Godfather è un cocktail a base
di Scotch e Amaretto di Saronno che viene preparato direttamente nel
tumbler old fashioned con ghiaccio. Le dosi sono di 3,5cl di Scotch e
3,5 cl di Amaretto. Esiste anche la variante con la Vodka al posto
dello scotch, che prende il nome di Godmother. Le proporzioni
rimangono invariate.
mercoledì 30 ottobre 2019
martedì 29 ottobre 2019
Stomatica Foletto
Il liquore Stomatica Foletto
è un liquore a base di erbe
medicinali prodotto in Valle di Ledro, dalla A. Foletto, la cui
gradazione alcoolica è di 32°.
È un Prodotto Agroalimentare
Tradizionale.
Nacque come Tintura Stomatica Foletto
alla fine del XIX secolo per opera di Angelo Foletto, farmacista di
Pieve di Ledro, allora territorio dell'Austria-Ungheria, che accanto
all'attività principale aprì una piccola officina farmaceutica. La
Tintura venne registrata come medicinale ad attività eupeptica,
digestiva e lassativa, dapprima in Austria-Ungheria, poi - dopo
l'annessione - in Italia, ed è rimasta specialità medicinale fino
al 1990, quando il laboratorio non ebbe più le caratteristiche per
la produzione di medicinali. Perse allora la denominazione di
tintura, sostituita da liquore, pur senza variare la ricetta né il
luogo di produzione.
Il canale di distribuzione è rimasto
principalmente quello delle farmacie.
Stomatica Foletto è un liquore a base
di alchemilla, arancio amaro, cariofillata, genzianella, genziana
minore, genziana maggiore e rabarbaro cinese. Le erbe vengono
trattate per infusioni successive, e gli estratti ottenuti vengono
poi miscelati allo sciroppo, lasciati ad invecchiare per almeno 5
mesi per far depositare i tannini, e quindi filtrato ed
imbottigliato.
lunedì 28 ottobre 2019
Tè mu
Il
tè mu
è una bevanda con proprietà
tonificanti, ideata negli anni '50 dal giapponese Georges Ohsawa,
considerato il padre della macrobiotica. Nonostante il nome, non è
una varietà di tè, ma una miscela di radici ed erbe medicinali di
tradizione orientale.
La ricetta prevede da 9 a 16
ingredienti, tra cui ginseng, radice di liquirizia, radice di
zenzero, estratto di buccia di mandarino, cannella, prezzemolo
giapponese, chiodi di garofano, radice di angelica e radice di
peonia.
Gli si attribuiscono proprietà
rigeneranti, rinfrescanti, toniche dell'apparato digerente ed anche
effetti benefici sulla funzionalità sessuale maschile e femminile.
Diversamente dal tè, non si prepara per infusione, ma per decotto,
facendo bollire per circa 10 minuti una bustina (anche sfusa) in
circa 750 ml d'acqua. Non contiene caffeina, ma contenendo ginseng il
suo consumo può essere controindicato nelle ore serali. Essendo una
bevanda prevalentemente yang, può essere consumata anche fredda.
domenica 27 ottobre 2019
Cucchiaino nello spumante
Quella del
cucchiaino nello spumante
è una supposizione
pseudoscientifica che, riportata nel corso degli anni, è divenuta
una leggenda metropolitana. Di origine incerta, tale leggenda vuole
che un cucchiaino da caffè inserito capovolto nel collo di una
bottiglia di vetro contenente spumante o champagne ne prevenga la
fuga delle bollicine di anidride carbonica ovvero, in pratica, ne
preservi l'effervescenza.
Alcune versioni di tale leggenda
precisano che detto cucchiaino dovrebbe essere d'argento, al fine di
garantire una preservazione ottimale. Altre ancora estendono
l'efficacia di tale trattamento anche ad altre bevande gasate,
alcooliche e non, come birra e Coca-Cola.
Non esistono evidenze scientifiche a
comprovare tale effetto; uno studio compiuto in merito da alcuni
esperti del centro interprofessionale dei vini di champagne, in
Francia, rivelò non esservi significativa differenza di gusto o di
contenuto di anidride carbonica tra il contenuto di due bottiglie
identiche lasciate aperte, in una delle quali era stato inserito un
cucchiaino per valutarne i presunti effetti a distanza di 24 ore.
Nel 1994, Richard Zare professore di
chimica presso l'Università di Stanford coadiuvato dal dottor Harold
McGee e da un ristretto gruppo di assaggiatori (incluse le loro
mogli, e altre due coppie) lasciarono 10 differenti bottiglie aperte
per 26 ore, e in seguito ne assaggiarono una ad una, concludendo che
l'uso del cucchiaino non migliora né peggiora la qualità del vino.
Tuttavia tale test è del tutto personale e privo di oggettività e
quindi non ha valenza scientifica.
Per riuscire a sfatare tale leggenda
metropolitana, nel 1995 Michel Valade, Isahelle Trihaut-Sohier e
Frédéric Panoïotis (appartenenti al "Comitato
interprofessionale del vino di Champagne" di Épernay, la
"capitale" dello champagne) hanno deciso di studiare nel
dettaglio questa credenza.
Scientificamente e rigorosamente hanno
utilizzato diverse bottiglie di champagne provenienti dalla stessa
vinificazione, ovvero dallo stesso tino e hanno presentato i loro
risultati sulla rivista scientifica Le Vigneron Champenois. In
particolare diverse bottiglie sono state svuotate in maniera
differente (di 1/3 o di 2/3) o lasciate con tutto il contenuto. Con
questi diversi contenuti, si sono realizzati gli esperimenti
chiudendo il collo della bottiglia con un cucchiaino in acciaio inox,
o uno d'argento, o un tappo ermetico, o un tappo a corona o non
chiudendolo. Messe queste in un ambiente a temperatura controllata
(12 °C), si è controllata ad intervalli regolari la quantità di
gas residuo, andando a misurare sia la perdita di massa del contenuto
della bottiglia che la sua qualità a distanza di 8, 24, 48 e 72 ore.
Una volta che una bottiglia di
champagne viene aperta e si inizia a svuotarla, la sua pressione
interna scende da 6 a 4 bar circa per un contenuto di 50 cl (a 2 bar
nel caso di 25 cl rimanenti). Dopo due giorni, si è potuto osservare
come tutte le bottiglie "aperte" (con cucchiaino o senza)
hanno avuto un maggiore decremento di pressione rispetto a quelle
"chiuse" con un tappo, in misura del 50% e del 10%. In
seguito è stata misurata anche la diminuzione del peso che era ben
evidente nelle bottiglie "aperte", mentre risultava nulla
per quelle "chiuse".
Questa ricerca conclude con il fatto
che l'inserimento di un cucchiaino in una bottiglia comporta la
stessa perdita di massa se comparata con una bottiglia lasciata
totalmente aperta; mentre il livello di pressione risulta leggermente
minore in queste ultime, ma comunque decisamente inferiore se
confrontata con quelle "chiuse". In parole povere, la
presenza del cucchiaino è inutile per la preservazione
dell'effervescenza nelle bevande gassate.
sabato 26 ottobre 2019
Whisky giapponese
Il
whisky giapponese
è una bevanda alcolica ottenuta
dalla distillazione di cereali.
L'inizio esatto della produzione di
distillati di cereali in Giappone non è noto con esattezza, tuttavia
circa nel 1870 è accertato ci fossero dei distillatori amatoriali,
che producevano e consumavano in proprio la bevanda, limitandosi
occasionalmente alla vendita.
I primi occidentali ad assaggiare il
whisky giapponese furono dei soldati dell'American Expeditionary
Force Siberia ad Hakodate nel settembre 1918. I soldati riferirono di
un distillato locale chiamato Queen George, reperibile in zona, che
essi descrissero come del tutto simile al whisky scozzese. Tuttavia
di questa marca non si hanno notizie e non è noto attualmente con
certezza di cosa fosse composta, anche se difficilmente si ritiene
potesse essere davvero scotch.
L'introduzione della produzione
industriale di whisky in Giappone si deve principalmente a Shinjirō
Torii e al suo collaboratore Masataka Taketsuru. Torii era un
farmacista che in seguito al successo della sua attività decise di
espandere il proprio giro d'affari fondando una società (chiamata
Kotobukiya e successivamente Suntory) dedicata all'importazione di
liquori dall'occidente. Nel 1907 ideò anche una propria etichetta di
vino liquoroso chiamata Akadama. L'iniziativa ebbe successo e Torii
scelse di andare oltre, contro il parere dei suoi stessi dirigenti,
iniziando a produrre localmente distillati su imitazione di quelli
europei e americani. Shinjirō Torii riuscì ad imporsi sul proprio
management e alla fine riuscì a costruire la prima distilleria di
whisky a Yamazaki, nelle vicinanze di Kyoto, nel 1924. L'area era
famosa per l'eccezionale qualità della sua acqua, al punto che il
leggendario maestro del tè Sen no Rikyū decise di costruire qui la
propria casa da tè.
Non avendo le competenze necessarie per
avviare una produzione disciplinata Shinjirō Torii dovette cercare
qualcuno che lo aiutasse e trovò la persona che cercava in Masataka
Taketsuru, assumendolo come direttore della distilleria. Taketsuru
aveva studiato in Scozia l'arte della preparazione dello scotch
whisky ed era rientrato in Giappone nei primi anni venti. Taketsuru
prese a modello il disciplinare di produzione scozzese, apportando
leggere modifiche per adattarlo alle particolari differenze tra il
clima ed il terreno scozzese con quello giapponese. Nel 1934
Taketsuru lasciò la Kotobukiya e si mise in proprio, fondando la
Dainipponkaju (successivamente chiamata Nikka). Tuttora le due
aziende fondate da Torii e Taketsuru sono i maggiori produttori
giapponesi di whisky.
Dal 2011, con la riapertura della
distilleria Shinshu sono presenti nove distillerie su tutto il
territorio giapponese. L'elenco delle distillerie operative è il
seguente:
- Yamazaki: di proprietà di Suntory, tra Osaka e Kyoto, Honshū.
- Hakushu:di proprietà di Suntory, nella prefettura di Yamanashi, Honshū.
- Yoichi: di proprietà di Nikka, nel nord dell'Hokkaidō.
- Miyagikyo (in precedenza Sendai): di proprietà di Nikka, vicino Sendai.
- Fuji Gotemba: di proprietà di Kirin, ai piedi del Monte Fuji, Shizuoka.
- Karuizawa: di proprietà di Mercian (a sua volta parte della Kirin), vicino Karuizawa nella prefettura di Nagano, Honshū.
- Chichibu: vicino Chichibu nella prefettura di Saitama.
- Distilleria Shinshu: di proprietà di Hombo, nella prefettura di Nagano, Honshū.
- Distilleria White Oak: di proprietà di Eigashima Shuzou, a Hyōgo, Honshū.
Per molti anni
si è creduto che il whisky scozzese prodotto al di fuori della
Scozia, per quanto il fabbricante si potesse impegnare nel rispettare
il disciplinare, non avrebbe mai potuto essere valutato sulla stessa
scala del whisky scozzese originale. Per questo fino al 2000 la
produzione di whisky giapponese era per la grandissima maggioranza
destinata al mercato domestico, e solo in minima parte veniva
esportato. La situazione ha cominciato a cambiare nel 2001, quando il
Nikka Yoichi single malt invecchiato 10 anni vinse il premio "Best
of the Best" ai Whisky Magazine's awards. Attirando
l'attenzione degli appassionati internazionali sul prodotto del Sol
levante.
Da allora il mercato del whisky
giapponese si è espanso e i vari distillati hanno conquistato
molteplici premi in varie categorie, soprattutto Suntory nei primi
anni 2000 ha fatto incetta di prestigiosi premi internazionali.
Nel 2003 agli International
Spirits Challenge il Suntory Yamasaki vinse la medaglia d'oro. Da
allora Suntory ha continuato a vincere almeno una medaglia d'oro ogni
anno fino al 2013.
Negli anni recenti i whisky giapponesi
sono stati introdotti in alcune competizioni alla cieca, organizzate
da Whisky Magazine, e in diverse occasioni i prodotti giapponesi
hanno superato quelli originari scozzesi.
La produzione di whisky giapponese
segue in modo più fedele possibile il disciplinare scozzese. La
distilleria di Yoichi in Hokkaidō in particolare è stata costruita
su un luogo scelto appositamente perché il suo clima e il suo
terreno ricordano molto quelli scozzesi.
Il whisky giapponese viene consumato
nelle stesse modalità con cui si consuma quello scozzese o lo
shōchū. La maggior parte viene utilizzata per la realizzazione di
cocktail, soprattutto highball (ハイボール
haibōru). Il whisky di alta qualità viene invece consumato
on the rocks. In molte parti del Giappone è diffusa anche l'usanza
di bere whisky con acqua calda di inverno e fredda di estate.
venerdì 25 ottobre 2019
Joya - Flavor sodas
Joya
è una marca di soda al gusto di
frutta introdotta sul mercato nel 1942 nel Monterrey, Messico dal
produttore di acqua minerale Cia. Ora è proprietà della Topo Chico
divisione della Embottelladoras Arca (il secondo più grande gruppo
di imbottigliazione di Coca-Cola nel Messico). Joya fu formalmente
solo venduta negli stati messicani di Nuevo León e Tamaulipas, dopo
nel 2004 la distribuzione parte in Cohahuila, Sinaloa e parte di San
Luis Potosí e nel 2005 in Sonora, Chihuahua e Baja California. Nel
2004 Joya fu acquistata dalla Coca-Cola Company e nel 2006 fu
introdotta nello stato di Hidalgo e parte di Morelos.
- Fruit Punch
- Mela
- Succo d'uva
- Ananas
- Mandarino
- Pesca
giovedì 24 ottobre 2019
Tepache
Il
tepache
è una bevanda messicana
leggermente alcolica a base di ananas.
Il tepache risale al Messico
precolombiano, epoca in cui la bevanda era popolare tra i Nahua
dell'America centrale ed era considerato sacro dai Maya, che lo
utilizzavano durante i rituali religiosi. Sebbene il tepache fosse
originariamente a base di mais (In lingua nahuatl, la parola tepiātl
indica infatti una bevanda a base di mais) quello contemporaneo viene
preparato facendo fermentare la buccia dell'ananas. Oggi il tepache è
una bevanda molto famosa in Messico, viene venduta da molti venditori
ambulanti e, grazie alla facilità e rapidità con cui viene
fermentata, viene anche fabbricata in casa.
La bevanda viene ottenuta facendo
fermentare per alcuni giorni la buccia degli ananas. Successivamente,
il tepache viene addolcito con piloncillo o zucchero di canna,
condito con cannella in polvere e servito freddo. Sebbene il tepache
venga lasciato fermentare per diversi giorni, la bevanda ha un tasso
alcolico molto basso (3%). Il tepache ha un alto contenuto di
vitamina B e C e ha una significativa percentuale di bromelina, un
enzima antitumorale.
Fra le varianti del tipico tepache vi
sono quello analcolico e quelli ai gusti di mela, guayava, tonno e
arancia. Altra variante popolare e i cosiddetti tepache de tibicos,
ottenuti facendo fermentare colture simbiotiche di tibicos.
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