La birra, una delle bevande fermentate più antiche del mondo, accompagna la storia dell’uomo da millenni. Il suo origine si perde nella preistoria, quando un semplice incidente – una ciotola d’orzo lasciata all’aperto, bagnata dalla pioggia e poi asciugata dal sole – potrebbe aver dato vita a un intruglio fermentato. Qualcuno lo assaggiò e scoprì che donava euforia, alleviava le fatiche dei campi e infondeva coraggio in guerra. Così nacque il “pane liquido”, come veniva chiamata la birra.
I primi indizi scritti risalgono alla Mesopotamia, nella cosiddetta Mezzaluna Fertile, circa 4.000 anni a.C. Qui l’uomo, da nomade a coltivatore stanziale, sviluppò la capacità di produrre birra a partire dai cereali coltivati. La tavoletta cuneiforme “Monumento Blu” menziona già doni a una dea costituiti da miele, capretti e birra. Duemila anni dopo, il Codice di Hammurabi regolamenta la produzione e la vendita della birra, con sanzioni severe contro chi adulterava la bevanda: la produzione era compito delle donne, considerate custodi della sua qualità.
In Egitto, la birra divenne bevanda sacra, legata alla divinità Osiride e all’idea di immortalità. I faraoni ricevevano birra come tributo, e il salario minimo prevedeva due anfore al giorno. Il “Papiro Ebers” elenca circa 600 prescrizioni mediche a base di birra, testimonianza delle virtù curative attribuite a questa bevanda. Successivamente, la regina Cleopatra favorì l’esportazione della birra verso Roma, dove però il predominio del vino la considerava una bevanda pagana.
Nel Nord Europa, le legioni romane scoprirono che i popoli della Gallia producevano birra con tecniche avanzate. I Galli utilizzavano pietre riscaldate per la cottura, botti per conservare più a lungo e aromi come anice, assenzio e finocchio. I Druidi preparavano infusi magici con la salvia, ritenuti curativi. La birra accompagnava la vita quotidiana dei Celti e, secondo leggende irlandesi, era alla base della loro immortalità. Anche nei testi sacri ebraici, la birra compare come bevanda rituale nelle feste degli Azzimi e durante Purim.
Nel Medioevo, la produzione e la vendita della birra erano privilegio di Chiese e nobili. Nei monasteri si sviluppò l’arte birraria: San Benedetto a Montecassino, nel VI secolo, ne beveva prodotta localmente. Monaci come San Colombano a Bobbio e quelli di Gorze perfezionarono i metodi di brassaggio fino al XII secolo, diventando custodi esclusivi della conoscenza birraria. L’Abbazia di San Gallo in Svizzera sviluppò tecniche innovative, ottenendo birre di forza e qualità differenziata: la “Prima Melior” per l’abate, la “Secunda” per i monaci e la “Tertia” per i poveri.
Parallelamente, nell’America precolombiana, le donne masticavano cereali per avviare la fermentazione grazie agli enzimi della saliva, ripetendo rituali di birrificazione antichi quanto quelli europei. In Europa, fino al XII secolo, la produzione era spesso femminile: le “Ale Wives” preparavano birre per uso domestico e feste religiose. Nel 1150, la botanica e suora tedesca Hildegard von Bingen introdusse il luppolo, sostituendo miscele di erbe aromatiche e spezie, migliorando conservazione e sapore.
Il 1516 segna un passo fondamentale: Guglielmo IV Duca di Baviera promulgò il Reinheitsgebot, l’editto della purezza, che imponeva l’uso esclusivo di orzo, acqua e luppolo. Questo standard garantì birre più sicure e di qualità superiore. Nel XVII e XVIII secolo, le scoperte scientifiche di Leeuwenhoek e Pasteur permisero di comprendere il ruolo dei microrganismi nella fermentazione, mentre Emil Hansen scoprì il Saccharomyces uvarum, alla base della birra a bassa fermentazione.
La rivoluzione industriale portò meccanizzazione e precisione scientifica. Invenzioni come il termometro di Fahrenheit (1714) e l’idrometro di Marin (1768) permisero di controllare con accuratezza le fasi di produzione. Macchine per tostare il malto, raffreddatori del mosto e ghiaccio artificiale rivoluzionarono la produzione su larga scala. Il vetro trasparente permise al consumatore di ammirare il colore della birra, favorendo la preferenza per birre più chiare e dorate.
Il XX secolo vide la birra trasformarsi in industria globale: le grandi aziende dominarono il mercato, mentre le piccole birrerie diminuivano drasticamente. Le indagini di mercato influenzarono il gusto, privilegiando birre meno amare. Solo negli anni ’80 si assistette a un vero “rinascimento” della birra artigianale, con microbirrifici, Brewpub e culture di degustazione. In Italia, i primi birrifici sorsero intorno al 1850, con la Menabrea di Biella (1846) e Le Malterie Italiane di Avezzano (1890). Oggi, il settore italiano conta circa 16 grandi stabilimenti e 350 microbirrifici, con una produzione nazionale di quasi 13 milioni di ettolitri nel 2011.
Dall’antica Mesopotamia ai microbirrifici moderni, la storia della birra è la storia di un’umanità che ha saputo trasformare cereali, acqua e lievito in una bevanda capace di nutrire, rallegrare e ispirare. La birra non è solo fermentazione: è cultura, scienza e tradizione millenaria che continua a evolversi, bicchiere dopo bicchiere.
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