giovedì 17 giugno 2021

Champagne



Lo champagne (in italiano, raro, sciampagna) è uno spumante metodo classico, famoso in tutto il mondo e comunemente associato ai concetti di lusso e festa; prende il nome dalla regione della Champagne, situata nel nord-est della Francia, dove il vino è prodotto.
Lo champagne è uno dei pochi vini ai quali sia stato attribuito un inventore, l'abate benedettino Dom Pierre Pérignon, anche se sulla storia della sua origine esistono versioni differenti.
I vini della regione della Champagne erano conosciuti fin dal medioevo; venivano prodotti principalmente dai monaci delle numerose abbazie presenti nella regione, che lo usavano come vino da messa. Ma anche i regnanti francesi apprezzavano molto questi vini, fini e leggeri, tanto da offrirli in segno di omaggio agli altri regnanti europei. Si trattava però principalmente di vini fermi, quindi senza spuma, e rossi.
Le guerre e i saccheggi, che nel 1600 devastarono la regione, causarono la distruzione e l'abbandono delle abbazie e dei conventi, e quindi il decadimento delle annesse vigne.
Intorno al 1670, Pierre Pérignon, giovane monaco benedettino, giunse all'abbazia d'Hautvillers, vicino a Épernay, con l'incarico di tesoriere; egli trovò il convento e le vigne in uno stato di totale abbandono e si adoperò per rimetterle in sesto.
Il suo lavoro fu indirizzato principalmente alla produzione del vino; da perfezionista qual era, si applicò alla selezione delle uve migliori (la sua scelta cadde sul pinot nero), al privilegiare i terreni più vocati alla produzione, ad affinare le tecniche del taglio dei vini (assemblaggio di uve dello stesso tipo provenienti da zone diverse), e a preferire una spremitura dolce per ottenere un mosto chiaro anche se da uve a bacca nera (tutte tecniche caratteristiche, ancora oggi, della produzione dello champagne).
Rimane il dubbio sulla genesi della trasformazione del vino fermo in vino spumante.
  • Una versione afferma che lo champagne sia nato casualmente per errore durante il processo di vinificazione di alcuni vini bianchi; tale errore avrebbe causato lo scoppio di alcune bottiglie poste ad affinare in cantina e quindi portato alla scoperta, da parte dell'abate, della "presa di spuma".
  • Un'altra versione afferma che l'abate, per rendere più gradevole il vino prodotto, vi aggiungesse in primavera dei fiori di pesco e dello zucchero, tappando successivamente la bottiglia con tappi di legno di forma tronco-conica; allo stappare della bottiglia si produceva della spuma.
  • Un'ulteriore versione afferma che i viticoltori che usavano vinificare le uve di pinot si fossero resi conto che il vino ottenuto invecchiava male nelle botti, per cui decisero di imbottigliarlo subito dopo la fermentazione; nelle bottiglie questo vino conservava efficacemente gli aromi, ma aveva il difetto di diventare naturalmente spumante, il che comportava lo scoppio di molte bottiglie.
Quale che sia la versione, l'abate arrivò alla conclusione che la spuma fosse dovuta a una rifermentazione (dovuta a errori nella vinificazione o all'aggiunta di lieviti — contenuti nei fiori di pesco — e di zucchero) del vino, con conseguente produzione di anidride carbonica. A questo punto, resosi conto della gradevolezza del vino "spumante", decise di perfezionarne la produzione.
Messe da parte le versioni più o meno romanzate, i veri grandi meriti di Dom Pérignon nell'evoluzione della tecnica di produzione dello champagne furono quelli di definire il vitigno più adatto (il pinot noir), di applicare metodicamente la tecnica dell'"assemblaggio" e di sostituire i tappi di legno a forma tronco-conica, usati fino ad allora, con tappi di sughero, ancorati al collo della bottiglia per mezzo di una gabbietta metallica.
Da quel momento in poi anche altri proprietari di vigne della zona cominciarono a produrre il vino seguendo le indicazioni dell'abate e i nuovi produttori contribuirono all'affinamento e al miglioramento della tecnica di produzione dello champagne.
Ad esempio il problema della formazione di un deposito nelle bottiglie durante la permanenza in cantina per la seconda fermentazione (la cosiddetta feccia) fu risolto dai tecnici dell'azienda di Barbe Nicole Ponsardin, vedova Clicquot (la famosa Veuve Clicquot); essi idearono le pupitres (strutture a "V" rovesciata costituite da due tavole di legno incernierate su un lato e dotate di fori in cui inserire i colli delle bottiglie) e misero a punto il remuage sur pupitres, tecnica che consentiva di effettuare la separazione dei lieviti dal vino, dando così allo champagne la limpidezza che lo caratterizza.
La crescita della popolarità dello champagne ha portato alla nascita di aneddoti e leggende difficilmente verificabili, come il fatto che Dom Pérignon fosse un esperto assaggiatore di vini (in realtà egli era astemio ma, essendo anche vegetariano, era un eccellente assaggiatore di uve), la confessione in punto di morte da parte di Dom Pérignon della ricetta segreta dello champagne (non di ricetta si trattava, ma soltanto dell'indicazione di aggiungere al vino zucchero e miscela di liquori), il fatto che la forma del bicchiere a coppa in cui veniva servito fosse stata modellata sulla forma - considerata perfetta - del seno di Madame de Pompadour o forse Diana di Poitiers, e altre ancora.
Rimane il fatto che lo champagne è un vino spumante la cui notorietà è diffusa in tutto il mondo e il cui uso ha assunto valenza simbolica in varie situazioni (basti pensare al varo delle navi, alle premiazioni delle gare automobilistiche e ciclistiche e in generale a tutte le celebrazioni di eventi particolarmente importanti).
Lo champagne è un vino che presenta varie caratteristiche particolari rispetto agli altri grandi vini:
  • la vendemmia viene effettuata manualmente (il disciplinare vieta l'uso delle macchine vendemmiatrici) in quanto è essenziale che l'uva arrivi al corretto grado di maturazione e perfettamente integra alla pigiatura.
Lo champagne può essere anche un bianco ottenuto da uve a bacca nera - il pinot noir e il pinot meunier - vinificate in bianco - vedi più avanti nella sezione "vinificazione".
  • quasi sempre viene effettuato l'"assemblaggio" tra vini di provenienza e di millesimi differenti, al fine di assicurare una continuità delle caratteristiche qualitative e organolettiche. L'indicazione del millesimo, facoltativa, è possibile solo quando vengono assemblati vini della stessa annata; ciò è generalmente indice di un'elevata qualità. Ancor più particolare e di pregio è uno champagne millesimato la cui base è composto da uve di un solo vigneto (cru), specie se mono varietà (solo chardonnay, solo pinot nero, solo pinot meunier).
  • è un vino spumante mantenuto in pressione nella bottiglia per mezzo di un tappo a forma di fungo (contrariamente alla forma cilindrica dei tappi normalmente utilizzati), coperto da una capsula metallica e trattenuto da una gabbietta in fil di ferro. All'apertura, il tappo tenderà a saltare e lo champagne a fuoriuscire rapidamente producendo molta schiuma, il che ne rende il servizio leggermente complesso. Una volta versato nel bicchiere, si ha la produzione più o meno persistente di bollicine (perlage) che tendono a salire verso la superficie del liquido.
  • la marca (non obbligatoria), cioè il nome di fantasia in etichetta che identifica uno specifico prodotto, è un elemento essenziale per l'identificazione; gli champagne più pregiati sono champagne di marca (una maison normalmente produce diversi champagne cioè diverse marche/etichette).

Per la produzione è autorizzato l'uso di nove vitigni, di cui tre vitigni principali:

  • chardonnay (uva a bacca bianca, 26% della superficie piantata),
  • pinot noir (uva a bacca nera, 37% della superficie piantata),
  • pinot meunier (uva a bacca nera, caratterizzata da una maturazione leggermente più tardiva rispetto al pinot noir, 37% della superficie piantata),
e sei vitigni tradizionali, recentemente riscoperti e riutilizzati (superficie piantata molto limitata):
  • pinot blanc,
  • petit meslier,
  • fromenteau,
  • pinot gris
  • enfumé
  • arbanne, un'uva dei vigneti di Bar-sur-Aube e delle zone circostanti che è ormai considerata autoctona poiché viene coltivata in questi territori da qualche centinaio di anni. Il vitigno si caratterizza per la produzione di grappoli che accolgono acini di dimensioni differenti, cioè piccoli e grandi, la buccia è invece alquanto spessa e resistente, tanto che crea qualche problemino nella pressatura. È un vitigno tardivo, per cui necessita di essere piantato su dei pendii ben esposti.
Resa: la legislazione prevede che per ogni 4 000 kg di uva solo 2 550 litri di mosto possano essere usati per elaborare lo champagne.
Il vino champagne viene prodotto secondo il metodo champenoise: questa definizione è utilizzabile solo per i vini spumanti (con metodo della rifermentazione in bottiglia) prodotti nella regione della Champagne; nel resto del mondo tale procedimento è denominato "metodo della rifermentazione in bottiglia" o "metodo tradizionale" o "metodo classico".
Il metodo champenoise consiste principalmente nell'operare una doppia fermentazione: la prima del mosto, nel tino, la seconda del vino (ottenuto dalla prima fermentazione), nella bottiglia.
Il procedimento di vinificazione prevede numerose fasi. Le uve vengono raccolte manualmente in maniera selettiva, cioè scegliendo solo i grappoli che hanno raggiunto la giusta maturazione, e trasportate alla pressatura cercando di mantenere il più possibile l'integrità degli acini. Successivamente si pressano le uve in maniera soffice, si separano rapidamente le bucce dal mosto e si mette il vino in botte per la fermentazione.
La prima fermentazione, chiamata fermentazione alcolica, è identica a quella che subiscono i vini cosiddetti "tranquilli" (cioè non effervescenti). Quando questa prima fermentazione si conclude (di solito in primavera), si imbottiglia il "vino di base" con un tappo metallico a corona (lo stesso impiegato per chiudere le bevande gassate) in grado di sopportare la pressione che si svilupperà all'interno della bottiglia, dopo avergli aggiunto lieviti selezionati (prelevati da ceppi della zona dello champagne) e zucchero, al fine di far avviare la seconda fermentazione; questa seconda fermentazione produce anidride carbonica che determina la formazione di bollicine, cioè della spuma. Tuttavia, questa seconda fermentazione provoca anche la formazione della feccia, costituita dai residui dei lieviti esausti, che intorbidisce il vino, e che è necessario eliminare. Per far ciò occorre sistemare le bottiglie sulle pupitres, strutture a "V" rovesciata costituite da due tavole di legno incernierate su un lato e dotate di fori in cui inserire i colli delle bottiglie.
Ogni giorno le bottiglie vengono ruotate con un movimento secco (remuage sur pupitres), con una rotazione inizialmente di un ottavo di giro e successivamente aumentata a un sesto e, alla fine del processo, a un quarto di giro. Tale operazione ha lo scopo di staccare la feccia dalla parete interna della bottiglia e farla scendere in basso verso il collo della stessa. Infatti, dopo ogni scotimento, le bottiglie sono riposizionate inclinandole sempre più, fino a quando saranno in posizione quasi verticale; in tal modo le fecce saranno tutte a contatto del tappo. Per eliminare le fecce si inserisce il collo della bottiglia in una soluzione salina a bassissima temperatura, che provoca l'istantaneo congelamento delle fecce; a questo punto si toglie il tappo (questa operazione si chiama dégorgement, e se fatta a mano è definita à la volée), e con esso il deposito dei lieviti.
Dopo il dégorgement si effettua il dosage, ovvero il rabbocco con una miscela (chiamata liqueur d'expédition) di vini di annate precedenti, molto spesso fatti invecchiare in recipiente ligneo (quasi sempre barrique) e zucchero; un tempo era usanza aggiungere anche distillati tipo cognac o armagnac: oggi è una pratica rara. Oppure la liqueur potrebbe essere composta, a parte l'eventuale aggiunta zuccherina, unicamente da vino della stessa partita. Ogni produttore custodisce gelosamente la composizione di questa miscela, che determina sia le caratteristiche organolettiche finali dello champagne sia, per la quantità di zucchero presente, la sua tipologia o dosage (secondo il regolamento europeo): pas dosé, extra brut, brut, extra dry, sec, demi sec, doux.
Una volta eseguita questa operazione non resta che tappare la bottiglia con il caratteristico tappo di sughero, la capsula metallica e la gabbietta in fil di ferro. Le bottiglie vengono lasciate ad affinare ancora e dopo alcuni mesi sono pronte per il consumo.
Gli champagne si possono differenziare per il colore, per il tipo di uve utilizzate, e per il dosaggio (quantità di residuo zuccherino) e per il prezzo.

Colore
Lo champagne può essere "bianco" o rosé. Lo champagne rosè può essere ottenuto mescolando vini bianchi e vini rossi o da una breve macerazione a contatto con le bucce delle uve a bacca rossa.

Uve
Lo champagne ottenuto da sole uve a bacca bianca si chiama blanc de blancs; lo champagne ottenuto da sole uve a bacca nera si chiama blanc de noirs.

Dosaggio
Tecnicamente è l'aggiunta allo champagne, prima dell'imbottigliamento, di una piccola dose di sciroppo composto da zucchero di canna, vini vecchi e, molto raramente ormai, cognac o altri distillati. Lo scopo del dosaggio è duplice: da un lato serve ad 'addolcire' un vino che non ha residuo zuccherino e, di conseguenza, si presenta con un'acidità molto elevata, dall'altro lato è fondamentale per fornire allo champagne (soprattutto se non millesimato) quelle sfumature di aroma e di gusto caratteristiche del produttore, cioè quello che in gergo viene definito goût maison. Invece, per prodotti un po' particolari, amati dagli esperti, vi sono champagne la cui liqueur è composta unicamente da vino del medesimo lotto di rifermentazione ed, eventualmente, zucchero.
La classica bottiglia da champagne si chiama sciampagnotta, ha una capacità di 75 cL ed è più spessa e resistente delle normali bottiglie di vino.
I produttori di champagne hanno creato nel XIX secolo una serie di bottiglie di differenti capacità:
  • la huitième: 9,4 cL (rara)
  • la mignonette: 18,75 o 20 cL: un quarto
  • la "mezza": 37,5 cL
  • la "media": 60 cL (rara)
  • la bottiglia: 75 cl
  • la magnum: 1,5 L: 2 bottiglie
  • la jéroboam: 3 L: 4 bottiglie
  • la réhoboam: 4,5 L: 6 bottiglie
  • la mathusalem: 6 L: 8 bottiglie
  • la salmanazar: 9 L: 12 bottiglie
  • la balthazar: 12 L: 16 bottiglie
  • la nabuchodonosor: 15 L: 20 bottiglie
  • la salomon 18 L: 24 bottiglie
  • la souverain 26,25 L: 35 bottiglie
  • la primat 27 Ll: 36 bottiglie
  • la melchizédec 30 L: 40 bottiglie
Soltanto la mezza-bottiglia, la bottiglia e la magnum sono utilizzate per la seconda fermentazione; gli altri formati vengono generalmente riempiti con vino già fermentato.
Alcuni produttori hanno recentemente messo in commercio bottiglie di capacità superiore alla jéroboam (chiamati, ad eccezione del souverain e del primat, col nome di re biblici) come la salomon (18 litri) o la melchizédec (30 litri); tali formati sono poco usati, in quanto difficilmente maneggiabili, fragili e molto costosi da produrre.
Il tappo di sughero delle bottiglie di champagne è caratteristico per la forma a fungo che assume dopo la stappatura. In effetti il tappo non ha quella forma al momento dell'imbottigliamento, ma è cilindrico, di diametro decisamente maggiore di quello del collo della bottiglia in cui deve essere inserito. Affinché possa entrare (per circa la metà della sua lunghezza originaria) è necessario che sia compresso radialmente con forza tramite un'apposita attrezzatura (pressa), e immediatamente dopo, la parte di esso rimasta fuori della bottiglia deve essere "gabbiettata", cioè compressa assialmente per essere assestata sul "raso bocca" della bottiglia talché si possa instaurare il cosiddetto "effetto tappo corona" (è una sorta di "ribaditura" della testa). L'insieme di queste due compressioni che il tappo subisce, dapprima quella radiale (introduzione in bottiglia) e, di seguito quella assiale (gabbiettatura), agendo in sinergia, consentono al tappo, sottoposto alla pressione dell'anidride carbonica presente nella bottiglia, di contrastare efficacemente la fuoriuscita di questo gas. Col tempo il tappo perde gradualmente la sua elasticità naturale, e la parte situata più vicina all'imboccatura della bottiglia si degraderà più velocemente di quella situata più in basso, costringendo il tappo ad assumere la forma che si conosce.
Il tappo è formato da due parti ben distinte, le cui differenze sono facilmente individuabili anche a occhio nudo:
  • La "testa", costituito da un agglomerato di sughero di alta qualità (utilizzato per questa parte del tappo per ragioni economiche, ma anche per motivi tecnici). Questa parte non è a contatto con il vino e costituisce la totalità della parte superiore al "raso bocca" della bottiglia. Una parte del "corpo" (9–12 mm) viene introdotta nel "collo" della bottiglia.
  • Il "corpo", che è costituita (in genere) da due rondelle di sughero massiccio incollate una sull'altra alla base del "corpo" ; si tratta della parte che entra nel "collo" della bottiglia ed è esposta al contatto con il vino.
Una volta assemblati, levigati e rifiniti, i tappi vengono selezionati, in alcuni casi, trattati in superficie con (paraffina), ma in ogni caso, devono essere lubrificati con prodotti adatti al fine di rendere possibile la loro introduzione in bottiglia, migliorare la loro tenuta e agevolare la loro futura estrazione.
Sulla testa del tappo viene poggiata una placchetta in alluminio (con impressa solitamente la marca dello champagne), chiamata capsula, e il tutto viene chiuso con una gabbietta di fil di ferro, chiamata muselet che ha la funzione principale di trattenere il tappo che, spinto dalla pressione sviluppata dall'anidride carbonica interna alla bottiglia, tenderebbe a essere espulso dalla bottiglia stessa. Le placchette sono diventate oggetto di collezionismo. Infine, il tutto è avvolto da un involucro di alluminio, a mo' di sigillatura, chiamato "capsulone" che è quello che si apre e strappa prima di stappare la bottiglia.
Sull'etichetta di una bottiglia di champagne si trovano numerose informazioni: la marca, il nome del vinificatore, il dosaggio (pas dosé, extrabrut, ecc.), l'eventuale millesimo, la data del dégorgement (facoltativa ma sempre più indicata), il comune d'origine delle uve, e talvolta il livello qualitativo delle uve: grand cru per i diciassette comuni che hanno diritto a fregiarsi di questo titolo (il più pregiato) o premier cru per altri quarantuno comuni. Inoltre è obbligatorio indicare l'organizzazione professionale del produttore, con una sigla di due lettere (solitamente stampata con caratteri minuscoli sull'etichetta.
Questa sigla, che è forse l'indicazione più importante per definire la qualità e il valore di uno champagne, ha i seguenti significati:
  • NM: négociant-manipulant; è il caso di una casa produttrice di champagne che compra le uve e le assembla per elaborare e commercializzare il vino; si tratta in generale degli champagne più pregiati, prodotti dalle case dai nomi più famosi
  • RM: récoltant-manipulant; raggruppa l'insieme dei vignaioli che elaborano e commercializzano le proprie uve; si tratta in generale di prodotti molto buoni
  • CM: coopérative de manipulation; è il caso di gruppi di produttori che assemblano le uve, le elaborano e le commercializzano; si tratta in genere di prodotti non eccelsi, ma accettabili
  • RC: récoltant-coopérateur; i viticultori conferiscono le loro uve a una cooperativa che ha l'incarico di eseguire la vinificazione; le bottiglie vengono quindi restituite ai singoli produttori per la commercializzazione
  • ND "négociant-distributeur; simile a MA
  • MA: marque d'acheteur; è il caso di un commerciante che acquista le bottiglie pronte per il consumo e le commercializza con il proprio marchio
Lo champagne presenta molte caratteristiche d'originalità fra i grandi vini francesi, in particolare:
  • la raccolta è manuale (le macchine per vendemmiare sono vietate) poiché è essenziale che le uve giungano in perfetto stato.
  • la spremitura viene effettuata con torchi tradizionali o pneumatici (presse) in modo tale da non macchiare il mosto al contatto della buccia dell'acino; si tratta infatti di un vino bianco derivato anche da uve nere (Pinot noir e Pinot meunier);
  • impiego della mescolanza tra i tipi di uve di diversi anni allo scopo di garantire una continuità nelle qualità enologica e nelle caratteristiche organolettiche;
  • l'indicazione del millesimo (possibile ma non obbligatorio) avviene solo quando sono riuniti vini dello stesso anno. È generalmente il segno di una grande qualità;
  • il vino spumante è mantenuto sotto pressione nella sua bottiglia da un tappo avente la forma di un fungo, fermato con una capsula di filo di ferro;
  • è il solo vino francese che diventa rosa riunendo vino rosso (di Champagne) con vino bianco. Lo champagne rosè può anche essere ottenuto lasciando le bucce delle uve nere a contatto del mosto dopo la spremitura.
La denominazione «champagne» è una Appellation d'origine contrôlée (AOC), corrispondente all'italiana DOC (Denominazione di Origine Controllata); ma anche il termine champagne è ugualmente tutelato da apposite norme internazionali contro l'uso non autorizzato.
Ad esempio il comune di Champagne, situato nel cantone di Vaud in Svizzera, avrebbe dovuto rinunciare a riportare il nome Champagne sui vini (non spumanti) prodotti nel suo territorio - di 28 ettari - in virtù di un accordo internazionale stipulato tra la Svizzera e l'Unione europea nel 2004; tuttavia il crollo delle vendite del prodotto svizzero ha portato i produttori a rigettare l'accordo nel 2008.
Per la stessa ragione lo stilista Yves Saint-Laurent ha dovuto annullare il lancio di un profumo al quale aveva deciso di dare il nome Champagne.
  • Thienot
  • Henri Abelé
  • Ayala
  • Besserat de Bellefon
  • Billecart-Salmon
  • Henri Blin
  • Bollinger
  • Le Brun Servenay
  • Canard-Duchêne
  • Cattier
  • De Telmont
  • Deutz
  • Hervé Dubois
  • Duval-Leroy
  • Drappier
  • Nicolas Feuillatte
  • Gimonnet Gonet
  • Gosset
  • Henry Goutorbe
  • Alain Grilliat & Fils
  • Charles Heidsieck (EPI)
  • Heidsieck Monopole
  • Henriot
  • Jacquart
  • Joseph Perrier
  • Simart Moreau
  • Jacquesson
  • Krug (gruppo LVMH)
  • Lanson
  • Laurent-Perrier
  • Mercier (gruppo LVMH)
  • Moët et Chandon (gruppo LVMH) (Dom Pérignon)
  • Bruno Paillard
  • Pierre Paillard
  • Perrier Jouet
  • Philipponnat
  • Pierson - Cuvelier
  • Pommery
  • Piper-Heidsieck (EPI)
  • Louis Roederer (Cristal)
  • Pol Roger
  • Ruinart (gruppo LVMH)
  • Salon
  • Taittinger
  • De Venoge
  • Veuve Clicquot Ponsardin (gruppo LVMH)
  • Vranken (gruppo Vranken-Pommery Monopole)

Servire lo champagne
Lo champagne va servito sempre freddo, ma non ghiacciato, a una temperatura tra i 6 °C e gli 8 °C se è giovane, e fino ai 10 °C per uno più maturo o millesimato.
Porre per tempo le bottiglie nel refrigeratore, mai nel congelatore; la temperatura uniforme si raggiunge in circa 2 ore, se si mantengono le bottiglie nella parte bassa, la più fredda.
In caso di necessità di operare in tempi rapidi, utilizzare un secchiello con abbastanza ghiaccio e porvi la bottiglia; per accelerare il raffreddamento si possono aggiungere alcune manciate di sale grosso.
Stappare la bottiglia estraendo il tappo con un movimento rotatorio, dopo averlo privato della gabbietta. Tenere la bottiglia leggermente inclinata. Nell'ultima fase di estrazione del tappo porre avvertenza a non farsi sfuggire lo stesso per non colpire il commensale che sta di fronte a noi e per non far sentire il botto: tipico, ma poco elegante.
Tenendo la bottiglia nella parte posteriore della stessa e reggendola con una sola mano, versare lentamente il vino nei calici, facendo attenzione che la spuma non debordi. Imporre un movimento rotatorio alla bottiglia per non far gocciolare il vino al termine dell'operazione di versamento.
Lo champagne si versa in bicchieri appositi a forma di coppa con piede, o a forma di tubo allungato (questi ultimi, detti flûte). La preziosità e l'eleganza dei calici aumentano il piacere di questo brindisi.
Sabler o sabrer le champagne ?
Sabler: Sabler le champagne ? C'est le boire d'un trait. Sauvages!. Con il termine sabler si intende il bere un bicchiere di champagne tutto d'un fiato.
Sabrer: Sabrer le champagne ? C'est faire sauter le bouchon avec un sabre comme savait le faire la soldatesque. Sauvages! La sabre è la sciabola; con il termine sabrer s'intende quindi una sciabolata, con la quale si fa saltare il collo delle bottiglie di champagne. È una antica usanza, nota come sabrage, oggi molto più scenografica che altro, che non si usa quasi più se non per dimostrazioni; anche se ultimamente è tornata di moda.




mercoledì 16 giugno 2021

Angry Orchard

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Angry Orchard è una marca di sidro americana prodotta dalla Boston Beer Company.

Storia

La Boston Beer Company nell'intento di diversificare le proprie attività avviò la produzione di Tè freddo (fondando la Twisted Tea) e di sidro. La fabbrica di sidro venne inaugurata nel 2012, distribuendo il prodotto inizialmente solo nella zona del New England per poi estendersi su tutto il territorio nazionale. Nonostante sia sul mercato da pochi anni ha conquistato una grande fetta di consumatori arrivando a controllare il 40% del mercato statunitense di sidro e contribuendo per il 20% al fatturato della compagnia.

Varietà

  • Crisp Apple Cider
  • Green Apple Cider
  • Apple Ginger
  • Traditional Dry Cider
  • Cinnful Apple Cider

martedì 15 giugno 2021

Tramezzino

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Il tramezzino è un panino triangolare o rettangolare costituito da due fette di pancarré - alle quali spesso si è tolta la crosta - farcite con salumi, formaggio, verdure o altro; noto è il tramezzino veneto, mentre le sue origini sono torinesi. La ricetta più comune lo prevede freddo, ma esiste anche la variante scaldata.
Il termine tramezzino fu coniato da Gabriele D'Annunzio, che lo creò per sostituire la parola inglese sandwich. Si tratta del diminutivo di tramezzo, inteso come momento a metà strada tra la colazione e il pranzo, nel quale consumare uno spuntino o merenda quale il tramezzino.
La paternità del tramezzino si deve al Caffè Mulassano di Piazza Castello a Torino che, nel 1925, inventò questa versione italiana del suo parente inglese, il piccolo tea sandwich fatto per essere consumato in un paio di bocconi all'ora del tè.

lunedì 14 giugno 2021

Jack Daniel's

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Jack Daniel's è una marca di whiskey, appartenente alla categoria dei Tennessee whiskey, nota soprattutto per la sua bottiglia a forma rettangolare, utilizzato anche come ingrediente base di vari cocktail. Dal 2005 è distribuito in Italia dal gruppo Campari.
Il nome del whisky deriva da Jasper Newton Daniel (5 settembre 1850 – 10 ottobre 1911), che nel 1875 fondò la sua prima distilleria. Nonostante sulla bottiglia sia riportata la data 1866, il suo biografo ufficiale ha dimostrato che essa non è accurata, e che la distilleria non sarebbe potuta entrare in funzione prima del 1875.

Le materie prime
Jack Daniel's è prodotto da un mash, ossia la miscela di tre cereali: 80% di mais, proveniente dal cuore degli Stati Uniti: Indiana, Illinois e Kentucky; 8% di segale, coltivata nella zona di Red River Valley, in Minnesota e nel Dakota e 12% di orzo maltato, proveniente dal Wisconsin. I lieviti provengono da ceppi pregiati e selezionati di proprietà delle distillerie Labrot & Graham e Jack Daniel's. L'acqua non ferruginosa, proveniente dalle sorgenti situate vicino alle distillerie, è uno degli ingredienti più importanti in grado di influenzare in modo determinante il gusto del whiskey.

Le singole fasi
A determinare il gusto complessivo di Jack Daniel's è il mash, che comprende mais, segale e orzo maltato. I cereali non maltati (mais e segale) vengono cotti a vapore per circa 3 ore in ‘Cookers', enormi contenitori di rame. In questo modo, le molecole di amido contenute nei cereali si rompono venendo così a contatto con un particolare enzima dell'orzo maltato che trasforma l'amido in zucchero. Ai cereali viene poi aggiunta l'acqua pura, ricca di minerali delle sorgenti, formando così una miscela fermentescibile chiamata ‘mash'. A differenza di altre distillerie Jack Daniel's usa per la fermentazione l'antico originale processo ‘Sour Mash': una parte del prodotto fatto in precedenza viene utilizzata per cominciare un altro prodotto o per favorirne l'omogeneità. Il Master Distiller utilizza come minimo un quarto del ‘mash', ricco di lieviti, prodotto il giorno prima (Stillage) per iniziare il processo di fermentazione di un nuovo ‘batch': questo per ottenere una continuità di gusto. Il ‘mash' fermenta lentamente per circa 5 giorni. Alla fine si otterrà una ‘Distiller's Beer', contenente circa il 10% a.b.v. (alcool by volume).
Il processo di distillazione estrae l'alcool dalla ‘Distiller's Beer' e avviene tramite un processo continuo in ‘Patent Still': un distillatore di rame a colonna, alto 100 piedi. I vapori di alcool vengono raccolti e condensati ottenendo così un distillato a 70 gradi (140 proof). Prima di essere messo in botti per l'invecchiamento Jack Daniel's viene sottoposto ad un processo di filtrazione attraverso carboni vegetali conosciuto come ‘charcoal mellowing', allo scopo di ottenere un prodotto con caratteristiche di morbidezza e rotondità. Questo processo consiste nel far scendere goccia dopo goccia l'whiskey appena prodotto, facendolo passare attraverso uno spessore di circa tre metri di carbone vegetale di acero zuccherino. L'intero processo dura dieci giorni, durante i quali l'whiskey assorbe l'essenza del carbone vegetale, raffina l'acquavite e gli dona un sapore e un aroma caratteristici. Il carbone d'acero è uno degli elementi fondamentali in quanto ricco di calcio. Grazie a tale proprietà ammorbidisce l'acidità dell'alcolico, tipica degli alcolici appena prodotti. Ogni goccia di Jack Daniel's che esce dal tino del charcoal mellowing è più delicata, meno ruvida e più pulita di quando è entrata.
Durante l'invecchiamento, nei magazzini a 10 piani, i barili di whiskey “respirano”. Questo fenomeno fa sì che nel primo anno una percentuale del volume di alcool che va dall'8% al 10% evapori. Il processo di evaporazione prosegue anche negli anni successivi per una percentuale di 4-5% a barile. Prima dell'imbottigliamento, un whiskey di buona qualità può perdere fino al 30% circa del proprio volume originale. Il processo di invecchiamento è influenzato da vari fattori che contribuiscono all'aroma, al profumo e al colore caratteristici di questi prodotti. Le escursioni termiche stagionali accentuate da un clima particolare, nonché dal microclima che si crea all'interno dei magazzini di invecchiamento, determinano i diversi momenti di maturazione.
L'imbottigliamento avviene in botti nuove di quercia bianca americana tostata all'interno, che donano al distillato qualità uniche di aroma, profumo e gusto. Mentre il whiskey invecchia all'interno del barile, il legno si contrae e si dilata a seconda delle variazioni climatiche esterne. In queste fasi, il whiskey e il legno si scambiano reciprocamente proprietà ed aromi. Questa miscela dà al whiskey il gusto affumicato e il colore ambrato. Il via al processo di imbottigliamento viene dato dal Master Distiller, il Mastro Distillatore, che, grazie alla sua esperienza, ha la capacità di capire quando il tempo di maturazione ottimale viene raggiunto. Jeff Arnett è il 7° Mastro distillatore che decide quando Jack Daniel's è pronto.



domenica 13 giugno 2021

Fika



Fika è un verbo svedese che significa "uscire a bere caffè", solitamente accompagnato da un dolce. La parola è un esempio dello slang del XIX secolo dove le sillabe di una parola vengono invertite: fika deriva in effetti da kaffi, termine svedese arcaico che indica il caffè (oggi kaffe). È in uso anche il termine fik, derivato per elisione da fika.
Il fika è un'istituzione sociale in Svezia: significa prendere un caffè con i colleghi, gli amici o la famiglia, può indicare una pausa di lavoro, ma anche andare ad un appuntamento. La Svezia è tra i maggiori consumatori di caffè al mondo e la pratica di prendere una pausa caffè è molto importante nello stile di vita svedese.
Sebbene il fika possa implicare "prendersi una pausa dal lavoro", spesso in questo caso si usa il termine, più enfatico, fikapaus (pausa caffè) o fikarast (break per il fika); le parole kaffepaus e kafferast vengono usati come sinonimi. Fika può anche significare semplicemente prendere un caffè con un amico al bar. Il termine implica bere caffè, quindi mangiare un tramezzino al bar non è fika; d'altro canto è comune bere del tè, mentre i più giovani possono bere limonata drink analcolici o latte al posto del caffè. Nonostante questo, un vero fika richiede il caffè.
Esiste anche la parola composta fikabröd (letteralmente "pane per la pausa caffè"), che indica l'insieme di biscotti, dolci e paste che tradizionalmente vengono mangiati insieme al caffè; le paste non dolci di solito non sono incluse (sebbene possano essere mangiate insieme al caffè). Fika è usato anche come nome per indicare fikabröd e caffè insieme.
Nella parte settentrionale della Svezia e in alcune aree rurali, il fika può significare il caffè preso da solo, senza nient'altro: Ta en kopp fika ("bere un caffè").




sabato 12 giugno 2021

Scotch whisky

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Lo Scotch Whisky è una bevanda alcolica ottenuta dalla distillazione di cereali.
Il Finance Act del 1988, entrato in vigore nel 1990 definisce "Scotch Whisky" un whisky con le seguenti caratteristiche:
  • è stato prodotto in una distilleria della Scozia utilizzando acqua ed orzo maltato (con l'unica aggiunta di grani interi di altri cereali) ed il tutto è stato
    1. macerato nella distilleria stessa
    2. trasformato in un substrato fermentabile solo con sistemi enzimatici endogeni
    3. fermentato unicamente con l'aggiunta di lieviti;
  • è stato distillato ad una gradazione alcolica in volume inferiore al 94,8 per cento in modo che il distillato abbia un aroma ed un sapore ricavati dalle materie prime utilizzate nel metodo di produzione;
  • è stato stagionato in un magazzino doganale in Scozia in botti di quercia di rovere di capacità non superiore a 700 litri per un periodo non inferiore a 3 anni;
  • conserva il colore, l'aroma e il sapore impartitigli dalle materie prime utilizzate e dal metodo di produzione ed invecchiamento;
  • non ha avuto aggiunta di altre sostanze a parte l'acqua e il caramello.
Lo Scotch Whisky Act 1988 proibisce, fra l'altro, la produzione in Scozia di whisky che non sia Scotch. Lo Scotch Whisky Act 1988 e la legislazione della Comunità Europea precisano una gradazione alcolica minima del 40 per cento in volume applicabile a tutto lo Scotch imbottigliato e/ o venduto nella Comunità o da essa esportato. Secondo le modifiche apportate nel 2009 gli Scotch Whisky possono essere classificati in cinque categorie: Single Malt Scotch Whisky, Single Grain Scotch Whisky, Blended Malt Scotch Whisky, Blended Grain Scotch Whisky e Blended Scotch Whisky. Questa modifica si è resa necessaria per cercare di togliere alcune ambiguità su alcune denominazioni come "Pure Malt" e "Vatted" che ora ricadono nella categoria "Blended Malt Scotch Whisky".
Quando e come gli abitanti delle Highlands ("altopiani") riuscirono a produrre per la prima volta il whisky non è documentato. È noto che il whisky viene distillato in Scozia da secoli e molteplici sono le ipotesi sulle sue origini; una delle ipotesi è che esso fu introdotto nel paese da monaci missionari di ritorno dall'Irlanda. Si racconta infatti che quando nel 1172 Enrico II d'Inghilterra invase l'Irlanda, trovò che già vi si praticava la distillazione di spirito da cereali. È quindi probabile che l'arte della distillazione sia stata introdotta dall'Irlanda in Scozia nell'Alto Medioevo.
Il primo documento in cui si trova un accenno a uno spirito distillato dall'orzo in Scozia è un registro dei Conti dello Scacchiere scozzese, l'Exchequer Roll dell'anno 1494 in cui è annotata la fornitura di una partita di "otto boll (La "boll" era un'antica misura scozzese equivalente a circa 25 kg) di malto a Frate John Corr per farci l'aquavitae" (Aqua vitae, è il nome tradizionale dello spirito distillato ed è l'esatto equivalente latino del gaelico “uisge beata” e del francese “eau de vie”).
Il fatto che questo primo riferimento riguardasse un religioso riflette l'importanza del ruolo della Chiesa, in particolare delle abbazie, nello sviluppo della distillazione come parte della loro attività agricola. La distillazione, come la lavorazione della birra e del vino, fu attentamente sviluppata nelle abbazie e nei monasteri della Scozia e dell'Inghilterra: "aqua vitae" nel nord, vino nel sud e birra in tutto il paese. Durante il XVI secolo la distillazione fece notevoli progressi in tutta Europa, in Scozia e in Inghilterra, grazie all'abolizione dei monasteri, molti monaci non ebbero altra scelta che mettere a frutto la loro competenza, e pertanto la conoscenza della distillazione si divulgò rapidamente ad altri.
Quanto diffusa divenne la distillazione in Scozia lo apprendiamo dall'Atto del Parlamento Scozzese del 1579 con cui si proibiva la distillazione dell'aqua vitae, ad eccezione dei signori che potevano distillare per proprio uso personale. La ragione di tale provvedimento, il primo nella storia riguardante l'aqua vitae, era l'effetto negativo sulle forniture di cereali necessarie per il cibo. Le prime imposte sulle entrate da produzione di distillati fu effettuata da Carlo I nel 1644; ciò ispirò il Parlamento Scozzese a introdurre a sua volta una tassa sull'aqua vitae.
Nel 1725, pochi anni dopo l'Union Act per la creazione del Regno Unito (unione dei Parlamenti inglese e scozzese), il Parlamento cercò di allineare la Scozia all'Inghilterra imponendo una tassa sul malto; essa causò numerose sommosse popolari ed ebbe come risultato un peggioramento sia della qualità della birra che quella del whisky. Queste tasse furono estese anche nelle Highlands, dove però, essendo regioni inaccessibili agli ispettori del governo, prosperarono le distillerie clandestine che ignoravano queste tasse. Gli scozzesi rifiutavano l'idea di dover pagare imposte per il privilegio di produrre la bevanda natia.
La pressione dei distillatori inglesi, ostacolati dalle importazioni provenienti dalla Scozia, convinse il Parlamento a imporre tasse sempre più pesanti contro il whisky scozzese; col Wash Act del 1784, si fece così una distinzione tra distillerie delle Highlands e distillerie delle Lowlands. Ciò nonostante i contrabbandieri continuarono a trasportare scotch da nord a sud, sino a quando il governo dovette aumentare a dismisura la tassa per il rilascio della licenza. Nel 1814 il governo di Londra decise di tentare una via diversa: fu abbandonato il sistema basato sulla capacità dell'alambicco a favore dell'introduzione di una quota fissa di 10 sterline ad alambicco, più una tassa sul wash.
Al di sopra della linea delle Highlands vennero vietati gli alambicchi con capacità inferiore a 500 galloni, mentre nelle Highlands era fatto divieto ai distillatori di vendere direttamente il whisky. Quando però perfino le persone più influenti del paese iniziarono a consumare apertamente buon whisky scozzese illegale, divenne chiaro che gli eventi avevano preso una piega assurda. L'apice di tutto ciò fu la visita ad Edimburgo di re Giorgio IV nel 1822, che per l'occasione adottò il vestito delle Highlands e chiese un Glenlivet, sostenendo di non bere altro (ai tempi il Glenlivet era uno scotch distillato illegalmente!).
Fu così che nel 1823, da parte di una Commissione Reale, fu promulgata la “Legge per l'eliminazione della distillazione illegale", l'Excise Act: si diminuì il dazio (a 2 scellini e 3 pence per gallone e 10 Sterline per la "licenza” sulle quantità superiori ai 40 galloni) e le restrizioni d'importazione in Inghilterra in modo da incoraggiare la distillazione autorizzata. Il Duca di Gordon, le cui proprietà comprendevano la zona del Glenlivet, fu tra i primi ad accettare la riforma e ad incoraggiare i suoi affittuari.
Nel 1824 George Smith, produttore del whisky che divenne noto col nome di Glenlivet, chiese, sotto la tutela del suo padrone, di farsi attribuire la prima licenza. Il decreto fu efficace e nel 1827 la quantità di whisky legalmente distillato risultò triplicata; l'industria del whisky, liberata da ostacoli legislativi, fu in grado di concentrarsi sulla qualità e sui nuovi mercati. Un ulteriore elemento di sviluppo fu l'introduzione nel 1831 di un nuovo processo di distillazione introdotto da Aeneas Coffey (patent Coffey still) che permise la produzione di whisky più "leggero" e ampliandone di fatto la platea di consumatori.
Intorno al 1850 Andrew Usher, un negoziante rappresentante del Glenlivet, miscelò diversi barili delle sue riserve, ottenendo un prodotto più corposo (il vatted malt). La pratica fu poi estesa alla miscela di malto e grano, ottenendo un prodotto più gradevole, leggero e consistente: il blended. Verso la fine del XIX secolo vi fu uno sviluppo senza eguali dell'industria del whisky scozzese, dovuto anche alla diffusione della fillossera tra i vigneti Francesi nel 1880 che fece di fatto quasi scomparire il cognac a tutto vantaggio del whisky.
Seguì l'apertura di moltissime nuove distillerie, ma l'inevitabile crollo dei prezzi, lo scoppio della Prima guerra mondiale e l'inizio del Proibizionismo negli Stati Uniti d'America del 1920, resero difficoltosa la situazione. Da allora fino alla Seconda guerra mondiale, le industrie videro diminuire la produzione di quasi il 50%. Naturalmente la situazione continuò anche dopo la fine della guerra, quando il cereale reperibile servì più che altro a sfamare la gente. Verso il 1950, con il ritorno del benessere, l'industria del whisky cominciò a prosperare e con essa aumentarono le esportazioni. Negli anni sessanta si costruirono nuove distillerie e in un decennio la produzione di whisky quadruplicò.
Il whisky di malto, prodotto e distillato solitamente in luoghi selvaggi, in aperta campagna, nelle valli, sulle sponde dei laghi o ruscelli della Scozia acquista differenti caratteristiche in funzione della regione di produzione. Attualmente lo Scotch Whisky Association divide la Scozia in
  • Highland
  • Islands
  • Speyside
  • Islay
  • Campbeltown
  • Lowland
Esistono in Scozia 92 distillerie di malt whisky produttive (a cui vanno aggiunti i distillati in commercio di distillerie non più produttive) ma non un pari numero di single malt, in quanto molte distillerie preferiscono destinare la loro produzione al blending: i blended, ottenuti dalla miscelazione di differenti single malt, possono essere anche prodotti e invecchiati in zone eterogenee. Il posizionamento geografico, il tipo e la durata della maturazione e le materie prime utilizzate possono caratterizzare in maniera determinante il gusto dei Single Malt. È importante comprendere quindi anche quali sono le zone di produzione e le loro caratteristiche principali, anche se la zona di produzione fornisce solo qualche linea guida, rappresentando comunque una semplificazione. Per i blended naturalmente questa caratteristica solitamente manca.

Highlands

Quando parliamo di Highlands scozzesi intendiamo generalmente quelle terre a nord di una linea immaginaria che va dalla costa orientale nei pressi di Perth alla costa occidentale appena a Nord di Dumbarton. Questa zona così vasta produce whisky con caratteristiche e sapori assolutamente differenti, perciò col tempo si è resa necessaria una ulteriore divisione: Highland, Islands e regione dello Speyside.
Elencare tutti i single malt che appartengono a questa regione sarebbe molto lungo, è possibile invece individuare dei tratti comuni che contraddistinguono il carattere e il sapore dei whisky prodotti in questa zona. Quelli della zona settentrionale, dalla zona di Inverness alla contea di Wick, sono generalmente morbidi e non eccessivamente torbosi, con sapori dal secco al fruttato, non hanno in genere quel retrogusto salmastro proprio dei Single prodotti in zone spazzate dai venti oceanici della costa occidentale.
Nelle Highland meridionali, invece, attorno alla contea di Perth e a ovest di essa, hanno un carattere ancora più morbido e generalmente più leggero: sono infatti simili ai tipici Single “facili” della zona dei Lowlands. La zona occidentale, la più piccola, che va da Oban (sede dell'omonimo ottimo single) a Fort William, produce whisky assai pastosi e leggermente affumicati.

Island

La Scotch Malt Whisky Society identifica la zona degli Island includendovi Orkney (Isole Orcadi) con i suoi Highland Park e Scapa, il primo dalla caratteristica torba mescolata all'erica e il secondo ideale perfetto di una fine cena; l'isola di Mull, con il torboso Ledaig e con il leggero Tobermory (prodotto nell'omonima località), l'isola di Skye con la sua unica distilleria produttrice del Talisker, dal particolare aroma marino e affumicato, e l'isola di Jura (Isle of Jura) col suo omonimo amabile e piccante.

Speyside

Questa zona è ritenuta, a ragione, il cuore della produzione di whisky scozzese; qui si producono malti puri la cui nomea è immediatamente riconoscibile anche da coloro che non bevono whisky: Macallan, Glenlivet, Glengrant. Le città di Elgin, Keith, Dufftown, Grantown sono tutte tra la valle dello Spey e dei tre affluenti principali: l'Avon, il Livet e il Fiddich, che forniscono l'ottima acqua necessaria alla produzione del whisky. La zona è fertile e molto pittoresca, con tipici paesaggi scozzesi; nei secoli passati il suo isolamento la rese una località ideale per i contrabbandieri per sfuggire agli agenti della corona, l'abbondanza di acqua e di orzo fecero poi il resto. I malti delle Highlands variano molto tra di loro, ma in generale si può dire che sono più acuti e più leggeri degli Islay e dei Campbeltown; sono malti “facili” e immediati, ottimi per iniziare un pasto o rallegrare una serata fra amici. Dal pieno, raffinato Glenlivet al leggero ma affumicato Tomatin, dal serenamente ricco Glen Mohr al fragrante e delicato Glenmorangie, dall'amabile e gustoso Clynelish al secco e tuttavia vigoroso Glenfiddich.

Islay

L'isola di Islay (si pronuncia ‘ailah) si trova nell'arcipelago delle Ebridi (Ebridi Interne), sulla quale ci sono ben otto distillerie attive (dato 2006). Il terreno di quest'isola è costituito quasi interamente da torba che, utilizzata durante la fase di maltaggio, dà un sapore inconfondibile di fumo e di alghe. I whisky di Islay sono considerati intensi all'olfatto ed al palato, hanno corpo pieno, intenso, con forti sentori di torba. Sono descritti come “alito di mare”, con punte di fumo e iodio, sono fenolici e medicinali.
Gli otto malti si possono raggruppare in due famiglie:
  1. Bowmore, Caol Ila, Bruichladdich e Bunnahäbhain (si pronuncia Bunnahaven): freschi, floreali, con leggero sentore di torba
  2. Lagavulin, Ardbeg e Laphroaig, Kilchoman: robusti, potenti, molto torbati e con tracce di alga marina e salsedine, poiché la marea dell'Atlantico arriva a volte ai magazzini d'invecchiamento.
La storica distilleria Port Ellen fu chiusa nel 1983, ma la sua Malthouse continua tuttora a fornire malto alle altre distillerie locali.

Campbeltown

Nel Mull of Kintyre, una penisola a sud ovest della Scozia, è situata la città di Campbeltown, un tempo famosa per le sue 32 distillerie. L'eccessiva produzione ed un'errata strategia di mercato portarono alla progressiva scomparsa delle numerose distillerie; attualmente ne rimangono in attività solamente tre: Glen Scotia; Springbank, che produce tre marchi, Springbank stesso (mediamente torbato), Hazelburn (non torbato e usando la tripla distillazione) e Longrow (torbato); Glengyle che produce col marchio Kilkerran.

Lowlands

Al di sotto di quella linea immaginaria che va da Dumbarton a Perth si identifica generalmente quella zona chiamata Lowlands; la zona più industrializzata e più densamente popolata della Scozia. Le Lowlands ("bassopiani") come aspetto poco somigliano alle Highlands: poche rocce, poche cascate, niente montagne o brughiere torbose e, poiché la forma e l'immagine del whisky è quella che gli viene dalla terra e dal carattere degli uomini che vi abitano, ecco che in queste zone si producono whisky con la morbida dolcezza del malto e il fruttato del lievito, con note decisamente secche e una qualità discretamente volatile ed alcolica.
I malti delle Lowlands sono quindi considerati fra i più leggeri e indicati come whisky da introduzione o da aperitivo. I principali produttori della zona sono sette: l'Auchentoshan, uno dei pochi single malt a tripla distillazione, dall'aroma fresco e leggermente dolce, dal buon finale; il delicato Bladnoch dal sentore di limone nel fruttato finale; il Glenkinchie, il più famoso delle Lowlands, secco e affumicato, di corpo più sostanzioso; l'Inverleven, un malto morbido, con un ottimo equilibrio tra sapori secchi e dolci; il Littlemill morbido, maltato e gustoso; il Rosebank delicato e fruttato con secchi sentori di sherry e il St Magdalene, di poco corpo, morbido e generalmente secco.



Produzione

Fase 1: Malting (Maltaggio)

La macerazione
Il processo del maltaggio ha inizio con una prima fase detta macerazione, che consiste nell'inumidire l'orzo in vasche o stanze, le steeps, allo scopo di favorirne la macerazione. L'orzo selezionato, che viene prelevato dai silos, pulito e tarato, ha un basso grado di umidità, solitamente non superiore al 12%. L'orzo così convogliato in ampie vasche contenenti acqua a temperatura di 14° rimane immerso per periodi più o meno lunghi, con ripetuti cambi totali di acqua. L'acqua è di importanza fondamentale per la distillazione dei cereali. È per questa ragione che, nei secoli scorsi, chi ha costruito distillerie di malto scozzesi si è preoccupato di avere vicino un corso d'acqua.
Ciò che può distinguere un whisky di malto da un altro è quindi anche la composizione dell'acqua; differente è la composizione delle falde, del sottosuolo e del terreno dove l'acqua scorre in superficie e differenti saranno i risultati. Al termine del processo di macerazione, solitamente di circa 48 / 70 ore (a seconda del periodo dell'anno e della qualità dell'orzo), le cariossidi (la cariosside o chicco è composta da due parti: l'embrione, struttura vivente da dove ha inizio la germinazione, e l'endosperma, composta da cellule contenenti carboidrati di tipo complesso (amidi insolubili)) sono sature ed hanno raggiunto il grado di umidità voluto di almeno il 47%, la condizione ideale per risvegliare l'embrione a nuova vita. Per ottenere l'estrazione degli amidi e per poterli utilizzare, occorre favorire la metamorfosi dell'orzo in malto verde, che avviene durante la germinazione.

Germinazione
Dopo che l'orzo è rimasto a macerare il tempo dovuto, l'acqua viene fatta scolare e il cereale viene steso ad un'altezza di 60 / 90 centimetri su un pavimento che può essere di pietra, di cemento o di mattonelle. È su questo pavimento (chiamato "malting floor") che ha luogo la germinazione, un processo durante il quale l'orzo "respira" e assorbe ossigeno emettendo anidride carbonica e generando al contempo una considerevole quantità di calore. La germinazione deve svilupparsi solamente all'interno del chicco ed essere bloccata prima della fuoriuscita della nuova pianta. Per uniformare la temperatura, che è maggiore verso il fondo, i chicchi vengono periodicamente girati con pale o benne, in questo modo si impedisce anche che le radichette si allaccino le une alle altre. Esse però non devono crescere più di tanto, e per far questo si insiste nel rivoltare l'orzo, nell'assottigliarne lo strato e a volte si arriva addirittura ad ararlo con un vero aratro tirato a mano. Il processo della germinazione a questo punto è terminato e si impedisce alla radichetta di svilupparsi ulteriormente, esse devono raggiungere e non superare i cinque ottavi della lunghezza dei chicchi stessi. Durante la fase di germinazione l'orzo secerne l'enzima diastasi che solubilizza l'amido presente in esso, preparandolo per la conversione in zucchero. L'orzo si è ora trasformato in "malto verde" ed è pronto per l'essiccazione.

L'essiccazione
Al termine dei 6, 8 o persino 12 giorni di germinazione si ha la massima trasformazione degli amidi da insolubili a solubili e l'orzo viene inviato in forni ad aria calda. Le cariossidi vengono così asciugate e, allo stesso tempo, si blocca la germinazione oltre i 5/8, ottenendo l'orzo maltato. I forni da essiccazione, simili da lontano a cuspidi a pagoda, permettono di riconoscere le distillerie nel panorama scozzese. Il pavimento del forno è di ferro bucato o di rete metallica. Qui viene steso il malto verde, a un'altezza di circa 60 cm, e il fumo che sale dal fuoco (solitamente di torba) acceso tre o quattro metri più in basso, provvede ad asciugarlo. Un ventilatore posto sulla sommità del forno, quella che sembra la cima di una pagoda, aspira l'aria calda che sale dal fuoco e, grazie al pavimento forato, attraversa il malto verde.
La torba, bruciando, produce un fumo greve, grasso, pungente e penetrante che è di primaria importanza in quanto conferisce al malto un aroma speciale che è poi quello che si trasmette alla fine al whisky.
Al termine di questi processi ecco dunque uscire il malto nelle condizioni volute, secco, croccante, friabile, aromatico e assai diverso come struttura e profumo dall'orzo da cui è stato ricavato, anche se all'apparenza se ne distingue appena. Prima di passare al mashing, cioè la sua mescolatura con acqua, esso viene ripulito a macchina dalle radichette e da ogni altra impurità. Queste radichette vengono vendute come mangime per il bestiame sotto il nome di "culmi di malto". Oggigiorno si suole normalmente effettuare il malting in camere dette Saladin-Muger o in tamburi. In entrambi i casi il processo è controllato meccanicamente. Anziché germogliare sul pavimento della malteria, il cereale viene immesso in grandi camere rettangolari o in capienti tamburi cilindrici. La temperatura è regolata soffiandovi aria a temperatura predeterminata, verso l'alto. L'aria attraversa lo strato di cereale germogliante che viene rivoltato meccanicamente. È di recente sviluppo l'usanza, grazie alla rapida espansione dell'industria dello Scotch, che le distillerie si procurino il malto da maceratori specializzati che forniscono diversi produttori, per cui si riesce ad effettuare il malting in modo più economico.

Fase 2: Mashing (Infusione)

La seconda fase del processo produttivo dello scotch è l'infusione (il mashing): il malto essiccato, ottenuto dalla fase di maltaggio, viene ora macinato grossolanamente in un mulino e miscelato con acqua calda in un recipiente circolare chiamato "mash-tun" o tino della mescolatura, un recipiente di macerazione della capacità di diverse migliaia di galloni.
Il malto cade nel recipiente e contemporaneamente viene immessa acqua calda da una tramoggia. Dal recipiente di macerazione il malto viene estratto tre o quattro volte, ogni volta a una temperatura diversa che si aggira dai 70 °C della prima estrazione agli 80 °C dell'ultima. Il liquido rimanente è il mosto di malto: il wort.
Il mosto che esce dalle prime due estrazioni viene fatto scolare dal fondo del tino in un recipiente sottostante, o underback, mentre quello che viene fuori dai lavaggi ulteriori, lo sparge, viene utilizzato per trattare la successiva partita di malto. La feccia, cioè le scorie solide di orzo che rimangono, ha il nome di draff e, come per i culmi di malto, viene venduto come mangime per il bestiame. Il mosto così ottenuto è una cosa molto diversa dal pastone formatosi all'inizio della mescolatura di malto con acqua calda: ora è infatti un liquido semitrasparente, per quanto non ancora alcolico, dallo strano odore dolciastro. Questa mescolatura con acqua calda ha favorito il completamento della conversione della destrina in maltosio; ovvero l'amido solubile dell'orzo maltato si è convertito in un liquido zuccherino, una soluzione, chiamata wort (mosto).

Fase 3: Fermentazione

Dall'underback del recipiente di macerazione, il mosto viene ora fatto passare in un refrigerante e portato ad una temperatura di circa 20 °C. Dal refrigerante esso passa nei wash-back, enormi tini di legno o di vetrocemento e, di recente anche in acciaio inossidabile, capaci di contenere fino a 10.000 galloni (da 9.000 a 45.000 litri di liquido ) e il cui numero varia a seconda della grandezza della distilleria. Qui assieme al mosto viene pompato del lievito ed ha subito inizio la fermentazione.
I lieviti, coltivati in laboratorio, sono mantenuti a bassa temperatura in contenitori asettici per evitare ogni possibile contaminazione batterica; in alcune distillerie si utilizzano anche lieviti vivi prelevati dalla "scrematura" di birra nella fase di fermentazione. I lieviti fermentano il maltosio presente nel mosto trasformando lo zucchero in alcol etilico ed anidride carbonica.
È un processo impetuoso: dapprima compaiono le bolle che si gonfiano e scoppiano, poi l'attività del liquido si fa sempre più intensa; lo sviluppo di anidride carbonica lo fa bollire con abbondante schiuma, e il brewer (l'uomo preposto a seguire la fase di fermentazione) deve fare attenzione che non trabocchi. Per questo motivo i wash-back non vengono mai riempiti fino all'orlo, ma solo fino a un metro dal bordo, in modo che il liquido ribollendo non fuoriesca.
La fermentazione, che richiede da un tempo minimo di 48 ore ad un massimo di 112, permette di ottenere un liquido chiaro, noto semplicemente come wash (tecnicamente tradotto come residuo di fermentazione) e costituito da acqua, lievito, residui non fermentabili, sottoprodotti della fermentazione e un po' più del 6% di alcol. Il wash, come la birra, è così un liquido fermentato ma non distillato.

Fase 4: Distillazione

La distillazione consiste sostanzialmente nel convertire un liquido in vapore e quindi far condensare quest'ultimo in modo da avere di nuovo un liquido. Per distillare il whisky scozzese si utilizzano tuttora alambicchi di rame a forma di pera, i pot still, secondo il tradizionale metodo discontinuo. Solitamente si effettuano due distillazioni, solo alcune distillerie, per rendere il proprio whisky particolarmente leggero e delicato ne effettuano tre.

Il primo alambicco
Il mosto di malto fermentato, il wash, un liquido chiaro con una gradazione alcolica compresa tra il 6 e il 9% sul volume, viene ora versato all'interno del primo alambicco, il wash still, un alambicco di rame dal grosso “collo”. Ogni alambicco è un pezzo unico che contribuisce a produrre un whisky unico; la forma degli alambicchi infatti varia per scelta ed esigenza del costruttore. Le fasi della distillazione sono seguite attentamente dal Mastro Distillatore, è lui che provvede ad immettere nel primo alambicco il prodotto fermentato (il wash) ed è sempre lui che accende il riscaldatore, un tubo a serpentina contenente vapore posto all'interno dell'alambicco stesso (il cosiddetto fuoco diretto non viene quasi più usato per rischi di incendio).
Il wash viene così riscaldato fino a farlo evaporare, il vapore, contenente una percentuale maggiore di alcol rispetto al mosto, sale per il collo dell'alambicco e quindi passa attraverso una serpentina, dove la bassa temperatura causata dall'acqua fredda in cui è immersa lo fa di nuovo condensare in liquido. Lo scopo della prima distillazione è di separare la maggior quantità di alcol possibile, unitamente ad altri elementi quali gli acidi, gli esteri, le aldeidi, i terpeni ecc. lasciando nell'alambicco la maggior parte dell'acqua. Poiché l'alcool evapora ad una temperatura inferiore ai 100 °C (temperatura di ebollizione dell'acqua) quanto descritto è possibile solo se la temperatura del liquido è mantenuta ad una temperatura inferiore ai 100° e specificatamente prossima ai 78 °C che è la temperatura di ebollizione dell'alcol etilico, in questo modo è massima la quantità di etanolo rispetto a quella dell'acqua nel vapore di distillazione. Il distillato così prodotto è ridotto in quantità al solo 25% del fermentato originale. La gradazione alcolica, per contro, ha raggiunto i 22–24 %vol.
Il risultato di questa prima distillazione non è ancora sufficientemente fine e delicato e soprattutto contiene anche alcoli diversi dall'etanolo come l'alcol metilico; così il distillato, chiamato low wines (bassi vini o prodotto iniziale della distillazione) passa ad un secondo alambicco dove avverrà la seconda distillazione. Da questo punto in poi la produzione passo sotto il controllo e lo sguardo vigile della Custom & Excise, lo spirit è infatti soggetto a tassazione e come tale ne va controllata la quantità di produzione.

Il secondo alambicco
Il liquido proveniente dal primo alambicco viene passato al secondo alambicco, il low wines still, per la seconda distillazione, quella dello spirito impuro e diluito dei bassi vini, dalla quale finalmente si otterrà il whisky. Anche in questo caso, riscaldando il liquido, viene scartata la parte di distillato formata da sostanze volatili che hanno il punto di evaporazione inferiore a quello dell'alcool etilico, tra cui tutto l'alcol metilico nocivo per l'uomo. Scartata questa parte, chiamata "testa" (foreshots), il Mastro Distillatore quando la temperatura raggiunge i 78,4 °C comincia a raccogliere l'acquavite che contiene principalmente alcool etilico ed alcuni elementi essenziali; questa parte si chiama "cuore".
Infine, quando la temperatura raggiunge i 95 °C, evaporano gli alcoli superiori, i più pesanti, unitamente ad aldeidi ed esteri grevi; la "coda" (feints), come è chiamata quest'ultima fase, viene scartata ed unita alla "testa"; testa e coda vengono reimmessi nel ciclo produttivo per essere distillati nuovamente assieme ad un'altra partita di low wine.
Tutte queste operazioni si svolgono nella spirit safe, una specie di grosso sarcofago di ottone con le pareti di vetro attraverso la quale viene fatto passare il distillato. La spirit safe essa è fatta in modo che il mastro distillatore possa, girando alcune chiavette, far passare lo spirito in un recipiente munito di uno strumento per la misurazione del peso specifico, oppure diluirlo con una certa dose di acqua distillata per stabilire se è testa, cuore o coda. È opportuno che queste operazioni si svolgano sotto vetro e che lo spirito non sia a portata di mano per l'assaggio diretto, in quanto un funzionario della dogana è il responsabile del controllo e della custodia della quantità di spirito prodotta.
Il risultato, il cuore, è un'acquavite perfettamente trasparente, cristallina, atta all'invecchiamento con una gradazione alcolica pari a 70%vol ed una quantità che si è ridotta ad un terzo della prima distillazione. In altre parole, partendo da un prodotto con la gradazione alcolica di 6/9 gradi si ottiene una quantità di distillato pari a poco più dell'8% del liquido iniziale. Si raggiunge, per contro, una concentrazione alcolica notevole. Produrre del buon whisky dipende quindi dalle capacità del mastro distillatore; è lui, infatti, che sulla base di determinate prove decide quando quello che esce dall'alambicco dei low wine è un distillato "cuore".
Il ”cuore” viene poi raccolto nello Spirit Receiver in attesa di essere immesso nelle botti.

Fase 5: Maturazione

Il disciplinare scozzese (il regolamento ufficiale dei produttori) stabilisce che si può denominare scotch single malt un whisky proveniente da una sola distilleria, prodotto secondo le caratteristiche sopra descritte e invecchiato in Scozia in barili o fusti di rovere per almeno tre anni (anche se è opinione comune che la maturazione ottimale sia almeno di una decina d'anni). Il nuovo distillato, il cuore, acre ed incolore, prima di essere immesso nei barili viene ulteriormente diluito con la stessa acqua utilizzata per distillare fino a raggiungere i 64.5°.

I barili
Le botti in cui viene invecchiato lo Scotch sono di rovere americani o spagnoli; i barili americani prima dello scotch sono utilizzati per maturare il bourbon whiskey (il cui disciplinare prevede l'utilizzo del barile per un solo ciclo di invecchiamento), mentre i barili spagnoli generalmente hanno contenuto il vino Sherry, e in alcuni casi Porto o Madeira. Il legno di quercia (il rovere) è poroso e riesce ad assorbire e conservare una buona quantità degli elementi del distillato o del vino che ha contenuto, questi elementi vengono poi trasmessi in parte al nuovo distillato. Vi sono elementi caratteristici che il legno delle botti può donare al distillato, come ad esempio i tannini (sostanze vegetali con proprietà concianti), che donano al distillato il colore e aromi floreali e fruttati, o la vanillina, che dona al whisky i suoi profumi.
Un barile che ha contenuto bourbon whiskey quindi donerà al single malt, durante la sua permanenza nel barile, un colore dorato, carico di aromi e gusti dolci tipici del mais (il principale ingrediente nella produzione del whiskey americano). Un barile spagnolo invece porterà ad un colore più marcato, ambrato e aromi e gusti particolarmente persistenti, ricchi e caramellati. La velocità di maturazione dipende molto dalle dimensioni delle botti; in genere minore è la dimensione, maggiore sarà la velocità di maturazione.
Tuttavia non tutti i malti si comportano allo stesso modo: quelli delle Highlands o di Islay maturano più lentamente e sono più longevi; al contrario i Lowland e i Campbeltown evolvono più rapidamente. Esiste la convinzione errata che ci sia una correlazione univoca tra qualità del distillato e tempo di invecchiamento. Esiste infatti la possibilità che con invecchiamenti elevati, tipicamente superiori ai quindici anni, il whisky inizi a ricevere troppo il sapore della botte oppure, a causa dell'angel share (letteralmente "parte degli angeli", cioè la parte di whisky che evapora prima dell'imbottigliamento), si abbassi troppo la componente alcoolica.
L'ambiente
Il clima è fondamentale nel determinare le caratteristiche del whisky, che è influenzato in modo differente a seconda delle locazioni dei magazzini di invecchiamento. Se questi sono edificati sulle coste o sulle isole il whisky, durante l'invecchiamento in barile, è influenzato dal mare. Il whisky che matura nello Speyside, nelle Highlands, ha caratteristiche acquisite dall'aria pura e ricca di aromi, mentre il clima più mite delle Lowlands contribuisce alla creazione di whisky da aromi e gusti delicati. Durante la maturazione nei fusti di rovere non solo si ha una perdita di volume (il distillato evapora in parte attraverso i pori delle doghe lasciando spazio all'aria, l'interscambio crea una leggera ossidazione e permette la formazione di uno speciale microclima circoscritto all'ambiente che circonda il barile e che influenza il whisky durante l'invecchiamento) ma anche una perdita di forza (più umido è il locale più il whisky perde di forza, mentre più secco è e più il whisky perde di volume), per cui la credenza popolare che più il whisky invecchia e più diventa forte è sbagliata.

Double matured
La legislazione scozzese non limita il numero di barili in cui il whisky o lo spirito può essere travasato. Mentre la prassi più corrente è quella di invecchiare il distillato nello stesso barile per tutto il periodo di invecchiamento, alcuni produttori commercializzano bottiglie di whisky double matured (esiste anche un triple matured) per enfatizzare la permanenza prolungata del distillato in due barili di tipo diverso. Alcuni produttori o imbottigliatori indicano con la parola finishing (affinamento) il passaggio nel periodo finale dell'invecchiamento in botti che hanno contenuto altri alcolici, come ad esempio Porto, Marsala.

Fase 6:Imbottigliamento e filtratura

Terminato il periodo di maturazione il whisky, prima di essere imbottigliato, è tipicamente allungato con acqua per portare la gradazione alcolica a 40 - 45 gradi. In alcuni casi il whisky viene commercializzato senza diluizione a una gradazione generalmente superiore ai 50 gradi e in questo caso la bottiglia porta la dicitura "cask strenght" o "cask proof". Il processo di diluizione è direttamente collegato al processo di filtratura a freddo (chill filtration). L'abbassamento della gradazione senza filtraggio a freddo produce infatti un distillato più torbido anche a causa della glicerina. Il limite di gradazione sotto il quale viene fatto filtraggio a freddo è di 46°. Il filtraggio è comunque un processo abbastanza invasivo che toglie sostanze e aromi al whisky.

Una possibile classificazione di Scotch Whisky è la seguente:

  • whisky di malto (Malt Whisky) prodotto con procedimento Pot Still ovvero Whisky prodotto unicamente con orzo maltato da alambicco a fuoco diretto;
  • whisky di cereali (Grain Whisky) prodotto con procedimento Patent Still (chiamato anche Coffey Still) con orzo maltato mischiato con orzo non maltato e granturco.
Il whisky di puro malto scozzese è prodotto con quattro ingredienti naturali: orzo, acqua di sorgente, lieviti selezionati e torba, che è un elemento aggiuntivo che caratterizza la maggior parte dei malt whisky. Ulteriori classificazioni e diversificazioni sono descritte nelle prossime sezioni.

Single malt

Appartengono a questa varietà quei whisky che sono prodotti in un'unica distilleria e con una sola qualità di malto. Sono una miscela del contenuto di diverse botti di annate differenti prodotte dalla stessa distilleria, e benché i produttori cerchino di ottenere un prodotto costante, inevitabilmente ogni distillazione porterà ad un prodotto diverso dal precedente. In genere i whisky utilizzati per questa varietà sono invecchiati tra gli 8 e 15 anni. L'indicazione dell'invecchiamento sulla bottiglia corrisponde al distillato più giovane indicato nella miscela: se, ad esempio, vengono miscelati distillati di 10, 12 e 15 anni la bottiglia dovrà riportare 10 anni.

Single Barrel

Una sotto-varietà dei "Single malt" sono i Single Barrel (o Single cask o Single-single malt); il prodotto di una singola distillazione e di una singola botte non miscelato con altro prodotto della distilleria. In questo modo si rischia di ottenere gusti sensibilmente differenti fra due botti dello stesso prodotto. Questa varietà è generalmente più costosa, dato che per la sua natura viene prodotta in serie limitata e su bottiglie numerate.

Grain whisky

La maggior parte di questa varietà di whisky è utilizzata per produrre i "blended", solo una minima parte viene imbottigliato e venduto come tale.

Blended

I "Blended whiskey" sono una miscela di diversi whisky di malto e grano provenienti da varie distillerie, in modo da ottenere un prodotto finale bilanciato sia in termini di gusto, di qualità e di costo finale. Questa tipologia di whisky nacque nel XIX secolo, quando iniziò l'esportazione della bevanda oltre i confini scozzesi, e si rese necessario ammorbidire i gusti troppo forti dei "single malt" per i palati non abituati a queste bevande.

Vatted malt

A questa categoria appartengono quei whisky che sono il risultato del miscelamento di malt whisky prodotti da diverse distillerie e miscelate per ottenere un gusto più morbido di un single malt. La differenza con i Blended sta nel fatto che non contengono grain whisky ma solo diverse tipologie di single malt

De luxe

Con questo nome si indicano i "Blended" di qualità superiore. In genere contengono una maggior proporzione di whisky invecchiato.

Liqueur

A questa varietà appartengono quei prodotti risultanti dalla miscela di un qualche tipo di whisky con miele, erbe, frutti, spezie. Un'ulteriore varietà è quella delle "creme", ottenute miscelando un qualche whisky con ad esempio caffè, o cioccolato. I liqueur non sono quindi considerati degli scotch whisky.

Double Malt

Si ottiene dalla miscela di due single malt, tipicamente con caratteristiche geografiche molto differenti. Un esempio è il Tasmania che è ottenuto da una miscela di Springbank con Cradle Mountain (whisky australiano). Il Tasmania non può essere considerato quindi uno Scotch Whisky. La dicitura Double Malt è però da considerarsi poco usata. In genere una miscela di più single malt viene considerata un blend a tutti gli effetti

Pure malt

Whisky di puro malto prodotto in più distillerie e assemblato in una sola.

Degustazione

Un buon whisky di puro malto, sceglierne uno magari non troppo invecchiato, 10 o 12 anni sono più che sufficienti affinché il whisky “cresca” e si sviluppi nelle botti; solo dopo molti bicchieri si riuscirà ad apprezzare il sapore complesso, a volte salmastro, di alcuni Scotch invecchiati. Per i neofiti si sconsiglia di iniziare con un Single Malt di Islay, con un Talisker oppure con un Oban. Questi Scotch sono infatti molto torbati e sofisticati e si rischierebbe di non comprenderne appieno gusto e potenzialità; sarà più indicato, forse, un più morbido whisky delle Highlands o della regione dello Speyside, come un Glenlivet, un Glenfiddich o un Macallan. Se invece ci si vuole costruire una piccola collezione si può iniziare acquistando il Classic Malt Range della United Distillers, sei Pure Malt esemplificativi di tutta la produzione scozzese: Cragganmore dello Speyside, Talisker dell'isola di Skye, Oban delle Highlands occidentali, Dalwhinnie delle Highlands, Glenkinchie delle Lowlands e il Lagavulin di Islay.
  • Dell'acqua fresca, il sapore del whisky cambia sostanzialmente con l'aggiunta di acqua, se si prova prima puro e poi diluito, si percepisce la differenza. L'acqua deve essere possibilmente di sorgente, o comunque la più neutra possibile e va bevuta prima, dopo, oppure assieme al whisky; l'acqua serve a rompere i legami chimici interni e liberare gli aromi imprigionati nel distillato. Si può arrivare a diluire il whisky fino ad un massimo di 1/5 di acqua. Si provi a bere un sorso di acqua fredda e tenerla sulla punta della lingua e bere di conseguenza un sorso di whisky; ciò esalta principalmente i sapori dolci e caramellati contenuti in alcuni Single e permette, soprattutto nei primi sorsi, di non rimanere “stordito” dall'alta gradazione alcolica. Si raccomanda di annusare sempre prima di ogni sorsata, ciò sensibilizza il cervello a recepire gli stimoli gustativi della lingua e del palato e permette di apprezzare a pieno tutte le sfumature e i profumi del Whisky (la nostra capacità olfattiva diminuisce moltissimo a seguito dell'assuefazione: dopo qualche secondo, l'intensità percepita decade in maniera nettissima, bisogna quindi odorare in modo breve e ripetuto).
  • Un bicchiere a tulipano con gambo corto, da dimenticare il classico bicchiere largo “tumbler” con ghiaccio che si vede nei film americani, quel tipo di bicchiere si può utilizzare più per i Bourbon e i Tennessee Whiskey Americani o i Blended commerciali. Il ghiaccio non va utilizzato dato che ha la tendenza a “chiudere” gli aromi e solitamente è fatto con l'acqua del rubinetto che, sciogliendosi, rilascia il cloro, rovinando il lavoro di uomini e di anni. Il vero bicchiere da scotch deve essere a tulipano, col gambo corto, della capacità di un terzo di pinta (0,189 litri) chiamato in Scozia “pony” o “dram”. Deve essere ovviamente trasparente, per poter leggere attentamente il colore del whisky (più è bruno e scuro e solitamente più è invecchiato) e le occhiate sul bordo (indice di oleosità e quindi di corposità). Alcuni intenditori tra una sorsata a l'altra coprono il bicchiere con dei vetrini o più semplicemente con pezzi di carta, il sapore del whisky cambia infatti se esposto all'aria. Se si effettuano esami comparativi di più whisky la quantità nei diversi bicchieri deve essere il più uniforme possibile; un livello più alto degli altri penalizzerà la concentrazione delle sostanze volatili, un livello più basso la faciliterà, quindi attenzione.
  • Del cioccolato amaro o in alternativa del formaggio “duro”, la funzione del cioccolato o del formaggio (sconsigliati quelli troppo saporiti), è quella di ripulire il palato dai sapori fuorvianti della cena o dall'assaggio di un altro whisky.

 
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