lunedì 1 marzo 2021

Come si faceva la birra nel medioevo?

La birra, per come la conosciamo noi, ha origine proprio nel medioevo.

Esisteva già da prima in realtà, ma probabilmente in comune con la birra moderna aveva solo l'essere fatta con i cereali.
Niente a che vedere con la "bionda media" che beviamo con la pizza, quindi.
I più esperti conosceranno di sicuro la nuova tendenza delle birre acide.
Tra di esse ce n'è una particolare macrocategoria chiamata "fermentazione spontanea"; ecco, il sapore della prima birra era probabilmente molto simile.

La tecnica produttiva venne poi perfezionata durante il medioevo, principalmente ad opera di monaci.
Tutti conosciamo le birre d'abbazia belghe ma, se ci pensi, anche i più celebri birrifici tedeschi portano il nome di gruppi monastici (Paulaner, Franziskaner, Kaputziner, ecc.)

Ora, anche le modalità di produzione si inflazionarono ulteriormente, in base alle "regioni", dando origine a quelle che sono le macro e meno macro differenze che ancora adesso conosciamo.



Birre ad alta o bassa fermentazione, lager o pills o ale, e chi più ne ha più ne metta.

La cosa che accomunò la produzione di birra medioevale fu però l'utilizzo del luppolo nella fermentazione, fino ad allora mai menzionato.
Questo ha portato il classico sapore amaro, oltre che giovare alla conservazione.

Infatti, le ormai celebri IPA (India Pale Ale) che noi tutti conosciamo per il loro sapore erbaceo ed amaro, venivamo originariamente prodotte con molto luppolo proprio per rimanere buone durante i viaggi verso l'India.


Bohemia

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Bohemia è una birra messicana prodotta dalla Cuauhtémoc-Moctezuma Brewery. Bohemia prende il proprio nome dalla regione della Repubblica Ceca, riconosciuta come una delle principali produttrici di birra nel mondo. È stata lanciata sul mercato alla fine del ventesimo secolo come la migliore birra della Cervecería Cuauhtémoc Moctezuma. Nel corso degli anni, è diventata una delle birre messicane più premiate. Si tratta di una birra chiara, benché recentemente ne è stata lanciata una versione scura chiamata Bohemia Obscura.

domenica 28 febbraio 2021

Fare un brindisi

 


La parola brindisi deriva da “brindis”, termine tedesco che trae origine dalla locuzione “bring dir's”, ovvero lo porto a te (sottinteso il bicchiere e, per estensione, il saluto, l'augurio). Ogni brindisi prevede un tocco dei bicchieri e l'esclamazione di una frase benaugurante o di una battuta spiritosa.

Di solito il brindisi e' seguito dalle parole : Cin cin , alcuni ritengono che si voglia simulare il rumore che fanno i bicchieri toccandosi, ma questa Questa locuzione deriva dal cinese "ch'ng ch'ing", che equivale al nostro “prego, prego”, una garbata formula di ringraziamento. Da qui è scaturito il britannico “chin chin”, utilizzato dai commercianti e dai marinai inglesi, nel periodo Vittoriano, per salutarsi cordialmente ed augurarsi una buona continuazione di giornata e di navigazione.

Grazie al passaparola nei porti europei, questo modo di dire è poi giunto in Italia. Nel nostro Paese è stato immediatamente accolto in quanto ricorda il suono onomatopeico dei calici che tintinnano nel momento del brindisi.












sabato 27 febbraio 2021

Viticoltura in Messico

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La produzione di vini messicani e coltivazione di vigne in grandi estensioni di terra si realizza negli stati di Aguascalientes, Bassa California, Chihuahua, Coahuila, Nuevo León, Querétaro e Zacatecas, la maggiore produzione si dà principalmente nella Valle de Guadalupe nella zona vinicola settentrionale.
Si coltivano vigne in alcuni municipi degli stati di Bassa California, Sonora, Bassa California del Sud, Durango, Chihuahua, Querétaro, San Luis Potosí, Guanajuato, Nuevo León, Hidalgo, Puebla e Campeche che il Ministero dell'Agricoltura SAGARPA ha registrato nel 2010 come coltivazioni di uva da tavola per consumo interno senza produzione vinicola.

Storia

Nel continente americano esistevano molte viti silvestri prima dell'arrivo degli europei. Nel caso del Messico vi erano varietà distinte che i popoli nativi consumavano nella loro dieta. Gli aztechi chiamavano il frutto dell'uva acacholli, i p'urhépecha lo conoscevano come seruráni, gli otomi lo chiamarono obxi e i tarahumara lo dicevano úri. I popoli nomadi del nord furono i maggiori consumatori di uve silvestri e bevevano i loro succhi acidi, ma si ignora se i succhi subivano qualche tipo di processo di fermentazione.
Dopo la conquista di Tenochtitlán, i colonizzatori spagnoli trovarono viti silvestri sul suolo della Nuova Spagna come la Vitis rupestris, Vitis labrusca e la Vitis berlandieri. Hernán Cortés fu il principale promotore della coltivazione dell'uva: ordinò di portare dall'isola di Cuba semi e piante della Vitis vinifera proveniente dalla Spagna, essendo la Nuova Spagna il primo luogo dell'America continentale in cui si coltivarono vigneti e si produssero vini.
Il 20 marzo 1524 Hernán Cortés firmò un decreto con cui ordinava che tutti gli spagnoli titolari di concessioni di terre dovevano piantare annualmente mille vigne spagnole ed autoctone per ogni cento indigeni al loro servizio per favorire un'ibridazione rapida nelle nuove terre.
Le prime coltivazioni di vigne arrivarono a Huejotzingo ed i paraggi di Città del Messico, gli indigeni di questa regione lo chiamarono in lingua nahuatl xocomecatl, frutto del rampicante, a questa nuova varietà di uva che produceva un vino o una bevanda vinosa ubriacante che secondo fra Bernardino de Sahagún era chiamato tlapaloctli, vino che dipinge.
Nel 1531 Carlo V di Spagna ordinò che ogni vascello diretto alla Nuova Spagna portasse vigne ed olivi per la sua coltivazione. Dal porto di Acapulco uscivano navi piene di viti verso il vicereame del Perù per effetto dello stesso mandato reale, che rapidamente riuscì nell'effetto di diffondere l'uva spagnola nei territori dell'America del Sud.
A poco a poco si andò estendendo principalmente la coltivazione della vite verso altri territori della Nuova Spagna come Querétaro, Guanajuato e San Luis Potosí. Una delle zone di maggiore produzione fu nella pianura di Metztitlán: dopo avere pacificato gli indigeni di questa regione, i missionari agostiniani riuscirono a produrre grandi quantità di vino per consumo locale ed il resto inviarlo con carrette verso Città del Messico.
In mezzo ad un deserto in altura con gelate invernali circondato di sorgenti ed abbondanti vigne native, Francisco de Urdiñola, marchese di Aguayo nel 1593 fondò la cantina commerciale più antica del continente americano, gestendo la sua azienda vinicola di Santa María de las Parras e nell'anno 1626 Lorenzo García inaugurò le cantine di San Lorenzo molto vicino alla prima cantina di Urdiñola.
Nel 1595 re Filippo II proibì la semina di nuovi vigneti nelle terre americane per una competenza sleale con i produttori della penisola iberica, perché gli ettari seminati erano maggiori che nella Spagna peninsulare. Questa legge generò scontento tra i produttori delle colonie americane, ma nonostante ciò la legge riuscì a ridurre solo la produzione, ma non il consumo.
Nella penisola della Bassa California, i missionari gesuiti portarono con sé tralci di vite per la sua coltivazione. La missione di San Francisco Javier fu gestita dal padre Juan Ugarte, che nel 1700 portò le vigne nella penisola della Bassa California e nel 1769 fra Ginepro Serra le portò da Loreto verso il nord della penisola ed anche verso l'Alta California la pianta della vitis vinifera per il consumo degli abitanti delle missioni californiane fondando la prima che fu quella di San Diego di Alcalá.
Alexander von Humboldt, lodò di passaggio i vigneti del Nord che nonostante il ribasso produzione vinicola che proliferò nel nord della Nuova Spagna. Durante la guerra d'indipendenza cessò la produzione vitivinicola e nel 1857 il clero perde potere davanti allo stato quando vengono espropriati i beni e le proprietà della Chiesa. Dopo la guerra continuò la coltivazione dei vigneti nel nord del Messico. I dazi si modificarono per proteggere un po' la produzione nazionale ma ridussero il consumo per le alte imposte alle importazioni di vini e liquori provenienti dall'Europa.

Principali varietà coltivate

Vini rossi

  • Barbera
  • Cabernet Franc
  • Cabernet Sauvignon
  • Claret
  • Grenache
  • Merlot
  • Misión
  • Nebbiolo
  • Petite Sirah
  • Ruby Cabernet
  • Tempranillo
  • Zinfandel

Vini bianchi

  • Chardonnay
  • Chenin Blanc
  • Fumé Blanc
  • French Colombard
  • Sauvignon Blanc
  • Semillion

venerdì 26 febbraio 2021

Cosmopolitan

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Il Cosmopolitan (chiamato anche informalmente Cosmo) è un cocktail alcolico internazionale a base di vodka riconosciuto ufficialmente dalla International Bartenders Association.
Fa parte della famiglia dei Cape Codder ed è inserito nella categoria IBA dei "Contemporary Classics" nel ricettario ufficiale aggiornato al 2011.

Composizione

La composizione, secondo la ricetta ufficiale IBA, è la seguente:
  • 4 cl di vodka citron
  • 1,5 cl di cointreau
  • 1,5 cl succo di lime
  • 3 cl succo di mirtillo

Preparazione

Miscelare tutti gli ingredienti nello shaker con ghiaccio a cubi, agitando bene, filtrare in una doppia coppa cocktail precedentemente raffreddata. Guarnire con una fettina di lime.

Descrizione

Il cosmopolitan è una cocktail rosso-rosato limpido, fruttato, leggermente esperidato, facente parte della famiglia dei Cape Codder. È una variante dal tenore alcolico più deciso (intorno ai 21,5°), ma il sentore alcolico è smorzato dal sapore del cocktail, che deve essere equilibrato fra le note fruttate e quelle aspre degli ingredienti.

Storia

Albori

La storia del cocktail ha delle radici piuttosto vaghe. La prima apparizione del nome "cosmopolitan" risale al 1927, quando il barista scozzese Harry MacElhone nomina "Cosmopolitan" un cocktail a base di whisky, vermouth, punch svedese e vodka. Nel 1934 fu descritta una versione molto più simile all'attuale, che prevedeva però l'uso di gin, triple sec, sciroppo di lampone e limone.

Ricetta contemporanea

Con la creazione del Cape Codder nel 1968, negli anni settanta vi furono molte ricette che potevano ricordare la composizione attuale; in particolare Neal Murray, barista alla steak house "Cork & Cleaver" di Minneapolis, affermò di aver voluto modificare un Kamikaze. Secondo questa tesi il nome deriverebbe dall'esclamazione fatta assaggiandolo "How cosmopolitan". Un'altra leggenda vuole invece che sia stato John Caine, barista a Provincetown a crearlo. Fu intorno alla metà degli anni ottanta che ricette di cocktail simili iniziarono a diventare noti. La storia più comune indica Cheryl Cook, barista del ristorante "The Strand" di South Beach, come inventrice. Cheryl dichiarò che:
«Era circa il 1985-86; il Martini stava tornando di moda, con il suo bicchiere classico. Alle donne non sembrava piacesse molto il cocktail [...], ma piuttosto piaceva essere visti con il bicchiere Martini in mano. Ciò mi diede l'idea di creare un cocktail che potesse piacere a chiunque ma che stesse bene in questo bicchiere classico[...]. Il mio distributore mi portò un nuovo prodotto della Absolut, l'Absolut Citron. Mi disse di creare qualcosa. Io amo le sfide e volevo creare un nuovo drink per il bicchiere martini, così presi gli ingredienti, Absolut Citron, una dose di triple sec, una goccia di Rose's Lime e abbastanza cranberry per renderlo così deliziosamente rosa [...]. Servii il mio primo Cosmopolitan a Christina Solopuerto la notte in cui ricevetti la mia prima bottiglia di Absolut Citron [...]. Entro 30 minuti tutto il bar avevaun Cosmo davanti a sè, in 45 minuti l'intero ristorante ne aveva uno.»
Il nome deriverebbe dal magazine Cosmopolitan che aveva dedicato un articolo alla proprietaria del ristorante. Toby Cecchini dell "Odeon" di Tribeca afferma di aver creato il cosmopolitan nel 1987 prendendo spunto da un drink che faceva una sua collega, Melissa "Mesa" Huffsmith, quando era al "Life" di San Francisco, che prevedeva vodka, Rose's lime e granatina. Cecchini sostitui la vodka con vodka al limone e mise il lime fresco. Dale DeGroff del "Rainbow Room" al Rockefeller Center dichiara invece di aver preso spunto da un cocktail assaggiato al "Fog City Diner" di San Francisco, e di aver inventato lui la decorazione con la scorza di arancia.

Cultura di massa

Il cocktail è uno dei drink più famosi del mondo, soprattutto per il consumo fra gli anni novanta e Duemila da parte di molte celebrità Americane ed europee comunque è diventato famoso nel 1996 quando Madonna fu fotografata al Rainbow Room con un bicchiere di Cosmopolitan in mano.
Il cocktail acquisisce la fama definitiva nel 1998 attraverso la serie televisiva Sex and the City in cui Carrie Bradshaw, una delle protagoniste, ordina spesso un Grey Goose Cosmopolitan. Anche nella serie televisiva "Queer as Folk USA" uno dei protagonisti, Emmett, ordina sempre e solo un "cosmo".

Varianti

Il cosmopolitan viene solitamente preparato con vodka semplice anziché vodka citron. Può essere chiamato in associazione a nomi commerciali che ne definiscono l'uso di una particolare marca nella sua composizione, per esempio Absolut cosmo o Cointreaupolitan. Diverse ricette utilizzano differenti quantità o metodi di preparazione. Alcune varianti invece differiscono per l'uso di alcuni ingredienti diversi.
  • Cosmopolitan 1934: antenato del attuale cocktail inventato nel 1934, sostituisce il gin alla vodka al limone, limone al posto del lime e sciroppo di sciroppo di lampone al posto del succo di cranberry.
  • Metropolitan: sostituisce al triple sec la creme de cassis
  • Atlapolitan (o Peach Cosmopolitan): sostituisce al triple sec il peach schnapp.
  • Rude Cosmoplitan: sostituisce alla vodka la tequila
  • Purple Rain: sostituisce al triple sec il blue curaçao.
  • White Cosmopolitan: prevede l'utilizzo di succo di cranberry bianco
  • Blue Cosmopolitan: prevede l'utilizzo di succo di cranberry bianco e sostituisce al triple sec il blue curaçao.

giovedì 25 febbraio 2021

Chi ha inventato i tramezzini?

È il 1925 e a Torino, presso il Caffè Mulassano di Piazza Castello, durante l’ora del tè vengono serviti per la prima volta dei gustosi paninetti a forma triangolare.

Il nome "tramezzino" si deve al poeta Gabriele D’Annunzio, che durante il periodo fascista battezzò questi curiosi panini con il nome "intramezzo", letteralmente “che sta nel mezzo”. La parola utilizzata dal famoso poeta voleva infatti rimandare a qualcosa di sfizioso da consumare tra un pasto e l’altro, un vero e proprio spezza-fame.



mercoledì 24 febbraio 2021

Una bevanda gassata che venne creata dai nazisti Tedeschi durante la seconda Guerra Mondiale

La Fanta nacque infatti in piena seconda guerra mondiale a Berlino, dove l’imprenditore tedesco Max Keith guidava la Coca-Cola GmbH, sussidiaria tedesca della Coca-Cola inventata da John Stith Pemberton ad Atlanta, Stati Uniti, nel 1886. E come ha rivelato Mark Pendergrast, autore del libro “For God, Country and Coca-Cola”, in origine la Fanta “era prodotta con gli scarti degli scarti”. Avanzi di fibre di mela, una poltiglia di sidro pressato e siero di latte, un sottoprodotto del formaggio. La ragione? Il blocco alle esportazioni verso la Germania di tutti i prodotti alimentari dovuto all’entrata in guerra degli Stati Uniti nel dicembre del 1941, dopo l’attacco alla base militare di Pearl Harbor

Keith aveva preso la guida della società tedesca Coca-Cola GmbH nel 1933, proprio mentre Hitler vinceva le elezioni. Come riporta Atlas Obscura, l’imprenditore era uomo tutto d’un pezzo, di corporatura imponente, con i baffi a spazzolino non così diversi da quelli del Fuhrer. Ma soprattutto era completamente devoto all’azienda americana: “Keith riteneva più importante la fedeltà alla bevanda e alla compagnia più di quella al proprio paese”, ha chiarito Pendergrast. Per tutti gli anni ‘30, infatti, la succursale europea di Keith si limitava a produrre la Coca-Cola seguendo il ritmo statunitense.

La svolta arrivò a fine 1941, quando gli Stati Uniti presero parte al conflitto mondiale schierandosi contro la Germania nazista. L’entrata in guerra segnò l’interruzione degli affari tra l’azienda di Atlanta e la succursale tedesca. Tutte le società oltreoceano dovettero infatti interrompere i rapporti con il nemico nazista, e la Coca-Cola impose lo stop alla fornitura, in Germania, degli aromi – i cosiddetti 7X -, gli ingredienti segreti della bevanda. Keith si ritrovò così senza materia prima e con gli affari a rischio. L’unica alternativa era inventare una nuova ricetta. Keith arruolò una serie di chimici e con i prodotti a disposizione improvvisò una nuova bevanda. Mise insieme gli scarti delle filiere alimentari tedesche, e delle arance non c’era traccia, e trovò la quadratura del cerchio. Alla nuova bibita, grazie all’intuizione di un suo collaboratore, Joe Knipp, diede il nome di Fanta, nient’altro che l’abbreviazione del tedesco “Fantasie”. Fu un successo immediato, ma il suo utilizzo, in tempi di guerra, era molto diverso da quello odierno: la Fanta serviva soprattutto come dolcificante per sopperire all’assenza dello zucchero, sostanza razionata dal regime. In ogni caso, nel 1943, le vendite della Fanta avevano toccato quota tre milioni, scrive Tristan Donovan nel suo “Fizz: How Soda Shook Up the World” Alla fine del conflitto, nonostante la sconfitta della sua Germania, Keith riuscì a conquistarsi la fiducia degli statunitensi: celebrato per essere riuscito a salvare l’azienda nonostante la guerra, venne nominato responsabile della sezione europea della Coca-Cola. Diversa la storia della bevanda che l’imprenditore tedesco aveva inventato: Fanta interruppe la produzione alla fine del 1945 e tornò in commercio soltanto nel ‘55, riacquistata da Coca-Cola. Fu allora che comparvero le arance: il cambio di ricetta non fu quindi merito di Keith. La versione odierna della Fanta, infatti, non vide la luce negli Stati Uniti e nemmeno in Germania, ma in Italia.



 
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