Per milioni di persone, ordinare una pinta in un pub britannico è
un gesto quotidiano, quasi istintivo. Ma dietro il semplice atto di
spillare una birra si cela un mondo fatto di precisione, tradizione e
una sorprendente complessità. E nel cuore di questo mondo c’è
lei, la real ale, regina non incoronata della birra
britannica, che più di ogni altra incarna l’identità e l’orgoglio
della cultura pub. Ma perché questa birra ha bisogno di cure così
speciali? Perché servirla è considerato, ancora oggi, una vera
arte?
A differenza delle birre industriali moderne, la real ale — così
definita dalla Campaign for Real Ale (CAMRA) — non
è filtrata, non è pastorizzata e completa la sua fermentazione
nella stessa botte in cui verrà servita. Ciò significa che
quando arriva nella cantina del pub, è ancora un organismo vivo, che
evolve, matura e può — se maltrattato — guastarsi nel giro di
ore.
La gestione della real ale comincia nel momento esatto in cui la
botte viene consegnata. “È stata scossa su un camion, bisogna
lasciarla riposare almeno 24 ore,” racconta un ex cantiniere con
anni di esperienza e una conoscenza quasi liturgica del processo. La
botte, che può pesare fino a 72 kg da piena, va sistemata su un
supporto inclinato che permette alla birra di essere spillata
correttamente, con i lieviti depositati al fondo. Una manovra che
richiede abilità, forza fisica e non poca attenzione.
Ogni fase conta: lo sfiato, la pulizia dei tappi
e degli strumenti, il posizionamento dello spile (un piccolo
rubinetto di legno o metallo) e soprattutto la valutazione del
momento esatto in cui la birra è pronta per essere servita. “Se
sfiati troppo presto,” spiega il cantiniere, “ti ritrovi con una
fontana di birra e litri sprecati. Troppo tardi, e la birra è ancora
turbolenta, con i lieviti in sospensione.” La real ale, come il
vino non filtrato, è un equilibrio delicatissimo tra natura e
tecnica.
Il servizio è altrettanto critico. Niente spine pressurizzate o
CO₂ artificiale: la birra viene pompata a mano,
tramite un beer engine, con colpi decisi e regolari. In
molte regioni del Regno Unito, come lo Yorkshire, i clienti si
aspettano una schiuma cremosa e persistente, ottenuta grazie allo
sparkler, un piccolo diffusore che forza la birra attraverso
dei fori producendo microbolle. Regolarlo male può rovinare
l’esperienza di degustazione.
Ma perché tutto questo influenza l’opinione pubblica
sulla birra britannica? Perché il modo in cui una birra
viene servita può decretarne il successo o la rovina. Una real ale
ben gestita è un prodotto straordinario: profonda, complessa, viva.
Una mal gestita diventa torbida, acida, imbevibile. Non a caso, molti
pub si giocano la reputazione sulla qualità delle loro birre in
pompa. “Un pub vive o muore in base a come serve la birra,”
afferma senza mezzi termini il cantiniere.
Anche per questo la figura del cantiniere è cruciale e
troppo spesso sottovalutata. È lui a stabilire i tempi di
maturazione, a garantire la pulizia quotidiana delle linee, a
coordinare il consumo per evitare sprechi. Una birra real ale ha una
finestra di consumo ottimale di appena tre giorni dopo l’apertura.
Servirla oltre quel termine è un disservizio al cliente e un insulto
al birrificio.
Eppure, in un mondo sempre più dominato da lager standardizzate e
birre industriali, la real ale rappresenta un baluardo di
autenticità. Non solo è parte integrante del patrimonio
culturale britannico — tanto da aver avuto un ruolo nella
formazione della CAMRA, un movimento che ha salvato centinaia di
birrifici artigianali negli anni ’70 — ma è anche una sfida
lanciata a chi considera la birra solo una bevanda da consumare
fredda e gassata.
Paradossalmente, proprio la sua natura esigente la rende poco
compresa dai consumatori occasionali e spesso snobbata nei locali
meno specializzati. Chi la serve male — per inesperienza,
disinteresse o semplice mancanza di formazione — rischia di far
passare un prodotto nobile per un liquido difettoso. E così,
l’opinione pubblica sulla birra britannica ne
risente, scivolando verso la percezione di un prodotto datato,
difficile, poco attraente. Ma la verità è che, se trattata con
rispetto, la real ale offre una delle esperienze di bevuta
più ricche e gratificanti al mondo.
In tempi in cui si celebra l’artigianalità in ogni ambito,
dalla panificazione al caffè, è forse ora di riconoscere che anche
spillare una pinta può essere un atto d’arte. E che la birra
britannica, per essere apprezzata davvero, merita mani
esperte, pazienza e soprattutto rispetto.