che l'essenza d'arancia si depositi nella soluzione e la profumi. È possibile anche schiacciarla leggermente sopra il bicchiere per ottenere il risultato. Tagliare e pulire la fettina di scorza d'arancia, poi aggiungerla al cocktail. Inserire nel cocktail una ciliegia al maraschino e ricavare una fettina d'arancia con cui guarnire il bicchiere. Servire senza cannuccia.

Varianti
L'Old Fashioned è un cocktail relativamente semplice ma, data la sua lunga storia, presenta decine se non centinaia di varianti.
  • È possibile utilizzare scotch whisky o rye whisky. Quest'ultimo, un distillato al 51% (minimo) di segale, era il tipo di whisky americano predominante nella prima metà dell'Ottocento, quando fu inventata la ricetta originale del cocktail. È un po' meno dolce del bourbon.
  • 1 goccio di sciroppo semplice al posto della zolletta di zucchero.
  • 1 spruzzo di curaçao invece che di soda subito dopo aver pestato lo zucchero per intensificare l'aroma agrumato.
  • 1 fettina di scorza di limone da spremere e inserire nel cocktail invece che d'arancia. Questa variante nella preparazione risale ad una delle prime ricette di questo cocktail risalente al 1895.
  • 1 spruzzo di soda subito dopo aver pestato lo zucchero o aver versato lo sciroppo.


 
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