giovedì 6 febbraio 2025

Black and Tan: il cocktail che racconta una storia di contrasti

 

Il Black and Tan non è solo un drink: è un simbolo, un intreccio di sapori e storia che porta con sé il peso di una tradizione controversa. Questo cocktail a strati, fatto di birra scura e birra chiara, seduce per la sua semplicità e affascina per il suo passato, nato nei pub britannici ma carico di echi irlandesi. In un’Europa dove la cultura del bere si evolve tra innovazione e memoria, il Black and Tan resta un classico che parla di divisioni – nel bicchiere e oltre – offrendo spunti di riflessione e curiosità che lo rendono più di una bevanda.

La storia del Black and Tan affonda le radici nell’Inghilterra del XIX secolo, quando i publican iniziarono a mescolare due birre per accontentare clienti dai gusti opposti: una pale ale, leggera e dorata, e una stout o porter, scura e densa. La tecnica era semplice ma geniale: versare prima la birra chiara, poi far scivolare quella scura su un cucchiaio capovolto, creando due strati distinti che non si mescolano grazie alla diversa densità. Il nome, però, prende vita in un contesto più turbolento. Negli anni ’20 del Novecento, durante la Guerra d’Indipendenza irlandese, i “Black and Tans” erano un’unità paramilitare britannica nota per la brutalità contro i ribelli irlandesi. La loro uniforme – parte kaki, parte nera – ispirò il soprannome del drink, che in Irlanda divenne un simbolo controverso: ordinare un Black and Tan in un pub di Dublino ancora oggi può attirare sguardi storti.

Prepararlo è un’arte. La versione classica vuole una pale ale (come Bass o Harp) e una Guinness, versata lentamente per formare uno strato nero sopra il tan chiaro. In un pub medio, si servono circa 300 litri di birra al giorno (dati CAMRA 2024), e il Black and Tan resta tra i più richiesti nei locali tradizionali britannici, con una media di 2,5 euro a pinta. Negli Stati Uniti, dove il drink è stato esportato dagli immigrati irlandesi, si usa spesso una lager come Yuengling al posto della pale ale, ma il principio resta lo stesso: contrasto visivo e di gusto – amaro e cremoso sopra, fresco e leggero sotto.

Le curiosità abbondano. Una leggenda vuole che il primo Black and Tan sia nato per errore, quando un barista di Liverpool, nel 1880 circa, rovesciò per sbaglio una stout in una pinta già piena di ale: il cliente lo bevve lo stesso e ne chiese un altro. Negli anni ’60, durante i Troubles in Irlanda del Nord, il drink fu bandito da alcuni pub repubblicani, che lo vedevano come un insulto alla memoria nazionale – al suo posto si offriva il “Half and Half,” una variante senza il nome incriminato. E c’è chi giura che James Joyce, amante delle stout, lo apprezzasse in segreto, anche se preferiva berlo “sbagliato,” mescolando i due strati per scandalizzare i puristi.

Oggi, il Black and Tan resta un promemoria di come anche un bicchiere possa raccontare divisioni profonde. Negli ultimi anni, birrifici artigianali italiani – dove il settore vale 9 miliardi di euro (dati Unionbirrai 2024) – hanno sperimentato versioni locali, usando birre nere come la Nero di Sardegna e chiare come la Baladin Nazionale. È una bevanda che non si piega al tempo: semplice, divisiva, iconica. Curiosità finale? Negli Usa, Ben & Jerry’s ha dedicato un gelato al Black and Tan – stout e cioccolato – ma ha dovuto ritirarlo nel 2006 dopo le proteste della comunità irlandese. Anche nel cono, come nel bicchiere, la storia non si dimentica.



 
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