martedì 6 ottobre 2020

International Bartenders Association

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L'International Bartenders Association, fondata il 24 febbraio 1951 nel Saloon del Grand Hotel di Torquay, Regno Unito, è un'organizzazione di barman.

Storia

Gli eventi annuali, World Cocktail Competition (WCC) e World Flairtending Competition (WFC), sono organizzati e presentati dalla IBA. Nel 2006 le competizioni si svolsero al Meliton Porto Carras Hotel di Halkidiki, Grecia dal 6 ottobre (32esimo WCC) al 7 ottobre (settimo WFC).
Giovedì 21 febbraio 1951, una competizione Europea sui cocktail fu tenuta al Grand Hotel in Torquay, Inghilterra. Concorrenti da tutta Europa si presentarono, ben 21 bartenders parteciparono a questa storica occasione. Tre giorni dopo, il 24 febbraio, gli osservatori e i presidenti delle corporazioni Europee fondarono la International Bartenders Association. L’IBA lanciò la prima competizione di Cocktail mondiale ad Amsterdam, il 7 e l’8 ottobre del 1955. Giuseppe Neri, un concorrente palermitano, Italia, divenne il primo vincitore della ICC (International Cocktail Competition). Da qui partirono competizioni annuali che si differenziarono dal 1997 in tre diverse categorie: Befor Dinner Cocktail, After Dinner Cocktail e Longdrink. Nel 1999 il nome “International Cocktail Competition” cambiò in “World Cocktail Competition”. Nell’anno 2000 ci fu l’introduzione di un nuovo fenomeno nel mondo dei cocktail e della miscelazione: il Flairtending. Da quell’anno nella WCC si concorreva per due premi: Classic Mixing e Flairtending. Nel 2005, una quinta categoria fu introdotta: Fancy Cocktail. Nel 2008 introdussero la categoria Opening, nella quale i concorrenti sono liberi di scegliere e competere con il cocktail di qualsiasi altra delle quattro categorie proposte. Da questa volta, la Tavola IBA fu consultata per riorganizzare la WCC per rispettare tutti i cocktail del mondo e incrementare la visibilità dei Campioni Mondiali e degli sponsor. Con l’aiuto di questi ultimi, l’IBA riuscì a creare un marchio proprio per la finale della WCC trasformando quel giorno in un vero e proprio super evento, la Super Finale. Con l’arrivo del nuovo emozionante nome, il nuovo logo si diffuse e l’importanza dell’evento creò una vera e propria marca. Dal 2011, la gara è stata riconosciuta come Campionato Mondiale dei Cocktail. Consiste in sei categorie individuali: Flairtending, Before Dinner Cocktail, Sparkling Cocktail, Fancy Cocktail, Longdrink and After Dinner Cocktail. Dopo le finali i sei vincitori competeranno nella Super Finale per creare IBA Cocktail of the Year. Il vincitore della WCC Super Final sarà invitato alla Super Finale dell’anno successivo per preparare il “Cocktail di Benvenuto” per la nuova competizione.
L'organizzazione si occupa inoltre di stilare la lista dei Cocktail ufficiali IBA.

lunedì 5 ottobre 2020

Enoteca

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Enoteca è un particolare tipo di negozio per la vendita di vino (in origine soltanto vino locale o regionale, oggi più spesso proveniente da vari territori nazionali e internazionali). L'enoteca è principalmente diretta a dare ai consumatori appassionati del vino e della sua cultura (persone residenti nell'area di un'enoteca, ma anche visitatori e turisti) la possibilità di degustare vini ed eventualmente acquistarli. L'enoteca è talvolta gestita in collaborazione con produttori vinicoli o con organismi locali di coordinamento e di promozione tra produttori vinicoli (es. consorzi di tutela). Oggi l'enoteca è sempre più orientata ad essere una "biblioteca del vino", vale a dire un luogo nel quale trovare informazioni sui vini e sulla cultura del vino, piuttosto che essere un punto di distribuzione e vendita di grandi quantitativi di vino. Spesso nelle enoteche è disponibile uno stock piuttosto ridotto di bottiglie di vino per ciascuna etichetta e i clienti interessati ad acquistare grandi quantità di vino dopo la degustazione sono indirizzati a recarsi direttamente presso i produttori. Spesso l'enoteca vende anche altri prodotti alimentari locali e serve piccoli spuntini da accompagnare con i vini.
Le enoteche hanno una lunga tradizione in Italia. Si pensi, ad esempio, all'enoteca di Palazzo Antinori a Firenze, dove i vini Antinori sono disponibili al bicchiere da più di un secolo.
Le enoteche si sono diffuse anche a nord delle Alpi con il nome tedesco vinoteca, prima in Austria e poi in Germania.
Essere associati ad un'enoteca è probabilmente più utile per piccoli e non troppo noti produttori di vini rispetto a quelli che hanno marchi noti. L'enoteca si adatta bene alle esigenze del visitatore occasionale di una determinata area, liberando anche il produttore dall'incombenza di predisporre un apposito servizio nella sua cantina per chi si limita all'acquisto di un paio di bottiglie. D'altra parte, le enoteche, offrendo con la degustazione la possibilità di operare un confronto tra etichette concorrenti, contribuiscono anche a stimolare le cantine nella direzione di un continuo miglioramento del prodotto.
In anni recenti si sono diffusi in Italia i bar-enoteca (o wine-bar) specializzati nel servire vini in bottiglia alla mescita.



domenica 4 ottobre 2020

Qual è il senso di prendere un caffè al bar, anziché ad una macchinetta o a casa?

Lo sostengo da tempo, e la pandemia me lo ha confermato.

Per me il grande valore di un caffè al bar non è la sua bontà, quanto piuttosto il significato che ha questa abitudine.

Il caffè che mi preparo a casa con la moka è migliore dell'80% dei caffè che posso trovare in un bar. Sono pochi i bar che fanno caffè davvero esclamativi, di quelli da farti esclamare "che buon caffè"! A casa ho imparato a farlo molto bene e non avrei motivo di arrischiarmi in un bar anziché prenderlo a colazione dalla mia fida moka.

Ma il valore di quell'euro (ormai 1,10 euro…) è un altro.

Il caffè è un'occasione per scambiare due chiacchiere con il barista, con gli altri avventori, gettare uno sguardo al quotidiano, ascoltare le parole di chi è nel locale. Il caffè è socialità, non è solo un caffè.

O almeno, è così per me.

Me ne sono reso conto durante il lockdown della pandemia, quando mi mancava quel momento, non tanto il caffè di per sé.


sabato 3 ottobre 2020

Whisky: con acqua o liscio? La risposta arriva dalla scienza

whisky


Un bicchiere di cristallo stretto tra le mani e, dentro, un liquido ambrato che chiede solo di essere gustato, lentamente, affinché il sapore raggiunga nel profondo il cuore di chi si appresta a bere, magari circondato da pareti in boiserie o davanti ad un bancone di legno, tra luci soffuse, il fumo delle sigarette (è una immagine poco salutista, lo ammetto) e un sassofonista che, in sottofondo, ricorda a tutti che la vita è jazz.
Poi il dilaniante dilemma: acqua o non acqua? Acqua versata nel whisky o in un altro bicchiere?
Un quesito che potrebbe suonare blasfemo alle orecchie dei puristi, convinti che il liquore, quale che sia la sua origine (Scozia, Irlanda, Inghilterra, Stati Uniti, Canada) solo se liscio può mantenere intatto il gusto e regalare il meglio di sé.
Ma, di contro, sono in molti quelli che dicono che ''con l'acqua è meglio'' senza spiegare se deve essere aggiunta al whisky o, secondo un'altra seguita scuola di pensiero, che ha molti adepti non solo negli Stati Uniti, bevuta pura da un altro bicchiere, messo accanto a quello principale (nei film, i barman lo poggiano senza nemmeno chiedere se lo si vuole: ma quello è cinema).
Discussioni da bar (ah, quanto azzeccata questa definizione), ma non tanto perché ora, a mettere una parola non so sino a quando definitiva, arriva uno studio di una rivista, Scientific reports, che sancisce come addizionare l'acqua al whisky, nello stesso bicchiere, ne accresce il gusto.
Una sentenza che non è frutto di un giro di telefonate tra amanti del buon bere, ma ha una base scientifica, a dire il vero non facile da spiegare, ma ci tenteremo.
La prima idea che può balzare in testa è che aggiungere acqua attenui la forza del liquore, consentendo di percepirne meglio l'aroma, ma non è completamente vero perché, dicono i ricercatori, non bisogna farsi ingannare dal fatto che il liquido color ambra sembri uniforme perché, invece, vi si combatte una lotta chimica tra molecole.
Ed è anche questo, cioè la presenza di migliaia di molecole, che diversifica il whisky a seconda delle regioni nelle quali viene prodotto e che, evidentemente, le rende particolari. Avendo preso come base della loro indagine il whisky scozzese, lo scotch, i ricercatori hanno lavorato su uno dei suoi componenti più caratterizzanti, il guaiacolo, una molecola organica che trova la sua origine nelle botti di rovere dove il liquore viene invecchiato. La ricerca di Scientific reports spiega che non tutte le molecole hanno il medesimo comportamento nel rapporto con l'acqua perché ce ne sono che hanno difficoltà a mescolarvisi (le idrofobiche) ed altre che invece lo fanno con facilità (le idrofile).
Ed è qui che entra in azione l'alcool etilico che beneficia di entrambe le condizioni, determinando, cerchiamo di spiegarlo con parole semplici, una partizione del liquore, con la parte idrofila che crea le pareti di una bolla e quella idrofoba che la tiene separata. Ecco allora che quando la gradazione alcolica è alta che il sapore resta racchiuso in queste bolle che, a contatto diretto con l'acqua, andranno verso la superficie rendendosi meglio gustabili dalla lingua.
Discussioni di fine estate, come ce ne sono tante e che sembrano tutte volere ridicolizzare i nostri miti magari.
Il whisky resta whisky, sia che lo si beva liscio o che lo di allunghi con acqua o con il ghiaccio.
Un ultimo interrogativo: ma a chi si accinge a bere un bicchiere di scotch si pone mai interrogativi esistenziali? Non credo, a meno che non sia preda di una sbornia malinconica.

venerdì 2 ottobre 2020

Cosa succederebbe se si bevesse Coca-Cola ogni giorno per 20 anni?

Forse non vi sorprenderà sapere che non sarebbe bello - e non sarebbero solo i vostri denti a soffrire.

Dopo una settimana, staresti già accumulando chili - e invecchieresti rapidamente - e dopo qualche anno, se ci provassi davvero, gli effetti potrebbero essere così brutti che andresti all'ospedale.

ASAP Science ha raccolto dati da studi di università, tra cui Yale, per arrivare al punto, spaventoso e completo, su ciò che una seria abitudine alla cocaina (o l'uso pesante di qualsiasi altro tipo di bevanda analcolica) ti farà realmente.

ASAP Science dice: "Dopo una settimana di sostituzione degli otto bicchieri d'acqua da voi consigliati con la cola, avreste consumato circa 5432 calorie in più".



I ricercatori di Yale hanno scoperto che quando le persone consumano bevande analcoliche, consumano anche più calorie, soprattutto perché le persone non tengono conto accuratamente delle calorie aggiunte nelle loro bevande.

E passare alla dieta non aiuta.

ASAP Science dice: "Gli esperimenti hanno scoperto che il gusto dolce, sia che si tratti di dolcificante reale o artificiale, aumenta il nostro appetito". Molti bevitori di bevande dietetiche pensano: "Sto bevendo una bevanda dietetica, mangio patatine fritte grandi con il mio pasto".

"Le bevande analcoliche possono anche farci invecchiare". I telomeri sono dei tappi protettivi alle estremità dei nostri cromosomi che si accorciano nel tempo, e si scopre che il loro tasso di accorciamento è quasi lo stesso in una persona che beve 600 ml di soda in un giorno.

E se si bevessero 2 litri di bibite al giorno? Beh, una donna ha fatto proprio questo per 16 anni di fila, fino a quando è stata ricoverata in ospedale a 31 anni.

Senza una storia familiare di problemi cardiaci, soffriva di aritmia e svenimenti, e gli esami l'hanno trovata carente di potassio, poiché sia il fruttosio che la caffeina possono portare alla perdita di potassio, attraverso le urine e la diarrea.


giovedì 1 ottobre 2020

Maître

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Per maître s'intende un semplice maestro o un maestro d'arte, un insegnante o il proprietario di un'attività predisposta all'ospitalità ed alla ricezione di clienti. Come appellativo è molto utilizzato nelle arti, nelle professioni e nell'insegnamento. Nei paesi francofoni esistono dei titoli di studio ed onorifici cui corrisponde l'appellativo di maître. Questo appellativo significa, nella più semplice traduzione italiana, "maestro" con un senso di "dominio-dominanza" ma anche con il significato di "responsabile" dei servigi offerti dalla "Casa" che ospita. Al femminile il nome diviene maîtresse, di cui si parlerà nel paragrafo legato all'antropologia sociale.

Nella ristorazione tradizionale

Nell'ambito della ristorazione il maître (più propriamente detto maître d'hôtel, anche se non necessariamente), opera presso una struttura alberghiera o comunque ricettiva; nel caso di ristoranti o di sala pranzo per alberghi esiste il maître di sala è il responsabile della ricezione, del ricevimento, dell'accoglienza, colui cioè che avendo provveduto all'organizzazione e all'aspetto generale, accoglie i clienti e sovrintende al personale di servizio, la cosiddetta brigata di sala, fissando i compiti dei vari addetti. Al maître ci si rivolge per richieste particolari, per lamentele o complimenti relativi al servizio, mentre la tavola viene approntata e servita dagli altri collaboratori; è suo, fra gli altri, il compito di gestire i rapporti tra cucina e sala, ordinazioni di fiori e complementi per gli arredi della/e sala/e, istruire la brigata di cucina per eventi o feste particolari, gestire clienti particolari o abituali ed organizzare il restante personale a sua disposizione. È infine colui che, finalizzato agli interessi del/i titolare/i o dell'azienda, cura il piacere e la soddisfazione del cliente, dal suo arrivo (guardaroba-auto in garage ecc.) alla sua uscita (conto, soddisfazione, assicurarsi che il cliente si sia trovato ben accolto dal suo staff).
In certi esercizi il maître corrisponde al padrone titolare dell'esercizio. In genere non interferisce con i compiti di cucina il cui capo indiscusso è lo chef. Con quest'ultimo stabilisce il menu del giorno o della stagione riferendo necessità eventualmente avvertite dai clienti in sala, comunque è anche suo compito la conclusione o il suggerimento di alcune voci nel menù.
Nei locali più tradizionali o raffinati veste un abbigliamento che si differenzia dal personale di servizio, in genere una giacca nera tipo smoking comunque mai vistosa, e con i toni dell'ambiente.
Esistono 3 tipi di maître e il più alto in grado è il maître d'hotel. Non necessariamente però, in un esercizio ristorativo e/o alberghiero, si trovano tutte e 3 le figure:
  • Maître d'hotel (o semplicemente maître): imposta e dirige il servizio, prende le ordinazioni e mantiene continuamente il rapporto con i clienti accertandosi che tutto stia procedendo per il meglio. Deve inoltre possedere una buona cultura generale ed un'ottima padronanza delle lingue straniere. È a stretto contatto con il direttore, con il food and beverage manager (detto F&B), con il sommelier - con il quale si consulta per l'abbinamento dei vini - e con lo chef con cui collabora anche per la compilazione dei menù.
  • Maître de salle: nel caso di un ristorante la figura di maître d'hotel è più propriamente detta maître de salle; tuttavia il maître de salle lo si trova anche in albergo e lì dirige la sala ristorante nel caso in quel momento non ci sia il maître d'hotel o nel caso in cui la sala sia molto grande.
  • Maître de rang: il quale affianca lo chef de rang che si occupa di una sezione della sala ristorante (chiamata rango) molto importante; è tuttavia una figura molto rara, per il fatto che i ranghi importanti non sono poi molti.

Nel settore giuridico

  • Maître è l'appellativo usato in Francia per i professionisti del settore giuridico, ossia avvocati e notai.






Nel settore della sicurezza

  • Maître chien è un istruttore cinofilo destinato a compiti di sicurezza sia pubblica che privata;
  • Maître nageur è il bagnino di salvataggio;
  • Maestro d'armi è l'istruttore di armi.

In antropologia sociale

L'utilizzo al femminile maîtresse ha vari significati (alcuni dei quali sono la trasposizione dell'appellativo al maschile, come ad esempio nel senso "proprietaria di"), tra cui:
  • amante o, con riferimento a determinati periodi storici, "favorita" o "amante titolare" ad esempio nel caso della Maîtresse-en-titre o maîtresse royal di alcuni reali.
  • la tenutaria di una casa di tolleranza; per traslato anche prostituta.

mercoledì 30 settembre 2020

Oncia

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Storicamente l'oncia è un sottomultiplo dell'unità di misura principale normalmente adottata, tanto che, nell'uso comune della lingua italiana, l'espressione "un'oncia" è sinonimo di "piccola quantità".
Principalmente il termine indica l'unità di misura di massa (o peso) utilizzata in alcuni ambiti commerciali specialmente di cultura anglosassone (convenzionalmente si fa riferimento alla libbra), anche se non fa parte del Sistema internazionale di unità di misura (SI). Esiste anche l'oncia liquida, unità di volume.
Il valore di riferimento non è sempre lo stesso, ma varia a seconda dell'ambito in cui si opera.

Origini storiche

Il termine fu introdotto dagli antichi Greci, i quali, avendo un sistema a base duodecimale, indicarono con questo termine una grandezza minima corrispondente alla dodicesima parte di una unità, sia come lunghezza sia come peso.
Anche i Romani l'adottarono chiamandola uncia e destinandola a identici usi. Dal momento che le unità metriche e ponderali, pur sotto il medesimo nome recavano valori differenti da luogo a luogo, pur indicando sempre la dodicesima parte di ogni grandezza assunta come unità (del piede, del palmo o del braccio, a seconda delle regioni), all'oncia corrispondevano valori diversi a seconda delle città nella quale era usata.
Come sottomultiplo delle unità di lunghezza, l'oncia indicava 1/12 del piede.
Così come sottomultiplo dell'unità di peso l'oncia indicava un dodicesimo della libbra; in Toscana prima dell'annessione al Regno d'Italia valeva 28,30 grammi. A Forlì, invece, a nord dell'Appennino, valeva 24 grammi. Nello stato veneziano, prima della sua caduta, l'oncia rappresentava la dodicesima parte dell'unità metrica del piede vicentino. A sua volta un'oncia era divisa in quattro minuti.
Once quadrate e cubiche furono applicate alla misura delle aree e dei volumi.

Uso attuale

L'oncia (ounce) è ancora utilizzata negli Stati Uniti, come retaggio del sistema imperiale britannico per misure di massa o di peso. In tale sistema sono stati storicamente attivi diversi riferimenti per la misura del peso. In particolare sopravvive il sistema avoirdupois in cui la libbra vale 453,59 grammi e quindi 1 oncia, pari a un sedicesimo (1/16) di libbra (pound), equivale a 28,35 grammi e si indica col simbolo oz.
È anche usata internazionalmente come unità di misura dai barman.
Tuttavia, per il commercio dei metalli preziosi è utilizzata in tutto il mondo l'oncia troy, che deriva dall'oncia del vecchio sistema "troy" in cui la libbra corrisponde a 373,24 grammi e l'oncia valeva un dodicesimo (1/12) di libbra. L'oncia troy dunque equivale a 31,1035 grammi e si indica col simbolo ozt.
Nei paesi anglosassoni in farmacia è usata l'oncia apothecaries' che corrisponde esattamente all'oncia troy. Quando è necessario distinguere l'oncia usata comunemente dall'oncia troy o apothecaries' si specifica oncia avoirdupois.

Oncia liquida

Esiste anche l'unità di misura di volume oncia fluida (fl oz), calcolato a partire dalle misure di gallone e pinta e in modo differente nel sistema inglese o americano. Solo per l'etichettatura degli alimenti negli Stati Uniti, il valore di un'oncia liquida è fissato esattamente a 30 ml.


 
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