venerdì 9 ottobre 2020
Jigger
giovedì 8 ottobre 2020
Questi barman giapponesi per i loro liquori usano serpenti, funghi e insetti
Un po' come tutto ciò che di bello c'è a Tokyo, lo Yakusyu bar è quasi impossibile da trovare se non si sa esattamente dove dover cercare. Persino provvisto di Google Maps e di un amico giapponese ci ho messo secoli a scovarlo, vagando per quel labirinto di graffiti che è il distretto di Sangenjaya, prima di scorgerne la flebile insegna verde fuori dalla porta.
mercoledì 7 ottobre 2020
Speakeasy
Etimologia
Storia
Blind pigs e blind tigers
"In casi disperati arrivano a mostrare suini di Groenlandia e altri animali strani, facendo pagare 25 centesimi per la vista del maiale e offrendo un gin cocktail gratuito."
"[Loro] sono in un luogo misterioso chiamato blind tiger, a bere il pessimo whisky di cui il proibizionismo è indirettamente responsabile".
I gangster
martedì 6 ottobre 2020
International Bartenders Association
Storia
lunedì 5 ottobre 2020
Enoteca
domenica 4 ottobre 2020
Qual è il senso di prendere un caffè al bar, anziché ad una macchinetta o a casa?
Lo sostengo da tempo, e la pandemia me lo ha confermato.
Per me il grande valore di un caffè al bar non è la sua bontà, quanto piuttosto il significato che ha questa abitudine.
Il caffè che mi preparo a casa con la moka è migliore dell'80% dei caffè che posso trovare in un bar. Sono pochi i bar che fanno caffè davvero esclamativi, di quelli da farti esclamare "che buon caffè"! A casa ho imparato a farlo molto bene e non avrei motivo di arrischiarmi in un bar anziché prenderlo a colazione dalla mia fida moka.
Ma il valore di quell'euro (ormai 1,10 euro…) è un altro.
Il caffè è un'occasione per scambiare due chiacchiere con il barista, con gli altri avventori, gettare uno sguardo al quotidiano, ascoltare le parole di chi è nel locale. Il caffè è socialità, non è solo un caffè.
O almeno, è così per me.
Me ne sono reso conto durante il lockdown della pandemia, quando mi mancava quel momento, non tanto il caffè di per sé.
sabato 3 ottobre 2020
Whisky: con acqua o liscio? La risposta arriva dalla scienza
Un bicchiere di cristallo stretto tra le mani e, dentro, un liquido ambrato che chiede solo di essere gustato, lentamente, affinché il sapore raggiunga nel profondo il cuore di chi si appresta a bere, magari circondato da pareti in boiserie o davanti ad un bancone di legno, tra luci soffuse, il fumo delle sigarette (è una immagine poco salutista, lo ammetto) e un sassofonista che, in sottofondo, ricorda a tutti che la vita è jazz.
Poi il dilaniante dilemma: acqua o non acqua? Acqua versata nel whisky o in un altro bicchiere?
Un quesito che potrebbe suonare blasfemo alle orecchie dei puristi, convinti che il liquore, quale che sia la sua origine (Scozia, Irlanda, Inghilterra, Stati Uniti, Canada) solo se liscio può mantenere intatto il gusto e regalare il meglio di sé.
Ma, di contro, sono in molti quelli che dicono che ''con l'acqua è meglio'' senza spiegare se deve essere aggiunta al whisky o, secondo un'altra seguita scuola di pensiero, che ha molti adepti non solo negli Stati Uniti, bevuta pura da un altro bicchiere, messo accanto a quello principale (nei film, i barman lo poggiano senza nemmeno chiedere se lo si vuole: ma quello è cinema).
Discussioni da bar (ah, quanto azzeccata questa definizione), ma non tanto perché ora, a mettere una parola non so sino a quando definitiva, arriva uno studio di una rivista, Scientific reports, che sancisce come addizionare l'acqua al whisky, nello stesso bicchiere, ne accresce il gusto.
Una sentenza che non è frutto di un giro di telefonate tra amanti del buon bere, ma ha una base scientifica, a dire il vero non facile da spiegare, ma ci tenteremo.
La prima idea che può balzare in testa è che aggiungere acqua attenui la forza del liquore, consentendo di percepirne meglio l'aroma, ma non è completamente vero perché, dicono i ricercatori, non bisogna farsi ingannare dal fatto che il liquido color ambra sembri uniforme perché, invece, vi si combatte una lotta chimica tra molecole.
Ed è anche questo, cioè la presenza di migliaia di molecole, che diversifica il whisky a seconda delle regioni nelle quali viene prodotto e che, evidentemente, le rende particolari. Avendo preso come base della loro indagine il whisky scozzese, lo scotch, i ricercatori hanno lavorato su uno dei suoi componenti più caratterizzanti, il guaiacolo, una molecola organica che trova la sua origine nelle botti di rovere dove il liquore viene invecchiato. La ricerca di Scientific reports spiega che non tutte le molecole hanno il medesimo comportamento nel rapporto con l'acqua perché ce ne sono che hanno difficoltà a mescolarvisi (le idrofobiche) ed altre che invece lo fanno con facilità (le idrofile).
Ed è qui che entra in azione l'alcool etilico che beneficia di entrambe le condizioni, determinando, cerchiamo di spiegarlo con parole semplici, una partizione del liquore, con la parte idrofila che crea le pareti di una bolla e quella idrofoba che la tiene separata. Ecco allora che quando la gradazione alcolica è alta che il sapore resta racchiuso in queste bolle che, a contatto diretto con l'acqua, andranno verso la superficie rendendosi meglio gustabili dalla lingua.
Discussioni di fine estate, come ce ne sono tante e che sembrano tutte volere ridicolizzare i nostri miti magari.
Il whisky resta whisky, sia che lo si beva liscio o che lo di allunghi con acqua o con il ghiaccio.
Un ultimo interrogativo: ma a chi si accinge a bere un bicchiere di scotch si pone mai interrogativi esistenziali? Non credo, a meno che non sia preda di una sbornia malinconica.