giovedì 4 novembre 2021

Quando bevi un caffe al bar lo zucchero e l'acqua ti devono venire dati senza chiederli ?

La tradizione dell'espresso italiano


Se chiedi un caffè in Italia ottieni un espresso. Non verranno poste ulteriori domande. Nessun nome verrà scritto sulla tua tazza (che è troppo piccola per scriverci sopra)


Zucchero

Il caffè in Italia non viene zuccherato. Ai vecchi tempi ogni bar aveva una zuccheriera sul bancone. Con zucchero semolato. Adesso lo zucchero arriva in buste singole perché la comune zuccheriera era apparentemente antigienica. Lo zucchero di canna è entrato in scena quando le persone hanno iniziato a credere che fosse in qualche modo più salutare.


Acqua

In un serio bar italiano, almeno al sud, ti daranno un bicchiere d'acqua. Potrebbe essere necessario richiederlo. Allora hai la scelta: fermo o gassato. Se sei un normale, la domanda non verrà posta. Bevi l'acqua prima di prendere il caffè.


mercoledì 3 novembre 2021

Il bar più “scandaloso” d’Italia

Castelmola è un piccolo gioiello che si affaccia sulla sottostante Taormina e che ospita un bar molto particolare.


Avviato nel 1947 da Salvatore Turrisi, in principio il locare era un bazar: apoteosi alla virilità maschile e alla fecondità.

Da grande appassionato di mitologia greca, l’uomo decise di costellarlo di oggetti tipici della tradizione siciliana e simboli fallici.




A visitatori ed amici era solito offrire il suo vino alla mandorla, un elisir afrodisiaco di matrice greca.

Con il tempo il bazar si è trasformato in un bar, che ha conservato quel tratto così distintivo di simpatica esaltazione della virilità maschile.




martedì 2 novembre 2021

Acqua d'orcio

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L'acqua d'orcio, detta anche acqua d'orzo, è una dissetante bevanda alla liquirizia, che in passato veniva anche preparata con l'orzo.
Questa è senza dubbio la più tipica delle bevande di Reggio nell'Emilia. L'acqua d'orcio è essenzialmente un estratto di liquirizia allungato con acqua, che ha un effetto molto dissetante.
L'acqua d'orcio è inserita nei P.A.T. (Prodotti agroalimentari tradizionali italiani) emiliani e romagnoli.

Storia

L'Acqua d'Orcio è in uso a Reggio nell'Emilia sin dal Quattrocento, quando il governatore Ippolito Malaguzzi (nonno di Ludovico Ariosto) nel 1412 ne autorizzo la vendita nella Piazza Maggiore (ora Piazza del Duomo). Il monopolio della vendita era di un chiosco nella Piazza, ora non più presente, ma già negli anni '70 la vendita si era diffusa in altri bar del centro della città; con il passaggio di gestione e la ristrutturazione di diversi esercizi commerciali cittadini e dell'unica azienda che la produceva a livello industriale, oggi l'acqua d'orcio non è più in commercio.

Preparazione

Dell'acqua d'orcio esistono diverse ricette in libri di cucina reggiana o tramandate oralmente, ma la maggior parte di queste sono prive delle dosi con le quali miscelare gli ingredienti. Estrapolando le informazioni da varie fonti, anche e soprattutto orali, la ricetta più completa oggi disponibile risulta questa:
Far bollire per 15-20 minuti 10 centimetri di radice di liquirizia con 10 semi d'anice, 10 semi di finocchio, tre pezzetti di scorza d'anice e 1 cucchiaino di estratto di liquirizia. A bollitura ultimata, aggiungervi la scorza di mezza arancia, lasciandovela per il tempo necessario a far raffreddare l'acqua d'orcio.
La scorza d'anice (con scorza d'anice presumibilmente ci si riferisce all'anice stellata) e la scorza d'arancia sono ingredienti che non compaiono in tutte le ricette e quindi prodotto di probabili aggiunte successive alla ricetta originale.
Con la ricetta si produce un estratto che poi dovrà essere allungato con acqua nella misura di circa 1 a 10.

Bevande simili in altri contesti culturali

Nel mondo arabo una bevanda, in tutto e per tutto simile, chiamata sūs (lett. "liquirizia"), è normalmente venduta da persone che indossano un vestito sgargiante, con un tipico copricapo a forma di sombrero, ricco di piccoli sonagli sul bordo della tesa, utile a richiamare l'attenzione degli eventuali avventori.


lunedì 1 novembre 2021

Aperol Peach

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Ingredienti
  • 1/6 campari o campari soda
  • 2/6 di aperol o aperol soda
  • 3/6 vodka alla pesca
  • ghiaccio
  • fette di arancia rossa



Mix
Boston Shaker



Bicchiere
coppa da cocktail



Note
gustoso, anche per quelli a cui non piace la vodka alla pesca. Consiglio di sostituire la dose dell'Aperol con quella del Campari se lo volete più amaro.



Quando
after dinner



domenica 31 ottobre 2021

Chacha (brandy)

 



Il Chacha è un brandy di vinacce georgiano, un liquore chiaro e forte (che varia tra il 40% di alcol per la produzione commerciale e il 65% per la birra fatta in casa), che a volte viene chiamato "Vodka di vino", "vodka d'uva", o "vodka georgiana/grappa". È fatto di vinacce (residui d'uva lasciati dopo la vinificazione). Il termine chacha è usato in Georgia per riferirsi al distillato d'uva. Può essere prodotto anche da uve acerbe o selvatiche. Altri frutti o erbe comuni utilizzati sono i fichi, i mandarini, le arance, i gelsi o il dragoncello .

Tradizionalmente solo homebrewed bevanda di georgiani, che è oggi comunemente prodotto da distillatori professionali e la maggior parte delle cantine, che includono nella loro gamma di prodotti. Uno dei prodotti chacha più famosi è il Binekhi Estragon, che si è distinto con la medaglia d'argento ai premi Mundus Vini 2007.

Molti georgiani affermano che il chacha ha proprietà medicinali ed è suggerito come rimedio per una serie di disturbi, tra cui i blocchi delle orecchie e l'indigestione. Inoltre, si dice che curi il mal di stomaco applicandolo sull'addome. Si dice anche che curi l'acne applicandolo sul viso.

sabato 30 ottobre 2021

Grappa alla cannella

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La Grappa alla Cannella è un liquore ottenuto mettendo in fusione stecche di cannella in grappa di vinaccia. È tipicamente rosso quasi bordeaux, molto aromatico.
La Grappa è un distillato prodotto da vinacce ricavate esclusivamente da uve prodotte e vinificate in Italia o nella Svizzera italiana.
Il regolamento del Consiglio Europeo N 1576/89 del 29 maggio 1989 stabilisce che la denominazione "grappa" può essere applicata solo a distillati di vinaccia prodotti in Italia e a San Marino.
Il distillato di vinacce prodotti in altri paesi europei non può essere chiamato grappa, ma assume altri nomi tipici protetti facenti parte della categoria "Acquavite di vinaccia", ad esempio: in Francia è detta Marc, in Portogallo è chiamata Aguardente Bagaceira, in Spagna Aguardiente de Orujo, e in Grecia Τσικουδιά/Tsikoudia. Poiché la legislazione europea non è applicabile nell'Uruguay, questa nazione adotta un termine molto simile: grappamiel, cioè grappa con miele.
La grappa deriva dalla distillazione delle vinacce, ottenute quindi dalla svinatura di vini rossi. In questo caso le vinacce sono già fermentate, quindi pronte per essere distillate. Vi sono però altre 2 tipologie di vinacce con cui ottenere la grappa:
  • Vinacce semi-vergini, ottenute nella vinificazione in rosato; medesimo risultato si ottiene dalle vinacce di vini dolci;
  • Vinacce vergini, ottenute dalla "sgrondatura" nella vinificazione in bianco per ottenere vini bianchi. In questo caso, le vinacce non hanno subito alcuna fermentazione significativa.
Le vinacce vergini o semivergini devono essere obbligatoriamente fermentate prima di dare avvio alla distillazione in quanto la grappa si ottiene unicamente da vinacce fermentate.
Grappe di qualità elevata richiedono che si separi, prima della distillazione, i vinaccioli. A maggior ragione, è molto raro che una distilleria lasci, anche parzialmente, i raspi insieme alle vinacce.
Non bisogna confondere la grappa, che è un distillato di vinacce fermentate, con l'acquavite d'uva, che è un distillato di mosto. Allo stesso modo, la grappa non è un distillato di vino (Brandy). Quindi distillato di vinacce, distillato di mosto (d'uva) e distillato di vino sono tre bevande alcoliche diverse.
Il nome deriva con ogni probabilità dal termine graspa con cui è chiamata nel Triveneto. "Graspa" deriva appunto da "graspo" che in veneto, significa "tralcio d'uva". Non vi è alcuna relazione con il monte Grappa, e quindi neppure con Bassano del Grappa, dove pur si trovano alcune delle più celebri distillerie della regione.
Il contenuto alcolico può variare tra il 37,5% e 60% in volume, raggiunto direttamente, nel caso delle grappe "pieno grado", oppure aggiungendo acqua, solitamente demineralizzata, nella giusta percentuale e in proporzione al prodotto della distillazione.
La grappa può essere classificata in base all'affinamento e/o lavorazioni che seguono la distillazione:
  • Giovane, non invecchiata;
  • Aromatica, derivante da uve aromatiche quali Brachetto, Malvasia, Moscato e Traminer aromatico;
  • Invecchiata, minimo 12 mesi in botti di legno sotto controllo ex UTF, oggi Agenzia delle Dogane;
  • Riserva Invecchiata o Stravecchia, minimo 18 mesi in botti in legno sotto controllo UTF;
  • Aromatizzata, con l'aggiunta di aromatizzanti naturali, come erbe, radici o frutti o parte di esse.
Ovviamente le classificazioni possono coesistere. Per esempio una grappa può essere giovane e nello stesso tempo, aromatica.
Un secondo modo per classificare le grappe in base a come vengono distillate le vinacce:
  • grappa di monovitigno, se la grappa ottenuta proviene da una singola varietà di vinaccia;
  • grappa mista, se la grappa ottenuta contiene percentuali diverse di più varietà di vinacce.
Termini come "affinata" o "barricata" non danno nessuna indicazione del tempo di giacenza nei legni e sono solo per grappe non sotto controllo UTF. Questa rappresenta una garanzia della distilleria dove il periodo di giacenza è indicato sull'etichetta.
Le grappe di alta qualità vengono servite tutte a temperatura ambiente per esaltarne al meglio i profumi ed il sapore. Spesso, per mode locali o per mascherare prodotti mediocri, la grappa viene servita fredda o da freezer, come accade per altri distillati come la vodka. La qualità della grappa, come accade per il vino, dipende dal tipo e dalla qualità delle uve usate, ma anche dall'impianto di distillazione e dalle capacità tecniche del mastro distillatore. La grappe vengono prima invecchiate in botti dette "Pilata", poi dopo due anni passano in botti di rovere.
I metodi di distillazione si sono sviluppati tra l'VIII e il VI secolo a.C. in Mesopotamia e furono presto applicati al vino per la preparazione dell'acquavite. Questi processi vengono citati dagli alchimisti a partire dal XII secolo d.C. Anche la distillazione dalle vinacce ha probabilmente origini storiche molto lontane. Secondo una leggenda, si attribuisce ad un legionario romano del I secolo a.C., dopo il suo ritorno dall' Egitto, di aver trafugato un impianto di distillazione, e di aver iniziato la produzione di un distillato dalle vinacce di un vigneto di cui era assegnatario in Friuli usando le tecniche apprese. Lo storico Luigi Papo fa risalire la prima produzione in Friuli nel 511 d.C. ad opera dei Burgundi, che dalla vicina Austria, durante una breve installazione a Cividale applicarono le loro tecniche usate nella distillazione da sidro di mele alla distillazione a partire da vinacce, ottenendo quindi la grappa. La nascita della Distilleria Nardini, a Bassano del Grappa (VI) nel 1779 determinò una vera e propria rivoluzione e segnò l'inizio della distillazione moderna in Italia, attraverso l'introduzione del metodo di distillazione "a vapore".
Nel Trentino, fino agli anni cinquanta, la tecnica più praticata era la distillazione a fuoco: si riscaldando le vinacce con il fuoco portandole ad ebollizione e ottenendo l'alcool sotto forma di gas, successivamente condensato. Inizialmente la condensazione veniva fatta a temperatura ambiente, in seguito con il miglioramento della tecnica si introdusse il riscaldamente e la conseguente condensazione ad acqua. L'evoluzione della distillazione verso sistemi moderni fu rapida. Gli impianti di distillazione a metodo discontinuo sia a vapore che a bagnomaria permisero la produzione di grappe di qualità migliori. Questi impianti consentono di selezionare le singole partite di vinaccia e di grappa.
Fino agli anni settanta del Novecento, le grappe classiche erano prodotte da vinacce indifferenziate. Solo un'azienda piemontese, la Distilleria Bocchino di Canelli, nel cuore dell'astigiano, produceva dal 1898 una grappa da sole vinacce di moscato, abbondanti nella zona. L'idea del fondatore, Carlo Bocchino, fu quella di utilizzare per la distillazione queste profumate ed abbondanti vinacce, le quali, solitamente, venivano abbandonate lungo il greto del torrente Belbo che attraversa per l'appunto l'abitato di Canelli.
L'idea di produrre una gamma di grappe cosiddette monovitigno, ovvero prodotte da un'unica tipologia di uva, ha di fatto cambiato la percezione della Grappa, elevandolo da prodotto di basso livello a distillato di pregio. Questa "svolta copernicana" si deve alla famiglia Nonino che nel 1973 registra il termine monovitigno. Agli stessi Nonino si deve nel 1984 la nascita dell' acquavite d'uva, distillata dall'uva, intesa come frutto.
Gli impianti moderni di distillazione a bagnomaria continuo sono diventati automatizzati, composti da una tramoggia di carico, un distillatore, una colonna di rettifica, ed un condensatore.Un progetto di ricerca iniziato nel 2003 dal Laboratorio Sperimentale dell'Istituto Agrario San Michele all'Adige ha portato alla realizzazione nel 2009 presso le Poli Distillerie di Schiavon di un innovativo alambicco a bagnomaria operante sottovuoto. Rispetto agli impianti a bagnomaria tradizionali, i distillati ottenuti con il vuoto risultano sensibilmente migliorati, per incremento della nota floreale terpenica, per la forte diminuzione delle impurità di testa, per la sensibile diminuzione degli esteri, e per la riduzione dell'alcool metilico. L'applicazione del vuoto al processo di distillazione fu tentata già verso la fine dell'800 dall'italiano Enrico Comboni ma si dovettero attendere molti decenni perché ne venisse fatto un uso produttivo e non solo sperimentale, in considerazione delle notevoli difficoltà tecniche connesse al rischio di implosione dell'alambicco e alla condensazione dei vapori. Il principale vantaggio derivante dalla pressione negativa all'interno dell'alambicco, ossia il vuoto, consiste nell'abbassamento del punto di ebollizione dell'alcool e dei vari composti volatili presenti nella vinaccia. Questo permette di ottenere un distillato connotato da delicati aromi fruttati e floreali, che, essendo termolabili normalmente vengono persi a causa delle alte temperature presenti all'interno di una caldaia.
I processi di lungo affinamento nel legno avvengono in modo più tradizionale in grandi botti da invecchiamento, tipicamente in barrique da 225 litri. Questo "riposo" influisce sul prodotto secondo la varietà del legno usato che interagisce col distillato con il quale viene a contatto. Per l'invecchiamento della grappa prevalgono il rovere, l'acacia, ed il ciliegio. Gli ultimi, legni chiari che rilasciano poco colore danno una qualità delicata, mentre grazie ai tannini, il rovere conferisce un timbro particolare, secondo la varietà. Per ragioni di prossimità, e per la loro qualità sono spesso utilizzati sia i roveri francesi che croati. Tra i roveri francesi si distinguono particolarmente quelli provenienti dalla foresta di Tronçais e delle foreste circostanti nell'Allier, di Nevers, del Limosino e del Cher. Non sono da meno i roveri della Slavonia. Il rovere ha la caratteristica di donare alla grappa non solo un bellissimo colore ambrato, ma cede sostanze fondamentali per la formazione del prodotto finale, spesso imbottigliato in bottiglie artistiche d'artigianato. Per sfruttare le proprietà di diversi legni, nel 1999 la Distilleria Marzadro introdusse l'idea innovativa di affinare la grappa in botti di legni diversi: rovere, acacia, frassino e ciliegio.
La legge italiana autorizza anche una edulcorazione (max 2%) mediante un'aggiunta di zucchero, anche caramellato, nel caso delle grappe invecchiate o riserve. Come espediente commerciale ingannevole, questo consente la produzione di bassa qualità con colori molto intensi simili a quelli ottenuti con processi di lungo affinamento in legno. In seguito alla produzione della grappa, i vinaccioli possono essere utilizzati ulteriormente per la produzione di olio ad usi alimentari o industriali.
Per la degustazione della grappa, vengono generalmente utilizzati i cosiddetti bicchieri tulipe. Le grappe molto invecchiate vengono preferibilmente servite in bicchieri da cognac, tipo balloon, più ampi ed adatti per apprezzarne le caratteristiche organolettiche. Sebbene nessuno lo vieti, è generalmente sconsigliato, così come il brandy e il cognac, e diversamente dai whisky e dalla vodka, rinfrescare la grappa in frigo o servirla "on the rocks".
A seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 30 settembre 2011 del decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), contenente la scheda tecnica della grappa, e relativa procedura di notifica alle Autorità comunitarie, gli Stati membri della Comunità Europea hanno sei mesi di tempo per presentare delle osservazioni, ai sensi delle procedure previste dal Reg. 110/2008. In attesa del perfezionamento dell'iter per la definitiva assegnazione della denominazione geografica "Grappa" da parte dell'Unione Europea, rimane in vigore il Decreto del presidente della Repubblica 16 luglio 1997, n. 297, con cui all'art. 16 cui viene regolamentato l'utilizzo delle denominazioni relative alle grappe indicate al punto 6 dell'allegato II del regolamento (CEE) n. 1576/89 e più specificatamente:
  • Grappa di Barolo
  • Grappa piemontese o del Piemonte
  • Grappa lombarda o della Lombardia
  • Grappa trentina o del Trentino
  • Grappa friulana o del Friuli
  • Grappa veneta o del Veneto
  • Südtiroler Grappa / Grappa dell'Alto Adige. Tra i superalcolici altoatesini va segnalata quello chiamato erroneamente grappa Williams, in realtà un'acquavite ottenuta distillando la pera Williams locale. In alcuni casi, in bottiglie appese ai rami degli alberi viene fatta crescere una pera, vengono in seguito riempite con il distillato di pere Williams e messe in vendita.
Il 15 gennaio 2008, il Parlamento europeo ha adottato il regolamento CE 110/2008 che ha aggiunto le seguenti
  • Grappa siciliana o Grappa di Sicilia
  • Grappa di Marsala
Qualora non ricorrano i requisiti per poter utilizzare la denominazione "grappa" o le sopraelencate denominazioni geografiche, dovrà essere usato in sostituzione il termine "acquavite di vinaccia".
  • Il Consiglio europeo ha abrogato il Regolamento nº 1.576/89 del 29 maggio 1989, e lo ha sostituito con il regolamento nº 110/2008 del 15 gennaio 2008, secondo cui una bevanda alcolica può chiamarsi "grappa" solo se rispetta le condizioni riportate al paragrafo 6 dell'Allegato II dello stesso regolamento.
Per quanto riguarda i paesi non facenti parte dell'Unione europea, la denominazione "grappa" può essere applicata solo ai distillati di vinaccia prodotti in alcune zone della Svizzera. Infatti l'Art. 60 dell'Ordinanza del DFI, sulle bevande alcoliche nº 817.022.110 del 23 novembre 2005 sancisce che: "La grappa è acquavite di vinaccia prodotta in Italia, nel Canton Ticino, in Val Calanca, Val Bregaglia, Val Mesolcina o nella Val Poschiavo con uve delle relative regioni".
  • L'Accordo del 1999 siglato fra la Confederazione Svizzera e la Comunità europea relativo ai prodotti agricoli protegge infatti le denominazioni delle grappe prodotte nelle regioni svizzere di lingua e cultura italiana.
  • Regolamento recante norme in materia di produzione e commercializzazione di acquaviti, grappa, brandy italiano e liquori: decreto del presidente della Repubblica 16 luglio 1997, n. 297.
  • Art. 16. Decreto Ministeriale n.153 del 27/03/2001: disposizioni per i fabbricanti ed i detentori di apparecchi di distillazione.
  • Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato: circolare 20 novembre 1998, n. 163. Norme di applicazione del regolamento CEE n. 1576/89 relativo alle bevande spiritose e del decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1997, n. 297.
  • Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 13 maggio 2010, n. 5195 recante Disposizioni di attuazione del regolamento CEE nº 110/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008 concernente la definizione, l'etichettatura, e la protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose.
Il decreto definisce, tra l'altro, le modalità di presentazione della richiesta di registrazione comunitaria delle bevande spiritose con indicazione geografica, individuate ai sensi dell'articolo 15 del regolamento comunitario.
  • Attuazione dell'articolo 17 del Regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose - Scheda tecnica della «Grappa».
Sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana del 30 settembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, contenente la scheda tecnica della grappa, in attuazione al regolamento (CE) n. 110/2008 sulla designazione, presentazione, etichettatura e protezione delle Indicazioni Geografiche delle bevande spiritose.
Si tratta di un importante passo a tutela della Grappa e del patrimonio agroalimentare Italiano, la cui rilevanza e diffusione a livello internazionale richiede una protezione specifica da illegittime usurpazioni da parte dei produttori di altri Paesi. La scheda tecnica, che costituisce un disciplinare di produzione, predisposta dopo un lungo lavoro di concertazione con le categorie di settore, è stata trasmessa alla Commissione europea per la registrazione e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Ue beneficiando delle regole di protezione e tutela a livello internazionale.
Le modalità di produzione riportate nella scheda tecnica rispecchiano gli elevati standard qualitativi e la peculiarità della produzione tradizionale, pur tenendo conto dei necessari adeguamenti tecnologici. In particolare, la scheda tecnica relativa alla IG "Grappa", oltre agli elementi caratterizzanti il prodotto e il metodo di produzione, prevede l'obbligo di imbottigliamento in impianti ubicati sul territorio nazionale al fine di salvaguardarne la qualità e garantirne l'origine.

Associazioni e concorsi

  • Organizzazione internazionale di concorsi per vini e alcolici. IWSC (International Wine and Spirit Competition)
  • L'Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa e Acquaviti (ANAG) è una associazione italiana, nata nel 1978, con sede ad Asti, e con delegazioni su tutto il territorio nazionale, con lo scopo di valorizzarela figura dell'assaggiatore di grappa e di altri distillati.
  • Acquaviti d'Oro - Concorso Internazionale, organizzato da ANAG.
La Cannella o Cinnamomo (Cinnamomum Verum Jan Svatopluk Presl, sin. C. zeylanicum Carl Ludwig Blume) è un albero sempreverde delle famiglia delle Lauracee, originario dello Sri Lanka, dal quale si ricava l'omonima spezia diffusa in Europa quanto in Asia. Vengono chiamate ugualmente cannella piante diverse. Le due più frequentemente usate come spezie sono Cinnamomum verum e Cinnamomum cassia.
La cannella è un albero sempreverde alto circa 10–15 m. Le foglie sono opposte, di forma ovale e allungata, possono raggiungere i 18 cm di lunghezza e i 5 cm di larghezza. I fiori, bianchi, sono riuniti in infiorescenze. Il frutto è una drupa che contiene un seme privo di albume.
La pianta è nativa dello Sri Lanka ed è stata introdotta in diversi paesi tropicali, quali il Madagascar, Malesia e Antille. Viene prodotta anche in Vietnam, Sumatra e in Indonesia.
La cannella vanta una storia millenaria: era già citata nella Bibbia, nel libro dell'Esodo, era usata dagli antichi Egizi per le imbalsamazioni e citata anche nel mondo greco e latino. Importata in occidente con le carovane durante il medioevo. Nella prima metà del 1600 gli olandesi impiantarono un traffico stabile con lo Sri Lanka per divenirne i principali importatori d'Europa.
Ha un aroma secco e pungente che ricorda quello dei chiodi di garofano con una nota pepata. La cannella dello Sri Lanka ha un aroma ugualmente profumato, ma meno aspro e più dolce.
A differenza di altre droghe da cucina la spezia non si ricava dal seme o dal frutto, bensì dal fusto e dai ramoscelli che assumono il classico aspetto di una piccola pergamena color nocciola, una volta liberati del sughero esterno e trattati. La cannella può essere venduta in questa forma e sbriciolata al momento dell'uso, oppure essere venduta in polvere.
Esiste anche un olio essenziale di cannella, ottenuto facendo macerare la corteccia in acqua marina e distillando. Il liquido ambrato che se ne ricava contiene aldeide cinnamica per circa il 90% ed è usato più frequentemente come principio medicamentoso che come spezia di cucina. La spezia che si ricava dalla Cinnamomum zeylanicum è la più fine e costosa. La cannella Cinnamomum cassia Nees, anch'essa della famiglia delle Lauraceae, è detta anche cassia ed ha un aroma più aspro, ma è meno costosa, per cui è frequente.
È usata in molti modi differenti da secoli. La tradizione occidentale la preferisce impiegata nei dolci di frutta, specie di mele, nella lavorazione del cioccolato, di caramelle e praline, come aroma in creme, nella panna montata, nella meringa, nei gelati e in numerosi liquori. La tradizione orientale e creola la usa anche nel salato, in accompagnamento di carni affumicate e no. Entrambe l'amano come aromatizzante del tè.
I bastoncini di cannella conservano il loro aroma se riposti in barattoli di vetro ben chiusi e lontani da fonti di calore e dalla luce. Anche la polvere di cannella si conserva allo stesso modo, sebbene perda molto delle sue caratteristiche e del suo aroma.
Questa spezia ha un potere antiossidante (ORAC) tra i più elevati, un indice di valore 267536, circa 62 volte quello della mela, considerata per parte sua un ottimo antiossidante che contiene tannini, aldeide cinnamica nell'olio essenziale, eugenolo (oltre 50 composti aromatici e terpenici), canfora.
Usata tradizionalmente contro le infreddature e come antibatterico e antispastico, le viene oggi riconosciuta scientificamente la capacità di abbassare il colesterolo e i trigliceridi nel sangue, contribuendo ad alleviare i disturbi dell'ipertensione; inoltre esercita una funzione antisettica sui disturbi dell'apparato respiratorio.
Secondo alcune ricerche contribuirebbe a regolare la glicemia postprandiale sia nei pazienti obesi che in quelli normopeso; due metanalisi, di cui una molto recente, mostrerebbero numerosi effetti benefici della spezia sui pazienti diabetici, anche se alcuni studi non hanno confermato questi risultati.
La medicina Ayurvedica e quella cinese la usano per i problemi mestruali, nel trattamento delle febbri, in alcuni disturbi intestinali (contribuisce a rallentare l'attività di fermentazione e di lievitazione intestinale che provocano gonfiore, flatulenza e cattiva digestione) e per i problemi legati al freddo in quanto ha un effetto riscaldante. L'olio essenziale di cannella ha una forte attività antimicotica e favorisce la circolazione periferica se frizionato sulla pelle.
La stampa a fine giugno 2011 ha riportato che alcuni ricercatori dell'Università di Tel Aviv avrebbero scoperto che un estratto di cannella può inibire lo sviluppo della malattia di Alzheimer. Lo studio, pubblicato su Plos One, dal dottor Michael Ovadia e colleghi del Dipartimento di Zoologia dell'UTA. L'estratto è chiamato CEppt ed è stato provato su topi geneticamente modificati.
La cannella inoltre potrebbe aiutare a rallentare o invertire la progressione della malattia di Parkinson. A renderlo noto sarebbero stati i membri del Rush University Medical Centre, i quali hanno condotto una nuova ricerca, basata su un campione di topi con malattia di Parkinson. Dalla ricerca sarebbe emerso che i composti contenuti nella cannella potrebbero effettivamente invertire e annullare i cambiamenti biomeccanici, cellulari e anatomici che avvengono nel cervello di chi soffre della malattia di Parkinson.
Da qualche tempo gli adolescenti USA fanno la gara della Cinnamon Challenge ingoiando un cucchiaio di polvere di cannella. Questa pratica può danneggiare la salute.

Ricetta

Ingredienti

  • 300g di grappa di vinaccia.
  • 16g di cannella in canna.
  • 120g di zucchero.
  • 200g di acqua.

Preparazione

Va innanzitutto utilizzata cannella che non presenti un odore acre, in quanto questo si ripresenterà poi nel liquore finale. La cannella va spezzata e schiacciata (quindi frantumata), referibilmente in un mortaio, ed inserita in un vaso a chiusura ermetica insieme alla grappa. Dovrà restare in fusione per 14gg, e di tanto in tanto agitata.
Dopo due settimane, scaldare in un tegame l'acqua (deve essere pura, quindi utilizzare preferibilmente acqua minerale naturale) insieme allo zucchero, finché quest'ultimo sarà completamente disciolto, quindi lasciare raffreddare.
Filtrare la grappa utilizzando un colino, ed aggiungere l'acqua e lo zucchero. Lasciare per qualche giorno a riposare, quindi filtrare il tutto utilizzando un colino con un foglio di scottex molto sottile ed imbottigliare.

venerdì 29 ottobre 2021

Il bartender di origini irlandesi che ama il whiskey ma è soprannominato Gin-Ecologo

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C’è un mito secondo il quale mischiare degli alcolici senza un’intenzione in un bicchiere ti darà comunque un buon drink come risultato. Non è proprio così: l’arte della mixology è molto più intricata di quanto non sembri. Come la cucina, le tecniche sono diverse, gli ingredienti e le mani dei bartender conferiscono da sempre un tocco personale ad ogni miscelazione. Non tutti i cocktail sono shakerati come nei film degli anni ’80, e soprattutto non tutti gli aromi stanno bene fra loro.

Allora, grazie alla collaborazione con Jameson, abbiamo cercato di capire qualcosa in più sull’argomento. Ad aiutarci due grandi bartender che ci hanno dato qualche dritta sulla creazione di drink semplici, e meno semplici, e per sembrare esperti di mixology. Grazie a Marco Ferretti e a Patrick Pistolesi, finalmente faremo buona figura durante le feste casalinghe.

Se a Roma dici Patrick, dici Patrick Pistolesi, lo sanno tutti. Dietro al bancone prepara drink come i baristi di una volta, con calma, con cura.
Così ho camminato sotto la sera illuminata del Colosseo per scambiare due chiacchiere e bere un Manhattan fatto a regola d’arte.
L’Irlanda, la sua Roma, NIO e il nuovo modo di bere che si è inventato, la mixology, le coincidenze, il whiskey e quel soprannome, Gin-ecoloco.

Ciao Patrick. Tutti ti conoscono, tutti vengono a trovarti, ma volevo sapere chi sei, qual è la tua storia?
Patrick: Sono italo-irlandese: mia mamma è di Dublino, mio papà di Roma. È il mio passato che mi ha portato alla fine dietro al banco: i pub irlandesi, la mia cultura è quella.
Ho cominciato da giovane per gioco, prima facevo tutt’altro. Poi per bisogno e perché in generale mi piaceva il mondo del bar, ho cominciato a muovere i primi passi. Essendo cresciuto in Irlanda, avendo passato lì tutte le estati della mia vita, è difficile non avercelo dentro. Da quelle parti si respira alcol ovunque, nel bene e nel male, e quindi era inevitabile che sarebbe stata parte della mia vita. Così un giorno ho deciso di farla fruttare, questa parte della mia vita. È stata non una scelta di business, ma di passione. Appena ho messo i piedi dietro al bancone mi è piaciuto.
Da quel momento ne ho fatte di cose: ho girato nei posti più disparati, dalla discoteca al baretto…

Il discorso della discoteca e dei cocktail l’ho affrontato anche con il tuo collega Marco Ferretti: è imprescindibile?
Certo, perché come ti insegna la discoteca non ti insegna niente e nessuno. Servire mille persone tutte insieme avvelenate, ti sveglia la testa, ti fa capire come servire un bar affollato: è una grande botta di realtà e umiltà.
Quando sono passato dalla plastica al vetro fu una gioia immensa. Tanta gente dice “mi ricordo il mio primo Manhattan”, ma a me solo passare dalla plastica al vetro sembrava Natale. È stata una cosa incredibile.
Quindi dopo, negli anni, sfruttando la mia passione, sono riuscito a fare drink di un certo tipo, a vedere che c’era tantissimo altro, tutto quello che io vedevo dentro i film come Casablanca. Vedere questa figura del barman così…come dico sempre l’aristocratico della working class, mi faceva venire voglia di esserlo io stesso, mi smuoveva dentro.
Avrei voluto anch’io un giorno fare drink a Capi di Stato o a muratori, perché secondo me il bar è il posto meno razzista che ci sia sulla faccia della terra: dalla porta entrano alti, bassi, magri, grassi, gialli, verdi, uomini, donne; e tu devi cercare di soddisfare il gusto di ognuno. Questa è la mia idea. Questo è il bar che ho in mente.

Pub irlandese e bar italiano: che differenze ci sono?
Come fai a non essere colpito da un pub irlandese quando sei un pischello e osservi un locale affollato con questo barista - che era come un direttore d’orchestra - che conosceva tutti per nome e poteva prendere un uomo di 150 chili ubriaco e sbatterlo fuori dalla porta ed essere allo stesso tempo la persona più gentile del mondo?
Questa figura era tremendamente affascinante. Con tutte quelle bottiglie dietro a fare da sfondo di cui io ignoravo proprio il contenuto era una sensazione mista di rispetto, timore, gioia, fascino.
La cosa più bella è stata quando ho iniziato a capire poco alla volta ognuna di quelle bottiglie, un caleidoscopio che ti si apre davanti, alla Matrix.
Avrò avuto 13 anni quando fissavo le scene nei pub, mio cugino mi ci faceva entrare. Ero piccolo, ma capii dopo qualche tempo cosa mi colpiva dell’irlanda: lo capii quando cominciai a frequentarli qui Italia da diciassettenne. Era molto ghettizzante. A Roma entravi nel pub a Roma e c’erano i ragazzi di 18 anni con quelli di 18 anni, quelli di 30 con quelli di 30. E invece in Irlanda era tutto il contrario. Mio cugino parlava tranquillamente con uno di 75 anni come se fosse totalmente suo pari, senza barriera di età.
È proprio il discorso dell’Irlanda che mi piace di più: il pub è una grande livella, si chiama pub perché è public. È un salotto fuori di casa, dove la gente va per farsi una chiacchiera fuori dalla famiglia, sapere cosa succede in giro, parlare un po' delle cose del mondo.

A me piacciono le storie. Raccontami una storia bizzarra e te ne sarò per sempre grato. Di sicuro ne hai anche tu.
(Ridacchia). Ce l’ho, ed è legata a doppio filo con Jameson.
La mia zia preferita e i miei cugini preferiti, con i quali sono cresciuto vengono da Cork, e hanno una casa proprio a Middleton (nella contea di Cork ndr.). E a Middleton c’è un posto che si chiama “Baby Walk”. Quando eravamo ragazzini stavamo lì e chiedevamo a un signore più grande se ci andasse a prendere le birre, perché in Irlanda si beve tanto, ma sotto la maggiore età non si beve proprio, bisognava chiedere il favore a qualcuno. Insomma avevamo queste birre e ce le bevevamo proprio in questo Baby Walk, il passaggio dei bambini, e giocavamo a pallone.
Dopo tanti anni, il caso ha voluto che lavorando per Jameson - per me motivo di grandissimo orgoglio - mi portarono in distilleria. E la distilleria è proprio dove c’è il Baby Walk: quindi io giocavo a pallone sui cancelli della distilleria, dove ho dato anche il mio primo bacio a una certa Lisa (non lo scrivere perché poi mia moglie si ingelosisce). È il posto dove ho avuto le mie prime avventure da scapestrato, sembra un racconto romantico ma è totalmente vero.
Tant’è che quando andammo la prima volta, scendemmo dal pullman il gruppo di bartender e anche l’ambassador dell’epoca che pensava scherzassi, e tutto il paese venne a salutarmi.

Whiskey o altri distillati?
Senza scherzi, ho aperto il primo gin bar d’Italia, il Gin Corner. E non me ne voglia il whiskey, ma il gin mi ha fatto guadagnare il soprannome che mi tengo stretto di Gin-ecologo.
Sì, principalmente questi due, ma mi piace provare altro, mi piace la tequila ad esempio.

L’Irlanda è la metà romantica della tua vita mi sembra di aver capito, Roma quella reale.
Ho avuto la grande fortuna di aver potuto lavorare tanto. Sono sempre riuscito a portare la mia visione nei cocktail bar dove sono stato e hanno avuto sempre tanto successo, a tutti i livelli. Forse perché ero al posto giusto al momento giusto, non mi voglio prendere tutti i meriti.
Da tre anni ormai sono alla guida del banco del Caffè Propaganda, che è stata sinceramente una rivelazione. Come bancone, come presentazione: è dove mi sono potuto esprimere più che mai con una livella: dal più umile al più sofisticato dei clienti.
Il discorso di Roma è di sacrificio, perché si sacrifica la vita privata: all’inizio è divertente quando hai accesso alla notte, alle feste. Appena diventi più grande è un po' più difficile, stancante. La clientela romana è radicata ai vecchi stili, ma si sta aprendo molto con tutta quella rivoluzione che sta succedendo nel mondo del cibo, del vino e anche e della miscelazione. Siamo verso la direzione giusta.

Quindi anche tu pensi che Roma ormai sia a un livello alto dal punto di vista della mixology?
Penso che sia al livello più alto. Mi sento di nominare il Jerry Thomas, Freni e Frizioni, il Club Derrier, anche se è più giovane. Sono tutte realtà che hanno portato a una qualità altissima. Il Jerry ha preso una situazione confusa e ci ha unito tutti.

E adesso sei pilastro di un nuovo progetto, NIO, che davvero rivoluziona il bere e stai anche per aprire il tuo locale, giusto?
NIO sta per “Needs Ice Only”. È una start-up dove io faccio questi drinkprêt-à-boire veloci da gestire e che sono gli stessi che poi faccio al locale, quindi non hanno conservanti, non hanno niente. È un’idea sviluppata da Luca Quagliano, Alessandro Palmerin, me e Massimo Palmieri.
Funziona che semplicemente devi agitare la busta, strappare l’etichetta e versarlo in un bicchiere pieno di ghiaccio. Così puoi goderti un ottimo Boulevardier mentre ti leggi un libro.
Il locale verrà aperto verso fine aprile, inizio maggio e sarà un posto per tutti. Ma lo vedrai, non ti anticipo altro.
Grazie Patrick, grazie delle storie e del Manhattan che mi ha steso.



 
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